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Il metro di giudizio in sede rescissoria

IL PROCEDIMENTO IN SEDE RESCISSORIA

7. Il metro di giudizio in sede rescissoria

Uno degli aspetti su cui si può, più significativamente, appuntare l’attenzione dell’interprete è quello inerente al metro di giudizio impiegabile dall’organo investito della necessità di adottare, una volta intervenuto l’annullamento del lodo, la pronuncia sostitutiva.

Rispetto a tale questione, si tratta di capire se il giudice del rescissorio sia sempre vincolato al rispetto delle regole di diritto oppure se sia possibile appellarsi ad un giudizio d’ordine equitativo.

Il problema, com’è evidente, si pone esclusivamente nei casi in cui le parti abbiano pattuito, nella convenzione arbitrale, che i giudici privati impieghino il metro di giudizio dell’equità, dal momento che, in caso di assenza di ogni previsione in tal senso, s’impone il rispetto delle norme di diritto vigenti.

L’art. 822 c.p.c., infatti, stabilisce che gli arbitri decidono secondo diritto, “salvo che le parti

abbiano disposto con qualsiasi espressione che gli arbitri pronunciano secondo equità”.

La soluzione che sembra trovare maggiori consensi in dottrina322 e in giurisprudenza323 propende, comunque, per l’impiego delle norme di diritto: ciò benché le parti avessero originariamente autorizzato gli arbitri all’utilizzo del metro equitativo.

Vediamo di ricostruire l’iter argomentativo impiegato per sostenere detto prevalente orientamento.

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Cass., 3 giugno 1988, n. 3781, in Mass. Foro it., 1988, c. 555. Tra i documenti, peraltro, devono considerarsi anche i verbali delle udienze del processo arbitrale.

322

Carnacini, op. ult. cit., 922; Cecchella, Le impugnazioni del lodo, in L’arbitrato, a cura di Cecchella, cit., 288; Punzi, op. ult. cit., 254 e Redenti Vellani, op. ult. cit., 607.

323

Cass., 5 dicembre 1981, n. 6456, in Giust. civ., 1982, I, 1597, ove si afferma espressamente per la prima volta che, allorché il lodo arbitrale venga annullato per motivi diversi dalla nullità del compromesso o della clausola compromissoria, che prevede l'obbligo per gli arbitri di giudicare secondo equità, nel successivo iudicium rescissorium, salva che una specifica istanza in tal senso non venga riproposta dalle parti, il giudice ordinario deve pronunciare in ogni caso secondo le regole di diritto, giacché essendo fondato il giudizio di equità sull'intuitus personae, condiviso da tutte le parti in contesa, la sua persistenza deve intendersi sottoposta alla tacita condizione che i giudicanti siano sempre le medesime persone a suo tempo liberamente scelte. Non constano, peraltro, precedenti giurisprudenziali sull’argomento.

Cominciamo dall’ipotesi in cui le parti nulla abbiano pattuito nella convenzione d’arbitrato. In tal caso ai giudici privati non resta che applicare le norme di diritto, in quanto essi non sono stati abilitati all’impiego del metro equitativo324

. Nel caso in cui la pronuncia resa in sede arbitrale venga impugnata e caducata dalla Corte d’appello, in linea di principio anche la pronuncia sostitutiva, sia essa opera della medesima Corte, sia essa rimessa a nuovi arbitri, dovrà attenersi al rispetto delle regole di diritto.

L’unica situazione nella quale potrebbe divenire possibile il ricorso all’equità è quella illustrata dall’art. 114 c.p.c., vale a dire su richiesta di parte rinnovata in occasione della fase rescissoria325.

Ne consegue che il giudice del merito potrà esimersi dal rigido rispetto delle regulae iuris nel solo caso in cui, a norma dell’articolo suddetto, vi siano il requisito (soggettivo) della concorde richiesta delle parti in causa e quello (oggettivo) dell’inerenza della causa a situazioni rientranti nella disponibilità di queste.

Si è, però, detto che ciò non sia realizzabile in ogni situazione.

Certamente l’eventualità di derogare al metro di giudizio in tanto è possibile, in quanto la decisione sia di competenza degli arbitri: ciò in considerazione del fatto che la scelta del criterio di giudizio è pienamente compatibile con la rimessione della causa (anche in fase rescissoria) a giudici privati.

Da ciò si dovrebbe inferire che, se essa risultasse spettante alla Corte d’appello dovrebbe considerarsi vincolante il richiamo alle norme di diritto, giacché parrebbe non applicabile al caso in questione il disposto del citato art. 114. La norma, infatti, renderebbe possibile il rinvio all’equità anche da parte del giudice statale “sia in primo grado che in appello” e la facoltà non sembrerebbe attagliarsi al caso dell’adozione di una pronuncia sostitutiva in sede di giudizio rescissorio.

In realtà, si può obiettare a tale affermazione che l’art. 114 richiama, in generale, anche i giudizi di primo grado e che l’adozione di una pronuncia sostitutiva in sede rescissoria altro

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Si rilevi come la riforma del 2006 abbia modificato il tenore letterale dell’art. 822 c.p.c., sostituendo l’espressione “autorizzati” con “disposto”. Ne deriva che la previsione dell’equità non facoltizza gli arbitri a detto metro di giudizio, ma li vincola ad applicare regole non necessariamente coincidenti con quelle dettate dall’ordinamento vigente.

325

Nel senso che alla base della richiesta delle parti per la pronuncia secondo equità sta un accordo, non soltanto formale e processuale, ma sostanziale, Grosso, in Commentario al codice di procedura civile, diretto da Allorio, I, 2, Torino, 1973, 1291 (per il quale, ai fini dell’applicazione dell’art. 114, non può attribuirsi rilevanza all’accordo in tal

non è che la ripetizione di un nuovo primo grado di giudizio, reso necessario dall’annullamento della decisione partorita dal pregresso processo arbitrale.

Veniamo ora al caso in cui le parti abbiano originariamente rimesso agli arbitri la possibilità di impiego del parametro dell’equità.

Come già accennato più sopra, c’è un tendenzialmente prevalente orientamento favorevole all’impiego, in sede rescissoria, delle norme di diritto, in quanto il richiamo all’equità va ritenuto inscindibilmente congiunto con il ricorso al giudice arbitrale in origine pattuito326. Se il lodo viene annullato per motivi diversi dall’invalidità della convenzione arbitrale recante l’obbligo per gli arbitri di giudicare secondo equità, il giudice ordinario, nel successivo

iudicium rescissorium, deve pronunciare sempre ed in ogni caso secondo diritto.

Ciò in virtù del fatto che il giudizio equitativo presuppone necessariamente nel soggetto che lo formula un agevole riconoscimento ed apprezzamento dei contrapposti interessi facenti capo alle parti. La qual cosa può ravvisarsi, con ogni sicurezza, in capo agli arbitri, in quanto tale richiesta deve intendersi fondata sull’intuitus personae, cioè su “un rapporto di fiducia

personalissimo condiviso da tutte le parti in conflitto, sicché la sua persistenza debba intendersi sottoposta alla tacita condizione che i giudicanti siano sempre le medesime persone a suo tempo liberamente scelte”327.

Venuti meno gli originari arbitri investiti della lite, in sede rescissoria viene meno anche il parametro equitativo come metro di giudizio.

Ciò trova conferma anche nel già citato art. 114, ai sensi del quale anche il giudice ordinario può essere investito dalle parti del giudizio secondo equità, ma se tale richiesta non viene rinnovata in sede rescissoria, non è inesatto ritenere che si debba applicare il parametro delle

regulae iuris, perché nella nuova fase non può presumersi quel particolare rapporto fiduciario

che legava le parti e gli arbitri.

A detto risultato, peraltro, si può arrivare anche attraverso argomentazioni di puro tecnicismo processuale: rispetto alla controversia per la quale si è già svolto il giudizio rescindente, si è consumato ogni possibile effetto della convenzione arbitrale, la quale, trattandosi di clausola

senso intervenuto tra le parti prima di dare inizio al processo o, addirittura, prima che sia sorta la lite) e Satta, Commentario al codice di procedura civile, I, Milano, 1966, 449.

326

In questo senso, di recente, Zucconi Galli Fonseca, op. ult. cit., 815.

327

compromissoria, continuerà a produrre effetti soltanto per tutte le altre controversie future, non anche per la prima.

Il ragionamento appena svolto vale sia nel caso in cui la pronuncia sostitutiva di merito spetti al giudice statale, sia che si preservi la competenza arbitrale, dacché, in quest’ultimo caso, si tratterebbe pur sempre di nuovi giudici privati, diversi ad quelli originariamente investiti della composizione della controversia e, di conseguenza, non contraddistinti da quell’intuitus

personae di cui è si parlato poc’anzi.

Prima di concludere sul punto, però, occorre analizzare due situazioni che potrebbero verificarsi al momento dell’avvio della fase rescissoria di giudizio.

Una prima eventualità è quella in cui le parti, che avevano originariamente disposto che gli arbitri giudicassero secondo equità, rimettano volontariamente in sede rescissoria il giudizio ad un nuovo collegio arbitrale e nulla dispongano in ordine al metro di giudizio.

In dottrina328 si è affermato che, nel caso di scelta volontaria di deferimento della pronuncia di merito agli arbitri, debba ritenersi fermo il criterio inizialmente espresso dai contendenti, vale a dire l’equità.

La soluzione, in verità, appare poco convincente, proprio alla luce delle argomentazioni più sopra proposte. Se è vero che il richiamo all’equità deve ritenersi effettuato intuitu personae, non si vede come sia possibile ritenerlo automaticamente operante anche nel caso in cui il giudizio sia rimesso a nuovi giudici privati. Delle due l’una: o le parti rinnovano la richiesta di un giudizio equitativo e ne investono i nuovi giudicanti oppure si deve ritenere che, in assenza di espressa pattuizione, si renda necessario il richiamo alle norme di diritto vigenti. La seconda eventualità è quella che si ha nel caso in cui il giudizio rescissorio spetti ex lege ai giudici privati329.

Anche qui non ci pare persuasiva la soluzione del mantenimento del parametro equitativo, giustificata sulla base che le parti siano ipso iure rimesse a nuovi arbitri e che non possano essere private del metro di giudizio in origine pattuito.

Vale, infatti, ancora una volta il principio per cui il metro di giudizio è inscindibilmente legato all’opzione arbitrale originaria, per cui, salvo che non vi sia un’espressa statuizione

328

Zucconi Galli Fonseca, op. ult. cit., 815.

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delle parti compromittenti in tal senso, in fase rescissoria il collegio giudicante è tenuto al rispetto delle regulae iuris330.

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