3. Il Senato delle autonomie
3.5 Il nuovo procedimento legislativo
La proposta di riforma costituzionale mantiene il procedimento legislativo
bicamerale paritario solo per i disegni di legge costituzionali. Per i d.d.l. non
costituzionali il Senato è esclusivamente organo di seconda lettura, di “proposta“
eventuale di modifiche.
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A. Pertici, “Un bicameralismo differenziato per rafforzare il Parlamento”.
93 Nel testo del d.d.l. al Senato viene assegnato, nel procedimento legislativo, una posizione di netta
secondarietà rispetto alla Camera dei Deputati, riservandosi a questa l’ultima parola su tutte le leggi
ordinarie senza alcuna eccezione.
La posizione generalizzata di preminenza della Camera nel procedimento legislativo appare coerente
sia con l’esigenza di semplificare e snellire tale procedura, sia con quella di evitare che il Senato
possa influire, attraverso quest’ultimo, sulla dinamica del rapporto fiduciario, pur riservato alla
Camera (G. Puccini, “Riforma del bicameralismo e del Titolo V nel disegno di legge costituzionale
del Governo Renzi: aspetti problematici”).
Tutto questo non esclude l’opportunità di provvedere contestualmente a talune ulteriori modifiche
della normativa costituzionale, atte a compensare, in qualche misura, il sensibile squilibrio a favore
delle istanze della governabilità indiscutibilmente prodotto da un simile indebolimento della
posizione del Senato. In quest’ottica meritano apprezzamento le proposte di rafforzamento degli
organi e degli strumenti di garanzia costituzionale, esterni rispetto ai processi di decisione politica.
Appare in realtà quanto mai problematica l’individuazione di leggi ordinarie che non costituiscano, in
certa qual misura, espressione di scelte di indirizzo politico e non siano quindi, come tali,
riconducibili nell’ambito del rapporto fiduciario.
Nell’ambito complessivo delle leggi sulle quali sia il Senato che la Camera conservano un piano di
parità, va osservato che rispetto alle impostazioni iniziali (caratterizzate dalla previsione della
bicameralità essenzialmente per le leggi di revisione e costituzionali) l’elenco si è decisamente
ampliato.
Le modalità di investitura appaiono direttamente connesse alle funzioni, pertanto più il novero delle
leggi bicamerali si amplia meno si giustifica per il Senato una modalità di investitura non basata sul
suffragio diretto (S. Lieto, “Sullo stato di avanzamento della riforma del bicameralismo”).
A non rendere agevole la quadratura del cerchio si pone inoltre il rilievo di una certa disomogeneità
delle materie ricondotte alla funzione legislativa bicamerale, dai diritti della famiglia alle funzioni
fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane.
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La trasmissione al Senato del d.d.l. ordinario è obbligatoria. Tuttavia l’esame di esso
è subordinato alla richiesta di esame formulata, entro 10 giorni, da 1/3 dei
componenti.
Tale richiesta parrebbe, secondo il dettato costituzionale, non dovervi essere per i
disegni di legge di bilancio e di rendiconto consuntivo.
Lo spirare del termine di 30 giorni in assenza di approvazione della “proposta” di
modificazioni parrebbe da intendersi come implicita rinuncia del Senato ad avvalersi
della sua facoltà propositiva e comunque ha come effetto la promulgabilità della
legge. I termini per l’approvazione della “proposta“ di modificazioni (30 giorni)
sono complessivamente ridotti a 15 giorni per l’esame del bilancio e del rendiconto
consuntivo. Se resa, la “proposta“ senatoriale innesca una fase deliberativa ultima
presso la Camera dei Deputati, la quale delibera in via definitiva entro 20 giorni
dalla trasmissione. Tale lasso di tempo è riducibile alla metà per i disegni di legge
che il Governo abbia segnalato come prioritari alla Camera dei Deputati.
La “proposta” senatoriale di modificazioni ha effetti rinforzati in una serie di materie
per lo più di rilevanza territoriale. La “proposta” contraria o condizionata può essere
disattesa dalla Camera dei Deputati a condizione che la sua votazione finale avvenga
a maggioranza assoluta dei componenti. Le materie per cui opera l’effetto
procedurale rafforzato della proposta senatoriale sono: disciplina dell’elezione e
della sostituzione dei Senatori elettivi di secondo grado; ordinamento di Roma
capitale;
legislazione
elettorale,
organi
di
Governo,
principi
generali
dell’ordinamento e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane, nonché
ordinamento degli enti di area vasta; norme generali sul governo del territorio;
sistema nazionale e coordinamento della protezione civile; leggi statali di tutela
dell’unità giuridica ed economica della Repubblica o di grandi riforme economico –
sociali; forme di partecipazione delle Regioni alla formazione degli atti normativi
comunitari e all’attuazione degli atti comunitari come degli accordi internazionali;
disciplina degli accordi regionali con Stati esteri o enti territoriali loro interni; forme
di coordinamento Stato – Regioni su immigrazione, ordine pubblico, sicurezza,
protezione civile, tutela dei beni culturali e paesaggistici; autonomia finanziaria e
tributaria, fondo perequativo e risorse aggiuntive, patrimonio degli enti territoriali;
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disciplina dei poteri sostitutivi del Governo; sistema di elezione e di incompatibilità
degli organi regionali; ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’U.E.
Il procedimento si attiva solo dietro richiesta di 1/3 dei componenti.
Una “proposta” di modificazioni con effetto “rinforzato” eventuale è prevista per la
normativa di bilancio. Per tale normativa l’effetto rinforzato della “proposta”
senatoriale si determina qualora il medesimo Senato abbia approvato la “proposta” a
maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Il Senato può formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei
Deputati; può svolgere attività conoscitive (non inchieste parlamentari).
L’irradiazione da tali previsioni di una serie di attività è demandata all’autonomia
regolamentare del Senato.
Scompare per il Senato la costituzionalizzazione delle Commissioni parlamentari.
Permane (per i soli d.d.l. costituzionali) la previsione di un’approvazione articolo
per articolo.
Le modalità di esame dei d.d.l. trasmessi dalla Camera dei Deputati sono rimesse al
regolamento del Senato.
L’iniziativa delle leggi spetta a ciascun membro delle Camere, i quali possono
presentare i d.d.l. solo alla Camera dei Deputati (organo sempre preposto alla prima
lettura, destinatario esclusivo altresì dei d.d.l. d’iniziativa dei Consigli regionali).
Un’apposita deliberazione del Senato, se assunta a maggioranza qualificata (la
maggioranza assoluta dei componenti), può valere come richiesta perché la Camera
dei Deputati proceda all’esame di un d.d.l.
La Camera procede all’esame e “si pronuncia” entro sei mesi dalla data di
deliberazione.
Il procedimento di cui all’articolo 70, comma IV, della Costituzione rischia di
riprodurre tutte le incertezze legate al riparto di competenze legislative tra Stato e
Regioni che la Corte Costituzionale ha solo in parte diradato e che il testo di riforma
ha sostanzialmente corretto.
Discutibile è il riferimento al procedimento di cui all’articolo 70, comma IV, della
Costituzione dei disegni di legge relativi all’appartenenza all’Unione Europea,
poiché la rilevanza politica degli stessi dovrebbe essere tale da non imporre, in caso
di modifiche proposte dal Senato, la necessità di una delibera della Camera a
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maggioranza assoluta dei componenti, qualora quest’ultima non intenda conformarsi
alle modifiche stesse.
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