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Dopo l'aggiustamento delle parità restano i problemi di fondo

Antonio Trincheri

Il 18 dicembre 1971 i dieci più importanti paesi del mondo hanno deciso alcune misure per fronteggiare la crisi monetaria resa palese dai provvedimenti protezionisti americani stabi-liti da Nixon il 15 agosto dello stesso anno. Quanto era stato previsto ed auspicato come misure più immediate, si è verificato: riallinea-mento dei tassi di cambio con ritorno alle parità fisse accompagnate da margini di fluttua-zione più ampi ed abolifluttua-zione della sovratassa all'importazione negli Stati Uniti.

L'aggiustamento delle parità di cambio non è ancora evidentemente un m u t a m e n t o del si-stema monetario internazionale; sarebbe invece tale la cessazione definitiva della convertibilità del dollaro in oro e la sostituzione del dollaro quale fonte della liquidità internazionale. Per ora quindi non abbiamo né il ritorno né l'ab-bandono del sistema di B r e t t o n Woods. Siamo invece in una difficile fase di transizione.

E vero che senza il prolungato disavanzo della bilancia dei pagamenti americana il si-stema avrebbe continuato a funzionare con ottimi risultati (sviluppo del commercio inter-nazionale). Però sta di f a t t o che il deprecato deficit non risulta facilmente eliminabile e che, pur se eliminato, potrebbe ripresentarsi in fu-turo. Quindi la ricerca di un sistema non legato alle vicende economiche di un singolo paese è pienamente giustificata e risponde alla esigenza fondamentale di guardare con più sicurezza all'avvenire economico del mondo. Si rafforza perciò il desiderio di un sistema monetario internazionale che abbia delle regole eguali e impegnative per t u t t e le monete e quindi anche per il dollaro. Escludendo le soluzioni isolazio-niste e nazionaliste la scelta è t r a un sistema automatico (e cioè quello aureo tradizionale) e un sistema governato da u n ' a u t o r i t à inter-nazionale non influenzata da alcuna grande potenza.

Decisioni per il dollaro.

Uno dei motivi fondamentali per il muta-mento sostanziale del sistema monetario inter-nazionale si trova nella inconvertibilità aurea

del dollaro, di fatto accettata ormai da parecchi anni. Evidentemente un dollaro inconvertibile è stato e può sempre essere più instabile di un dollaro convertibile. Quindi o il dollaro torna ad essere convertibile oppure si ridimensiona nella sua funzione monetaria internazionale. Un si-stema monetario che abbia la sua base nel dollaro non funziona se il dollaro è in crisi e quindi i casi sono due: o si ricostituisce la fiducia nel dollaro oppure il sistema va mutato. È proprio sotto questo aspetto che il sistema monetario si scontra oggi con la realtà. Certa-mente le banche centrali dei vari paesi sono andate troppo oltre nell'aecumulare dollari, ma questa condotta è stata seguita sia per facili-tare le esportazioni, sia perché si riteneva, al-meno sino al 1970, ancora superabile la crisi del dollaro.

Ora si t r a t t a in primo luogo di fermare la fuga dal dollaro. Per la difesa del valore del dol-laro il governo americano p u n t a soprattutto sulla ripresa economica interna, facilitata dal credito e dall'aumento delle esportazioni. Un «equilibrio non troppo tardivo dell'economia americana può ridare fiducia al dollaro. L'ec-cesso di spese americane all'estero e la mas-siccia emigrazione di capitali hanno provocato il deficit della bilancia dei pagamenti, ma è l'inflazione interna che ha causato il deficit della bilancia commerciale nel 1971 per la prima volta dal 1893.

La svalutazione del dollaro facilita l'elimi-nazione del deficit commerciale attraverso mag-giori esportazioni, ma non è sufficiente ad in-vertire il movimento di capitali che dipende dal tasso d'interesse, dalla convenienza degli investimenti e dalle attese di rivalutazioni mo-netarie. Dagli studi della CEE risulta che la maggior causa del deficit della bilancia dei pagamenti statunitense è l'esodo di capitali speculativi. Su questo terreno sinora il governo americano non si è impegnato a fondo.

I n attesa del nuovo sistema monetario inter-nazionale è necessario che gli Stati Uniti si impegnino a convertire in oro i dollari di nuova emissione o comunque quelli che

deter-minano il superamento di un certo livello delle riserve delle banche centrali, mentre i vari paesi continueranno a non chiedere la conversione in oro dei dollari da tempo posseduti. Questa è una delle misure indispensabili per evitare ulte-riori discese del valore del dollaro.

Può darsi che venga ripristinata ufficial-mente la convertibilità del dollaro in oro, con la tacita intesa tra le banche centrali di non farvi ricorso. Evidentemente disponendo gli Stati Uniti di soli dieci miliardi di dollari in oro una piena convertibilità del dollaro è im-possibile. Ma in questo caso gli americani non sarebbero obbligati ad ancorare la loro espan-sione a qualcosa di reale, non vi sarebbe cioè nessuna garanzia di evitare in futuro nuovi disordini monetari e finanziari. Questa situa-zione di finta convertibilità si può ammettere in via transitoria e cioè sino a quando non sarà compiutamente configurato il nuovo si-stema monetario, ma non può essere sostenibile come definitiva.

Un'abbondanza di dollari nel sistema attuale provoca inflazione, mentre una scarsità rende diffìcili i pagamenti internazionali e fa aumen-tare i tassi d'interesse in Europa. Evidente-mente data l'improbabilità di ritornare alla convertibilità piena e duratura del dollaro, oc-corre poggiare il sistema monetario internazio-nale su una unità di conto, come vedremo nella conclusione di questo scritto.

Decisioni per l'oro.

La più forte incertezza si ha riguardo alla funzione dell'oro: chi vorrebbe accentuarla e chi invece eliminarla; naturalmente vi sono poi an-che delle vie intermedie an-che guardano al gra-duale ripristino della convertibilità in oro od al progressivo distacco dall'oro.

La speculazione sull'oro ritiene che, com-piuto il primo passo verso l'aumento ufficiale del prezzo dell'oro, altri siano fatalmente ine-vitabili. L ' a u m e n t o sensibile del prezzo libero dell'oro non c'è stato quando il 15 agosto 1971 veniva ufficialmente sospesa la convertibilità del dollaro, ma soltanto dopo che il dollaro è stato svalutato. Ciò prova che la speculazione trova la sua base sulla sfiducia nelle monete e sui legami ritenuti imprescindibili tra l'oro e le monete.

Già oltre q u a r a n t a n n i fa Keynes conside-rava il sistema monetario aureo una barbara reliquia. Molto probabilmente se Keynes oggi fosse vivo confermerebbe che nelle attuali eco-nomie evolute il sistema monetario internazio-nale può fare a meno della barbara reliquia. Di questo stesso parere è uno dei più grandi economisti viventi, l'americano Robert Triffin.

Per Samuelson la questione del prezzo dell'oro « è solo simbolica, poco importante »; per Fried-man è « coreografica ». Però le banche centrali debbono ancora^procurarsi dell'oro quando vo-gliono aumentare la loro quota presso il Fondo monetario internazionale, soprattutto deve di-sporre di oro l'istituto federale americano se vuole convertire il dollaro. E d allora occorre fare i conti con il prezzo dell'oro.

Il prezzo libero dell'oro rialza t u t t e le volte che si sparge la voce di un rialzo del prezzo ufficiale dell'oro che equivale ad una svaluta-zione delle monete. Si dice solitamente che il prezzo dell'oro dovrebbe aumentare perché sono aumentati t u t t i gli altri prezzi. A questa tesi ribatte molto efficacemente William M. Martin, ex-presidente del Federai Reserve System: «La proposta di elevare il prezzo dell'oro, quando si basa sul fatto che il livello generale dei prezzi è molto aumentato dal 1930, mentre il prezzo dell'oro è rimasto invariato, scambia erroneamente l'oro per una materia prima, anziché considerarlo, quale esso è, una misura di valore monetario ed una riserva monetaria. Aumentare il prezzo dell'oro perché è aumen-tato il livello generale dei prezzi sarebbe come aumentare la lunghezza del metro solo perché la statura media dell'uomo è a u m e n t a t a ».

Non è soltanto per una considerazione di logica economica che va respinto l'aumento del prezzo ufficiale dell'oro come adeguamento sistematico al prezzo di mercato e al livello generale dei prezzi, ma soprattutto per le possi-bili conseguenze.

L'aumento ufficiale del prezzo dell'oro, qua-lora fosse di entità sensibile o venisse ripetuto frequentemente, sarebbe una causa di pertur-bamento e di squilibrio; infatti alcuni paesi produttori o detentori di oro si troverebbero avvantaggiati e cioè arricchiti sotto la visuale delle possibilità di spesa mentre altri, perché scarsamente dotati di oro, in confronto risulte-rebbero impoveriti. Soprattutto la ulteriore sva-lutazione del dollaro rispetto all'oro causerebbe una catena di svalutazioni da parte di altre monete con conseguente confusione sui mercati mondiali e senza nessuna sicurezza sulla stabi-lità sicura.

L'oro ridotto ad ultima linea di riserva delle banche centrali, senza che i suoi mutamenti di prezzo turbino il valore delle monete: questa è la prospettiva che si può auspicare attualmente, in attesa che un f u t u r o nuovo sistema mone-tario internazionale veramente progredito san-zioni il definitivo t r a m o n t o dell'oro.

Nell'esercizio terminato il 30 aprile 1971 il Fondo monetario internazionale ha ricevuto oro per 2684 milioni di dollari e ne ha erogato

per 1109 milioni a paesi membri. Secondo i calcoli dello stesso ente, la domanda industriale e artistica di oro nel mondo si è aggirata nel 1970 sui 975 milioni di dollari contro 915 nel 1969. Si vede che gli usi produttivi e di consumo sono sempre in aumento; però la componente principale della domanda è costituita dagli usi per riserva monetaria; conseguentemente una smobilitazione anche soltanto graduale in questo campo costituirebbe un forte colpo per il mer-cato dell'oro.

Un sistema regolato e flessibile.

La base indispensabile per una prospera economia mondiale è l'efficiente funzionamento del sistema monetario internazionale. Definiamo il sistema monetario internazionale come l'in-sieme delle istituzioni e degli strumenti che servono ai vari paesi per le transazioni com-merciali, bancarie e finanziarie. L'efficacia di un sistema monetario internazionale si valuta dalla sua capacità di consentire lo sviluppo degli scambi internazionali, evitando sia la limi-tatezza che l'eccesso di liquidità.

La situazione del sistema monetario inter-nazionale si è troppo deteriorata per illudersi di poter ancora ripristinare il sistema di Bretton Woods. Occorre invece volgere gli sforzi verso la ristrutturazione su nuove basi di un migliore sistema.

Il principale strumento mondiale di riserva dovrebbe diventare un'unità di conto

interna-zionale. Con questa unità di conto un'istituzione internazionale (come l'attuale Fondo monetario opportunamente adeguato) fornirebbe con la necessaria flessibilità, il liquido necessario per far funzionare i pagamenti internazionali entro regole prestabilite e rigorosamente osservate. Le banche centrali potrebbero accendere crediti sul conto mondiale che potrebbe validamente sosti-tuire le riserve monetarie dei singoli paesi. La nuova unità, passerebbe poi alle banche com-merciali e da queste al giro delle transazioni degli operatori privati.

L'istituto internazionale dovrebbe stabilire un limite all'ammontare delle valute estere depositate presso di esso, in modo da evitare che gli Stati Uniti continuino a finanziare il deficit della loro bilancia dei pagamenti emet-tendo carta.

Se proprio si volesse dare all'unità inter-nazionale un contenuto di valore diretto e cioè se si escludesse la moneta astratta sarebbe pure pensabile una moneta-merce rappresentativa di un dato campione di materie prime (dal rame all'acciaio, dal cotone alla lana); questa risolu-zione andrebbe vista insieme al problema della stabilizzazione dei prezzi delle materie prime che t a n t o interessa i paesi del Terzo Mondo.

Il valore della moneta è destinato a diven-tare sempre maggiormente una funzione del-l'andamento economico, della capacità ammi-nistrativa degli organi preposti e della colla-borazione internazionale.

JM ^ l ^ i l

L'avvenire nel mondo