5. Il giudice delle leggi e la legge elettorale: la sentenza della Corte Costituzionale
5.3 Sul premio di maggioranza senza soglia: rappresentatività versus
coefficiente di distorsione “in uscita” del voto espresso nei confronti della lista vincitrice non supererebbe il 40% (nelle ultime elezioni è stato vicino al 90%).
Questa misura non altera in modo sproporzionato il principio di eguaglianza del voto e non comporta neppure una riduzione sproporzionata dei voti delle liste “perdenti”.
Il “premio di maggioranza” non dovrebbe essere superiore al 15% ; un premio diverso, se attribuito a coalizioni che non abbiano raggiunto la soglia del 40% , ne sovrastimerebbe i voti in termini superiori alla percentuale considerata tollerabile (il 40% come si è detto); se invece fosse attribuito a coalizioni che hanno ottenuto il 50% dei suffragi, darebbe artificialmente alla coalizione vincente una maggioranza molto prossima ai 2/3 e quindi consentirebbe di revisionare la Costituzione senza trovare ostacolo nel referendum popolare eventuale di cui all’art. 138 Cost., così compromettendo fondamentali equilibri di garanzia del sistema (G. Scaccia, “Riflessi ordinamentali dell’annullamento della legge n. 270 del 2005 e riforma della legge elettorale”).
Qualunque sia l'effetto socio – politico – giuridico che deriverà dalla sentenza in esame, si constata che non è il sistema proporzionale ad essere illegittimo, quanto piuttosto l'esistenza di un assetto rappresentativo della politica che non vede più nella forma elettorale vigente la propria legittimazione legislativa anche in ottica di governabilità (A. Lucarella, “La Consulta: Porcellum illegittimo, ma solo in parte. Ecco il testo della sentenza n. 1/2014”).
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Con il suo permanere in vigore, è emersa un’ulteriore conseguenza, a cui il “Porcellum” ha finito con il dar luogo: quella di impedire e tenere in sospeso il libero esercizio del potere di sciogliere le Camere, attribuito dall’art. 88 della Costituzione al Presidente della Repubblica, con chiara violazione dello stesso articolo. A questo riguardo è particolarmente significativo che lo stesso Presidente Napolitano, in occasione delle
consultazioni per la crisi del Governo Prodi, ha esplicitamente riconosciuto, non smentito, che sarebbe pericoloso e incauto, finché la legge n. 270 del 2005 fosse rimasta in vigore, procedere in base ad essa a nuove elezioni (S. Pomodoro, “Legge elettorale e referendum. E se si tornasse al “Mattarellum”?”).
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Il meccanismo premiale allestito dalla legge n. 270 del 2005 è il primo elemento
colpito dalla sentenza n. 1 del 2014.
Non essendo la sua attribuzione subordinata al raggiungimento di una soglia minima
di voti, quel premio può trasformare una maggioranza relativa di voti
(potenzialmente anche molto modesta) in una maggioranza assoluta di seggi.
Siffatta attribuzione del premio si configura, secondo la Corte, quale manifestamente
irragionevole (in violazione dell’articolo 3 della Costituzione) , tale da determinare
una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, lesiva
dell’eguaglianza del voto.
In primo luogo “il meccanismo premiale è foriero di un’eccessiva sovra –
rappresentazione della lista di maggioranza relativa in quanto consente ad una lista,
che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo, di acquisire la
maggioranza assoluta dei seggi. In tal modo si può verificare in concreto una
distorsione fra voti espressi ed attribuzione dei seggi che, pur essendo presente in
qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da comprometterne
la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto”.
31Le disposizioni del 2005 dunque non superano, per il riguardo considerato, lo
scrutinio di proporzionalità e di ragionevolezza, al quale soggiacciono anche le
norme inerenti ai sistemi elettorali.
32La sentenza contiene un riconoscimento verso la governabilità (declinata quale
stabilità del Governo del Paese ed efficienza dei processi decisionali nell’ambito
parlamentare); quest’ultima costituisce un obiettivo di rilievo costituzionale.
33Tuttavia la disciplina del 2005, per questo riguardo, detta una disciplina che non
rispetta il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori
costituzionalmente protetti.
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Sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale.
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La proporzionalità è qui riferita al bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti nella previsione, tra più misure appropriate, della meno restrittiva dei diritti a confronto e tale da stabilire oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di obiettivi legittimi.
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Il problema principale e propedeutico da affrontare e risolvere, in ottica di governabilità, non è la forma della legge elettorale (salvo la questione sulle preferenze), quanto piuttosto la capacità di legiferare della politica; quest’ultima inderogabilmente da rafforzare, prima che con una legge elettorale, con l'innalzamento probabilmente della qualità dei rappresentati, la quale deve avere una più certa legittimazione socio – elettorale (A. Lucarella, “La Consulta: Porcellum illegittimo, ma solo in parte. Ecco il testo della sentenza n. 1/2014”).