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Il Consiglio di Stato a Cremona

2. Il Consiglio di Stato alla fine della seconda guerra mondiale

2.2 Il Consiglio di Stato a Cremona

Dopo l’estate del 1943 e gli episodi del luglio ‘43, nell’Italia liberata dai tedeschi e in quella ancora occupata dalla truppe del Reich erano presenti due Consigli di Stato, quello insediatosi a Cremona e quello rimasto a Palazzo Spada, a Roma. In quel periodo il Consiglio di Stato viveva tempi difficili a livello di organico e di organizzazione degli uffici, sguarniti, come del resto quasi tutta la pubblica amministrazione dell’epoca e non solo romana, per effetto dello stato di guerra162. In particolare il Consiglio di Stato lamentava, per bocca del Presidente Romano, l’utilizzo eccessivo e senza sostituzioni dei consiglieri chiamati a incarichi governativi. Mussolini nel frattempo procedeva a definire nuove sedi per l’apparato amministrativo della Repubblica Sociale nel Nord del Paese prevedendo la nuova sede di Cremona per quanto riguarda il Consiglio di Stato. Al di là della sospensione della sua funzione consultiva, operata dal Governo monarchico, con sede in Sud Italia, con r.d.l. del 30 ottobre 1943, già nei primi giorni dello stesso mese il Governo della R.S.I., costituitosi il 23 settembre ‘43, aveva previsto il trasferimento degli uffici e dei ministeri al Nord, con documentati problemi logistici e di ostruzionismo, se non di vero e proprio sabotaggio163.

Da un lato nell’ottobre del 1943 viene sospesa la funzione consultiva del Consiglio di Stato da parte di un Governo, e dall’altro si decide che, quale sarebbe stato a seguito anche di ipotesi di riforme temporanee dovute al periodo di guerra, i consiglieri di Stato si sarebbero dovuti trasferire a Cremona, con l’effetto di indurre i consiglieri di Stato a produrre una serie di certificati medici o comunicazioni di impossibilità a spostarsi ovvero di vere e proprie fughe164. Roma, nell’inverno ‘43-’44, conobbe, oltre a molti episodi di solidarietà nei confronti degli ebrei romani, anche il fenomeno di nascondigli comuni a molti uomini importati e di diverse estrazioni sociali

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M. Cardia, L’epurazione della magistratura alla caduta del fascismo, cit., pp. 81-121; C. Giorgi «Il Consiglio di Cremona», cit.; G. Melis, Storia dell’amministrazione italiana, cit., pp. 383-402. Si veda anche C. Cavallo, «Il periodo 1943-1945: il Consiglio di Stato di Cremona», in Il Consiglio di Stato: 180 anni di storia, cit., pp. 291-304.

163

M. Borghi, Tra fascio littorio e senso dello Stato, Funzionari, apparati, ministeri nella Repubblica sociale italiana, (1943-1945), Padova, CLEUP, 2001, pp. 96 e segg.

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M. Cardia, L’epurazione della magistratura, cit., pp. 89-92.

e culturali, che trovarono rifugio in spazi angusti comuni, pur di sfuggire alle retate guidate dai tedeschi. Questo facilitò, in certo qual modo, quel fenomeno di comunanza di interessi e di fini, alla fine della guerra e all’inizio dell’Assemblea Costituente165.

L’attività giurisdizionale del Consiglio di Stato a Roma riprese nel luglio del 1944, dopo la liberazione di Roma da parte degli americani, mentre proprio in quel periodo a Cremona operava un secondo e identico organismo giurisdizionale. L’attività consultiva a Roma fu ripristinata il 17 ottobre 1945 a decorrere dal 1 dicembre successivo, mentre l’attività giurisdizionale a Cremona, perché solo quella ci fu, iniziò praticamente nella primavera del ‘44, terminando l’anno dopo.

Al Nord, in un territorio limitato territorialmente, e di fatto sotto il controllo tedesco, l’apparato amministrativo della Rsi fu dislocato in varie città e paesi. La Presidenza del Consiglio a Bogliaco, il Ministero dell’Interno a Maderno, il Ministero della Giustizia prima a Cremona e poi a Brescia, il Ministero delle Finanze a Brescia, il Ministero dell’Economia Corporativa a Padova, il Ministero dell’Agricoltura a Treviso e poi a San Pellegrino Terme, il Ministero degli Esteri a Salò, il Minculpop (Ministero della Cultura Popolare) prima a Salò e poi Venezia e poi ancora a Milano, il comando e gli uffici della Guardia Nazionale Repubblicana a Salò, ecc., mentre Mussolini stesso

prese dimora a Villa Feltrinelli, appena fuori l’abitato di Gargnano, sempre sul lago di Garda, paesino che ospitava la sede del Governo nella villa delle Orsoline166. Mentre alcuni Ministeri si sarebbero poi dovuti trasferire in concomitanza dell’avanzata degli angloamericani verso il Nord Italia, il Consiglio di Stato, stabilito a Cremona, risultava ben protetto dato che la città si trovava al di là della linea fortificata che passava lungo il Po. Cremona sarebbe stata liberata dalle formazioni partigiane solamente il 25 aprile 1945, lo stesso giorno di Mantova, Parma e Verona, mentre Milano avrebbe visto entrare in città i partigiani antifascisti il giorno dopo.

165

A. Riccardi, L’inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma, Laterza, Roma-Bari 2008.

166

M. Borghi, Tra fascio littorio e senso dello Stato, cit., pp. 65-66.

2.3 Le sentenze

Nota Chiara Giorgi nel suo contributo all’interno del libro sul Consiglio di Stato curato da Guido Melis, che dal 1943 al 1945 furono emanate 61 sentenze e solamente 10 di queste furono pubblicate, peraltro da un’unica rivista, «Giurisprudenza Italiana»167. Nessun’altra rivista del settore pubblicò le sentenze della quarta, e unica, Sezione giurisdizionale operante nella Repubblica sociale, determinando una sostanziale lacuna nella pubblicazione delle sentenze amministrative, a causa del particolare periodo e delle vicende belliche che determinarono una notevole riduzione dell’attività pretoria in tutto il territorio italiano.

«Il Foro Amministrativo», prestigiosa rivista di via Panisperna a Roma, fondata nel 1925, nel cui comitato scientifico figuravano nomi quali quelli di Romano, Rocco, Ranelletti, Fagiolari, Zanobini e altri, e alla quale collaboravano importanti componenti del Consiglio di Stato quali Severi, Vetrano e Roehrssen accanto a Costantino Mortati, pubblicò l’ultima sentenza del ‘44 della IV Sezione «ufficiale», la n. 18 del 4 novembre 1944, e la prima del nuovo anno, la n. 1 del 21 febbraio 1945. Per la V Sezione «Il Foro Amministrativo» pubblicò l’ultima sentenza del ‘44, la n. 38 del 8 novembre 1944, e la prima del 1945 la n. 1 del 23 febbraio 1945, due giorni dopo quella della IV Sezione168. Questo a dimostrazione del fatto che in quel periodo operarono contemporaneamente due Consigli di Stato.

In realtà Roma era stata liberata a metà anno del 1944 e le sentenze che la sola rivista «Giurisprudenza Italiana» riportava erano state pronunciate in periodi che si sovrapponevano all’attività del Consiglio di Stato rimasto a Roma. La «Giurisprudenza Italiana», casa editrice torinese fondata nel 1848, vedeva come membri del suo comitato scientifico di redazione nomi del calibro di Vassalli, Zanobini e Romano, quest’ultimo presente peraltro anche nel consiglio di redazione di altre riviste. Diverse furono sulle sue pagine le decisioni frutto del Consiglio di Stato di Cremona. Era una rivista

167

C. Giorgi, «Il Consiglio di Cremona», cit.; Archivio Centrale dello Stato, Consiglio di Stato, RSI, Sezione IV, Decisioni, 1944-1945; Idem, RSI, Presidenza, relativi fascicoli ivi indicati.

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“Il Foro italiano”, 1943-1945; “Giurisprudenza italiana e la legge”, 1943-1945.

operante a Torino, e quindi forse per questa sua particolare posizione geografica, pubblicò alcune sentenze della Rsi senza pubblicare quelle che venivano adottate a Roma. Non bisogna dimenticare che la Rsi era completamente divisa dal resto dell’Italia e le comunicazioni avvenivano sempre in un periodo difficile, di alta belligeranza e di guerra civile.

La prima sentenza che la rivista di Torino pubblicò è del 9 maggio 1944. Si tratta di una sentenza sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza, di ordinaria gestione, così come le altre. Gli oggetti delle decisioni riguardarono in maggioranza il rapporto di pubblico impiego; una discreta quantità fu relativa alle attribuzioni e alle procedure del Consiglio di Stato169.

Dopo la sentenza del 9 maggio 1944 (IV Sezione – Mesina ff. Presidente – Martina Estensore – Bruschi Stefano – Prefetto di Piacenza e Ospedale «G. Verdi» di Villanova sull’Arda) sulla rivista Giurisprudenza Italiana furono pubblicate le sentenze del 16 maggio 1944 (IV Sezione – Mesina ff. Presidente – Chiofalo Estensore – Landini Giovanna – Patronato scolastico di Parma), la sentenza del 20 maggio 1944 (IV Sezione – Mesina ff. Presidente – Aru Relatore – Belluomo ed altri – Ministero dell’Interno e Moiuzio), due del 24 maggio 1944 (Mesina ff. Presidente – Pini Estensore – Misan Felice – Ministeri delle corporazioni e finanze e Luise Giuseppe) e (IV Sezione – Mesina ff. Presidente – Sandiford Relatore – Basso Antonio – Ministero Educazione Nazionale e Francesco Gaeta), altre due del 13 giugno 1944 (IV Sezione – Mesina ff. Presidente – Aru Relatore – Talucci Giuseppe – Ministero Educazione Nazionale e Santi Maltinti Dina) e (IV Sezione – Mesina ff. Presidente – Martina Relatore – Braccagni Mario – Ministero delle corporazioni), altre due del 26 luglio 1944 (IV Sezione – Mesina ff. Presidente – Martina Relatore – Fusetti Lino – Capo della Provincia di Rovigo, quale Presidente delle Commissione provinciale dei consumi e dei prezzi) e quella in cui Aru comparve per l’ultima volta (IV Sezione – Mesina ff. Presidente – Aru Relatore – Comune di Ancona – Ministero dell’educazione nazionale e Binetti Maria).

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C. Giorgi, «Il Consiglio di Cremona», cit.

L’ultima sentenza pubblicata è del 21 novembre 1944 (IV Sezione – Mesina Presidente Relatore – Chiorboli Gustavo – Capo della Provincia di Rovigo, nella sua qualità di Presidente della Commissione provinciale dei consumi e prezzi).

La Giorgi riferisce nel suo scritto che sulla legislazione razziale si ricordano la decisione con cui si respingeva il ricorso di Morpurgo Angioliero e Morpurgo Kola contro il capo della Provincia di Como per l’annullamento del decreto del capo della Provincia con cui era stato ordinato il sequestro dei beni di Morpurgo e famiglia in quanto appartenenti alla razza ebraica (sentenza del 28 novembre 1944, IV Sezione, Morpurgo - capo della Provincia di Como, Zoli Estensore) e la decisione con cui si dichiarava inammissibile il ricorso di Martini verso il Ministero dell’interno per ottenere l’annullamento del provvedimento contenuto nella nota del 25 marzo 1943 con il quale Martini era stata dichiarata appartenente alla razza ebraica. Di fatto nella decisione il Consiglio di Stato si riteneva inammissibile il ricorso proposto da Martini a seguito del fatto che l’art. 26 del r.d.l. 17 novembre 1938, n. 1728, all’art. 26 escludeva la possibilità di ricorrere in via amministrativa e giurisdizionale per i provvedimenti concernenti la sua applicazione. A questa conclusione il Consiglio di Stato giungeva facendo anche riferimento alla giurisprudenza precedente e specificatamente alle decisioni assunte in IV e V Sezione tra il 1941 e 1942 (IV Sezione, Martini - Ministero dell’interno, Chiofalo Estensore)170.

Al di là delle due sentenze citate dalla Giorgi che trattano il problema delle leggi razziali in maniera tangenziale, si può affermare che delle dieci sentenze pubblicate solamente due nascano per motivi legati alla legislazione della Rsi e ne citano il decreto del duce relativo, quattro sono state accettate e sei respinte, per incompetenza o per torto della parte ricorrente. Tutte e dieci le sentenze si rifanno a principi generali e una soltanto cita una sentenza della Pretura di Adria, provincia di Rovigo, del 1944 ed una precedente decisione della IV Sezione di Cremona; l’altra cita invece una decisione della Corte di Cassazione del 1943, precedente all’armistizio. In ogni caso tutte le sentenze citano disposizioni legislativi precedenti e in due casi anche del secolo precedente. Solamente una sentenza usa qualche aggettivo positivo nei confronti della pubblica amministrazione della repubblica di Salò, mentre tutte usano espressioni che

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Ivi, p. 2350

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tratteggiano una decisione in linea con i principi generali del Consiglio di Stato in generale: da notare che in quelle sentenze in cui era relatore Aru vengono maggiormente citate sentenze degli anni ‘20 e 30. Nessuna sentenza ha un vero e proprio carattere innovativo all’interno della giurisdizione dell’epoca. La tabella che segue può aiutare il confronto.

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