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Cronache Economiche. N.353-354, Maggio - Giugno 1972

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CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA

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cronache

economiche

mensile della camera di commercio indusfria artigianato e agricol-tura di forino numero 353/4 maggio-giugno 1972 C o r r i s p o n d e n z a , m a n o s c r i t t i , pubblicazioni d e b -b o n o e s s e r e i n d i r i z z a t i alla D i r e z i o n e della Ri-vista. L ' a c c e t t a z i o n e degli articoli d i p e n d e dal giudizio insindacabile della D i r e z i o n e . Gli scritti f i r m a t i o siglati r i s p e c c h i a n o s o l t a n t o il p e n -s i e r o d e l l ' A u t o r e e non i m p e g n a n o la D i r e z i o n e della Rivista né l ' A m m i n i s t r a z i o n e C a m e r a l e . Per le r e c e n s i o n i le pubblicazioni d e b b o n o es-s e r e inviate in d u p l i c e copia. È v i e t a t a la ri-p r o d u z i o n e degli articoli e delle n o t e s e n z a l ' a u t o r i z z a z i o n e della D i r e z i o n e . I m a n o s c r i t t i , a n c h e se n o n pubblicati, n o n si r e s t i t u i s c o n o . D i r e t t o r e r e s p o n s a b i l e : Primiano Lasorsa V i c e d i r e t t o r e : Giancarlo Biraghi

sommario

L. M a l l è

3 Architettura civile e gotica in Piemonte: case, castelli, ricetti.

G. IVI. V i t e l l i

14 II momento economico e l'attività delle Camere di commercio del Piemonte.

G. F. M i c h e l e t t i

21 Prospettive di collaborazione fra il Politecnico di Torino ed alcune Facoltà di ingegneria, in Africa, quale premessa per successivi svi-luppi di espansione industriale e commerciale.

G. Gaetani d ' A r a g o n a

27 II «marchio di qualità» per gli alimenti e i prodotti artigiani.

G. Biraghi

29 Che cos'è questo piano chimico?

C. C o s t a n t i n o

37 Considerazioni intorno alla terza riforma del sistema tributario italiano.

A. Bellando

42 L'azione degli enti internazionali per la tutela dell'ambiente umano.

A. T r i n c h e r i

53 Dopo l'aggiustamento delle parità restano i problemi di fondo.

A. C i m i n o

56 L'avvenire nel mondo dei metalli non ferrosi.

P. C o n d u l m e r

60 II primo traforo per l'Europa.

P. Cazzoia

67 II ferro e la pirite della Valchiusella.

E. B a t t i s t e l l i

75 Pubblicità vinicola.

U. Bardelli

79 Nuove zone per i minatori.

A. Perino

87 La funzione di accertamento degli usi e delle consuetudini.

G. Lega

91 Note di documentazione tecnica. 94 Tra i libri

101 Dalle riviste

Figura in copertina:

Castello di Fenis (Valle d ' A o s t a ) .

D i r e z i o n e , r e d a z i o n e e a m m i n i s t r a z i o n e

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C A M E R A D I C O M M E R C I O

I N D U S T R I A A R T I G I A N A T O E A G R I C O L T U R A

E U F F I C I O P R O V I N C I A L E I N D U S T R I A C O M M E R C I O E A R T I G I A N A T O Sede: P a l a z z o Lascaris - Via V i t t o r i o A l f i e r i , 15

Corrispondenza: 10121 T o r i n o - Via V i t t o r i o A l f i e r i , 15 10100 T o r i n o - C a s e l l a P o s t a l e 4 1 3 . Telegrammi: C a m c o m m . Telefoni: 55.33.22 (5 linee). Telex: 2 1 2 4 7 C C I A A T o r i n o . C/c postale: 2 / 2 6 1 7 0 . Servizio Cassa: C a s s a di R i s p a r m i o di T o r i n o . - S e d e C e n t r a l e - C / c 53. B O R S A V A L O R I

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(presso la Borsa Merci) - 10123 T o r i n o - Via A n d r e a D o r i a , 15.

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Architettura civile gotica in Piemonte:

case, castelli, ricetti

Luigi Malie

Nell'architettura gotica civile che ebbe fra il '300 e l'iniziale '500, splendida fioritura, molto ampie furono — e continuano tuttora implacabili, scarsamente combattute, inutilmente depreca-te — le distruzioni. Ma riman-gono, per quanto non di rado ridotti a frammentarie strutture o a pochi resti decorativi, esempi rilevanti. V'è tutto un capitolo d'architettura fortificata di roc-che, borghi difesi, « ricetti » su cui è qui impossibile l'indugio; per gli ultimi danno l'esposi-zione più evidente e suggestiva il biellese e il novarese. Ma le varie zone ebbero caratteri assai differenziati nella costruzione di rocche o castelli, ch'erano ad un tempo fortino e dimora.

Più grandiosi, più accoglienti, cordiali e pittoreschi pur nelle parti severe, i castelli del Pie-monte orientale, spesso rinnovati in un tardogotico assai decorato e d'aspetto familiare per il caldo tono del cotto; più piccoli e arditi, anche torvi o comunque alteri i castelli, già numerosis-simi, della valle d'Aosta, diffusi fin dall'epoca romanica e poi rinnovati con intenti in preva-lenza di fortificazione, escludendo sviluppi ariosi di forme, rifiu-tando decorazioni plastiche, ef-fetti pittorici, d'atmosfera, freddi e distanti nell'effetto della pietra grigia. Crudeli le distruzioni e trasformazioni fra i castelli del

'200: Arnaz, Cly-S. Denis (1251), Sarre, Avise, Derby, Lar-cher; ampliamenti di Challant e Introd; torri di Perloz, Ville-neuve, Aosta (Bramafam, del Baillage, del Lebbroso); nel'300: castelli di IJssel (1350),

Ayma-ville (riedificazione), Sarriod a Villeneuve, Morgex, La Thuile. Rimangono celebri il castello (1390) di Verrès (località

che-serba anche il priorato di S. Gil-les, 1512, con splendide trifore), il più ostile e cupo, a corpo unico merlato, a sommo d'un

Fig. I - C i n t a del C a s t e l l o di C h a t e l A r g e n t , V i l l e n e u v e .

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cocuzzolo, senza stacchi e slanci di torri, impiantato secondo uno schema elementare che è anche d'ammirevole assolutezza forma-nti-: aW interno impressiona lo

scalone gradinato a lastroni, in-serti nella muratura del cortile, sospesi sul vuoto senz'asse me-diano e senza ripari di sorta, con effetto sorprendente di « or-rido ».

Tutt'altro il castello di Fénis (1350 c.J il più geniale della valle, con avvicendamento di vo-lumi e di piani che lo immerge spontaneamente nel paesaggio, superando l'effetto di non lon-tani restauri incongrui ed ecces-sivi. Come ne derivava militar-mente una favorevole possibilità di difesa con tiri in ogni dire-zione e incrociati, cosi stilisti-camente il complicato gioco di curve, di spigoli, offre una mul-tipla trama di rapporti formali per il variare continuo di pro-spettive rapide e urtate. Varcata la cinta e percorsa la via tra i cammini di ronda, il vero e proprio ingresso interno al ca-stello introduce, con poetico mu-tamento di scenario, al cortile augusto e ombroso ma armonico nella serie di logge che sì apre al centro in una pittoresca scali-nata semicircolare e si aggrazia di affreschi di « stile cortese ».

Altra cosa il maniero d'Is-sogne (fine '400) che rinserra in un esterno pressoché insignifi-cante un bellissimo sviluppo in-terno di cortile e porticato ma volgendo il tardogotico, in parte, verso antitetiche posizioni, acco-gliendo forme rinascimentali, sia pure alterandole in senso setten-trionale e nelle pitture accetta penetrazioni da un lato lombarde tradizionali o moderne braman-tesche, d'altro lato toscane e tosco-padovane, d'altro ancora fran-cesi, dove il gusto compositivo del « flamboyant » si sottopone a

Fig. 5 - C a s t e l l o di V e r r e s , p r i m a del r e s t a u r o . Fig. 4 - C a s t e l l o di Fenis.

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nuova misura. Se non un uma-nesimo, certo tm timbro a suo modo aulico vi risuona, non escludendo tratti di quasi rustico contegno.

Il canavese è ricco di memorie ragguardevoli. Ecco le torri di Chivasso, di Piverone (sec. XIII-XIV), dì Settimo Vittone, la torre del comune di Rivarolo poi divenuta campanile di S. Gia-como, la torre del Carlevato di Cuorgne, le torri di Leyni e di Front, la severa torre comunale a forte scarpa di Barbania, la-torre di Borgaro; e di castelli molti esempi, spesso ridotti a rovine. Sono Valto e basso cana-vese nella, loro parte orientale ci radunare il maggior numero di castelli; una corona di rocche si dispone attorno alla zona d'Ivrea, da un lato toccando il limite dei castelli valdostani, dall'altro ac-costandosi alla zona vercellese mentre il limite inferiore s'ap-prossima alla zona torinese e a ovest incontra il territorio di Lanzo che, a quest'epoca, dopo la fioritura dei più antichi ca-stelli arduinici, ebbe più scarse costruzioni castellane e vide piut-tosto numerosa Varchitettura di case civili. Ma i castelli del canavese si distaccano da tutti i tipi circonvicini, escludendo gli aspetti battaglieri e spogli degli aostani, e del pari gli aspetti più ariosamente articolati in ade-renza ad esigenze rurali tipiche dei vercellesi, ponendo piuttosto l'accento a mezzo, su un gusto più accogliente di abitazione vera e propria, non perciò trascuran-do il sistema difensivo. E le realizzazioni si scalano con varie interpretazioni. Il cotto rende particolarmente pittoreschi que-sti edifìci.

Scendendo dunque dall'alto, a Ivrea sì estolle pur mutilato d'una torre il famoso « castello delle 4 torri » fondato nel 1358

Fig. 7 - C a s t e l l o di V e r r e s , s c a l o n e .

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Fig. 8 - C a s t e l l o di V e r r e s , s o m m i t à d e l l o s c a l o n e e b a l l a t o i o .

per il Conte Verde: imponente, bloccata massa uniforme indiffe-renziata, appena alleviata e al contempo stretta dall'incardina-tura del giro di torri angolari. Nella regione, i castelli di Vmthe — imponente e in superba, posi-zione panoramica —, di Azeglio (il Castel!azzo), di Masino, ca-stello grandioso distrutto nel 1459 dopo la coraggiosa difesa della castellana Violante Grimaldi Broglio, restando eli quella più antica parte solo metà del ca-ratteristico « donjon », il pitto-resco castello quattrocentesco, dal-la beldal-la merdal-latura, di Montalto Dora restaurato da Alfredo

d'An-drade che ripristinò il castello di Pavone — già nel '300 sopraele-vato sulla parte romanica e jioi ampliato ancora nel '500 —; più a sud l'elegante mosso ca-stello di Malgrà a Rivarolo, am-piamente restaurato — salvo la torre — nel 1912 e che serba al-l'ingresso affreschi quattrocente-schi ancor di discendenza « cor-tese ».

Notevolissimo il castello, anzi il complesso castellano che può dirsi un borgo-forte con i suoi interni spiazzi e le sue vie coor-dinanti tre castelli, di Valperga: fitto nesso di severi edifìci col-legati da torrioni quadrati o

cir-colari in un dispositivo dira-mato senza allentamento, pitto-resco, cui successivi tempi ag-giunsero segni d'altri gusti, ba-Tocchi ad es., mentre il terzo

castello all'estremità del com-plesso, fu rinnovato a villa-palazzo neoclassico. Vastissimo il castello, nucleo duecentesco, dei Biandrate a S. Giorgio Cana-vese (ora dei Rovasenda), men-tre nella zona più occidentale sono da ricordare il castello di Rivara (quello di Leyni f u quasi del tutto rifatto) duecentesco e trecentesco, ripristinato ded pit-tore Carlo Pittara nella seconda metà dell'800 e più su i castelli di Castcllamonte, di Villa Ca-stelnuovo (rinnovamento duecen-tesco di castello romanico), di Torre Bairo.

Un cenno particolare meri-tano i ricetti, località fortificate, spesso d'ima certa estensione, ser-rate ma bene articolate entro cinte eli mura con una porta turrita, ch'erano rifugi e soprattutto de-positi, stringendo i magazzini entro la fitta trama dì stradette con angusti scantinati; località che conservano intatto il colore antico e l'aspro fascino del loro tempo. Per i ricetti il canave-sano e una delle zone piemontesi più interessanti, sebbene parec-chi siano rimasti gravemente me-nomati. Mentre a Oglianico non resta che la nuda rustica torre quadrata d'ingresso, a Salassa si percorre ancora il bel tracciato del cupo complesso sorvegliato dall'alta torre circolare dell'in-gresso, ancor munito di parte del suo muro. Cosi mantiene ca-rattere il ricetto trecentesco di Ozegna, venuto a collegarsi col complesso del castello, costruito nel 1432 da Gotifredo di Bian-drate, ch'era assai suggestivo nel susseguirsi di torre, androne, logge, sopravvivendo in parte, ancora con belle sale affrescate con motivi a rabesco. Anche Front ha tuttora avanzi di un ricetto trecentesco.

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di Vossa.no, nel saluzzese (il maestoso castello marchionale di Saluzzo fu rifatto nell'800), gli aggraziati ma rimaneggiati di

Verzuolo e Costigliole ; e a mar-gine verso il pinerolese i tre-centeschi di Polonghera e Vil-lanova Solavo. NelValessandrino emergono quelli di Castel-nuovo Bormida, di Pozzolo Formigaro (visconteo), i castelli dei vari-rami D'Oria a Montaldeo, S. Cristoforo, Mornese, il ca-stello Spinola a, Lerma, il mae-stoso e intatto maniero di Silvano d'Orba: ma già ci si sposta verso caratteri liguri. In Monferrato notevoli, nonostante i restauri, quelli di Gabiano, imponente e pittoresco, e di Camino; quello di S. Giorgio rimaneggiato a civettuolo palazzotto settecentesco, fu corredato, a fine '800, di ibrido fianco neo-medievale. Nel-l'astigiano: i castelli di Settime (rinnovato), Cortanze, Montema-gno, quest'ultimo serrato e mas-siccio; di maggior fascino le ro-vine di Roccaverano con torre rotonda.

Fig. 9 - T o r r e con o r n a t i in c o t t o , A v i g l i a n a .

Fig. IO - P o n t e con t o r r e , M i l l e s i m o .

Nel novarese una lunga serie di castelli erge tuttora moli pos-senti ed estese, rese suggestive da caditoie lungo intere facciate o anche in circoscrizione com-pleta-, da torrioni bassi, grave-mente ritmati nella ripetizione o da improvvisi svenamenti di torricelle con edicole. Dal ca-stello di Rocca di Vogogna, alla grande Rocchetta di Novara-, con tre ricostruzioni almeno fino alle soglie d'un gusto bramantesco, al castello quattrocentesco di Nib-biola, a quello di Vicolungo limi-tato ora ad un enorme torrione angolare (1460) e dipendenze più eleganti e tarde, al castello rima-neggiato di Caltignaga, si passa ai meglio conservati di Castel-lazzo, del '300 e '400, eretto con criteri dettati da interessi agricoli più che di fortificazione, con bel-le archettature in cotto; di Bno-na, col solo sboccio verticale d'un torrione snello, quasi a fungo, e con esemplari di finestre a decorazione laterizia fra le più belle piemontesi; di Piolo, nel fitto movimento dei suoi becca-telli e con due torri angolari

cir-colari; di Galliate, ricostruito per Galeazzo Maria. Sforza nel 1476 da Ambrogio Ferrarlo (attivo anche alla Rocchetta di Novara) enormemente esteso e basso, con

Fig. I I - C a s t e l l o di M o n c a l i e r i . L ' e n t r a t a f r a le t o r r i m e d i o e v a l i .

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Fig. 12 - C a s t e l l o di Malgrà, R i v a r o l o Canavesì

Fig. 13 - C a s t e l l o di P a v o n e C a n a v e s e . Fig. 14 - R i c e t t o , T o r r e d ' i n g r e s s o , Salassa. fitte e lunghe caditoie a livello

molto ribassato e sei colossali e gravi torrioni, ma senza im-pronta militaresca.

Numerosi i castelli e rocche, dal XIII all'inizio del sec. XI l * nell' Ossola, nella regione di Orta, sulla riva piemontese del Lago Maggiore, quivi spiccando la Rocca di Angera. Anche il ver-cellese offre bei resti, a Prarolo, ad Albano, a Casanova Elvo, a Quinto, a Barengo, combinando effetti animati e versatili nella diversità di torri quadrate o

cir-colari, in spontaneo collegamento di elementi difensivi e di vigi-lanza con le parti prettamente rurali interne ed esterne, in vi-tale articolazione. Buronzo serba tracce di imponente borgoforte (già degli Avogadro) con resti di dimore castellane e il <c ricetto »; Rovasenda è dominata dal ca-stello duecentesco in parte integro.

Nel biellese sono eccezionali i « ricetti », raggiungenti propor-zioni vaste, serrati ma anche accortamente diramati entro cin-te, servendo di rifugio e insieme

di deposito di derrate per opulenti centri agricoli: ne danno esem-pio Magnano, Ponderano, ma soprattutto Candelo, il più im-portante « ricetto » piemontese in

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Fig. 15 - C a s t e l l o di S a n t a V i t t o r i a d ' A l b a , in. g r e s s o .

e tranquillo come la dolce piana su cui posa, grande « caseggia-to » fortificacaseggia-to sotcaseggia-to lo sguardo non bellicoso d'una ridotta torre circolare d'angolo; il castello di Sandigliano, già dei Vialardi, come il precedente e anche più familiare; il blocco di Roppolo, quasi in articolato.

Sopra tutti brilla ancor oggi il castello di Gaglianico, del '300, rinnovato agli inizi del '500 per Charles d'Amboise, serrando le parti attorno al cortile centrale, con un mosso prospettarsi di otto torrioni e con torri quadrate o rettangolari, più una torretta pensile circolare a camini-pin-nacoli; di fine, ricchissima de-corazione in cotto, il cortile con sette arcate, a multiplo ordine di logge. Il castello poi venne a trovarsi in situazione scenogra-fica per la creazione del retro-stante vasto parco barocco su di-segno di Le Nótre.

Sono da ricordare i castelli nell'albese, a volte ridotti a poche parti superstiti (cinte, torrioni, masti) a volte ancora pressoché completi nell'impianto anche se con smozzicature, otturazioni, aperture di finestre illogiche e deturpanti, alterazioni per

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Fig. 18 - C a s t e l l o di P r u n e t t o ,

gioni •pratiche o pseudoestetiche, del resto frequenti anche nei ca-stelli superstiti in altre regioni, specie nel novarese. Ricordiamo almeno il castello di Santa Vit-toria d'Alba con la snella torre d'ingresso, il massiccio corpo di quello di Castiglione Folletto, il bloccato castello di Prunetto, al-terato nelle torri, ma dalla bella, muratura e con belle bifore in pietra, il severo e compatto ca-stello di Serralunga dal teso

rit-mo ascensionale.

Fuor dei castelli e dimore feudali, entità architettoniche iso-late sia idealmente sia nella stessa materiale situazione, v'è

una lunga storia di abitazioni, cittadine o di paese, dal palaz-zotto aristocratico o borghese, alla « casa » del mercante. Fra le sedi « civiche » spicca il pretorio di Castelnuovo Scrivia. Case gran-diose o piccole e semplici riman-gono in Avigliana, Borgof ranco, Ozegnci, Pincroio (il bel palaz-zotto dei Principi d'Acaia), nel saluzzese (casa della Credenza a Caramagna, sec. XIV), nel cuneese (splendida casa Tra-versa, merlata, a Bra; casa dei Bressani a Mondo vi ; case a Cu-neo, Peveragno, Valgrana), nel-l'albese (case in piazza Perti-nace, ad Alba; a Che.rasco), ad Asti (casa Catena), nel biellese, nel vercellese, e nel novarese, in laterizio con gustosi ornati in cotto in finestre o porte, in fregi di facciata, e con ariosi porti-cati e logge. Chieri è particolar-mente importante per la serie copiosa e tuttora minacciata da inconsulti e incontrastati soprusi, di abitazioni civili gotiche con esemplari fra i più belli.

Si hanno in Ivrea varie abi-tazioni gotiche con belle finestre ogivali e cortili ornati in cotto; la « casa della Credenza » risale al '400. Case con eleganti deco-razioni in cotto si vedono a Mon-talto Dora cui conferiscono una

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suggestiva nota, altre a S. Beni-gno canavese, altre a Caselle. A Brosso si -presentano tipi rustici di case porticate; esempi anche più campagnoli sono quelli con balconate lignee di Salassa, dif-fusi del resto in larga zona. Città ancor tipica per portici gotici molto profondi, molto bassi, volte piuttosto schiacciate, con tipiche botteghe, è Cuorgnè, particolar-mente nella via Arduino dove la casa famosa « di Arduino » è in realtà gotica, con portico a tre arcate ogivali (due maggiori rinserranti la mediana piccola) insistenti su pilastri coronati da bassi capitelli in pietra a motivi vegetali. La torre del Car-levato e altre torri quadrate e circolari e un ponte gotico com-pletano il carattere dell'antica cittadina.

Avvicinandosi alla zona di Lanzo, i primi esempi cospicui li offre Ciriè, già- chiusa in una cerchia di 14 torri che ancor nel tardo '600 era ampiamente visi-bile. Vi sono numerose le case gotiche con eleganti fregi, belle finestre sia di tipo ogivale sia di tipo crociato, porticati ogivali. Un'atmosfera caratteristica di ac-cento più rustico si rivive in alcune vie di Noie (qui percorse da canali, come anche a Balan-gero) e di Matlii, e questo aspetto s'affianca a quello più sostenuto in Lanzo che, alle case gotiche di Piazza Grande e alla torre trecentesca del Comune, accosta il caso singolare delle « chinta-ne », strettissime vie con le case collegate da archi a guisa di ponticelli. Lanzo poi vanta il più bel ponte gotico piemontese : il « ponte del diavolo » ad unica limpida ed energica gittata, co-struito nel 1378. Di carattere del tutto campagnolo le abitazioni gotiche in Val d'Ala, in Val Grande, vai di Viu. Presso Forno di Lamie è da segnalare il pit-toresco ponte eretto nel 1477 dai

Fig. 21 - Rocca di A n g e r a .

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Fig. 22 - C a s t e l l o di N i b b i o l a , facciata.

Goffi, singolare per il disporsi a schiena d'asino — su tre campate di cui la centrale mag-giore — sormontata da un'edi-cola più tardi affrescata e per il suo restringersi mediano crean-do un bel movimento con una nota di grazia rustica nel pae-saggio.

Altro ponte bellissimo, nel cu-neese, è quello di Dronero, del 1428, a tripla moderata ogiva, con coronamento merlato di forte effetto pittoresco. Suggestivo an-che il ponte a cinque archi di Spigno Monferrato.

Ma numerosissime sono le lo-calità che serbano qualche fram-mento di facciata con bifore o monofore ad armille decorate, o resti di case-torri, o avanzi di portici. Fra i casi di maggiore finezza esecutiva, le bifore lapidee della casa de Bartolomei in Susa, del primo gotico (seco-lo X I I I ) ; del gotico tardo quelle della canonica di Villa/nova So-lavo, già a crociera, in cotto; quelle con sfarzose cornici, della casa Della Porta di Novara e, passando ad una costruzione ci-vile pubblica, le grandi finestre, a ghiere decorate con molteplice successione di motivi, del Pa-lazzo Comunale di Cocconato. Casi più complessi riaccostano a castelli soprattutto nel Pie-monte orientale (tra l'altro le belle finestre della « casa Sforze-sca » a Sartirana Lomellina e quelle in cotto smaltato al Ca-stello di Albano Vercellese), ma anche nella zona centrale (Ca-stelvecchio di Testona, Castel-guelfo presso Chieri). Risultati di primissimo ordine si hanno pure nella zona alpina, come nel priorato di S. Orso ad Aosta, palazzotto attribuito a Janin Braye, eh'è uno dei punti estremi del tardogotico, già riveduto se-condo nuovi criteri di propor-zione e di forma e dove compaio-no splendide finestre crociate in

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Fig. 24 - C a s t e l l o di Issogne. c o r t i l e e p o z z o . colto, di vivace decorazione

pla-stica.

Impronta particolare ebbe cer-to Torino, anche se in epoca gotica era poco sviluppata, meno cara allora ai conti e poi duchi di Savoia del ramo diretto, affe-zionati piuttosto alle loro terre oltralpine, meno cara ai principi d'Acaia, più legati a Pinerolo e che tuttavia lasciarono il loro nome legato al rinnovamento del massimo edificio torinese del go-tico mediano, il Castello poi divenuto « Palazzo Madama ». / rinnovamenti edilizi susseguitisi in Torino dal tardo '500 al '700, distrussero progressivamente le testimonianze dell' architettura ci-vile e in buona parte anche della sacra, romanica e gotica: tra l'altro il palazzo del comune, il palazzo del vescovo (palazzo di S. Giovanni) divenuto poi pa-lazzo ducale col nome di papa-lazzo vecchio su parte dell'area occu-pata in seguito dal palazzo du-cale nuovo (poi palazzo reale) e tutta la compatta massa di quartieri tra piazza Castello, piazza del grano (piazza Corpus

nomini)

e l'attuale piazza del Municipio. Tanto più impor-tante il sussistere del castello, esso stesso in parte rinnovato e che sfuggi a più d'una intenzione di rifacimento completo. La ori-ginaria casaforte eretta circa il 1260 da Guglielmo VII di Mon-ferrato a ridosso della porta, romana — sul lato esterno verso la campagna — e passata poco dopo in possesso della casa- di Savoia, venne ampliata, nel corso del primo quindicennio circa del '400, da Ludovico d'Acaja con raggiunta d'una imponente manica verso il Po, serrata da due torri riprendenti l'aspetto delle superstiti romane. Il

ca-stello cosi chiuso nella sua massa unitaria ma slanciato nel sor-gere dal fossato, con effetto ener-gico che i successivi innalza-menti del suolo della piazza hanno fortemente scemato, ebbe eleganti bifore di bella linearità senza ornamenti sulle quattro facciate (in parte recuperate); elementi interessanti di finestre e arcani di portico sono visibili nel cortile ora coperto, testimo-niando le tappe costruttive dal '200 al '400. La Casa del Con-siglio superiore di giustizia (det-ta « casa del senato ») con pro-fonde segrete nel sottosuolo su fondamenta romane, ebbe fine-stre ogivali quattrocentesche in grati parte sostituite nel '500. Più ricche finestre a ogiva re-stano nella casa (forse) dei Ro-magnano, ma ne vennero di-strutte le fasce in cotto a deco-razione vegetale; una bella casa in via IV Marzo ha finestre crociate.

Impronta particolare riceve Vercelli dalle sue torri, dalla più antica di S. Marco del sec. XIII (in due fasi) alla torre dell'Angelo, inferiormente quadrata, superiormente ottago-na, elevantesi fino alle caditoie senza partizione alcuna; alla torre del. palazzo vecchio, della prima metà del '300, strapiom-bante e ugualmente senza divi-sioni; infine alle due più tarde e più tipiche, dei Tizzoni e dei

Vi al ardi (seconda metà del '400) di gusto lombardo pittoresco, ele-gante, la prima concludendosi a torricelle con bifore.

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Il momento economico

e l'attività delle Camere di commercio

del Piemonte

Giovanni M. Vitelli

Quando un anno fa ci riunimmo in Assem-blea, ricorderete che definii il 1970 l'anno del « tempo perduto ». Ebbene m u t u a n d o ancora dalla letteratura francese, oserei chiamare con Balzac il 1971 il periodo delle «illusioni per-dute ». Non vi è infatti oggi chi, sia pure osti-nato ottimista, non si avveda della gravità del momento economico. Significativo mi pare il giudizio apparso recentemente su « Mondo eco-nomico », secondo cui il sistema joroduttivo italiano, regredito « dai livelli elevati di ieri l'altro... ai ritmi rallentati di ieri », minaccia di orientarsi verso un modello di « sviluppo zero ».

D'altro canto anche l'« Economist », da os-servatore esterno alle cose nostre, ha ultima-mente scritto che « l'industria italiana potrebbe scivolare dal circuito virtuoso di uno sviluppo sostenuto dalle esportazioni e dagli investi-menti al circuito vizioso, che la Gran Bretagna conosce t a n t o bene, del sottoinvestimento, delle importazioni ed esportazioni pigre ».

Senza voler drammatizzare, dal momento che lo spazio per il recupero non manca, è indubbio che, qualora non si compia da parte di t u t t e le forze produttive uno sforzo decisivo, si rischia di arrestare, forse a lungo, il progresso del Paese, compromettendone la posizione di rilievo raggiunta nell'ambito delle nazioni più avanzate. L'analisi che segue, riferita al Pie-monte, avvalora ed accentua simili timori e preoccupazioni.

Andamento produttivo regionale. Per l'economia piemontese il 1971 doveva rappresentare l'anno della ripresa dopo la lunga stagnazione iniziata all'indomani dell'autunno sindacale e protrattasi per t u t t o il 1970. A conti f a t t i si è invece rivelato un anno tra i più deludenti, il peggiore dalla fine della guerra, sia per la b a t t u t a d'arresto subita dal processo di crescita del reddito, sia per i pesanti riflessi sul piano psicologico degli operatori conseguenti alla « r o t t u r a » dell'equilibrio economico-finan-ziario delle aziende.

Gli ostacoli che si sono frapposti alla nor-malizzazione dei ritmi produttivi, condizione preliminare per l'avvio di una nuova fase espan-siva, sono da individuare essenzialmente nel prolungarsi di uno stato di tensione sociale nell'ambito delle aziende e nell'andamento poco soddisfacente del mercato interno. Può affer-marsi, anzi, che tale secondo fattore di remora sia stato nella generalità dei casi maggiormente determinante, senza sottovalutare l'azione per-turbatrice di fondo esercitata dalle agitazioni sindacali e dal fenomeno dell'assenteismo. Resta comunque accertato che mentre la conflittua-lità, specie nella seconda metà dell'anno è an-data attenuandosi, la dinamica riflessiva della domanda interna ha continuato per l'intera an-n a t a a coan-ndizioan-nare l'evolversi della produ-zione, q u a n t u n q u e verso la fine del periodo taluni sintomi meno negativi delincatisi nell'at-teggiamento degli imprenditori verso nuove iniziative possano far diagnosticare almeno l'esaurirsi della fase più critica della congiuntura.

Profonde modificazioni sono intervenute nel quadro economico rispetto al 1970. In tale anno le difficoltà erano sorte essenzialmente dal lato dell'offerta, in quanto la persistente conflittua-lità aveva impedito di riorganizzare, secondo la nuova realtà venutasi a creare in seguito al rinnovo dei contratti di lavoro, l'attività pro-duttiva, la quale non era stata così in grado di crescere t a n t o da rispondere prontamente alla domanda interna, irrobustita dall'amplia-mento della massa salariale, e alla domanda estera sostanzialmente favorevole. Di qui il sensibile aumento delle importazioni e la sta-zionarietà delle esportazioni.

La m a n c a t a dilatazione p r o d u t t i v a aveva generato, nella seconda metà dell'annata, sin-tomi di rallentamento nella domanda intersetto-riale e una certa carenza di investimenti, la cui esecuzione, nonostante si rendesse

indispensa-Riportiamo il testo della relazione tenuta dal presidente cav. del lav. dr. G. M. Vitelli alla VII Assemblea ordinaria dell'Unione delle Camere di commercio industria artigianato e agricoltura del Piemonte, svoltasi a Torino il 22 maggio 1972.

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bile per ammortizzare l'ascesa dei costi con incrementi di produttività, veniva procrasti-nata nell'attesa di uno sfruttamento j^iu inten-sivo degli esistenti stocks di capitale fìsso.

Tuttavia l'intonazione meno sostenuta as-sunta da una parte della domanda ha finito per reagire sulla stessa dinamica produttiva, il cui ulteriore indebolimento, attraverso l'incep-parsi del meccanismo produzione-reddito-do-manda, ha provocato nel 1971 una stasi gene-ralizzata del mercato interno. Si è t r a t t a t o in primo luogo di flessione di investimenti. Gli operatori sono stati infatti indotti a rinviare ancora una volta l'attuazione dei jjropri pro-grammi da una serie molteplice di fattori: il basso grado di impiego della capacità produt-tiva, l'impossibilità di prevedere l'andamento dei costi futuri e quindi la redditività dei capi-tali investiti, il protrarsi delle agitazioni, il confuso quadro politico. I consumi dal canto loro hanno segnato un decremento del tasso di espansione dovuto sia a motivazioni psicolo-giche, per il comportamento cautelativo delle famiglie dettato da timori circa la perdita della stabilità occuj^azionale, sia ai tagli subiti dalle retribuzioni per scioperi e sospensioni dal lavoro.

Dato il debole sostegno offerto dalla do-manda interna, non sufficientemente compen-sata dai jirogressi che gli operatori sono riusciti a conseguire sui mercati esteri, l'attività pro-duttiva ha registrato un calo sensibile. Inoltre il conseguente abbassamento del grado di im-piego dei fattori della produzione ha acuito il problema dei costi, ancora in ascesa dopo l'im-pennata del 1970; per cui anche dal lato finan-ziario, oltre che produttivo, il panorama si è mostrato assai grigio.

Sulla scorta delle stime effettuate dalle sin-gole Camere di commercio e tenuto conto del-l'incidenza di ciascuna provincia nell'ambito dell'economia regionale, la diminuzione del red-dito globale del Piemonte, calcolato in valori costanti, dovrebbe essersi aggirata intorno al-l ' I , 5 % . Taal-le risual-ltato è particoal-larmente nega-tivo ove si pensi, fra l'altro, all'incremento sia pure modesto ottenuto in campo nazionale ( + M % ) .

Nelle diverse province le variazioni del red-dito sono apparse, in ordine decrescente di grandezza, le seguenti: Alessandria — 3 % , To-rino e Vercelli tra — 1,5 e — 2%, Cuneo

— 1,5%, Novara tra — 0,5 e — 1 % . Soltanto l'economia astigiana non ha accusato alcun declino, migliorando forse di qualche poco (dello 0,5% circa) le posizioni raggiunte nel 1970.

Dall'analisi per settori dell'andamento con-giunturale si ha modo di constatare come

agri-coltura e industria abbiano presentato i con-suntivi più insoddisfacenti. Secondo i calcoli effettuati dall'LRVAM, il valore delle coltiva-zioni ha subito una flessione del 12,5% nei confronti dell'anno precedente. Tale declino è imputabile soprattutto alle avverse condizioni climatiche caratterizzate da temperature piut-tosto basse e piogge intense durante i mesi primaverili e da eccessiva siccità nel corso del-l'estate. Si è per contro registrato un aumento del 7,1% negli allevamenti, che non ha tuttavia consentito di neutralizzare i risultati negativi dei raccolti. Infatti la produzione complessiva è discesa sotto i livelli del 1970 di un'aliquota pari al 4i,2%. Ancor più rilevante è stato il calo del valore aggiunto, uguale al 5,3%.

I dati suddetti sono stati calcolati con riferimento ai valori correnti. Se si tiene conto dell'aumento dei prezzi si ottengono variazioni negative ben più marcate. In termini reali si stima che il valore aggiunto abbia segnato una diminuzione aggirantesi intorno al 10%.

L ' a n d a m e n t o dell'agricoltura è risultato mol-to difforme da una provincia all'altra. Cuneo, Asti e Alessandria risultano le province in cui si sono avute le riduzioni più consistenti. Meno incisa è invece apparsa l'agricoltura torinese, mentre su un piano stazionario o di poco più elevato del 1970 hanno chiuso la campagna Vercelli e Novara.

II settore che maggiormente ha risentito delle avversità economiche è l'industria, che fornisce oltre la metà dell'intero reddito pie-montese. La produzione, dopo l'andamento in-certo dei primi mesi dell'anno, ha seguito una tendenza declinante che è a n d a t a via via ac-centuandosi sino alle soglie dell'autunno, per poi attenuarsi o forse arrestarsi nei mesi suc-cessivi, anche se a quest'ultimo proposito le scarse e non univoche indicazioni disponibili non consentono un giudizio definitivo. È co-m u n q u e da escludere che il 1.971 si sia chiuso all'insegna della ripresa.

Un altro aspetto caratteristico delle vicende congiunturali dell'annata è dato dalla genera-lizzazione del regresso produttivo. Soltanto i settori della gomma, dell'editoria ed alimen-tare pare non abbiano risentito in maniera ec-cessiva delle difficoltà economiche. I n t u t t i i restanti si sono rilevati cali: limitati per il comparto chimico-farmaceutico, abbastanza netti per il metalmeccanico, il tessile, le car-tiere, le concerie e il settore dei materiali da costruzione.

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un regresso del 2% (da 1.854.252 a 1.817.019 autoveicoli). A proposito di quest'ultima oc-corre aggiungere che i dati si riferiscono al totale nazionale, il quale è t u t t a v i a assicurato quasi interamente dalla produzione locale.

Un discorso a parte va f a t t o per l'industria edile, entrata nella fase critica più acuta. Se il 1970 aveva visto una carenza di nuove opere-poste in cantiere, ma anche notevoli incrementi di costruzioni ultimate, nel 1971 alla perdu-rante limitatezza delle nuove iniziative è venuto ad aggiungersi il declino nel campo dei fab-bricati costruiti. Ciò jier effetto dell'esaurirsi degli stimoli della nota legge urbanistica.

In base ad una stima di larga massima il reddito del settore industriale, calcolato ai prezzi costanti, è sceso sotto i limiti dell'anno precedente di un'aliquota oscillante intorno al 4%. A determinare tale risultato ha concorso s o p r a t t u t t o la provincia di Torino (che produce il 65% di t u t t o il reddito industriale della re-gione), con un calo del 5 % . Flessioni di entità considerevole hanno presentato anche Alessan-dria (— 4%) e Vercelli (— 2,5%), mentre nelle province di Cuneo e Novara il decremento non ha superato l ' l % . L'unica provincia che non ha subito arretramenti è stata quella di Asti, dove il reddito fornito dall'industria ha segnato un lieve incremento pari all'I %.

Per ciò che riguarda le attività terziarie il calcolo della variazione del reddito diventa par-ticolarmente arduo, data l'estrema carenza di statistiche disponibili. Si ritiene t u t t a v i a di non discostarci troppo dalla realtà se si indica un incremento del 3 % circa, in termini costanti. E certo comunque che le vicende del settore terziario non sono state tra le più favorevoli, specie per il commercio interno. Gli scambi all'ingrosso delle materie prime e dei semilavo-rati hanno subito i contraccolpi del cattivo andamento dell'industria, mentre quelli delle derrate alimentari hanno t u t t o sommato man-tenuto un tono ancora abbastanza soddisfa-cente. Nel complesso t u t t a v i a il giro degli affari è risultato assai poco sostenuto.

D'altra parte un certo attendismo dei con-sumatori nei confronti degli acquisti di certi beni durevoli e la loro maggiore prudenza nello spendere, manifestatasi chiaramente in occa-sione della campagna natalizia, hanno impresso un a n d a m e n t o non eccessivamente vivace alle vendite al minuto. Sotto il profilo merceologico i risultati meno soddisfacenti sono stati otte-nuti dal settore dei tessuti, abbigliamento, cal-zature, pelletterie, mobili ed elettrodomestici. H a n n o « t e n u t o » invece i consumi dei prodotti alimentari, mentre si sono espansi quelli relativi alla motorizzazione.

Quanto al commercio con l'estero la situa-zione ha presentato mutamenti di rilievo nei confronti del 1970. In tale anno il notevole incremento della -domanda interna da un lato e la contenuta crescita della produzione dal-l'altro avevano determinato un consistente svi-luppo delle importazioni e un appiattimento della curva di ascesa delle esportazioni. Nel 1971 è avvenuto il contrario: sono saliti a ritmo molto modesto gli acquisti all'estero per effetto dell'atonia, del mercato nazionale, men-tre le esportazioni hanno registrato una ripresa. In sostanza le imprese, per non dover contrarre ulteriormente l'attività produttiva, hanno posto il massimo impegno nella ricerca di nuovi sboc-chi sui mercati internazionali, sia pure in un contesto generale assai difficile per le incertezze sul piano monetario, culminante con i noti provvedimenti Nixon, e le remore della con-giuntura poco brillanti di alcuni dei maggiori Paesi acquirenti.

Sulla base dei dati valutari elaborati dal-l'Unione italiana delle Camere di commercio, relativi ai primi tre trimestri dell'anno, le importazioni risultano aumentate dell'I,1% e le esportazioni del 14,3%. Tuttavia, considerati i rincari dei prezzi che si sono avuti da entrambi i lati degli scambi, i risultati quantitativi do-vrebbero essere espressi da variazioni più mo-derate di quelle suindicate. Basta pensare che le esportazioni di autoveicoli nazionali, quasi interamente piemontesi e costituenti una larga fetta degli invii all'estero della regione, sono salite tra il 1970 e il 1971 da 671.032 a 680.516 unità, segnando un aumento pari soltanto al-r i , 4 % .

Altra nota caratteristica è stata l'anormale crescita di liquidità del sistema creditizio, no-nostante il ribasso del costo del danaro rispetto alle p u n t e toccate nel 1970 e la politica espan-siva a d o t t a t a dalle autorità monetarie per sti-molare gli investimenti. Questi ultimi, come si è già accennato, non hanno t u t t a v i a trovato terreno fertile per svilupparsi e la domanda di credito delle imprese è stata relativamente mo-desta, intesa più che altro a tamponare perdite di gestione. Nel f r a t t e m p o è a u m e n t a t a l'of-ferta di danaro alle banche sia da parte delle famiglie rese maggiormente risparmiatrici dal-l'oscurarsi dell'orizzonte congiunturale, sia da parte delle imprese poco disposte a rischiare capitali in un quadro economico e politico colmo di incertezze.

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tale valore ha toccato quota 49,7 contro 51,7 alla medesima data del 1970.

Nei confronti dei prezzi, quantunque le ten-denze inflazionistiche abbiano continuato ad agire per t u t t o il decorso dell'anno, gli aumenti sono risultati piuttosto contenuti. Ciò per ef-letto della debolezza della domanda interna che ha ostacolato, contrariamente a quanto si temeva, il trasferimento sui prezzi degli incre-menti dei costi aziendali. L'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impie-gati del Comune di Torino è infatti salito del 5 % circa, mentre l'ascesa del livello medio dei prezzi all'ingrosso si ritiene si sia aggirata intorno al 3 % .

Per finire un cenno allo stato occupazio-nale. La media delle quattro rilevazioni cam-pionarie annuali delle forze di lavoro effettuate dall'IsTAT rivela che dal 1970 al 1971 gli occu-pati in Piemonte sono saliti di 13 mila unità, passando da 1.758 a 1.771 mila. Per quanto riguarda i singoli settori, l'agricoltura ha libe-rato 12 mila unità, l'industria ne ha assorbite 33 mila e le attività terziarie ne hanno perse 8 mila.

Quanto allo stato disoccupazionale la situa-zione registrata nelle singole province denota un pressoché diffuso aumento di lavoratori disponibili, maggiore per le persone in cerca di prima occupazione che per quelle che l'hanno temporaneamente persa.

Il fenomeno più generalizzato è stato però quello del dilagare della sottoccupazione, com'è dimostrato dal forte incremento elei ricorsi alla Cassa integrazione. Le ore integrate sono in-fatti salite (escluso il settore edile) da 7,1 mi-lioni nel 1970 a 24,3 mimi-lioni nel 1971, pari ad una variazione positiva di oltre il 240%.

Come si prospetta il 1972? I n d u b b i a m e n t e sussistono «condizioni permissive» di ripresa: larga disponibilità di fattori produttivi, sia umani che tecnici, abbondante liquidità ban-caria, costo del denaro tendente al ribasso, buona t e n u t a della domanda interna di beni di consumo, dinamica abbastanza soddisfacente della domanda estera. Inoltre nell'ultima parte dell' anno sono venute allentandosi certe ten-sioni, come quelle sindacali e dei rapporti mo-netari internazionali. Sono state infine appro-vate alcune importanti riforme, e ciò per certi versi contribuisce a restringere il margine di indecisione.

Tuttavia, perché il sistema economico possa tornare a crescere, occorre innanzitutto ridare impulso agli investimenti e a tale proposito un i m p o r t a n t e f a t t o r e di condizionamento è rap-presentato dagli sviluppi della situazione poli-tica ed in special modo di governo. I n verità

un certo qual miglioramento del clima psicolo-gico degli imprenditori e un loro maggiore interesse verso nuove iniziative sembrano essersi delineati nei mesi più recenti, com'è rilevabile, ad esempio, dai dati della provincia di Torino sui progetti di fabbricati destinati ad attività economiche. La consistenza di tali progetti, rimasta per gran parte dell'anno sotto i cor-rispffiidenti livelli del 1970, ha presentato ulti-mamente un discreto recupero. In tal modo la superficie coperta delle opere jirogettate ha finito per superare di stretta misura (dell'I,2%) quella accertata nel 1970: 873.500 mq, contro 863.122 mq.

Questa migliore disposizione degli operatori, unitamente all'esaurirsi della tendenza regres-siva della produzione, non costituisce però un sintomo sufficientemente indicativo di rij^resa, la quale resta ancora circondata da notevoli incertezze.

Attività dell'Unione e degli organismi col-laterali.

Esaurita la disamina della situazione econo-mica regionale, ritengo opportuno soffermarmi sull'attività svolta dall'Unione delle Camere di commercio piemontesi nel corso dell'annata. A riprova della disponibilità degli istituti came-rali ad ogni forma di collaborazione con l'Ente Regione, la nostra Unione ha organizzato nello scorso luglio un « Incontro con l'Assessore re-gionale all'industria e all'artigianato », per una analisi approfondita dei principali problemi del settore artigiano. L'iniziativa si è dimostrata particolarmente utile ed opportuna anche perché si è svolta nel periodo in cui erano in via di preparazione gli schemi di decreti delegati sul trasferimento alle Regioni delle funzioni ammi-nistrative statali nei vari settori economici, non ultimo quello dell'artigianato.

Successivamente, verso la metà di ottobre, l'Assessore regionale al commercio ha parteci-pato ad una seduta del Consiglio direttivo del-l'Unione, per uno scambio di idee sullo svi-luppo dei rapporti fra Regione e Camere di commercio. Sono motivo di conforto le di-chiarazioni espresse in quella circostanza dal-l'Assessore, il quale si è detto sicuro che la già esistente collaborazione non potrà che inten-sificarsi, anche per effetto della recente legge 426 sulla disciplina del commercio.

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Non è mancato ovviamente l'apporto del-l'Unione ai vari organismi regionali camerali che di essa sono emanazione.

In data 18 ottobre è stato costituito ufficial-mente il « Centro regionale per il commercio interno del Piemonte », che si appresta ad operare jjer la soluzione dei molteplici problemi della distribuzione. Nel contempo, su proposta dell'Istituto nazionale della distribuzione e in-vito del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, l'Unione ha aderito alF« As-sociazione italiana dell'urbanistica commercia-le » e all'« Istituto italiano del libero servizio e delle moderne tecniche di vendita », tendenti entrambi al miglioramento del settore distri-butivo, sia mediante l'effettuazione di studi e ricerche, sia attraverso corsi di formazione e perfezionamento. Nell'ambito di queste ultime iniziative è stata decisa la partecipazione di funzionari camerali ai corsi di « animatori del commercio ».

Quanto al « Centro regionale per il com-mercio con l'estero », i suoi organi sono ormai costituiti: si potrà quindi prossimamente prov-vedere all'insediamento del Comitato direttivo e alla convocazione della Commissione regionale.

Nel settore dell'agricoltura l'Unione ha con-tinuato ad interessarsi della realizzazione di un « Centro regionale di assistenza alla conta-bilità ed alla gestione delle aziende agrarie », con lo scopo di agevolare gli agricoltori nella tenuta della contabilità, nell'interj^retazione dei risultati tecnico-economici raggiunti e nelle scelte per una più razionale e redditizia impo-stazione dell'attività.

Il Consiglio direttivo dell'Unione ha delibe-rato a tal proposito la costituzione di un Comi-t a Comi-t o Comi-tecnico regionale con funzioni consulComi-tive, con il compito di avanzare proposte e di impo-stare un preciso programma di lavoro, tenendo presente le competenze della Regione in materia.

Particolarmente doveroso mi sembra por-tare l'attenzione sull'attività svolta dal nostro Centro studi regionale, che nel corso dei suoi cinque anni di vita ha saputo via via intensi-ficare e affinare, adeguandola alle esigenze della programmazione, la jDropria opera di ricogni-zione e analisi dei principali fenomeni socio-eco-nomici del Piemonte.

Nella primavera dello scorso anno ha visto la luce il volume « La funzione commerciale in Piemonte ». Con questa pubblicazione il Centro studi ha inteso risjDondere in maniera il più possibile precisa ed esauriente, sopperendo alle carenze e alla f r a m m e n t a r i e t à di dati stati-stici cosi territorialmente disaggregati, alla sem-pre più sentita necessità di sapere, in relazione anche all'entrata in vigore della nuova

disci-plina del commercio, quali sono i caratteri strutturali ed evolutivi di uno dei settori meno dinamici del sistema produttivo piemontese. Per la completezza della trattazione e l'aggior-natezza della ricca documentazione statistica, l'opera ha incontrato ampi consensi sia presso le amministrazioni pubbliche e le associazioni di categoria, sia presso gli operatori del settore e gli studiosi ed esperti di urbanistica e pianifi-cazione territoriale.

Ho inoltre il piacere di presentare le prime copie di stampa dello studio « Viabilità e tra-sporti nell'assetto territoriale del Piemonte e della Valle d'Aosta ». Mi sia consentito di rin-graziare qui pubblicamente il collega dr. Bigi-nelli, che ne è stato fervente e instancabile ani-matore. Articolato in quindici capitoli, ognuno dei quali affronta e sviluppa un aspetto parti-colare del settore in esame (dalle ferrovie al sistema viario stradale e autostradale, dalle traversate alpine alle strutture portuali ed aeroportuali, dalla rete idroviaria agli impianti doganali, ecc.), il volume, finemente rilegato in tela, con 525 pagine di testo, 100 tavole nume-riche e 135 illustrazioni a colori e in bianco e nero, costituisce, quale risultato dei contributi di studio ed esperienza di uno dei più qualifi-cati « panel » di esperti in materia, un fonda-mentale e prezioso punto di partenza per i responsabili della politica di programmazione regionale nel momento della predisposizione di un organico e funzionale piano di riassetto viario e territoriale.

Ci conforta l'interesse e l'apprezzamento mostrato per l'iniziativa da t u t t e le categorie di operatori economici, pubblici e privati, non ultimo lo stesso E n t e Regione, per il quale già da molto tempo l'Assessore ai trasporti e alle comunicazioni ha formalmente richiesto di po-terne conoscere al più presto il contenuto.

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della direzione del Centro studi e la collabo-razione delle singole Camere di commercio, sistematicamente richieste di reperire e tra-smettere dati rilevanti. Per quanto riguarda in modo specifico lo stato dei lavori comunico che, conclusa una prima raccolta di documentazione statistica, che ha permesso di individuare i comuni (una sessantina) su cui concentrare le ricerche successive, si è di recente provveduto, in ordine ai suddetti comuni, a stabilire le modalità operative per l'acquisizione di ulte-riori notizie di natura demografica ed econo-mica dagli appena conclusi censimenti della popolazione e dell'industria e commercio. An-che in questa fase sta rivelandosi determi-nante l'aiuto prestato dagli uffici camerali locali.

A proposito dei servizi sociali sono stati av-viati l'apporti di attiva collaborazione con l'Uf-ficio scolastico interregionale, che si è tra l'altro incaricato della diffusione di un questionario relativo alle scuole medie superiori; analoghi contatti sono stati presi con gli assessorati regionali all'istruzione e alla sanità.

Uò altresì notizia che durante l'annata è tornato di viva attualità il progetto di studio regionale sul « Reperimento di nuove disponi-bilità idriche e razionalizzazione dei relativi impieghi », inserito fin dal 19G7 nel programma di ricerche e pubblicazioni del Centro studi. Come per il volume sui problemi della viabilità e dei trasporti, anche per la realizzazione di questa nuova iniziativa è intenzione del Centro studi avvalersi dei contributi di conoscenza dei maggiori esperti del settore. Per la messa a punto di un dettagliato schema di lavoro è in A-ia di costituzione una Commissione ristretta.

Infine segnalo che a partire dall'ultimo tri-mestre 1971 il Centro studi provvede, in con-formità alle disposizioni del Ministero dell'in-dustria., del commercio e dell'artigianato, alla stesura di periodici rajiporti con cadenza tri-mestrale sull'andamento economico della re-gione, sulla base delle indagini congiunturali ef-f e t t u a t e dagli Uef-fef-fici studi delle Camere di com-mercio provinciali.

Desidero da ultimo accennare ai lavori della Conferenza permanente delle Camere di com-mercio italiane e francesi delle zone di fron-tiera. I lavori dell'Assemblea annuale, svoltisi a Grenoble nei primi due giorni di ottobre, hanno assunto un tono di particolare rilievo, in q u a n t o il 1971 ha costituito il ventennale della Conferenza. Vi hanno partecipato il Ministro francese della programmazione e, in rappresen-tanza del Governo italiano, il sottosegretario al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

In un clima di grande cordialità e di vivo interesse, sono stati discussi diversi problemi riguardanti le zone di frontiera, quali quelli inerenti alle comunicazioni, la libertà di stabi-limento e la libera circolazione dei lavoratori, la necessità di incontri fra ojDeratori economici, l'istruzione professionale.

Al termine dei lavori è seguito un « Collo-quio sull'assetto del territorio alpino italo-francese », che ha visto l'ampia partecipazione di alte personalità del mondo economico e politico. Sono state presentate relazioni sul ruolo dei poteri pubblici e parapubblici e delle iniziative private sull'organizzazione del terri-torio. Si è quindi tenuta una tavola rotonda sul tema « Le sollecitazioni e le restrizioni in materia di promozione delle infrastrutture in-dustriali e turistiche delle zone alpine ».

E opportuno qui ricordare quanto la Con-ferenza ha fatto in tema di promozione di in-contri settoriali tra operatori economici italiani e francesi. Tra questi ultimi figurano quelli in materia di arti grafiche e floricoltura. Scopo del primo, che ha avuto luogo a Torino ai primi di maggio, è stato di sviluppare gli scambi e le conoscenze tecniche tra gli operatori delle re-gioni interessate. Il secondo, tenutosi ad Im-peria, si è occupato dei problemi relativi ad una efficiente regolamentazione comunitaria del mercato dei fiori.

* * *

Questo in sintesi il lavoro svolto dall'Unione nella trascorsa a n n a t a . Vorrei ora brevemente accennare ad alcune importanti iniziative pro-mosse dall'Unione italiana delle Camere di com-mercio, destinate a valorizzare l'attività di studio e di ricerca che gli istituti camerali hanno intrapreso da tempo. È noto che l'im-postazione del I I Piano di sviluppo del Paese non prevede un'articolazione territoriale che v a d a al di là della tradizionale dicotomia Sud-Centro Nord. L'Unioncamere, d'intesa con il Ministero del bilancio e della programmazione, I ' I S P E e il Centro di studi e piani economici, ha r e d a t t o uno schema di ricerca per la regio-nalizzazione delle prospettive di sviluppo indi-cate dal P r o g r a m m a nazionale. Lo studio con-sentirà alle singole Camere di commercio d'inse-rirsi nell'opera di verifica dei piani formulati dalle Regioni e di giudicare la plausibilità delle scelte in essi contenute con gli obiettivi na-zionali.

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organismo od operatore pubblico e privato. Tale raccolta di informazioni potrà risultare di fon-damentale importanza per le Regioni, per gli enti nazionali della programmazione ed altresì per le imprese.

In considerazione della sempre più sentita necessità di disporre di una valida conoscenza dei movimenti di breve periodo, a livello pro-vinciale, regionale e nazionale, del sistema eco-nomico, è poi derivata l'idea di impostare su un nuovo schema le relazioni congiunturali da tempo effettuate dalle Camere di commercio. A tal fine è in via di definizione una metodo-logia che permetta di basare le valutazioni del-l'andamento economico sulle notizie ricavate da un campione permanente di aziende indu-striali, utilizzando un questionario uguale per t u t t o il Paese.

Mi sia consentito di concludere questa

pano-ramica sulle vicende dell'economia regionale e sugli aspetti organizzativi dell'Unione con una espressione di gratitudine nei confronti dei colleghi Presidenti, ed in particolare dei vice-Presidenti, il cui apporto di consiglio e d'im-pegno si è rivelato di estrema utilità per la nostra associazione.

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Prospettive di collaborazione fra il Politecnico ili

Torino ed alcune Facoltà di ingegneria, in Africa,

quale premessa per successivi sviluppi di espansione

industriale e commerciale

II prof. Gian Federico Michelelti, Ordinario di tecnologia meccanica del Politecnico di Torino, Direttore dell'Istituto di tecnologia e dell'Officina meccanica del Politecnico, quale membro della Missione economica torinese in alcuni paesi africani, svoltasi nell'aprile 1972 a cura della Camera di commercio di Torino, ha tenuto conferenze nelle Università ed ha inoltre visitato istituti e laboratori delle Facoltà di ingegneria di Abidjan, Lagos, Johannesburg, incontrandone Rettori, Deans, Docenti. In numerosi colloqui sono state esaminate le possibilità di collaborazione, in special moclo con il Politecnico di Torino e, sempre a Torino, con il Centro internazionale di perfezionamento professionale e tecnico del B.I.T.

In vista di tali possibilità, sono già stati predisposti i primi passi; le premesse, il significalo, le prospettive di tale collaborazione — destinata a protrarsi di gran lunga oltre i limiti di un puro e semplice « stage » universitario — sono illustrati dal prof. Michelelti nell'articolo, che « Cronache Economiche » è lieta di presentare ai lettori. (N.d.D.)

Gian Federico Micheletti

La posizione ed il significato — nel con-testo governativo, economico, sociale — delle Università (mi riferisco alle facoltà tecniche, specificamente) assumono un valore affatto particolare, e sostanzialmente diverso, in Costa d'Avorio, Nigeria, Sud Africa.

Per meglio dire, esiste un preciso punto in comune: il desiderio di contatti con università europee, per scambi di informazioni, visite di docenti, seminari di aggiornamento; ma le mo-dalità di tali collegamenti, le impostazioni, le prospettive stesse già differiscono. Dovrei ag-giungere un ulteriore punto, per la verità, anch'esso in comune, e tale da tornare a t u t t o onore degli interessati: la modernità degli edi-fìci, la loro estensione, la rilevanza architet-tonica, lo zelo organizzativo, che stanno ad attestare un impegno di primissimo piano.

Ma tornerò su questo aspetto, anche perché implica alcune considerazioni non prive di im-portanza.

Ritengo indispensabile, prima di procedere ad una valutazione dello stato di f a t t o attuale, inserire alcune osservazioni di carattere storico, senza la conoscenza delle quali sarebbe impos-sibile capire il significato della politica univer-sitaria di oggi, sia ad Abidjan, sia a Lagos, sia a Johannesburg.

Le radici, per la verità, risalgono già al sec. X V I I I , allorquando fu accorta abilità in-glese, francese, olandese « educare » a Londra, Oxford, Parigi, Amsterdam, i figli dei

maggio-renti africani, al duplice scopo sia di intratte-nere buoni rapporti personali con i « capi » delle popolazioni indigene (acquisendone la gra-titudine attraverso le attenzioni e le conside-razioni riservate ai figli stessi), sia di predi-sporre stabilmente i giovani africani ad apprez-zare il modo di vita delle città e della società dirigente che li accoglieva: giovani per i quali imitare gli europei era il massimo fine e cer-tezza di designazione quali capi fra i nativi.

Ciò ebbe ad avviare una f o r t u n a t a e pro-spera tradizione: via via coloro che erano destinati a guidare la gente di colore, ricevet-tero l'istruzione in Europa, e ciò per t u t t o il sec. X I X , con un crescendo nella prima m e t à del secolo nostro.

Le conseguenze ? Molte, e facilmente preve-dibili: collegamenti fra le classi dirigenti; ac-cordi commerciali di favore, appoggi bancari e controllo delle risorse nelle sicure mani di pochi; acquisizione di « modelli » europei in t u t t e le manifestazioni della vita e dell'attività economica della classe dominante; s o p r a t t u t t o , consolidamento di rapporti con le nazioni, presso cui era stato acquisito l'insieme di nozioni cul-turali, tecniche e sociali, da cui derivava poi una indiscussa e convalidata posizione di pre-minenza nei paesi coloniali d'origine.

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Vista a e r e a d ' u n a p a r t e d e l l ' U n i v e r s i t à di A b i d j a n ( C o s t a d ' A v o r i o ) , il cui « c a m p u s » r i c o p r e u n ' a r e a di 250 e t t a r i ; i padiglioni, m o d e r n i s s i m i , o s p i t a n o aule, l a b o r a t o r i , b i b l i o t e c h e e r e s i d e n z e p e r gli s t u d e n t i .

coloniali e tipo commonwealth; proclamazione eli indipendenze, di autonomie, di parità di diritti nei consessi internazionali. È storia re-cente, quindi nota. Questo, sul piano politico; sul piano interno, realistico, dell'attività quo-tidiana, che cosa è accaduto ? Non era preve-dibile, né auspicabile, che t u t t o un sistema crollasse per dare luogo ad un sistema opposto; ed infatti, salvo negli Stati ove esplosero rivo-luzioni ideologiche e politiche violente, altrove ebbe inizio un processo di evoluzione che non intendeva abolire quanto era stato acquisito, bensì sottoporlo ad un processo graduale, detto di « africanizzazione ».

Lascio ad altri il compito di considerare gli aspetti di carattere generale: io mi limito deli-beratamente alla sfera universitaria, dove ho potuto effettuare alcune fondamentali consta-tazioni :

— il modello organizzativo europeo è ri-masto assolutamente intatto;

— alla « funzione » universitaria si è attri-buito, dalla nuova classe dirigente (tuttavia ancora di formazione europea), un valore altis-simo, per varie ragioni: d'ordine politico, do-vendo essa formare (nelle facoltà giuridiche, economiche ed umanistiche) le sfere direttive dell'organizzazione statale; d'ordine sociale, do-vendo preparare coloro che, attraverso i gradi dell'istruzione primaria e secondaria (sopra t u t t o tecnica), sono attesi per costituire i quadri intermedi nella s t r u t t u r a interamente rinno-v a t a dei Paesi in rinno-via di srinno-viluppo; d'ordine psi-cologico, essendo motivo di orgoglio dimostrare con manifesta puntigliosità che l'istruzione è esigenza viva, in essa riconoscendosi il solo

mezzo per debellare il senso eli inferiorità (con-fessata o no) della razza di colore.

Questo atteggiamento spiega l'assoluta prio-rità, assicurata ai- problemi dell'istruzione, co-minciando dagli edifici, quasi t u t t i di costru-zione recentissima, urbanisticamente e didat-ticamente apprezzabile, in vista di un aumento della popolazione universitaria.

Ma se da un lato sono alimentate le prospet-tive di tale aumento, dall'altra si teme di restare troppo indietro rispetto al progresso « occidentale », innanzitutto nel settore tecno-logico; di qui, l'altra esigenza: quella di desi-derare sinceramente lo stabilirsi di contatti permanenti, entro un programma organico a lunga portata nel tempo.

Per quanto concerne la presenza di docenti europei, provvede in buona misura un program-ma U N E S C O (escludo il Sud Africa, che per il proprio alto livello economico applica soluzioni proprie ed economicamente autonome). Impor-t a n Impor-t e è preparare i fuImpor-turi docenImpor-ti, per « saldare » il passato al futuro. Ma l'aspirazione più viva è poter fruire di borse di studio per un perfe-zionamento post-laurea in Europa: si noti che, con tale prospettiva, è possibile promuovere un maggior afflusso di studenti alle Università, s o p r a t t u t t o se si assicura un contributo par-ziale — sempre a titolo di borsa di studio — già negli anni pre-laurea.

Prima di esporre un programma che, da parte italiana, presenta implicazioni preliminari molto interessanti circa una collaborazione con Costa d'Avorio e Nigeria a livello universitario, non mi sembra inopportuno riassumere i se-guenti dati, relativi alle Università di Abidjan e Lagos:

- Abidjan: l'Università fondata nel 1958, f u definitivamente riconosciuta, nel senso che

U n ' a l t r a p a r t e d e l l ' U n i v e r s i t à di A b i d j a n , le cui Facoltà s o n o : d i r i t t o e s c i e n z e e c o n o m i c h e ; s c i e n z e n a t u r a l i , c h i m i c a , fìsica; l e t t e r e e s c i e n z e u m a n i s t i c h e ; i n o l t r e , la Facoltà di m e d i c i n a , c h e è p r e v a l e n t e (si v e d a , n e l l ' i l l u s t r a z i o n e , il C e n t r o m e d i c o ) e l ' I s t i t u t o di t e c n o l o g i a , c h e a n n o

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i titoli rilasciati hanno valore j^ari a quelli conseguiti nelle Università francesi. I piani di studio sono predisposti ed articolati in base alle specifiche necessità del posto. Nel 1967 è stato costituito l'Institut Universitaire de Tech-nologie, con 4 dipartimenti:

1) commercio ed amministrazione delle imprese;

2) psicologia applicata e psicotecnica; 3) laboratori di analisi chimiche; 4) elettromeccanica. Il « campus » univer-sitario è stato insediato su una superficie di 2.500.000 m2 ( !); il corpo docente a m m o n t a a circa 200 elementi; gli studenti sono circa 3500. - Lagos: la Facoltà di ingegneria è stata fondata nell'ottobre 1964, con l'appoggio del-I ' U N E S C O , e costituisce uno degli insegnamenti più rilevanti nell'Università; essa svolge altresì corsi post-laurea di specializzazione: alcuni a pieno tempo, altri in ore fuori-lavoro per diri-genti industriali, a scopo di aggiornamento. Gli studenti, che nel 1969 erano 300, aumentano con un incremento annuo di 100-150, sicché il loro numero si accrescerà sensibilmente e verso il 1980 dovrebbe toccare le 1500 unità. I piani di studi tendono — su una base generale di conoscenze dell'ingegneria —• s o p r a t t u t t o a pre-parare progettisti, dirigenti industriali o di pubblici servizi tecnici, ricercatori (questi, in particolare, nei corsi di specializzazione).

E d ora veniamo ad una prospettiva con-creta, che •— per quanto riguarda l'Italia, e più specificamente Torino — è s t a t a esposta al Ministero affari esteri, quale una delle possibili realizzazioni collegate alla Missione tecnico-economica, promossa dalla Camera di commer-cio, industria, artigianato e agricoltura di Torino.

Le Università costituiscono l'unico centro di propulsione culturale e di informazione, cui i vari ambienti (burocrazia, commercio, indu-stria, relazioni con l'estero) fanno ricorso. I docenti sono altresì gli unici possibili consu-lenti, efficacemente interpellati ed ascoltati.

Ne consegue che una penetrazione sistema-tica e continua fra docenti, laureati e — in preliminare istanza — laureandi, costituisce un fondamentale « investimento », le cui conse-guenze positive si presentano con d u r a t u r a per-sistenza nel tempo.

È già stato constatato che, al rientro in patria, coloro che si sono perfezionati in E u r o p a mantengono assidui contatti con le città che li hanno ospitati, s o p r a t t u t t o per q u a n t o con-cerne impianti, macchine, beni strumentali, di

R e s i d e n z e di s t u d e n t i e sale p e r s t u d i o s o n o c h i a r a m e n t e i s p i r a t e ai m o d e r n i « colleges » anglo-sassoni; i corsi di s t u d i o s o n o a r t i c o l a t i in f u n z i o n e delle r e a l i s t i c h e n e c e s s i t à dei paesi africani in via di s v i l u p p o .

cui i paesi in via di sviluppo hanno estrema e crescente necessità.

Tipi di borse di studio. Sono previste:

1° caso - borse di studio per 1 anno, a favore di laureati;

2° caso - contributi a borse di studio per studenti, in vista di un successivo anno di perfezionamento post-laurea.

Nel primo caso, la borsa di studio dovrebbe aggirarsi su L. 2.000.000 annue e consentire un periodo pari ad 1 anno accademico, di per-manenza presso un istituto di ricerca, con elaborazione di uno studio (sul tipo di una tesi) comprovante il lavoro compiuto, in équipe con ricercatori dell'istituto.

Gli elementi che aspirano ad ottenere la borsa di studio dovrebbero essere selezionati, attraverso un esame dei titoli, del curriculum studii, delle referenze attitudinali; qualora il numero delle borse messe a disposizione lo giustificasse, si potrebbe prevedere l'invio di un docente, da parte dell'istituto interessato, per effettuare la selezione in loco e de visu.

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