• Non ci sono risultati.

Il pensiero di Ruin

DATA INTESTAZIONE AUTOCITAZIONI NEUTRALITA’/

3. Il Consiglio di Stato nella fase Costituente

3.5 Il pensiero di Ruin

Ma Ruini, in tutto questo avvicendarsi di commissioni e sottocommissioni, riunioni formali e informali, aveva delle sue idee in merito a come dovesse essere la Costituzione. Lui stesso disse, in una conferenza stampa tenuta poco dopo la sua nomina a presidente della Commissione dei 75 avvenuta il 20 luglio 1946, «Si fa strada anche in Italia, nell’opinione comune, l’esigenza che la costituzione nuova sia chiara, semplice e breve» anche perché «l’abitudine che prevalse nell’altro dopoguerra, sulle orme di Weimar, di gonfiare le costituzioni con affermazioni socializzanti e programmatiche, che non rispecchiavano la realtà d’allora, ma esponevano programmi e propositi che in realtà fallirono, sembra oggi venir meno, come risulta dal nuovo schema di costituzione francese (ed anche della jugoslava, della giapponese, ecc.)» 414. Ruini parlava di semplicità, brevità, chiarezza, concetti che non sono alieni anche al nostro modo di pensare moderno, ma che all’epoca poteva sembrare strani e fuori dalle logiche burocratiche e di partito. Non bisogna dimenticare che Ruini proveniva da una esperienza diretta di lavoro nella pubblica amministrazione e dava un preciso valore ad affermazioni del tipo «La costituzione chiesta dal popolo deve essere tale che il popolo stesso la possa facilmente comprendere. Non va stesa, come i codici o le leggi processuali, per i legali e le curie; ma per l’uomo della strada»415.

Addirittura per Ruini, «Dovrebbe essere letta ed appresa a memoria dai fanciulli delle scuole», affermazione che solo recentemente ha assunto un valore reale e concreto. Per lui le Costituzioni non devono essere troppo lunghe perché quest’ultime sono il riflesso, specialmente in paesi extraeuropei, di una mancanza di educazione liberale e democratica416. Nondimeno egli esige una Costituzione rigida, data l’esperienza fascista che ha continuamente, secondo Ruini, lacerato un tessuto pseudo costituzionale

414

Cfr. M. Ruini, Come io pensavo la nostra Costituzione, in “Nuova Antologia”, vol. CDXL, 1947, fasc. 1760, Agosto, pp. 325-341, nonché in Scritti di Meuccio Ruini, Come si è formata la Costituzione. La nostra e le cento Costituzioni del mondo, Giuffrè, Milano 1961, pp. 197-213 (d’ora in poi si seguirà questa pubblicazione per i riferimenti di pagina). Probabilmente Ruini si rifà al volume curato da C. Mortati, La Costituzione di Weimar, Sansoni, Firenze 1946, pp. 7-84.

415

Scritti di Meuccio Ruini, Come si è formata la Costituzione, cit., p. 197. 416

Ibidem.

costituito dallo Statuto albertino mediante l’emanazione di leggi che dichiaratamente o tacitamente hanno minato quel tessuto liberale creato precedentemente. Si ricordi che, nel discorso di insediamento in qualità di presidente del Consiglio di Stato, Ruini sosteneva che non tutto l’apparato legislativo fascista andasse smantellato, sostenendo che «in più di un ventennio il mondo ha camminato; e molte norme sono state adottate non per il fascismo, ma malgrado il fascismo; né, come dissi altra volta, sarebbe da sani di mente distruggere i ponti sul Tevere che ha fabbricato il fascismo; ma è necessario eliminare con una epurazione delle leggi quanto contrasta con i principi ed i sistemi di un nuovo ordine che deve essere di libertà e di giustizia»417.

La rigidità della Costituzione richiede anche, per poter apportare cambiamento alla stessa, una «procedura speciale, e di affidare il controllo di costituzionalità ad un’alta corte di garanzia. Ciò richiede che la costituzione si riduca, nel suo contenuto, a norme veramente essenziali, e che si eviti di ricorrere troppo spesso a macchinosi processi di revisione»418. Inoltre egli è fautore delle dichiarazioni di principio, specie per le problematiche economico sociali che gli sono particolarmente a cuore, ma inserendole in una sorta di «preambolo o dichiarazione generale, che apra la costituzione». Mettere i principi e le dichiarazioni di programma in una seconda parte della Carta ne farebbe «diminuire e screditare la portata». Ruini aveva le idee chiare. Forse sì un preambolo ma non rinvii generici a questo dato che l’esperienza italiana era assai diversa da quella ad esempio francese dove «le dichiarazioni di diritto hanno tante tradizioni e possono considerarsi ormai incluse nel diritto comune. Conviene che il sistema italiano prescinda da espressioni astratte e cerchi di concretare e precisare i diritti non solo civili e politici, ma, per quanto è possibile, anche economici e sociali dei cittadini»419.

Già questo era sufficiente per potersi immaginare un testo costituzionale e in parte così si arrivò alla fine del lavoro della Commissione dei 75, anche se il preambolo auspicato da Ruini si trasformò nei primi 12 articoli della Costituzione attuale. Ciononostante egli affermò che non riuscì a far prevalere, in senso democratico, il suo punto di vista, cioè non riuscì a convincere i costituenti. Forse perché, secondo Ruini, la

417

Si veda il discorso di insediamento di Ruini in Annuario Consiglio di Stato, 1946, p. 69. 418

Scritti di Meuccio Ruini, Come si è formata la Costituzione, cit., p. 198. 419

Ibidem.

Commissione era troppo numerosa. Sarebbero bastate 25 persone per lui, e comunque non più di 45, ma i partiti «grossi e piccoli, vollero che la nostra commissione, fosse più numerosa, per avere rappresentanza adeguata»420. Resta comunque la bella dichiarazione, dopo aver citato numerosi nomi dei componenti della Commissione, «per verità fu nominata una commissione che fa onore alla costituente ed al paese; ed è mio

non meritato vanto di averla presieduta»421.

Resta una dichiarazione non priva di significato il fatto che lo stesso Ruini afferma che non vi era nessun schema, disegno, progetto precedente e che tutti hanno collaborato alla formazione della Carta e, forse proprio per questo, i lavori sono stati intensi e lunghi. Dunque lavoro collegiale, ma di certo sotto la sua direzione. Non come voleva Benedetto Croce il lavoro si uno solo ma di un gruppo, eterogeneo ma coeso, convinto di voler costruire qualcosa di nuovo422.

Sia Ruini, sia Cheli423 ritennero che la suddivisione quasi immediata in Sottocommissioni e comitati abbia prodotto un aumento e una confusione nei lavori e nelle discussioni. D’altronde si riconosce che le grandi personalità presenti nella Commissione «erano uomini preparati e competenti; ma non potevano dimenticare di essere parlamentari e italiani» e si sa che «che gli italiani amano, nell’esame delle questioni, risalire ad Adamo ed Eva; il quale metodo può avere qualche vantaggio, ma anche i suoi inconvenienti; e richiede perlomeno molto tempo» 424. Ma a parte la nota di spirito Ruini sottolinea, che molte questioni sono state trattate, anche più volte, lavorando con quadri di raffronti comparati chiamati lenzuoli per le loro enormi dimensioni425, ricorda il suo lavoro di pungolo su tutta l’assemblea per poter terminare nei tempi previsti, il lavoro di coordinamento, riduzione degli articoli, il lavoro si

420

Ivi, p. 199. 421

Ibidem. Il corsivo è nostro. 422

«Bisogna mettersi in mente che le costituzioni non si fanno più come in passato; e che l’atmosfera dei partiti la partitocrazia, come dice Benedetto Croce - si fa sentire anche qui. Croce avrebbe voluto che la redazione del testo costituzionale fosse affidata ad uno solo, come avvenne ad un mio predecessore al Consiglio di Stato, Des Ambrois, per lo statuto albertino. Ma era uno statuto elargito, “ottriato” dalla corona. Crede proprio Croce che sarebbe possibile, oggi, fare ancora così?». Ibidem.

423

E. Cheli, La fondazione della Repubblica, cit. 424

Scritti di Meuccio Ruini, Come si è formata la Costituzione, cit., p. 200. Nella somma algebrica degli elogi e critiche al lavoro dell’intera Commissione prevalgono comunque gli elogi e i complimenti. Grande era la felicità di Ruini il giorno della presentazione del lavoro compiuto.

425

«Le proposte fatte e votate in ciascuna tappa sono raccolte in quadri di raffronti, che per la loro vastità tipografica, si chiamavano “lenzuoli”; e con questo nome vennero conosciuti, e copie ne furono richieste anche dall’estero. Tutto si può dire tranne che si è lavorato superficialmente, e senza sviscerare i problemi». Ibidem.

pulizia dello stile, ecc. I democristiani volevano inserire «alcuni punti essenziali della loro dottrina» e i comunisti e i socialisti premevano affinché non si relegasse «al limbo di un preambolo il «diritto al lavoro» e gli altri diritti dei lavoratori nella attuale società»426. Su questi punti si rinviò più volte la questione, cara a Ruini, di un preambolo della Costituzione, nelle lunghe discussioni in cui vennero presentate innumerevoli emendamenti, a volte che «riguardano una parola, una virgola, un verbo al futuro anziché al presente»427.

Secondo Ruini democrazia e libertà sono sinonimi di autodisciplina, quindi, sarebbe a dire, discutere si ma fino allo strenuo su una virgola no. Egli stesso ricorda come ha votato contro la pressione di certi ceti sociali affinché venissero accolte richieste del tipo “la Costituzione riconosce l’artigianato” o che “riconosce le zone montane”, nonostante fosse un amico degli artigiani e avesse tempo addietro posto l’accento sul «problema di altitudine accanto a quello di latitudine»428. Ruini non vuole far diventare la Costituzione una «salsiccia» e per fortuna riesce, afferma lui stesso, a far sì che non sia arrivi ad articoli del tipo «la repubblica garantisce e mette nella costituzione l’orario dei treni» o «non può essere arrestato chi non ha commesso il reato» o altri simili429. Non si è lavorato di fretta, tiene a precisare, e ribadisce che «Sì: malgrado tutto io continuo a credere che la nostra costituzione sarà una cosa buona. Me l’hanno scritto giuristi e pubblicisti francesi ed elvetici. Qualche riconoscimento vi è anche nella stampa anglosassone. Naturalmente, qui in Italia, prevalgono le critiche e le irrisioni; si guarda soltanto ai difetti, non ai pregi»430.

Per Ruini si è ad una svolta e necessariamente bisogna anche cambiare il modo di ragionare abbandonando vecchi schemi: aveva pensato anche di dimettersi ma con forza afferma: «Desidero fin da ora rivendicare - fra le opposte critiche di Togliatti e di Nenni che la dicono retrograda. e ritardatrice, e di Orlando e di Nitti che la trovano

426 Ivi, p. 201. 427 Ivi, p. 202. 428

«sono stato il solo, dico il solo, a votar contro il loro articolo, che ha avuto il suffragio anche di chi aveva, nei suoi discorsi, protestato contro le inutili aggiunte. Che cosa guadagnano gli artigiani, se la costituzione dice che la repubblica cura l’artigianato?». Ivi, p. 203.

429

Ivi, pp. 203-204. 430

«Alla facilità delle critiche non corrisponde la solidità delle controproposte costruttive. E ciò si capisce benissimo per i meno competenti che sono saliti in cattedra; ma anche maestri che avevano lanciato nell’assemblea qualche fulmine, ed avevano promesso di collaborare alla carta - Orlando e Nitti - non hanno poi preso parte al lavoro concreto di miglioramento». Ibidem.

totalitaria e rivoluzionaria - il meditato equilibrio della nostra costituzione» e aggiunge «Questa è una costituzione della democrazia e del lavoro, che concepisce come due termini inscindibili fra loro; e consente tutte le conquiste del lavoro, nelle forme non della sovversione, ma della gradualità democratica. Nella parola della nuova carta il «lavoro» non ha più senso classista; sono lavoratori tutti coloro che adempiono, materialmente o spiritualmente, una funzione a servizio della società. Sono lavoratori anche gli imprenditori che - senza monopoli e privilegi - attendono ad organizzare la produzione»431.

Sul campo dell’economia e del lavoro non esita a difendere le sue idee riaffermando che «nè mai è esistita ed esisterà forma alcuna di società, dove sia realizzato un liberismo pieno ed un comunismo integrale; sono l’uno e l’altro due schemi logici ed astratti», parole che sono attuali ancora oggi, cionondimeno alcune sue affermazioni denota profonda conoscenza della storia e del diritto come quando afferma che: «Sgombrato il terreno dall’istituzione monarchica, l’ordinamento italiano affonda più direttamente ed in pieno le sue radici nella sovranità popolare. Il popolo è il solo sovrano; ed esercita la sua sovranità nelle forme e nei limiti della costituzione e delle leggi che dà a se stesso; con un’autolimitazione che fa dello Stato democratico uno Stato di diritto; e che, impedendo le manifestazioni improvvise e non meditate di massa, facili alle manovre dittatoriali, è garanzia di ordine democratico e liberale»432. Ruini manifesta doti di conoscenza di materie economiche e giuridiche, teorie costituzionali evidentemente a lungo elaborate dopo la sua epurazione dal Consiglio di Stato nel 1927 a seguito, si ricordi, di ben due leggi ad hoc elaborate dal governo fascista. Il suo studio non si è mai interrotto e, se da un lato la sua vita pubblica ha dovuto subire un necessario freno, la sua vita privata si è vista arricchita dai suoi studi e dalle sue relazioni personali e culturali, come già ricordato in precedenza. Molte sue concezioni non sono passate, come ha sostenuto, non è riuscito a convincere tutti, come ad esempio l’idea di una seconda camera parlamentare, il Senato, eletta «in relazione alle attività che svolgono ed agli «interessi» e settori a cui appartengono»433.

431

«I critici delle due rive finiranno col riconoscerla liberale e democratica, moderna ed aperta alle nuove correnti sociali». Ivi, p. 206.

432

Ivi, p. 207. 433

Ibidem.

Garanzia e stabilità di funzioni, divisione dei poteri, «equilibrio», sono le parole d’ordine di questa Costituzione, pensata e voluta anche così dallo stesso Ruini, attaccato, criticato, ma anche plaudito e riconosciuto come alta autorità morale da molti. Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale sono i nuovi organi che nascono anche per effetto della scelta per la forma repubblicana e Ruini, sulla Corte Costituzionale, ricorda e sottolinea come la coppia Orlando-Nitti e TogliattiNenni, seppur con opposte critiche, abbia definito una «bizzarria» la sua previsione434. Crititca Croce, elogia Dossetti, sbilanciandosi anche in una profezia, anche se con Togliatti si oppose all’idea di un preambolo della Costituzione435. Comunque il non essere democristiano né comunista di Ruini hanno evidentemente reso possibile l’accettazione della sua figura di mediatore e super partes che ha fatto sì che si potessero trovare tanti compromessi in aula, e fuori dall’aula, dato che la Costituzione non poteva essere di un solo partito e si dovevano far convivere le diverse anime rappresentate dai partiti e sostiene che «l’accordo (chiamiamolo pure compromesso) non si è potuto realizzare in certe questioni, ma in molte vi è stato, malgrado le divergenze oratorie, ed i voti ed i controvoti dell’assemblea. La nostra costituzione vivrà in quanto sarà riuscita ad essere, al di fuori dei negoziati consapevoli delle parti, il compromesso richiesto dal momento storico»436.

Ruini ritornò sull’argomento in una prefazione ad un libro sulla Costituzione italiana e sui suoi lavori preparatori, curato da Vincenzo Cerullo437. «Il lavoro del prof. Carullo è molto opportuno. A leggerlo ora, dopo due anni e mezzo dalla nascita della nostra costituzione, si sente il bisogno di ricordare e rivivere il modo nel quale essa è nata. E’ merito del Carullo aver scelto bene; cosi da conferire esatto rilievo ai brani riportati di relazioni e di interventi e di conservare al loro contesto, di necessità

434

Oggi sembra pacifico avere una Corte Costituzionale ma all’epoca Ruini dovette affermare con forza e spiegare che «mi sembra elementare che, adottando un tipo di costituzione rigida, sia da stabilire chi giudichi della costituzionalità delle leggi; e che, invece di affidare tale sindacato alla magistratura ordinaria, sia più aderente ai principii democratici costituire un organo speciale ove siano contemperati i criteri di una designazione da parte degli ordini giudiziari e forensi e di scelte da parte del parlamento». Ivi, p. 209.

435

«debbo riconoscere il suo ingegno e la sua dirittura; e presagire che sarà un giorno alla testa della democrazia cristiana». Ivi, p. 210.

436

Ruini ricorda anche, come esempio, la questione, divenuta gradualmente spinosa, del riconoscimento dei rapporti Stato-Chiesa.

437

V. Carullo, La Costituzione della Repubblica Italiana: illustrata con i lavori preparatori, prefazione di Meuccio Ruini, Giuffrè, Milano-Torino 1959.

mutilato, l’eco di una discussione vissuta», scrive Ruini nel giugno 1950438. Ricorda il carattere rigido e pieno della Costituzione e quindi anche la necessità, per il legislatore ordinario, di rifarsi ai dibattiti parlamentari della Costituente nella stesura delle leggi, lui che si è «dovuto occupare, da funzionario e parlamentare, di tecnica legislativa, nella preparazione di leggi e regolamenti». Ruini ritorna ancora, come una nota dolente mai sopita, come un pensiero fisso che evidentemente aveva maturato nel corso degli anni, sul non essere riuscito ad inserire un preambolo nella Costituzione. «Ho perduto la battaglia che condussi nei «75» e nella assemblea perché il testo costituzionale si riducesse a norme giuridiche vere e proprie, in qualche modo «azionabili», e perché i principi e i criteri fondamentali, a tipo di dichiarazioni di diritti (oggi anche sociali), fossero collocati in un preambolo, così che risultasse il loro altissimo e necessario ma diverso valore»439.

Inoltre, per Ruini, le costituzioni anche se rigide non possono rimanere immutate nel tempo e di certo la Costituzione Italiana non è aliena da difetti, lui stesso lo sa e lo dice, ma era la migliore possibile440. Quello che è necessario, nel 1950, è dare attuazione alla Costituzione che costituisce quasi un programma per il legislatore, anche se, per effetto del venire meno di un ordinamento in maniera improvvisa, come quello fascista «la costituzione nuova è destinata a coesistere, per un dato tempo, con leggi di altra e contrastante ispirazione, quali sono in Italia molte leggi del tempo fascista»441.

438

V. Carullo, Costituzione della Repubblica Italiana, cit., p. 3. 439

«Riuscii soltanto, nell’ultimo coordinamento, a mettere alcuni «principi fondamentali» ad inizio, e quasi ad atrio della costituzione, prima della prima parte; ma molte enunciazioni che sono principi, criteri, direttive sono rimasti nelle varie parti della costituzione. Debbo riconoscere che la tendenza, alla quale ho cercato di reagire, è una tendenza irresistibile, che prevale ormai nelle costituzioni di nuovo tipo, diverse nella loro struttura tecnica dalle ottocentesche. Nel fare una costituzione, viene fatto di passare in rassegna per così dire panoramica i problemi dell’ora politici, economici, sociali - e si cerca di stabilire, oltreché norme giuridiche vere e , proprie, principi ed orientamenti; è un metodo che non si può oggi evitare, e potrebbe avere, lo riconosco, un significato ed un vantaggio, ponendo limiti ad eccessive e continue oscillazioni. Ma qui entrano in azione le forze del costume, della educazione, della coscienza nazionale. Sarà ad ogni modo utile il richiamo alle origini delle formule, quali vennero enunciate». Ivi, pp. 4-5.

440

«Senza dubbio fare una costituzione non è stabilire un ,sistema immobile di diritto. Ma se un principio è prevalso ed è entrato a fare parte della costituzione si può non tenerne conto e negargli .ogni valore impegnativo? La nostra costituzione, nessuno lo sa più di me, ha molti difetti; ma - a prescindere da ciò che dichiarò Franklin a Filadelfia: che, quando sia proclamata, è «la» costituzione e tutti devono sentirla come cosa propria - è la sola che poteva essere fatta allora, ed avere la quasi unanimità dei consensi nella votazione finale». Ivi, p. 5.

441

«L’esperienza mi ha insegnato che, se è difficile fare una costituzione, è ancor più difficile farla entrare effettivamente e compiutamente in azione. Vi è un periodo intermedio di intervallo, di

Questo perdurare di, diciamo così, due legislazioni ispirate a due diverse concezioni, crea qualche problema e Ruini cita alcuni interventi in questo senso della Corte di Cassazione: il problema vero di quegli anni, e non solo, era «provvedere alla revisione, all’aggiornamento ed alla costituzionalizzazione delle leggi anteriori; compito certamente grave, che va condotto con meditato accorgimento, e trova ostacoli nella lentezza e nelle complicazioni del lavoro legislativo; oltreché nell’inclinazione, abbastanza diffusa, ad un «queta non movere» che non dovrebbe mai tradursi nell’incostituzionale rinunzia o rinvio sine die di quanto vi è di nuovo nella costituzione»442. Occorre legiferare, per dare immediata attuazione ad una Costituzione, la migliore possibile per Ruini, a cui lui ha lavorato, a cui ha creduto, e non permettere «che una costituzione sia lasciata a lungo per alcune sue parti in contraddizione ed in disarmonia con zone di legislazione ordinaria; e che per altre parti programmatiche e direttive rimanga come una statua di cera·ed un corpo imbalsamato, a modello ed a mostra, senza reale applicazione»443. In realtà la prefazione di Ruini non è altro che un elogio al lavoro effettuato dal Carullo che già a breve distanza dalla promulgazione della Costituzione provava a fare un lavoro di sintesi dei lavori parlamentari, oltremodo utili dato che lo stesso Ruini sottolinea che il tempo passa e i ricordi svaniscono.

Ma al di là dell’elogio del volume, e non molti furono i lavori in questo senso nel corso del tempo se non in occasioni di ricorrenza trentennali, grazie al poco tempo