• Non ci sono risultati.

Dal I consumerismo al II consumerismo

Il Modello 5P Controllo Qualità

3.3. Dal I consumerismo al II consumerismo

Nel nostro discorso è perciò di fondamentale importanza, come si affermava già nelle pagine precedenti, l’accezione di consumatore critico proposta da Fabris: “Critico vuol dire guardare oltre. Estendere l’orizzonte al di là del tradizionale repertorio dei significati tangibili ed intangibili dei prodotti sino ad investire il mondo delle responsabilità sociali di chi

produce. Critico non significa oppositivo, antagonista. Sottende, semmai,

la richiesta di confrontarsi con la marca e di valutarla anche su dimensioni diverse da quelle abituali… Richiesta di eticizzazione della produzione quindi ma anche valorizzazione dell’etica delle proprie scelte di consumo”168.

Si può sostenere, già dalla lettura di questo brano, che il consumo

critico, definito anche etico o responsabile, sia la forma più matura e

completa dello stesso consumerismo con cui si è aperto questo capitolo. Non a caso il consumo critico nasce nel momento in cui si ufficializzano e dunque prendono piede la cultura ambientalista, i valori della cooperazione e la solidarietà internazionale (essenzialmente gli stessi principi costitutivi del consumerismo al suo albore); ed esprime bene l’atteggiamento di quanti ritengono che nel comprare un bene non si possa dare attenzione unicamente alla qualità e al prezzo, ma siano fondamentali tanto la storia del prodotto, quanto, e soprattutto, la condotta della casa produttrice169. E’ un orientamento nei consumi che si fonda su richieste di beni eco e socialmente compatibili, prodotti cioè in

168 G. Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, op. cit., pp. 289-90.

169 Il Centro nuovo modello di sviluppo individua dodici aspetti da considerare nella valutazione di una marca o di un’azienda. Cfr. Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico, Emi, Bologna, 1998.

156 condizioni di lavoro dignitose lungo tutta la filiera produttiva e senza aver generato elementi di negatività sull’ambiente.

Il consumo critico, equo o responsabile, è, però, un’accezione molto vasta, un orientamento che comprende in sé altre forme. E’ possibile far rientrare in esso, per esempio, proprio quelle campagne di boicottaggio, che rientrano nell’ambito del consumerismo, e che, in concreto, invitano a sospendere l’acquisto di un prodotto specifico, o di più prodotti appartenenti ad una determinata marca, per forzare le imprese ad abbandonare comportamenti eticamente scorretti nell’ambito del processo produttivo. Sono già state citate (nel primo paragrafo) le campagne effettuate nei confronti della Nestlé, per il latte in polvere, ma è doveroso aggiungere alla lista, anche le campagne specifiche della Del Monte e della Chicco per lo sfruttamento del lavoro nei paesi del sud del

mondo170, così come le campagne nologo contro la Nike, la Shell e

McDonald’s che Naomi Klein171 cita come particolarmente efficaci

nell’aver spinto le aziende ad una maggior trasparenza. In effetti, come ricorda la Hertz, il boicottaggio si rivela spesso un’arma potente di cui le imprese hanno paura, anche perché è sufficiente l’adesione di una piccola percentuale di consumatori per infliggere alle imprese gravi perdite. Così Gesualdi evidenzia come un calo delle vendite può far si che le imprese si preoccupino e possano scendere a patti con i consumatori172. E si rivela anche qui la possibile dimensione politica degli atti di consumo: “A differenza dei politici, scrive la Hertz, le imprese non possono permettersi di non accontentare la loro base di compratori, tanto meno di scontentarla: la loro non è una carica garantita”173.

170 E. Poltronieri, Dossier Consumo Critico, in “ Modena Amica”, aprile 1996.

171 N. Klein, No Logo. Economia globale e nuova contestazione, Baldini & Castaldi, Milano, 2001, pag. 441. 172 F. Gesualdi, Manuale per un consumo sostenibile, Feltrinelli, Milano, 2002, cit., pag.41.

157 Dunque, nel quadro del consumerismo e della sua fase più matura, quale appunto quella del consumo responsabile ed etico, una sempre

crescente importanza sta acquisendo il Commercio equo e solidale174.

Come spiega R. Paltrinieri (2004), il commercio equo e solidale è un approccio alternativo al commercio convenzionale: esso promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone, per l’ambiente e attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l’educazione, l’informazione e l’azione politica. Tale Commercio si presenta, dunque, come una relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: produttori, lavoratori, Botteghe del mondo, importatori e consumatori175. Il primo nucleo del Commercio equo si costituisce a Kerkrade, in Olanda, nel 1959, su iniziativa di un piccolo gruppo di giovani cattolici che operano con l’intento di aiutare le popolazioni più povere. A Brekelen, sempre in Olanda, nel 1969, nasce il primo World Shop (Bottega del mondo), dove sono vendute mercanzie e prodotti provenienti da paesi di tutto il mondo. Negli anni successivi gruppi di altri paesi (Europa, Stati Uniti, Australia e Giappone) seguono l’esempio olandese, accolti con curiosità e simpatia. Oggi le Botteghe del mondo, che fungono oltre che da distributori, da promotori della cultura del consumo responsabile, in Europa sono più di 3.500, di cui circa 200 italiane. Secondo i dati forniti dalla EFTA176 i supermarket che vendono i prodotti del circuito equo e

solidale sono oggi ben 43.100 in tutto il mondo. Nella sola Italia sono

174 N. Roozen, F. van der Hoff, M. Havelaar, L’avventura del commercio equo e solidale, Feltrinelli, Milano, 2003.

175 Tra questi spicca l’esperienza dei Gas, gruppi di acquisto solidale. In Italia i gruppi censiti che hanno optato per fare scelte di consumo eticamente ed ecologicamente corrette sono circa 10.000, riguardando circa 2.000.000 di persone.

176 La European Fair Trade Association è un’associazione che nasce già nel 1990, con l’intento, tra gli altri, di allargare il pubblico del commercio equo, per non relegarlo unicamente ai consumatori militanti, così come era stato negli anni settanta e ottanta.

158 2.620 e nello specifico aderiscono: Coop, Esselunga, Carrefour, Naturasì, Sma, Pam. In 14 paesi europei sono nate organizzazioni con il compito di controllare e certificare l’eticità dei produttori e promuovere nuovi sbocchi commerciali.

Dopo l’11 settembre 2001, i dati di CTM, la più importante centrale d’importazione del Commercio equo per fatturato, parlano di un aumento delle vendite del 34%. Nel settembre del 2003 è stato presentato al Sana di Bologna il nuovo marchio che unifica i diversi marchi di garanzia europei del Commercio equo sotto lo stesso nome: Fair Trade. L’obiettivo è quello di un unico marchio di certificazione europeo, che si adatti meglio allo spirito dell’Unione europea e dia maggiore chiarezza al consumo177.

Per dovere d’informazione, occorre aggiungere che nel quadro del consumo etico rientra anche il Turismo responsabile, che si configura, spiega Zamagni (1994), come un viaggiare etico e consapevole, che va incontro ai paesi di destinazione, alla gente, alla natura con rispetto e disponibilità.

Anche la finanza etica è il frutto di questo orientamento culturale. Essa mira ad introdurre, come parametro di riferimento, il riflesso dell’investimento sull’economia cosiddetta reale, proponendosi comportamenti più sociali e sostenendo tutte le attività che si muovono in un’ottica di sviluppo umanamente ed ecologicamente sostenibile.

Le prime esperienze di finanza etica in Italia nascono negli anni settanta attraverso le cooperative MAG (Mutue per l’autogestione)178, e nel 1999 nasce Banca Popolare Etica, il cui slogan l’interesse più alto è

177 Ecco il marchio che certifica, in “Valori”, mensile Cooperativa Editoriale Etica, 8 maggio 2002, pag. 44;

L’equo solidale nel carrello, in “Valori”, 10 luglio-agosto 2002, pp. 39-42.

178 Le MAG sono cooperative finanziarie senza fini di lucro, il cui obiettivo era ed è quello di raccogliere risparmio per finanziare soci che propongono progetti con finalità sociali e/o ambientali.

159

quello di tutti, condensa bene gli orientamenti valoriali e i principi

deontologici che guidano le sue linee strategiche.

E’ evidente che, come accade per il consumo critico, così anche i risparmiatori, evitando di comprare titoli d’aziende che non presentano determinati criteri di eticità, finiscono per incidere significativamente sulla condotta delle imprese.