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La contraddittorietà delle disposizioni

IL PROCEDIMENTO IN SEDE RESCISSORIA

SEZIONE SECONDA: I CASI DI STRUTTURALE IMPOSSIBILITÀ DI SOPRAVVIVENZA DELLA CONVENZIONE ARBITRALE

12. La contraddittorietà delle disposizioni

Nel contesto dei motivi d’impugnazione del lodo in cui la competenza ad adottare la pronuncia di merito in fase rescissoria spetta al medesimo giudice che ha provveduto all’adozione della pronuncia rescindente è quello illustrato al n. 11 del primo comma dell’art. 829, vale a dire l’ipotesi in cui si registri la strutturale contraddittorietà delle disposizioni del lodo.

La novità della recente riforma non risiede nell’introduzione del vizio in questione, quanto nella sua collocazione: se prima esso era ricompreso nel “poliedrico” quarto motivo, ora trova automa collocazione nell’undicesimo motivo d’impugnazione per nullità.

Quanto al profilo contenutistico, si registra un certo consolidato indirizzo giurisprudenziale che ritiene che il vizio ricorra solo quando sussiste contraddizione tra le varie statuizioni del dispositivo, ma non con riferimento alla motivazione.

Allorché appaiano contraddittorie le disposizioni della motivazione del lodo e si renda, così, non ricostruibile la ratio decidendi degli arbitri, si deve considerare come addirittura omessa la motivazione ed impugnabile la pronuncia viziata ex n. 5 dell’art. 829 c.p.c. (per mancanza del requisito di cui al n. 5 dell’art. 823)432

.

Del resto, l’omissione della motivazione in senso stretto si traduce in un’ipotesi di scuola, per cui, al fine di riempire di contenuto il n. 5 dell’art. 829 occorre richiamarsi alla contraddittorietà delle disposizioni del lodo che inibiscano la ricostruzione della ratio

decidendi della scelta arbitrale.

L’undicesimo motivo d’impugnazione, in sostanza, deve rapportarsi al n. 6 dell’art. 823, il quale non parla di contraddittorietà della giustificazione del lodo, bensì di contraddittorietà

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Si veda Cass. 26 marzo 2004 n. 6069, in Rep. Foro it., 2004, voce Arbitrato, n. 215. Luiso, in Diritto processuale civile, IV, cit., afferma che “l’obbligo di motivare in sé non comprende anche l’obbligo di ben motivare: il lodo è impugnabile [ai sensi del n. 5 del primo comma dell’art. 829] solo se l’arbitro non palesa le ragioni della decisione, non anche se le ragioni palesate non sono convincenti”.

che non renda accessibile alle parti la portata della decisione arbitrale. Siamo ben lontani dalla previsione dell’art. 360 comma primo n. 5, che, con riguardo al ricorso per Cassazione, rende sindacabile la sentenza anche per contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo.

Quanto alla rilevazione del vizio, nel silenzio del primo comma, si deve ricorrere al secondo comma dell’art. 829 per concludere, tuttavia, nel senso della sua inoperatività nel caso de

quo.

Infatti, le parti non possono avere conoscenza del vizio in questione se non nel momento in cui è emanato il lodo e, di conseguenza, nessuna tempestiva rilevazione può essere loro imposta nel corso del processo arbitrale.

Ad escludere l’operatività della clausola in questione, del resto, è il carattere originario e non derivato del difetto del lodo contemplato dal motivo n. 11.

Passando ad esaminare la competenza in fase rescissoria, infine, il secondo comma dell’art. 829 contempla la fattispecie come ipotesi d’intervento della Corte nell’adozione della pronuncia sostitutiva.

Nessuna obiezione sul punto è ascrivibile al legislatore, il quale ha giustamente ritenuto che il giudice statale possa sostituirsi agli arbitri per il fatto che, comunque, un processo arbitrale si è svolto, sebbene sia sfociato in una pronuncia nulla perché recante un dispositivo contraddittorio.

Compito della Corte, pertanto, è quello di andare ad emendare il lodo sotto il profilo della sua contraddittorietà, senza, con ciò, urtare con l’originaria scelta delle parti di deferire la controversia ai giudici arbitrali.

13. L’infrapetizione.

L’ultimo degli errores in procedendo contempla il c.d. vizio d’infrapetizione, vale a dire l’ipotesi in cui il lodo “non ha pronunciato su alcune delle domande ed eccezioni proposte

dalle parti in conformità alla convenzione di arbitrato”.

Prima della riforma, come già accennato, il motivo era compreso nel n. 4, il quale, tuttavia, si limitava al solo riferimento all’omissione di pronuncia su alcuno degli oggetti del compromesso.

L’attuale formulazione del n. 12, peraltro, ha cura di precisare che ricorre tale ipotesi anche in presenza di omessa pronuncia su un’eccezione sollevata dalla parte nel corso del procedimento.

La prevalente dottrina antecedente la riforma433 riteneva, al contrario, che l’ipotesi in esame dovesse limitarsi alla mancata pronuncia su domande, senza includere l’omissione in merito alle eccezioni.

È l’ipotesi inversa alla pronuncia extra compromissum di cui alla seconda parte del motivo n. 4.

Analogamente a quanto già detto per i motivi nn. 4 (relativamente all’extrapetizione in senso stretto), 5 e 11, anche il vizio di cui al n. 12 è vizio originario del lodo in sé considerato, non derivato dal procedimento434: di conseguenza, risulta inapplicabile il meccanismo di tempestiva rilevazione endoprocesssuale illustrato dal secondo comma dell’art. 829 c.p.c. Soltanto a seguito dell’emanazione del lodo, le parti potranno avere conoscenza della ragione che giustifica il ricorso alla Corte d’appello per il relativo annullamento.

Quanto alla competenza in sede rescissoria, questo è un altro dei casi affidati, salvo disposizione contraria delle parti, alla Corte d’appello. Valgano le stesse considerazioni già formulate per tutti gli altri casi disciplinati in modo analogo dal comma secondo dell’art. 830: dal momento che un processo arbitrale si è svolto, non è necessario affidare ex novo il giudizio alla competenza arbitrale, essendo sufficiente un intervento in via sostitutiva ad opera della Corte d’appello. Il vizio illustrato dal dodicesimo motivo, in buona sostanza, non evidenzia un caso di carenza di potestas iudicandi comportante il ripristino di un giudizio di tipo arbitrale.

Ci sia consentito un’ultima considerazione di carattere pratico sul tema.

Non è difficile cogliere la ratio sottesa alla competenza in fase rescissoria della Corte d’appello in caso d’infrapetizione degli arbitri, in quanto la disposizione intende rispondere, soprattutto, all’omissione di pronuncia su domande accessorie o consequenziali (si pensi, ad esempio, ad una domanda relativa agli interessi). In tal caso, pertanto, si è ritenuto più

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Tra gli altri, Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato, II, cit., 215-216.

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Come già ampiamente messo in rilievo, il secondo comma dell’art. 829 entra in gioco soltanto per le nullità derivate del lodo, derivanti da un atto del procedimento o da un difetto che colpisce il processo arbitrale nella sua interezza.

rispondente ad esigenze di economia processuale evitare il ritorno agli arbitri e consentire un intervento diretto della Corte d’appello, benché a scapito del doppio grado di giurisdizione.

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