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L’insediamento di Ruini in qualità di Presidente del Consiglio di Stato.

DATA INTESTAZIONE AUTOCITAZIONI NEUTRALITA’/

2.8 L’insediamento di Ruini in qualità di Presidente del Consiglio di Stato.

La cerimonia di insediamento a palazzo Spada si svolse il 10 gennaio 1946 alla presenza, come detto, di quasi tutti i ministri del governo De Gasperi264. Dopo l’iniziale discorso del presidente del Consiglio dei Ministri, Ruini rispose con parole di ringraziamento, sicuramente non formali, dato il periodo trascorso insieme a De Gasperi nel rifugio del Seminario di San Giovanni in Laterano durante l’occupazione tedesca di Roma nell’inverno 1943-44265 e la lunga amicizia che li legava.

Ruini fa menzione della sua epurazione da palazzo Spada, ricordando la sua risposta al foglio di contestazioni che gli fu recapitato a motivo della sua epurazione. Cita grandi personaggi del passato come Spaventa, Correnti e Giolitti, tutti di età liberale. Non esiste cenno alcuno al suo predecessore, Santi Romano, ma comunque, egli afferma, «fu in tutti norma costante che qui non penetrassero questioni e preconcetti di parte» e «ciascuno di noi deve sempre essere consigliere indipendente dello Stato, e giudice giusto ed imparziale»266.

Ruini, nel suo profondo e radicato ottimismo verso l’amministrazione, pensa comunque che il Paese debba sentire rinsaldarsi il tessuto amministrativo dopo che «è passato ora sull’Italia uno dei più grandi uragani che la storia ricordi». Secondo Ruini, che certo aveva vissuto sulla propria pelle cosa voleva dire subire le angherie di un regime totalitario, il Consiglio di Stato continuava ad avere come sua propria fisionomia quella che si era formata nel liberalismo dell’ottocento, essendo esso elemento vivo di un nuovo ordine democratico «secondo la migliore tradizione storica degli istituti che continuando si rinnovano».

Nel gennaio 1946 Ruini non sapeva ancora quale compito lo avrebbe aspettato nell’Assemblea Costituente che avrebbe deciso le sorti del Consesso e che avrebbe

264

Annuario Consiglio di Stato, 1946, pp. 63-69. 265

A. Riccardi, L’inverno più lungo, cit. Disse Ruini: «Sono molto grato e lieto di essere insediato a questo posto da un uomo al quale mi legano, insieme ai ricordi dei pericoli vissuti assieme durante l’occupazione tedesca, e del lavoro concorde nei primi governi democratici, il vincoli d’una forte amicizia ed il sentimento comune di una devozione profonda allo Stato, che va al di sopra di ogni divergenza particolare di idee». Annuario del Consiglio di Stato, 1946, p. 65.

266

Ibidem.

dovuto riconoscere come anche in uno Stato nuovo, democratico e repubblicano, lo Stato di diritto abbia bisogno di «una struttura amministrativa che dia garanzia di giustizia e di imparzialità»267. Questa struttura per Ruini era il Consiglio di Stato, che oltretutto «ha fatto, come tutti riconoscono, buona prova»268. Viene ricollegata la difesa degli interessi legittimi, conquista di vera democrazia, alle idee che portarono alla creazione della IV sezione, e il Consiglio di Stato, per Ruini è pronto ad adempiere ai compiti che il nuovo Stato democratico vorrà affidargli, fermo restando il controllo che il Parlamento può e deve esercitare. Nel gennaio del 1946 ancora non erano iniziati i lavori della Costituente ma Ruini sembrava avere ben chiaro un progetto, un’idea nella mente.

Nonostante un fondamentale ottimismo non si nascondo l’esistenza di alcuni problemi, principalmente tre. La struttura, il coordinamento con gli altri organi di controllo, la sua funzione giurisdizionale. Si sbilancia perfino in una promessa, cioè che il Consiglio di Stato, nella sua funzione consultiva, dia i pareri richiesti dal Governo entro una settimana269, e che velocizzerà il processo giurisdizionale riducendo ad esempio i tempi di perenzione.

Non manca di fare cenno alla sezione creata in aggiunta funzionante come secondo grado dei procedimenti di epurazione e sottolinea come questa sezioni lavori incessantemente, in due turni con quattro sedute alla settimana270. Ruini sottolinea come questa sezione giudichi con «equilibrato indirizzo», usando un criterio diverso dalla precedente epurazione fatta in epoca fascista, cioè sostituendo «al criterio di perseguire con sanzioni punitive le colpe e le indegnità degli epurandi, quello più obbiettivo di accertare un’incompatibilità a coprire il loro ufficio nel nuovo ordine dello Stato»271.

267 Ivi, p. 66 268 Ibidem. 269

«Sentiamo l’esigenza della rapidità; e con ritocchi ai metodi di lavoro, accelerando la prontezza con cui le sezioni consultive danno già corso ai loro pareri, faremo si che questi siano resi normalmente entro una settimana dalla richiesta». Ivi, p. 67.

270

In questa sezione vi lavorano gli stessi magistrati che già operano nelle altre cinque sezioni, non erano previsti magistrati aggiuntivi. Ruini parla di circa 8.000 ricorsi che avrebbero dovuto esaurirsi in pochi mesi.

271

«Sono da attendersi altri ricorsi, specialmente pel Nord, dove non si è ancora provveduto per la epurazione, e dove si hanno situazioni di connivenza e di dedizione ad uno pseudo governo appoggiato sui tedeschi, ben più gravi di casi colpiti nella rimanente Italia; né sarebbe ammissibile una stridente sperequazione. Quando gli organi competenti avranno compiuto i deferimenti ed i giudizi di primo grado, la sezione speciale interverrà immediatamente in sede di ricorso; e sarà lieta se mediante la sua opera

Il compito primario, secondo Ruini, per il Consiglio di Stato è e rimane quello di collaborare con il Governo alla preparazione delle leggi. La proliferazione legislativa viene già all’epoca segnalata come un problema, proliferazione di leggi, migliaia secondo il presidente, dovuta sia alle accresciute funzioni dello Stato, sia al concentrarsi nel Consiglio dei Ministri di molte attribuzioni di Governo e Parlamento. Fase transitoria, dunque, nel 1946 ma che sembra non essere mai finita. Si poteva comunque evitare un così gran numero di leggi dato che, secondo Ruini, molte materie potevano essere disciplinate con delle circolari. Lo studio del Consiglio di Stato su questo argomento potrebbe risultare utile e fruttuoso. Come a suggerire dei futuri compiti per evitare di svuotare di senso la permanenza dell’Istituzione nel nuovo regime democratico.

«Il Consiglio di Stato si mette a disposizione del Governo specialmente per quanto concerne le leggi amministrative» ripete quasi a voler tranquillizzare se stesso, i colleghi e il Governo, perché darà all’Esecutivo «con la prova dei fatti, la sicurezza che, rivolgendosi qui, troverà in uomini che provengono dai vari rami dell’amministrazione e sono capaci dell’opera di coordinamento, sollecita collaborazione nel preparare i provvedimenti legislativi»272. Cionondimeno avverte che sarà necessario valutare la legislazione fascista alla luce dei principi democratici e del passare del tempo, dato che non si può distruggere tutto quello che ha fatto il precedente regime solo perché fascista273. Insomma per Ruini «il Consiglio di Stato lavora e chiede di lavorare»274.

Nel suo discorso di insediamento Ruini non cita mai il suo predecessore in maniera diretta. Lo farà il 6 novembre 1947, in occasione di una Adunanza Generale, con la partecipazione del Segretario Generale Aru, in cui ricorderà la figura di Santi Romano scomparso tre giorni prima. Il discorso di Ruini non appare di circostanza e si dimostra sentitamente addolorato della perdita «di un uomo che lascia una orma indelebile nella scienza giuridica italiana». Ruini dice: «A nome di voi tutti e mio personale ho partecipato alla famiglia straziata i sensi del nostro più vivo cordoglio» e prosegue illustrando brevemente la storia e la formazione culturale e scientifica di Santi

ferma ed equa si potrà chiudere questa pagina dell’epurazione per raggiungere la distensione degli spiriti necessaria al buon andamento dell’amministrazione». Ibidem.

272

Ivi, p. 68. 273

Non va trascurato il fatto sopra ricordato della restituzione del passaporto a Ruini a seguito della sua approvazione della politica fascista in ambito coloniale.

274

Ivi, p. 69

Romano non dimenticando di rimarcare che «egli era un giurista classico, nel senso più largo ed italiano della parola: cultore specializzato di alcuni rami, ma con la visione completa e la conoscenza sicura di tutto il diritto; anche del diritto privato; del che si valse la sua stessa opera di giurispubblicista»; e ancora «Santi ROMANO fu un grande giurista, che onora il nostro Paese»275.

Il ricordo di Santi Romano è molto centrato sulle sue doti giuridiche e dogmatiche, derivanti dalle teorie del suo maestro V. E. Orlando ma sviluppate in autonomia senza «tuttavia cadere negli eccessi altre correnti dottrinali»276. Ruini ne esalta le doti di studioso e di caposcuola della cultura giuridica italiana, citando anche i suoi studi di legge basati sugli scritti di Romano, arrivando ad affermare che egli «fu (lo ripeto ) un ingegno scientificamente, completo». Nulla dice Ruini, oltre a ricordare due opere giuridiche del Romano, del suo periodo, seppur il più lungo in assoluto, in qualità di Presidente del Consiglio di Stato. Solamente all’inizio del suo discorso Ruini dirà «È scomparso Santi ROMANO, che fu per oltre quindici anni Presidente di questo Consesso», null’altro277. 275 Ivi, p. 77-78. 276 Ivi, p. 78. 277 Ivi, p. 77. 104