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La customer satisfaction nella G.D.O.

20 persone 87 divulgano a 10 persone Circa 1050 contatti negativi occult

1.8. La customer satisfaction nella G.D.O.

Nella nuova fase storico-sociale in cui si è entrati e già descritta precedentemente, Fabris (2003) sottolinea la possibilità che si realizzino i presupposti per un vero cambiamento nei rapporti tra produzione e consumo.

Innanzi tutto, il sociologo pone l’accento sul fatto che l’impresa, per crescere, ha bisogno di un consumatore soddisfatto. La fidelizzazione del consumatore – mentre si assiste ad un significativo passaggio da un marketing “offensivo” ad uno “difensivo” - diviene, in questo senso, un fattore cruciale nelle strategie di impresa. La via maestra alla fidelizzazione la si ottiene solo garantendo al consumatore una piena soddisfazione delle sue esigenze. Per la prima volta quindi vi sono le condizioni per una piena convergenza di obiettivi tra produzione e consumo.

Secondariamente, Fabris (ibidem) fa notare che esistono attualmente metodologie informatiche per cui la comunicazione con il consumatore, sino ad ora sostanzialmente un soliloquio, diventa possibile da realizzare. L’interattività dell’on-line può finalmente consentire di avviare flussi di comunicazione bidirezionali: dall’impresa al consumatore

81 (marketing one to one) ma anche dal consumatore all’impresa. La prospettiva di una produzione sempre più coerente e tempestiva nell’adeguare l’offerta alle esigenze della domanda diventa una realtà.

La sfida lanciata alle imprese si traduce nel loro impegno a comprendere a fondo la differenza tra orientamento al marketing e quell’orientamento al consumatore che dovrebbe costituire, per l’appunto, il nuovo tratto espressivo dell’agire dell’impresa nella società postmoderna. In questa direzione, il ricorso crescente ad indagini di

customer satisfaction, rappresenta un trend di ricerca in atto che esprime,

senza dubbio, un nuovo orientamento dell’impresa.

La soddisfazione del consumatore da slogan e dichiarazione di principio, deve tradursi quindi in una realtà operativa da verificare quotidianamente a livello della prassi. Che l’obiettivo della produzione sia quello di soddisfare il consumatore, non è certo un fatto nuovo, sostiene Fabris; nuovo è, rincalza il sociologo, che sia possibile misurare la soddisfazione con la stessa precisione ed analiticità con cui si misura, in fabbrica, la rispondenza della qualità agli standard produttivi; nuovo è l’approccio metodologico che consente di mettere in rapporto gli interventi ed i costi, per incrementare la soddisfazione del consumatore, con la redditività; nuova è, soprattutto, la realtà sociale e dei mercati che rende non più facoltativo ma di fatto impone, conferendogli una straordinaria attualità e crucialità, l’orientamento alla customer

satisfaction.

Dunque l’attenzione alla customer satisfaction come vero e proprio obiettivo nasce dall’enfasi posta sui processi di miglioramento della qualità e sul potenziamento della fedeltà dei clienti. Gli effetti del raggiungimento di un grado elevato di soddisfazione della clientela sono

82 stati a lungo studiati, e i ricercatori hanno identificato relazioni con molti altri obiettivi aziendali che a loro volta consentono di perseguire quelli che sono gli scopi primari di ogni organizzazione economica: la sopravvivenza nel lungo periodo e il profitto. Il processo e il raggiungimento della soddisfazione innescano un ciclo virtuoso che è stato delineato e descritto in vari modi, da diversi autori, per molti versi simili.

Il punto critico del circolo virtuoso sopra descritto è che la soddisfazione e la fiducia che ne deriva non sono completamente osservabili dall’impresa in quanto processi cognitivi interiori e specifici di ciascun cliente e la loro misurazione è difficoltosa oltre che imprecisa.

Il collegamento tra soddisfazione, fiducia, fedeltà, cioè il punto di partenza del circolo virtuoso, deriva da una teoria che considera la

83 soddisfazione alla base delle risorse intangibili customer based, cioè le risorse di fiducia, basate sulla fedeltà alla marca, sull’immagine aziendale, sulle relazioni con la clientela (Valdani e Busacca 1992). Queste ultime scaturiscono proprio dalla capacità dell’impresa di accrescere, rispetto ai concorrenti, il livello di soddisfazione dei consumatori e quindi, incrementare il proprio valore offerto al mercato. Il potenziale generativo di queste risorse, vale a dire la loro capacità di accrescere il valore dell’impresa attraverso l’incremento del repertorio iniziale di conoscenza e fiducia, può essere articolato su tre livelli (Busacca 1994):

•Il potenziale di attenuazione dell’interdipendenza competitiva: le risorse di fiducia essendo difficilmente acquisibili ed imitabili si traducono in una barriera all’incremento degli ambiti di rivalità concorrenziale;

•Il potenziale di diffusività intersettoriale: tali risorse possono essere utilizzate in diversi contesti competitivi consentendo l’ottenimento di interrelazioni critiche tra diverse attività e il conseguimento, di conseguenza, di economie di velocità;

•Il potenziale di accelerazione dell’apprendimento

organizzativo: le risorse di fiducia aumentano il patrimonio di

conoscenza che mantiene l’organizzazione in equilibrio e consente la produzione continua di nuove informazioni.114

La fedeltà è la risorsa di fiducia più direttamente correlabile alla soddisfazione ed è quest’ultima che distingue la loalty dagli atri

114 Il sistema comunicativo di CCNE permette tramite il contact center di filo diretto di far giungere all’organizzazione oltre 13.000 comunicazioni all’anno tra richieste di informazioni, suggerimenti, reclami, complimenti.

84 comportamenti di ripetizione degli acquisti, intesa come fedeltà comportamentale.

La soddisfazione del cliente si traduce, infatti, come già evidenziato, in una reiterazione dell’acquisto ed in una progressiva fiducia nella capacità del prodotto di soddisfare le aspettative.

Nel lungo periodo questo processo, combinato con la valutazione dell’equità del valore dello scambio, porta alla fedeltà.115

La vischiosità delle scelte aziendali può però esser dovuta a:

•fattori ambientali nel caso di basso dinamismo concorrenziale o di vincoli imposti alla distribuzione;

•fattori inerziali si tratta dei motivi legati ai processi che regolano le percezioni e l’apprendimento degli individui.

Occorre pertanto porre molta attenzione nell’identificare lo stato di

retention della clientela con la soddisfazione della stessa, perché allo

stesso tempo, una bassa fedeltà può esistere anche di fronte ad un’ alta soddisfazione, se il cliente non viene difeso dagli attacchi della concorrenza.

115 Tra gli autori che hanno studiato questo processo in modo dinamico si ricordano: Oliver (1997 e 1999), Costabile (2000), Bolton e Lemon (1999).

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L’analisi della soddisfazione e quella degli switching cost116

consentono di delineare i diversi tipi di customer loyalty. Le politiche messe in atto per mantenere la fedeltà possono anche non essere correlate alla soddisfazione innalzando le barriere alla mobilità117, ma queste si rivelano spesso come armi a doppio taglio e, soprattutto come fonti di fedeltà instabile. E’ solo la fedeltà cognitiva118, cioè quella frutto di una scelta consapevole e fondata su motivi di preferenza, ad essere una vera fonte del vantaggio competitivo, e la soddisfazione è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per l’ottenimento della stessa.

La relazione che maggiormente è stata oggetto di discussione, nella letteratura, è quella tra soddisfazione, fedeltà e profitto: la cosiddetta catena del profitto. Oggetto di interesse,quindi, da parte di coloro che hanno studiato il funzionamento della catena del profitto nella distribuzione moderna119.

116 Costi di ogni genere che il cliente deve sostenere per cambiare il fornitore. 117 E’ il caso dei costi di chiusura dei conti correnti bancari.

118 La fedeltà alla marca è caratterizzata dall’adozione sistematica della medesima alternativa di offerta, derivante da un preciso atto di volontà , riconducibile ad una struttura di preferenze gerarchicamente ordinata a livello di singole marche” questa è una chiara definizione di fedeltà cognitiva. B. Busacca, L’analisi del consumatore, Egea, Milano, 1990.

119 Tra questi Storbacka, Standvik e Gronross (1994,) Iasevoli (1996), Heskett et al. (1994 e 1997), Silvestro e Cross (2000).