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Il valore della fiducia e dell’etica nelle relazioni di mercato

Il Modello 5P Controllo Qualità

1.11. Il valore della fiducia e dell’etica nelle relazioni di mercato

Gli studi sulle relazioni tra le imprese dal 1990 in poi si sono concentrati su cosa è che tra imprese, aziende e consumatori, migliora il funzionamento delle relazioni stesse creando effettivo valore.

Nel contesto economico caratterizzato sempre più da relazioni incerte è la fiducia che diviene il lubrificante che facilita le relazioni.

Se il fabbisogno di fiducia è stato dimostrato dalle pagine precedenti un ulteriore conferma deriva dal crollo dell’indice di fiducia registrato in Italia negli ultimi cinque anni.

Crollo che certamente è alla base insieme ad altri fattori esogeni ed endogeni dell’attuale stagnazione dei consumi e delle contrazioni di alcuni mercati.

111 L’etica è comunque un fattore generativo della fiducia, ed è un facilitatore degli scambi sia nel momento iniziale, in condizioni di incertezza, quando non si può essere a conoscenza di tutti gli elementi fiduciari relativi allo scambio che si vuole effettuare, sia per il mantenimento dei legami nel medio e lungo periodo.

Proprio in quest’ultimo caso il protrarsi degli scambi orientano la relazione dall’esclusiva strumentalità con contenuti economici e competitivi di breve periodo, alla relazionalità e cooperazione tramite contenuti progettuali ed un elevato incremento del valore aggiunto tra tutti i partecipanti allo scambio.

Si crea in questo modo un vantaggio competitivo basato sulle relazioni relationship based147 da parte di quei soggetti che sono in grado

di dotarsi in tal modo di un patrimonio di risorse immateriali distintivo; ottenendo performance superiori rispetto a quei competitors che non sono riusciti a costruire le medesime risorse basate sulla competenza interna e su relazioni di fiducia esterne.

Dunque, al fianco del valore della fiducia, oggi nelle relazioni di mercato è fondamentale anche l’etica.

L’etica va intesa – in sintesi - come un complesso di consuetudini, norme e valori finalizzate al vivere bene e che possono essere ricondotte ad una dimensione oggettiva che si riferisce ad un contesto dove l’individuo agisce nel quale influiscono impostazioni religiose, convinzioni e condizionamenti sociali, tradizionali, ideologici e ad una dimensione soggettiva riguardante lo sviluppo della coscienza dell’individuo. I principi etici nascono perciò o dall’esterno, dall’ambiente sociale che circonda l’individuo o vengono originati dall’individuo stesso. La risoluzione di

112 problemi etici impone decisioni complesse per la pluralità dei soggetti coinvolti per i loro valori ed i loro interessi e soprattutto per la gerarchia che tali valori ed interessi determinano nelle variabili comportamentali di ogni individuo.

In quest’ottica l’etica è pertanto un fattore generativo della fiducia. L’etica può essere un elemento che facilita gli scambi sia nel momento iniziale, in condizioni di incertezza cioè quando non si può essere a conoscenza di tutti gli elementi fiduciari relativi allo scambio che si vuole effettuare, sia per il mantenimento dei legami nel medio e lungo periodo. L’etica che genera fiducia può diventare l’elemento base di un vantaggio competitivo basato sulle relazioni da parte di quei soggetti/aziende che sono in grado di dotarsi di un patrimonio di risorse immateriali distintivo.

Legata al discorso dell’etica e del vantaggio competitivo vi è poi la questione della Responsabilità Sociale dell’Impresa che deve cercare di armonizzare la crescita economica, il rafforzamento della coesione sociale e la miglior tutela possibile dell’ambiente.

In questa situazione dove assumono sempre più importanza la fiducia, l’etica e la responsabilità sociale delle imprese, S. Zamagni (1994) ha individuato un cambiamento importante con il passaggio dalla figura del consumatore-cliente a quella del consumatore - cittadino.

Il primo, non progetta e non cerca di interagire con i soggetti dell’offerta ma utilizza il suo potere di acquisto per fare una scelta razionale mirata a scegliere l’opzione migliore tra tutte quelle presenti sul mercato; mentre il secondo non si limita a consumare i prodotti e i servizi che preferisce ma pretende di concorrere a definire e a volte produrre congiuntamente con i vari soggetti dell’offerta ciò di cui ha bisogno.

113 I consumatori–cittadini quindi, si dimostrano nei fatti sensibili alla modalità e alle condizioni nei quali viene realizzato il prodotto in termini di impatto ambientale, impatto sociale, rispetto dei diritti umani. In definitiva, è quest’ultimo che richiede alle imprese un comportamento responsabile nella produzione e con esse in tal senso interagisce, “punendo” o premiando la loro attività tramite l’atto di consumo.

È dunque attraverso la lente dell’etica che andremo ad approfondire il nostro percorso volto a rintracciare proprio in questa dimensione il valore aggiunto attribuibile oggi al fenomeno della marca.

Ecco perché i successivi passi di questo studio saranno rivolti ad approfondire i concetti di marca e di eticità, al fine di rintracciare nel mondo di valori veicolati dalla marca i links responsabili della messa in contatto con l’universo poliedrico del consumatore (Semprini 1993).

Vedremo infatti nel prossimo capitolo che la produzione di valori nel discorso della marca è importantissima, perché diventa il ponte che la collega al consumatore, “il quale si avvicina alla marca proprio attraversando quel ponte” (Ferraresi, 2004, p. 32). Il valore insito nella marca diviene dunque “un costruttore di senso” (ibidem), ovvero un orizzonte all’interno del quale si producono molteplici combinazioni di immagini, comunicazioni, significati e, non ultime, precise scelte di identità.

Crediamo a questo punto che il percorso finora affrontato sia sufficiente ad aver gettato le basi del frame teorico più ampio all’interno del quale è possibile specificare la nostra disamina della fenomenologia della marca, cercando di comprenderne il sistema valoriale costruito al fine di coinvolgere i soggetti consumatori che lo attraversano.

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Parte Seconda

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Capitolo secondo

La marca: dai mondi possibili all’immaginario

2.1 Premessa

Dopo aver compiuto un excursus nel mondo del consumo, nelle teorie e nelle modalità di essere che lo contraddistinguono nel panorama contemporaneo, ci accingiamo ora ad approfondire l’altro elemento chiave del nostro percorso: la marca.

Sarà nostro compito, infatti, in questa seconda parte, esplicitarne gli aspetti fondamentali che la caratterizzano e che ne fanno a tutt’oggi un passaggio fondamentale al fine di comprendere quali evoluzioni valoriali essa veicola soprattutto in un mondo che risponde sempre più ad esigenze di eticità.

Per fare ciò, occorre però ripartire da alcune considerazioni strettamente legate alle logiche di consumo contemporanee, soprattutto per quanto riguarda quella tendenza che Codeluppi (2000) descrive, in termini molto suggestivi, come un processo di progressiva estensione della logica spettacolare e promozionale del consumo nata con la vetrina dei negozi, passata a spazi di vendita sempre più grandi, e divenuta ormai logica per l’intero sociale148.

148 V. Codeluppi, Lo spettacolo della merce. I luoghi di consumo dai passage a Disney World, Bompiani, Milano, 2000.

117 In rapporto a tale diffusione, ciò che è importante ai nostri fini sottolineare, è che nel contesto sociale odierno, dove tutto cambia sempre più velocemente, i criteri tradizionali di definizione sociale non solo funzionano con il contributo determinante di marche come Coca Cola, Virgin, Sony (per citarne alcune delle più prestigiose), ma in base ad esse, gli individui sono in grado di collocarsi socialmente.

Sono in grado, cioè, di attribuirsi una specifica identità sociale impiegando pezzi diversi provenienti dalle attività di comunicazione delle marche, spesso portandoli direttamente sul proprio corpo.

Ciò è possibile perché la marca ha un’identità stabile. Codeluppi afferma, infatti, che si tratta di una combinazione di nomi, slogan, logotipi, design dei prodotti, packaging, pubblicità e marketing che insieme attribuiscono a particolari prodotti e servizi una forma operante sul piano fisico e riconoscibile. Ma ciò non è tutto. Le marche hanno anche una dimensione cerebrale, che è quella reputazione di cui godono nelle menti dei consumatori (è il preludio, in un certo senso al concetto di goodwill di cui si è detto nel capitolo precedente). Le marche, dunque, devono suscitare fiducia e lealtà se vogliono essere acquistate. Devono fornire emozioni, in quanto, esattamente come le persone, sono dotate di una personalità e di un carattere, mentre il prodotto, da solo, non è più in grado di fornire tali emozioni, né, tantomeno, di stimolare il consumatore all’acquisto (ibidem).

In termini più generali, in questa parte del nostro percorso, s’intende porre l’accento sul fatto che le marche svolgono oggi un ruolo sociale particolarmente significativo che va molto al di là del campo economico (e dunque compatibilmente alle trasformazioni avvenute nelle logiche di consumo). Oltre a rappresentare dei “mondi possibili”, come

118 sostiene Semprini (1993), o dei “processi narrativi”, come dichiara Eco (1979), le marche oggi diventano degli attori-chiave dei principali processi di trasformazione sociale; attraverso un proprio “immaginario comunicativo”, come afferma Codeluppi (2001), la marca è in grado di influenzare il nostro modo di vivere, di penetrare in tutti i principali ambiti della vita quotidiana, anche in quei luoghi tradizionalmente estranei alla cultura del consumo, come le chiese, le scuole, gli ospedali, i mezzi di trasporto.

Ecco perché ci soffermiamo a descriverne gli aspetti che ne determinano la forma, quanto i contenuti: il suo statuto comunicativo è infatti fonte di primaria importanza in uno studio che voglia indagare nelle possibili evoluzioni di un marchio – quello Coop, oggetto specifico della nostra ricerca sul campo – la modalità di esprimere nuove tendenze del consumo contemporaneo.