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6. L’Italicum alla Camera dei Deputati

6.2 Considerazioni sul nuovo modello elettorale

competizione “intra – partito”, in molti casi è un dato già presente, non è creato dalle preferenze, dipende da altre variabili (A. D’Aloia, “La sentenza n. 1 del 2014 e l’Italicum”).

La sovranità spetta al popolo votante, non certo al popolo votato. Da qui l’incostituzionalità delle pluricandidature (il plurieletto decide l’eletto) e delle liste bloccate (M. Ainis, “Italicum, tutti i dubbi di esperti e costituzionalisti sulla legge elettorale di Matteo Renzi”).

Le candidature in più collegi plurinominali contribuiscono a determinare una situazione nella quale (per usare le parole della Corte Costituzionale) “anche l’aspettativa relativa all’elezione in riferimento allo stesso ordine di lista può andare delusa, tenuto conto della possibilità dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni del partito” (A. D’Aloia, “La sentenza n. 1 del 2014 e l’Italicum”).

Le pluricandidature sono pensate con la ratio di ridurre il tasso di casualità nella distribuzione dei seggi, pertanto il disegno di legge permette, attualmente, ad un singolo candidato di presentarsi in liste con il medesimo contrassegno fino ad un massimo di otto collegi plurinominali; “tale misura è stata giudicata necessaria al fine di ridurre il rischio che, per la volontà del caso (più ancora che per quella degli elettori), alcuni leader di partito non riescano ad ottenere il seggio”. Tuttavia la Consulta ha già rilevato (nella sent. n. 1 del 2014) che la possibilità di candidature multiple causa un’ulteriore limitazione della libertà dell’elettore e del suo diritto di voto; il rischio che l’elettore corre è di votare per un candidato solo in apparenza “riconoscibile” (perché inserito in una lista breve) per poi scoprire di aver favorito, invece, l’elezione di altro candidato a lui del tutto sconosciuto (S. Trovato, “Sentenza costituzionale n. 1 del 2014, tra crisi del sistema e test di ragionevolezza, arriva una riforma elettorale obbligatoria”).

52 La formulazione non incorre nel divieto di liste rigidamente alternate (uomo – donna) posto dalla

Corte perché stabilisce un’alternanza asimmetrica e quindi non coarta la scelta dell’elettore in modo irragionevole ed eccessivo. Quanto alla concreta capacità del meccanismo di perseguire i fini di riequilibrio, additati dall’art. 51 Cost., essa dipenderà strettamente dalla lunghezza delle liste nei collegi plurinominali (G. Sciacca, “Riflessi ordinamentali dell’annullamento della l. n. 270 del 2005 e riforma della legge elettorale”).

Il meccanismo di distribuzione dei seggi fa dubitare che tale semplice escamotage (dell’alternanza dei sessi) possa avere efficacia. “A causa della frammentazione delle circoscrizioni neppure i partiti maggiori potranno aspirare ad ottenere un numero elevato di parlamentari nei singoli collegi. Pertanto la possibilità di essere eletti sarà riservata esclusivamente ai capilista e, nei partiti maggiori, solo ad alcuni tra coloro che verranno collocati tra i primissimi posti dell’elenco di lista. Ecco perché inserire un genere dal terzo posto in poi equivarrebbe ad una sicura esclusione dalla competizione elettorale”. In dottrina sono state avanzate due diverse soluzioni: la prima sostiene la necessità di adottare il meccanismo della “doppia candidatura” per i capilista, la seconda suggerisce la previsione di una “preferenza di genere” , che consente di indicare sulla scheda (facoltativamente) un secondo nome, purché questa opzione cada su di un candidato di sesso diverso dal primo in lista (S. Trovato, “Sentenza costituzionale n. 1 del 2014, tra crisi del sistema e test di ragionevolezza, arriva una riforma elettorale obbligatoria”).

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La legge elettorale oggetto dell’accordo tra Renzi e Berlusconi (detta Italicum)

ripartisce i seggi in maniera proporzionale con premio di maggioranza per il partito

o la coalizione che riceve più voti.

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La prima rischia di essere dichiarata incostituzionale perché prevede una soglia per

far scattare il premio di maggioranza ancora troppo bassa (il 37%) e non prevede le

preferenze (l’elettore deve poter scegliere il proprio rappresentante in Parlamento,

deve sapere chi sta eleggendo).

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Gaetano Silvestri (ex Presidente di quella Consulta che ha bocciato la vecchia legge

elettorale) ha spiegato che sarebbe incostituzionale votare con due sistemi diversi a

Montecitorio e a Palazzo Madama. Davanti alla commissione Affari costituzionali

del Senato, Silvestri ha detto che serve una norma che estenda l'applicazione

dell'Italicum anche al Senato della Repubblica. Senza tale estensione Silvestri ha

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Il 18% di premio di maggioranza è troppo alto (non dovrebbe superare il 13%); non è accettabile che un partito con pochi voti possa prendere il 53% dei seggi, ci vorrebbe una soglia minima per l’accesso al ballottaggio (almeno il 25,1% perché in questo modo i due partiti che vanno al ballottaggio rappresenterebbero insieme almeno il 50% dei votanti). Sarebbe auspicabile una soglia minima di votanti al ballottaggio per renderlo valido: il 50% + 1 degli aventi diritto al voto.

Infine è fondamentale che, se viene promulgata una legge elettorale che assegna la maggioranza dei seggi a chi non ha la maggioranza dei voti, siano contestualmente promulgate delle forme di garanzia per quelle minoranze in Parlamento che sono maggioranza nella nazione (M. Scelzo, “Alcune considerazioni sull’Italicum”).

L’aspetto più controverso di questo progetto di riforma è la scelta di assegnare un surplus di seggi (già al primo turno) alla proposta politica di maggioranza relativa, a partire dal 37% dei consensi. Questa soluzione rende puramente eventuale il secondo turno di ballottaggio (scenario remoto, una volta fuori dalla prospettiva tripolare, che in Italia si è realizzata con le elezioni politiche del 2013). Invece di ottenere 233 Deputati (pari al 37% di 630) con il premio si arriverà a 327, con un surplus di 94 seggi che altera il meccanismo di rappresentanza in misura significativa, senza prevedere, tra l’altro, un rimedio certo all’eventualità della “illimitata compressione della rappresentatività dell’Assemblea parlamentare, incompatibile con i principi costituzionali”.

Il meccanismo della soglia di sbarramento al 4,5% per i partiti in coalizione, in determinati casi, potrebbe consentire di ottenere la maggioranza assoluta a una forza politica del 25% o anche a una meno rappresentativa, nell’eventualità di uno scenario di coalizione ancora più frammentato e con un solo partito in grado di superare la soglia di sbarramento interna.

Si ripropongono quindi, nella sostanza, gli aspetti più controversi del vecchio meccanismo elettorale, senza aver sciolto i nodi d’incostituzionalità in maniera convincente e inappuntabile.

Sulla base di queste considerazioni si rafforzano i dubbi di chi non crede che alla fine sarà questo il testo di legge definitivo che verrà approvato (G. D’Elia, “Legge elettorale: qualche chiarimento sull’Italicum così com’è”).

La formula che si propone di adottare comprende sia un'alta soglia di sbarramento ai partiti per accedere al riparto dei seggi sia un forte premio di maggioranza. Si deve rilevare che l'obiettivo di fondo di questa riforma pare essere quello di assegnare ad una sola coalizione o anche ad un solo partito la maggioranza assoluta con una forte sovra – rappresentanza parlamentare e un'altrettanto sotto – rappresentanza delle altre forze politiche (si va cioè ad incidere sui profili della governabilità e della rappresentanza parlamentare; anche il Porcellum si poneva gli stessi obiettivi e i risultati concreti sono stati davvero deludenti in tutte e tre le legislature di applicazione) P. A. Capotosti, “Italicum, tutti i dubbi di esperti e costituzionalisti sulla legge elettorale di Matteo Renzi”.

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spiegato che c'è solo una strada: votare in entrambi i rami del Parlamento con il

“Consultellum” ovvero il sistema uscito dalla sentenza n. 1 del 2014 della Corte

costituzionale, un proporzionale puro con preferenza unica.

Si dovrebbe trovare una norma che colleghi la riforma elettorale a quella del Senato;

tra le ipotesi c'è il cosiddetto lodo Calderoli: l'Italicum si applica solo dopo il via

libera definitivo alla riforma del Senato. Tuttavia ci sono altre ipotesi "transitorie" :

il costituzionalista Sandro Staiano, ad esempio, ha proposto di prevedere il ritorno in

vigore del Mattarellum.

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Secondo Stefano Ceccanti l’Italicum è in grado di superare appieno le censure della

Consulta perché ” la legge assicura una maggioranza allo schieramento più votato,

ma a differenza della legge Calderoli, introduce anche una soglia, aprendo a un

ballottaggio e limitando comunque l’entità del premio. Si rientra così nell’alveo

della Costituzione e si risolve al contempo il problema più serio. Né questo dato è

incrinato dal fatto che la legge sia prevista solo per la Camera perché questo,

mettendo in mora lo status quo sul Senato, accelera credibilmente la riforma di

quest’ultimo”.

Di segno radicalmente opposto le considerazioni della “Rete per la Costituzione” ,

secondo la quale “il sistema elettorale, che risulterebbe dall’approvazione del testo

da parte della Camera dei Deputati, manterrebbe gli aspetti di incostituzionalità della

legge Calderoli (liste bloccate e assenza della preferenza, premio di maggioranza,

deformazione della rappresentanza), in alcuni casi aggravandoli (per esempio con il

raddoppio della soglia di accesso al Parlamento, che rischia di escludere milioni di

elettori) e prevedendo un secondo turno impropriamente definito di “ballottaggio” ,

che attribuirebbe la maggioranza assoluta a una formazione che potrebbe aver

ottenuto al primo turno consensi assolutamente minoritari.

In questo senso costituirebbe un mancato rispetto della sentenza della Consulta

laddove richiama la doverosa prevalenza del principio della rappresentanza, su cui si

fonda il sistema parlamentare, sulla pretesa di stabilità; quest’ultima peraltro non

sarebbe garantita dal nuovo sistema (come affermato dalla generalità dei

costituzionalisti) per l’alto rischio di maggioranze diversificate fra Camera e Senato,

accentuato ulteriormente dalla scelta di applicare il nuovo procedimento solo alla

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B. Fiammeri, “Riforme con il buco – senza una norma che estenda l’applicazione dell’Italicum anche al Senato non si può votare – elezioni anticipate più lontane”.

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prima (con l’unico scopo di impedire le elezioni fino alla cancellazione del Senato,

che richiede una riforma costituzionale).

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I promotori della nuova legge attribuiscono l’attuale Governo di larghe intese alle

imperfezioni della legge elettorale.

L’Italicum ha questi due aspetti in comune con la legge attuale: insegue la

governabilità e cerca di trarne vantaggio. L’unica novità è che ci sono due

schieramenti che sperano che questa nuova formula sarà vincente per loro.

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È strano come l’Italicum, con il suo premio di maggioranza, le sue soglie di

sbarramento, le sue liste bloccate, finisca per somigliare molto al sistema inglese,

ma senza mai usare la parola “maggioritario” ;

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esso non prevede però, nemmeno

con le liste corte, quello che è uno dei vantaggi del first past the post britannico:

l’elettore sa esattamente chi è il suo rappresentante.

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Il punto comune di queste due letture contrapposte è l’inefficacia del dichiarato scopo della norma (garantire la governabilità) fino a quando il sistema costituzionale rimarrà improntato al bicameralismo.

Il dato innegabile, in effetti, è questo: “Andare alle elezioni con due sistemi così diversi tra Camera e Senato finirebbe per porre nel nulla le pretese di governabilità messe a fondamento dell’intera revisione della legge elettorale. Avremmo una sicura governabilità alla Camera e una certa assenza di possibile maggioranza al Senato. Ciò renderebbe difficile, se non impossibile, andare ad elezioni, limitando in modo rilevante un potere del Capo dello Stato”.

Per i processi diversi delle leggi ordinarie e di quelle costituzionali la legge elettorale sarà necessariamente approvata prima dell’abolizione del Senato; è presente dunque il rischio di un “cortocircuito istituzionale” (P. Balduzzi e M. Bordignon, “Il Sindacum di Italicum”).

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Il sistema elettorale più democratico che l’Italia abbia mai avuto (ogni singolo voto concorre all’effettiva elezione di un rappresentante) è quello del 1946; esso aveva introdotto un sistema proporzionale più o meno puro (anche come risposta morale alla dittatura del ventennio fascista). Concepita per regolare le elezioni dell’Assemblea Costituente, è forse l’unica legge italiana elettorale del dopoguerra che non è direttamente attribuibile ad uno schieramento. L’unica obiezione è che portava inevitabilmente a un Governo di coalizione, rispecchiando in Parlamento, in modo piuttosto fedele, la volontà di un elettorato chiamato a scegliere tra due blocchi, uno spostato verso sinistra e l’altro verso destra (non contemplava l’esistenza di un terzo blocco forte che rifiutava di scendere a patti con gli altri due) L. Marshall, “La democrazia imperfetta dell’Italicum”.

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Nel Regno Unito per le elezioni alla Camera dei Comuni si vota usando il sistema del maggioritario uninominale secco a un turno: il territorio viene diviso in 646 collegi (constituencies); a ogni collegio corrisponde un seggio ed ogni partito sceglie un solo candidato per seggio. Il candidato che prende più voti in ogni collegio (anche per un solo voto) viene eletto. Uno dei risultati è che c’è un alto tasso di astensionismo soprattutto nei collegi considerati una roccaforte di un partito o dell’altro. Il sistema di first past the post (il primo a raggiungere il traguardo) non garantisce neanche che il partito che prende più voti su scala nazionale sarà quello con più seggi in Parlamento.

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Un sistema elettorale con degli elementi che sembrano palesemente ingiusti (come quello britannico) non necessariamente rende meno democratico un Paese.

Visto che l’Italicum è forse una legge che, insieme al Mattarellum, rientra tra quelle meno democratiche della storia dell’Italia moderna (è probabile che trascuri o esageri la volontà di molti italiani) non sarebbe un’idea considerare almeno qualche correzione a favore di una maggiore corrispondenza tra elettore ed eletto? (L. Marshall, “La democrazia imperfetta dell’Italicum”).

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Qualora il parlamentarismo rimanga l’asse portante del sistema politico italiano,

sarebbe necessario apportare dei correttivi alla legge elettorale in misura tale da

garantire la vicinanza al territorio dei candidati e al contempo una certa

governabilità. Si potrebbe ricorrere a soluzioni sperimentate altrove, come il doppio

turno con collegi uninominali sulla scorta dell’esempio francese per l’Assemblea

Nazionale. I meccanismi di una simile legge permetterebbero, da un lato, la

vicinanza al territorio degli eletti, senza passare per il meccanismo (spesso

clientelare) delle preferenze, dall’altro si costituirebbe un incentivo a diminuire la

frammentazione partitica, se le soglie di sbarramento fossero adeguate per il

raggiungimento del secondo turno. Inoltre non si penalizzerebbero i partiti con

radicamento regionale e si permetterebbero accordi di desistenza al secondo turno

qualora fossero più di due i partiti al ballottaggio. Infine anche la governabilità

sarebbe garantita con i partiti maggiori favoriti nella conquista di una solida

maggioranza. Con collegi uninominali si avvicinerebbero i partiti al territorio e al

trasformismo dei parlamentari non basterebbe la legittimazione di una segreteria di

partito che (per opportunità politiche) decida di ospitare nelle sue fila quegli

esponenti che lasciano la maggioranza per far cadere il Governo; si dovrà piuttosto

passare per il proprio collegio.

Non essendoci (così sembra) ipotesi di elezioni ravvicinate nell’attuale scenario

politico, si potrebbe ripensare l’attuale Italicum con tutta la calma del caso e

coinvolgendo i partiti presenti, con e senza una rappresentanza alla Camera, anche

nella definizione dei collegi elettorali.

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Occorre cercare di non snaturare, attraverso l’ingegneria elettorale, la reale

composizione e distribuzione delle forze sociali. Il paradosso dell’Italicum consiste

infatti nel portare un partito che ottenga tra il 25 e il 30% ad avere la maggioranza

assoluta, mentre un altro che abbia tra il 20 e il 25% a non contare quasi nulla.

Insomma, se appare saggio e necessario garantire la governabilità del Paese, lo è

altrettanto evitare un’eccessiva distorsione della rappresentanza.

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Sarebbe garantita la soglia minima, ma non sarebbe forse risolto il problema della

“sproporzione” tra voti e premio: o si opta per un sistema maggioritario o si devono

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D. Vittori, “L’Italicum, ovvero il rischio di un ennesimo pasticcio”.

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accettare premi di maggioranza (anche elevati) per garantire governabilità all’interno

di un sistema proporzionale. Nei sistemi maggioritari le distorsioni tra seggi e voti

possono essere anche peggiori di quelle indotte da sistemi proporzionali con premio

di maggioranza.

L’Italicum è una legge elettorale complicatissima (non ha paragoni in Europa) con

soglie di sbarramento diverse per i partiti (in coalizione o meno), con un turno unico

(può diventare a due turni per una questione di percentuali), con collegi piccoli, ma

il cui voto può non essere sufficiente a determinare gli eletti. Se lo scopo della legge

elettorale è anche quello di avvicinare i cittadini alla politica, aumentando la

trasparenza nel rapporto tra eletto ed elettore, questa proposta lo fallisce

miseramente.

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