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L’etica come progetto autonormativo di vita

Il Modello 5P Controllo Qualità

3.2. L’etica come progetto autonormativo di vita

Già dai presupposti storici tracciati nel precedente paragrafo, si può capire come anche il tema dell’etica possa assumere, in questa precisa fase storico-sociale, alcune connotazioni tutt’altro che semplicistiche e unidirezionali, soprattutto se si parte, come nel caso di questo lavoro, da un presupposto sostanziale che enuclea il potere del consumo non più come sinonimo di mercificazione, di calcoli costi/benefici e dunque di interessi/profitti rivolti esclusivamente alle aziende a discapito dei consumatori, anzi per usare un termine molto più significativo, degli stessi individui-consumatori.

Di fatto, la novità che connota la realtà dei consumi oggi, proprio perché diviene un’area che propone la piena visibilità dell’attività del consumatore e, per questo, è in grado di creare senso e valori, è quella di costituire una dimensione sociale (o mondo vitale, come lo definisce il

sociologo Ardigò161) nella quale si co-costituiscono nuove e diverse

narrazioni, cioè quelle spinte all’azione che in passato erano relegate alle

grandi narrazioni (così le definì Lyotard, 1981): le grandi ideologie

politiche, la fede nella scienza, nel progresso e nella ragione.

151 Ed è su questo piano che il consumo, asserisce Egeria Di Nallo, esprime una nuova istanza etica (2004, 2005). Etica che, seguendo sempre la teoria della Di Nallo, è definita come “progetto autonormativo di vita”162 e, più in generale, come una maggiore richiesta di qualità della vita, che tende oggi ad allargarsi sino ad includere l’interesse per l’ambiente e per gli altri esseri umani.

E’ chiaro, dunque, che una delle emergenze postmoderne è legata alla nuova dimensione etica dei consumi che, come rileva Roberta Paltrinieri (2004), sembra configurarsi come l’evidente fenomenologia di una narrazione che è in grado di stimolare l’affermarsi di diversi stili e comportamenti di consumo ed, inoltre, modelli di sviluppo più sostenibili dal punto di vista umano e ambientale, come appare ormai necessario, fra l’altro, in una società globalizzata.

In questo senso se esiste, come si sottolineava all’inizio di questo paragrafo, una nuova e diversa centralità, qual è quella del consumo, ciò implica riconoscere il fatto che è questa, per l’appunto, la dimensione sociale su cui convergono interessi collettivi, che possono dar vita anche a nuove forme di solidarietà.

L’autrice in quest’ottica sostiene che si possa interpretare su questo versante l’emergere della “società civile mondiale” (ibidem, pag.152) che ha avuto e continua ad avere un ruolo decisivo nel diffondere la consapevolezza che è soprattutto come consumatori, titolari di diritti soggettivi, che i cittadini possono incidere sulle regole e le dinamiche di mercato, “anche e particolarmente perseguendo obiettivi ecumenici come il rispetto dell’ambiente, l’allargamento dei diritti e la globalizzazione di

162 Così come è argomentato nel volume di R. Paltrinieri, Consumi e Globalizzazione, Carocci, Roma, 2004, pag.151.

152 condizioni esistenziali che ruotano attorno al modernissimo concetto di qualità della vita, del lavoro, dell’aria”163.

Su queste istanze e richieste di natura etica è, infatti, nato e si sta progressivamente affermando quello che Noorena Hertz definisce “il mondo della Conquista silenziosa”164, che rappresenta un’opportunità per gli individui di esercitare il loro potere direttamente.

Come scrive l’autrice, si tratta della lenta ma progressiva, presa di coscienza del cosiddetto cittadino-consumatore (che ha un’altra prerogativa rispetto all’individuo-consumatore del quale si è parlato nelle pagine precedenti) che, è questa la novità, supera certamente il ruolo classico del cittadino-elettore, poiché vota e si esprime politicamente non più (e non solo) attraverso la scheda elettorale, ma attraverso le sue azioni di consumo e di risparmio. E questo non è un fenomeno marginale che riguarda solo una parte esigua e minoritaria della popolazione, ma una tendenza in atto che negli ultimi anni è andata via via consolidandosi, anche attraverso quelle azioni dei movimenti consumeristici (dei quali si parlava nel paragrafo precedente) e soprattutto dei singoli consumatori, con le loro pratiche di consumo, i quali si rivolgono direttamente alle imprese piuttosto che all’intermediazione dei governi.

Secondo la Hertz, due sono le motivazioni fondamentali che hanno portato a questa tendenza nei consumi. La prima è rappresentata dallo stato di benessere, raggiunto dalla classe media occidentale, che permette uno spostamento dell’attenzione verso temi come la qualità della vita e il pensiero degli altri, compresi gli stranieri lontani e le generazioni future: questioni di cui lo Stato non si preoccupa più. La seconda motivazione, invece, è rappresentata dalla decisione, operata

163 F. De Nardis, Cittadini globali. Origini e identità dei nuovi movimenti, Carocci, Roma, 2003, pag.13. 164 N.Hertz, La conquista silenziosa, Carocci, Roma, 2001, pag.120.

153 da gruppi di pressione e organizzazioni non governative, di abbandonare le campagne concentrate sul governo e di cooptare i mezzi di comunicazione per tentare di creare una coscienza pubblica e costringere così le grandi imprese a maggior responsabilità165.

E’ dunque proprio sulla scia dell’assestamento di quei valori che Inghlehart166 ha definito postmaterialistici che nasce un’attenzione ai valori ambientali ed etici, attenzione che ha trovato proprio nella tecnologia e nel valore dell’informazione una tra le sue modalità preferite di veicolazione espressiva. Non è un caso, infatti, che un sondaggio della Gallup, svolto in Inghilterra nel 1995, evidenziava come, già allora, tre consumatori su cinque non avrebbero esitato a boicottare negozi o prodotti perché preoccupati dagli standard etici.

Più recentemente, secondo una prima ricerca europea sul tema dell’etica, svolta alla fine del 2000 da CSR Europe, un’associazione che si occupa di promuovere a livello europeo la cultura della responsabilità sociale, la maggioranza dei cittadini (il 58% degli europei, in Italia il 64%) ritiene che il mondo economico non sia sufficientemente responsabile socialmente.

Molto interessante risulta, infine, quanto è emerso dall’indagine

Benessere personale e benessere collettivo: percezioni e strategie dei cittadini-consumatori, promossa dalla Rete Lilliput e realizzata dall’istituto

d’indagine Eurisko. Come si può intuire dal titolo, i risultati della ricerca167 evidenziano come il benessere, appunto, diventa oggi il valore centrale nella vita degli intervistati, i quali tendono ad attribuire alla qualità della

vita elementi di carattere pubblico-sociale, oltre che privati. La maggior

165 R. Paltrinieri, Consumi e Globalizzazione, Op. cit. pag.154. 166 R. Inglehart, La rivoluzione silenziosa, Rizzoli, Milano, 1983.

167 I risultati della ricerca sono stati pubblicati nel giugno 2002 sul sito dello stesso istituto d’indagine: www.eurisko.it.

154 parte degli intervistati sostiene che un aumentato benessere passa attraverso una maggior tranquillità, ritmi più lenti e un miglioramento dell’equilibrio tra le diverse dimensioni del vivere.

Ma l’indagine mette soprattutto in risalto che l’uomo del 2000 ricerca il proprio benessere attraverso una nuova relazione con i consumi. I prodotti e i servizi sono percepiti come ingredienti necessari per migliorare la qualità del vivere, piuttosto che come simboli di status. In questa direzione, dunque, il rapporto con i consumi diventa più maturo,

consapevole e critico. Calano l’investimento simbolico e l’ostentazione,

mentre cresce l’attenzione alla qualità reale dei prodotti, alla durata e all’affidabilità. Come conseguenza più o meno diretta di questa maggiore

coscienza critica, gli intervistati chiedono alle imprese di assumersi la

responsabilità relativamente ai fattori inquinanti durante i processi produttivi, evidenziando una particolare sensibilità per quel che riguarda le condizioni ambientali.

Sensibilità espressa anche verso la tematica delle disuguaglianze sociali: a parere degli intervistati, infatti, le imprese dovrebbero adottare trattamenti equi tra tutti i loro dipendenti e collaboratori, indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla religione e dall’orientamento politico. Da segnalare, inoltre, la condanna espressa nei confronti di chi testa i prodotti sugli animali e, soprattutto, verso quelle aziende che violano i diritti umani. Più della metà degli intervistati, infatti, ha parlato, nel corso dell’ultimo anno, di tematiche riguardanti il consumo

critico e i comportamenti illeciti delle aziende, e quasi un 30% si è rifiutato

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