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La Commissione per la riorganizzazione dello Stato

DATA INTESTAZIONE AUTOCITAZIONI NEUTRALITA’/

3. Il Consiglio di Stato nella fase Costituente

3.1 La Commissione per la riorganizzazione dello Stato

Nella Costituzione ad oggi vigente il Consiglio di Stato viene nominato in quattro articoli: all’art. 100304, all’art. 103305, all’art. 111306 e nelle disposizioni transitorie e finali e precisamente alla VI307. Ma alla formulazione di questi articoli, alla conservazione dell’Istituzione, al riconoscimento di compiti e funzioni anche nel periodo repubblicano, si è arrivati non senza discussioni, talvolta anche problematiche, in seno all’Assemblea Costituente eletta nel 1946. Non va dimenticato che nello stesso periodo in cui la Costituente svolgeva le sue prime sedute lavorava anche la Commissione per l’epurazione nella amministrazione. Ma nel progetto di Costituzione redatto dalla Commissione dei 75, e presentato alla Presidenza dell’Assemblea Costituente ai primi di febbraio del 1947 con la relazione del Presidente Ruini, il Consiglio di Stato non compariva che in tre articoli, all’art. 93308, all’art. 95309 e nella VII disposizione transitoria e finale310.

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L’art. 100, primo e terzo comma, recita: «Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico- amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione. […] La legge assicura l’indipendenza dei due istituti e dei loro componenti di fronte al Governo».

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L’art. 103, prima comma, recita: «Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi».

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L’art. 111, ultimo comma, recita: «Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione». In realtà l’art. 111 della Costituzione è stato modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, che però non ha modificato l’ultimo comma.

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La VI disposizione transitoria e finale, primo comma, recita: «Entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione degli organi speciali di giurisdizione attualmente esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei Tribunali militari».

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L’art. 93 così recitava: «Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione. La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e quello anche sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo dello Stato sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente al Parlamento sul risultato del riscontro effettuato. La legge determina le condizioni necessarie ad assicurare l’indipendenza degli istituti suddetti e dei loro componenti di fronte al Governo».

Dai resoconti dei lavori non è semplice capire immediatamente quanto fu detto in Assemblea Costituente su di un determinato articolo della Costituzione, dato che è necessario leggere tutti i resoconti della Commissione per la Costituzione, delle sottocommissioni e dell’Assemblea Costituente. Alcuni articoli furono discussi da più di una sottocommissione, o furono concepiti inizialmente come articoli differenti quelli che divennero poi articoli unici o viceversa. Molti articoli furono trattati nelle discussioni generali in Assemblea, altri nacquero dagli emendamenti proposti.

Non si vuole fare qui il resoconto di tutti i verbali dell’Assemblea Costituente, né le varie idee politiche connesse alla necessità di dover ricostruire uno Stato distrutto dalla guerra e dall’esperienza fascista, né si vuole mettere in evidenza i vari discorsi tenuti da grandi personaggi (Calamandrei, Dossetti, Jemolo, La Pira, Moro Fanfani, Mortati, Ruini, ecc.) sulle concezioni non solo partitiche ma anche personali dei rapporti sociali, economici, civili, sui diritti doveri dei cittadini, sul nuovo ordine costituzionale dello Stato, sui rapporti con la Chiesa. Tanti volumi sono disponibili su questo e su come anche trasparirono, durante i lavori della Costituente e immediatamente dopo l’entrata in vigore della Costituzione, varie tendenze e idee su questo o su quell’altro argomento. Si vuole di seguito esaminare come, all’interno di queste innumerevoli discussioni, si posero i Costituenti di fronte alla possibilità di mantenere o relegare in posizione di secondo piano, ovvero eliminare, il Consiglio di Stato che nell’immaginario collettivo dei giuristi, e non solo in un ristretto gruppo di intellettuali, era accomunato e vedeva fondersi nel nome, che tanti conoscevano, di Santi

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L’art. 95 così recitava: «La funzione giurisdizionale in materia civile e penale è attribuita ai magistrati ordinari, istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Al Consiglio di Stato ed alla Corte dei conti spetta la giurisdizione nelle materie e nei limiti stabiliti dalla legge. Presso gli organi giudiziari ordinari possono istituirsi per determinate materie sezioni specializzate con la partecipazione anche di cittadini esperti, secondo le norme sull’ordinamento giudiziario. Le norme sull’ordinamento giudiziario e

e istituiti giudici speciali se non per legge approvata nel modo sopra indicato. In nessun

i quelle sulle magistrature del Consiglio di Stato e della Corte dei conti sono stabilite con legge approvata a maggioranza assoluta dei membri delle due Camere.

Non possono esser

caso possono istituirsi giudici speciali in materia penale. I tribunali militari possono essere istituiti solo in tempo di guerra».

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La VII disposizione transitoria e finale così recitava: «Entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione degli organi speciali di giurisdizione attualmente esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. Tale termine è ridotto a tre anni per i Tribunal militari. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente Costituzione si provvede con legge alla soppressione del Tribunale Supremo Militare e alla devoluzione della sua competenza alla Cassazione».

Romano311. L’Assemblea Costituente, come detto, non nasceva dal nulla, ma partì con alle spalle già i lavori della cd. Commissione Forti che proveniva a sua volta da esperienze di elaborazioni di intellettuali e di giuristi all’interno del Ministero della Costituente e che ritroveremo nelle successive commissioni e sottocommissioni.

Il decreto-legge luogotenenziale 25 giugno 1944 n. 151 dispose che dopo la liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali sarebbero state scelte dal popolo italiano, che a tal fine avrebbe eletto a suffragio universale diretto e segreto un’Assemblea costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato. Lo stesso provvedimento demandò l’esercizio della funzione legislativa al Consiglio dei ministri, che l’avrebbe esercitata tramite decreti legislativi, sottoposti alla sanzione e alla promulgazione da parte del Luogotenente generale del Regno.

In correlazione con questa disposizione, con decreto luogotenenziale 31 luglio 1945, n. 435, fu istituito dal Governo Parri il Ministero per la Costituente e affidava al nuovo Dicastero, all’art. 2, oltre al più generale «compito di preparare la convocazione dell’Assemblea Costituente», quello più specifico di «preparare la convocazione dell’Assemblea costituente e di predisporre gli elementi per lo studio della nuova Costituzione che dovrà determinare l’aspetto politico dello Stato e le linee direttive della sua azione economica e sociale». A tal fine furono nominate, secondo quanto previsto dall’art. 5, dal Ministro per la Costituente Pietro Nenni312 tre commissioni di studio aventi ad oggetto rispettivamente le questioni economiche, i problemi del lavoro e i problemi attinenti alla riorganizzazione dello Stato313.

Ai sensi dell’art. 4, il compito di coordinare i lavori di tali commissioni veniva affidato ad un Ufficio Legislativo del Ministero, a capo del quale fu nominato Mariano Spatafora, ufficio che, in pratica, ne costituiva la struttura portante. Particolarmente

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Vero è che Santi Romano compare nel comitato di redazione della rivista fascista “Il Diritto Razzista”, ompare nel comitato di redazione della più che pubblica dal 1939 al 1942, ma vero è anche che c

prestigiosa rivista “Il Diritto Ecclesiastico”, fondata nel 1890 e tutt’ora edita. Spesso viene sottolineata maggiormente la sua collaborazione alla prima, che alla seconda rivista.

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Il suo Capo di Gabinetto era Massimo Severo Giannini. 313

In generale, sul ruolo svolto dal Ministero per la Costituente si veda P. Nenni, «Il Ministero per la Costituente», in La Costituzione e la democrazia italiana, vol. 1 degli Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea Costituente, Vallecchi, Firenze 1969, pp. 71 e segg.

rilevante fu il lavoro svolto dalla Commissione per la Riorganizzazione dello Stato314 presieduta da Ugo Forti e composta da 90 membri, molti dei quali, e tra questi anche lo stesso Presidente, avevano già fatto parte della Commissione per la riforma dell’amministrazione nominata dal precedente Governo Bonomi nell’ottobre 1944, con decreto del’11 ottobre 1944, con compiti simili seppure più limitati. Di Ugo Forti forse vale la

pena tracciarne alcuni tratti prima di continuare a seguire le vicende di queste Commissioni315.

Ugo Forti nasce a Napoli il 2 marzo 1878, da Carlo e da Rachele Ida Coen, e si laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Napoli Federico II a soli ventuno anni. Segue subito affascinato il suo primo maestro Carlo Fadda, celeberrimo professore di Diritto romano, che lo incoraggia a proseguire gli studi e, a soli venticinque anni, consegue a Napoli la libera docenza in Diritto amministrativo, presentando due lavori “Due speciali forme di concessioni amministrative” e “Natura giuridica delle

concessioni amministrative”, iniziando in tal modo una fulgida carriera che lo vede

insegnare Diritto amministrativo, Diritto costituzionale e Diritto internazionale presso varie Università: Camerino (presso la quale vince la cattedra di straordinario), Firenze (presso l’Istituto Cesare Alfieri, ove consegue l’ordinariato nel 1906), Cagliari (nel 1910), Messina (1915) e poi finalmente Napoli, ove, dopo aver insegnato Diritto internazionale (1917), succede nell’insegnamento ad Oreste Ranelletti nel 1924, chiamato ad insegnare a Milano. I suoi «collegamenti» dottrinari sono rintracciabili in Vittorio Emanuele Orlando, Federico Cammeo, Santi Romano e Antonio Scialoja, notissimo civilista, suo collega a Camerino e che ritrova a Napoli sulla cattedra di Diritto della Navigazione. Personaggi che incrocerà sempre nella sua vita. Il suo insegnamento viene interrotto nel 1938 a causa delle leggi razziali e ripreso all’indomani della fine della guerra fino alla sua morte, avvenuta il 15 luglio 1950.

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Fra i vari temi affrontati dalla Commissione per la Riforma dell’ Amministrazione si segnala in particolare quello concernente l’istituzione delle regioni. Su questo si veda G. B. Rizzo, «I lavori preparatori della Costituente», in La Costituzione e la democrazia italiana, cit., pp. 767 e segg.

315

Si veda, oltre alla voce Forti Ugo nel Dizionario Biografico degli Italiani di G. Caravale, consultabile in rete al link http://www.treccani.it/enciclopedia/ugo-forti_(Dizionario-Biografico)/, anche la relazione commemorativa presente sul sito del Dipartimento di Diritto Amministrativo dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, ora denominato Dipartimento di Diritto Amministrativo e Scienza

dell’Amministrazione "Ugo Forti", http://www.dipartimentodirittoamministrativo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=49&Ite

mid=73. Inoltre G. Melis, Storia dell’amministrazione italiana, cit., pp. 437 e segg.

Allievi diretti di Ugo Forti sono Carlo Maria Iaccarino, succedutogli nella cattedra di Diritto amministrativo alla sua morte, Aldo Sandulli, Ernesto Ardizzone, Lorenzo

oman

rudenza amministrativa; responsabilità che è costret

della pensione percepibile e ultimo importo mensile dello stipendio percepito, riuscendo a conseguire anche la liquidazione, computata non solo sulla base della voce

R elli, Riccardo Soprano e, tra i magistrati, Michele Rossano, prima presidente di sezione della Corte di Cassazione e poi giudice costituzionale316.

Interessante notare che Ugo Forti scrive moltissimi articoli e note su Il Foro

italiano fondato nel 1876 da Enrico Scialoja, con il quale inizia a collaborare nel 1907

senza soluzioni di continuità fino al 1946, e di cui diviene condirettore e responsabile della Parte, terza dedicata alla giurisp

to a dismettere dopo l’epurazione dovuta alle leggi razziali, per effetto delle quali dovette abbandonare l’insegnamento317.

Ma le leggi razziali colpirono anche numerosi suoi colleghi, professori universitari e, nella sua veste di avvocato amministrativista, propose, sembra, vari ricorsi al Consiglio di Stato e vale la pena ricordare una sentenza del 1941 in particolare, quella della Quarta sezione presieduta da Ferdinando Rocco, presente all’Assemblea Costituente e futuro presidente del Consiglio di Stato, in cui riuscì a far riconoscere a dei docenti universitari, allontanati in quanto ebrei, il riconoscimento della corresponsione di un assegno, in aggiunta al trattamento pensionistico maturato, previsto dall’articolo unico della legge 23 maggio 1940, n. 587 in favore degli impiegati considerati inamovibili e dispensati dal servizio. Assegno pari alla differenza tra rateo

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La sua produzione scientifica può essere riassunta, senza pretese di esaustività in un saggio, pubblicato nel 1902 sulla gloriosa rivista “Il Filangieri”, su Il concetto dello Stato secondo le teorie del Gumplowicz; nel 1903 pubblica Il realismo nel diritto pubblico, dove approfondisce i rapporti tra diritto e Stato e la loro evoluzione, la costruzione giuridica del concetto di Stato e la teoria della personalità giuridica dello Stato. a Firenze dà alle stampe la prolusione dal titolo La coscienza sociale, discorso inaugurale letto nell’aula magna del R. Istituto di Scienze Sociali «Cesare Alfieri» il 22 novembre 1908; nel 1913 pubblica il saggio: Le dottrine ‘realiste’ di Hauriou, con il quale critica il tentativo di revisione della personalità giuridica statuale e dell’organo; Vittorio Emanuele Orlando, dopo aver letto gli studi del giovane e brillante napoletano su La facoltà di vigilanza dei Comuni sulle opere pie, La retroattività delle approvazioni tutorie e L’annullamento dei contratti comunali, gli affida nel 1915 la stesura del secondo volume del suo monumentale Primo Trattato di Diritto amministrativo, dedicato ai Comuni e scrive oltre seicento densissime pagine su «I controlli dell’amministrazione comunale»; inoltre scrive le Lezioni di Diritto amministrativo, in più edizioni, nella scuola e per la scuola e Diritto internazionale pubblico e privato nel 1945.

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La collaborazione editoriale tuttavia è ininterrotta in virtù del forte legame con la famiglia Scialoja, intoccabili persino dal regime fascista. Le leggi razziali impongono però il suo allontanamento dalla carica di condirettore.

«stipendio», ma anche di tutte le voci accessorie che formano parte dell’ultimo trattamento economico mensile318.

Già prima del fascismo era stato uomo delle istituzioni. Sub commissario all’Ente Autonomo Volturno319 dal 1 novembre 1917 al 7 dicembre 1921, aderisce al Manifesto degli intellettuali promosso da Benedetto Croce in risposta al Manifesto pro fascismo di Gentile, pubblicato su Il Mondo del 10-12 maggio 1925, unitamente a Vincenzo Arangio Riuz, Arturo Carlo Jemolo, Piero Calamandrei, Enrico Presutti, Augusto Graziani, Vito Volterra, Siro Sollazzi e Giuseppe Chiovenda. Collabora con il secondo Governo Badoglio, ed è autore di un’approfondita disamina di un progetto alleato, il cd. documento Alexander; tale disamina trova a Napoli il consenso del Generale McFarlane320, accelerando la conclusione della trattativa tra occupanti e potere

318

Su

http://www.dipartimentodirittoamministrativo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=49&Itemid=73 si

legge: «Il Consiglio di Stato, con sentenza del 24 settembre 1941, Presidente Ferdinando Rocco, Estensore Leopoldo Piccardi, oltre ad esprimere parole di apprezzamento della difesa dei ricorrenti (“come esattamente rileva la difesa dei ricorrenti”…”come la difesa dei ricorrenti pone giustamente in rilievo”), ne sposa in pieno le tesi difensive: l’affermazione della inamovibilità dei docenti universitari - derogabile solo allorquando essi non diano garanzia di un fedele adempimento delle loro funzioni ovvero si pongano in condizioni di incompatibilità con le direttive politiche del Governo (come nel caso delle leggi razziali) oppure ancora non siano in grado di svolgere le loro funzioni - si ricava dai principi generali. Ed una volta allontanati ad essi vanno pur tuttavia riconosciuti gli assegni di cui alla legge predetta». La sentenza è stata pubblicata in “Rivista di diritto pubblico”, n. 33, 1941, vol. II, pp. 476-480 e consultabile inoltre al link http://www.lex.unict.it/radies/documenti/pdf/Cons.stato.sez.IV24settembre1941.pdf. Inoltre sono stati pubblicati da Giuseppe Speciale quasi tutte le sentenze che hanno interessato in maniera diretta o indiretta ebrei al link http://www.lex.unict.it/radies/content.asp?c=giurisprudenza. Della sentenza in questione viene anche riportato un passo ritenuto significativo in quanto appaiono essere di diretta emanazione da un ragionamento logico concettuale di Ugo Forti: «non è fuori luogo ravvisare una certa analogia fra la funzione del giudice e quella dell’insegnante; perché, come la sentenza, pure essendo emanata in nome della suprema autorità dello Stato, trae il suo valore morale, al quale si riconnette la sua efficacia giuridica, dalla coscienza individuale del giudice, così l’insegnamento impartito da una pubblica cattedra tradirebbe la sua stessa essenza e le finalità alle quali è destinata ove non fosse libera manifestazione dell’intelletto e della scienza individuale del docente. E ciò a differenza di quanto accade per altre funzioni pubbliche, nell’esercizio delle quali la persona che ne è investita deve per quanto è possibile immedesimarsi nell’ente per il quale agisce, in modo che l’attività da essa compiuta sia manifestazione, più che della sua personale volontà, della volontà superindividuale dell’ente al quale l’attività stessa è giuridicamente imputata. Cosicché, per queste funzioni, sorge la necessità, opposta a quella che si è segnalata in relazione alla funzione giurisdizionale o didattica, di garantire attraverso i vincoli di subordinazione fra superiore ed inferiore, i controlli, la facoltà di sostituzione del superiore all’inferiore, ed altri simili mezzi tecnici, la piena rispondenza dell’attività individuale alla volontà impersonale dell’ente per il quale il singolo agisce. Per queste considerazioni, basate sul nostro attuale diritto positivo e sulle esigenze alle quali esso si inspira, il Collegio ritiene che nel nostro vigente ordinamento non possa essere disconosciuta ai professori universitari la garanzia dell’inamovibilità, e che pertanto illegittimamente sia stato negato ai ricorrenti quel trattamento economico che la legge loro concedeva, nella loro qualità di funzionari inamovibili». Ivi.

319

Il Commissario era Carlo Fadda. 320

Sul generale inglese Sir Frank Noel Mason MacFarlane si veda

http://www.kcl.ac.uk/lhcma/locreg/MACFARLANE.shtml. Fu addetto militare britannico a Berlino,

esecutivo italiano. Bonomi lo designerà presidente della Commissione per la riforma dell’Amministrazione, che iniziò i suoi lavori presso la Presidenza del Consiglio prima, e il Ministero della Costituente poi321.

Tornando alla Commissione Forti, così conosciuta dal nome del presidente, essa si insediò il 21 novembre 1945322 non senza il problema di come compenetrare i lavori e i risultati raggiunti dalle Commissioni precedenti. Alla fine si scelse per la classica via del compromesso in cui nella nuova Commissione voluta da Nenni, presieduta sempre da Forti, confluirono molti degli esponenti della precedente voluta da Bonomi, con qualche membro designato dai partiti, che stavano ritornando, o forse per la prima volta realmente approdando, sulla scena politica del paese. Si discusse subito la questione dei limiti alla propria attività: alcuni commissari ritenevano che rientrasse nei poteri della Commissione la predisposizione di uno schema di Costituzione da sottoporre poi all’esame dell’Assemblea Costituente, altri propendevano per una interpretazione restrittiva del decreto luogotenenziale 31 luglio 1945, n. 435323. Il ministro, al quale fu richiesto un parere al riguardo, confermò la natura essenzialmente tecnica e non politica della Commissione, finalizzata alla «raccolta e allo studio degli elementi attinenti al riassetto dello Stato» e ancora «la scelta tra istituti costituzionali, che immancabilmente si opererebbe nella redazione di uno schema costituzionale, presuppone l’adozione di criteri politici e quindi il dibattito di quelle questioni squisitamente politiche, sottratte alla competenza tanto della Commissione quanto del Ministero e riservate esclusivamente alla Assemblea Costituente»324. Nel frattempo, con il decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74, elaborato dalla apposita commissione istituita

Governatore di Gibilterra e responsabile delle commissione alleata di controllo in particolar modo sulle nomine di ministri e funzionari.

321

Alcuni nomi della commissione sono Roberto Ago, Guido Astuti, Gaetano Azzariti, Giovanni Barberio, Piero Calamandrei, Vezio Crisafulli, Giuseppe Fagiolari, Massimo Severo Giannini, Carlo Maria Iaccarino, Arturo Carlo Jemolo, Michele La Torre, Luigi Medugno, Costantino Mortati, Antonio Papaldo, Leopoldo Piccardi, Emanuele Piga, Ferdinando Rocco, Leonardo Severi, Antonio Sorrentino, Andrea Torrente, Cino Vitta, Guido Zanobini.

322

La Commissione fu sciolta il 30 giugno 1946 mentre il Ministero per la Costituente fu soppresso con decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 2 agosto 1946, n. 54.

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Così anche Alle origini della Costituzione italiana. I lavori preparatori della “commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello stato” (1945-1946), a cura di G. D’Alessio, Il Mulino, Bologna 1979, pp. 15-30.

324

Ivi, p. 18. Cfr. Allegato 1 al Verbale n. 2 della seduta plenaria della Commissione del 24 novembre 1945. Secondo D’Alessio in realtà con l’adozione di «risoluzioni» in cui venivano condensate delle opinioni di maggioranza si cercava di dettare dei precisi indirizzi per il futuro.