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La nullità per errores in iudicando e la competenza in sede rescissoria

IL PROCEDIMENTO IN SEDE RESCISSORIA

SEZIONE SECONDA: I CASI DI STRUTTURALE IMPOSSIBILITÀ DI SOPRAVVIVENZA DELLA CONVENZIONE ARBITRALE

14. La nullità per errores in iudicando e la competenza in sede rescissoria

Il primo comma dell’art. 829 c.p.c. esaurisce la categoria dei cc.dd. errores in procedendo, mentre i commi terzo, quarto e quinto investono la diversa ipotesi dei cc.dd. errores in

iudicando, afferenti, cioè, la violazione delle disposizioni di legge. Per essi, peraltro, è

prevista la possibilità di svolgimento di un giudizio rescissorio di fronte alla medesima Corte d’appello che ha disposto la nullità della decisione privata, dacché qui si tratta solo di rivedere nel merito un decisione già affidata agli arbitri, i quali, a giudizio del giudice di secondo grado, hanno compiuto un errore nell’interpretazione e/o applicazione delle leggi sostanziali. Il legislatore ha ritenuto, quindi, rispondente ad esigenze di celerità e, al contempo, doverosamente rispettoso dell’originaria pattuizione arbitrale il fatto che il giudizio rescissorio sia affidato alla stessa Corte d’appello e, quindi, al giudice statale, nel caso in cui gli arbitri abbiano errato nell’elaborazione della pronuncia di merito in ordine all’applicazione del diritto sostanziale. Se le parti volevano (quanto meno) un grado di giudizio privato, la loro volontà è stata rispettata; altra cosa è, poi, il fatto che gli arbitri regolarmente investiti della composizione della lite abbiano mal pronunciato, dal momento che, in tal caso, è l’ordinamento statale che ha cura di intervenire con la predisposizione di un ulteriore grado di giudizio rimesso all’autorità pubblica.

Segue: a) le condizioni di ammissibilità e le caratteristiche del motivo d’impugnazione della violazione di legge.

Imponente è stato, nell’ipotesi ora in esame, l’intervento del legislatore della riforma del 2006.

Il pregresso secondo comma dell’art. 829 prevedeva che l’impugnazione per nullità per

errores in iudicando operasse, salvo che le parti lo avessero escluso, dichiarando il lodo non

Con il d.lgs. 40/2006 la disciplina degli errores in iudicando è stata affidata ai commi terzo, quarto e quinto dell’art. 829. La regola fondante è quella illustrata al terzo comma, ai sensi del quale l’impugnazione per violazione di norme di diritto (sostanziale) non è possibile, se non quando espressamente disposta dalle parti ovvero dalla legge435.

Con ciò si è inteso valorizzare il volere dei compromittenti e, al contempo, quanto previsto da norme speciali. La dichiarazione delle parti di impugnabilità del lodo per errores in

iudicando, peraltro, non necessita di formule specifiche e può risultare dal rinvio ad un

regolamento arbitrale (che preveda l’impugnazione per violazione di legge) o essere contenuto nella convenzione arbitrale o in atto separato. È anche possibile che sia stabilita l’impugnazione per violazione di legge solo per alcuni tipi di fonte normativa e non per altre o per norme che presentino determinate caratteristiche436.

Questa clausola generale, ispirata ad un’esigenza di maggior stabilità della pronuncia arbitrale, oltre ad essere derogabile per volontà delle parti o della legge, patisce altre eccezioni.

La prima è illustrata nello stesso terzo comma (nella seconda parte) ed è la contrarietà all’ordine pubblico437

.

Con ciò deve intendersi richiamato il solo ordine pubblico sostanziale e non anche quello processuale438, mentre più problematica è la questione se debba farsi riferimento all’ordine pubblico interno o a quello internazionale, notoriamente caratterizzato da un ambito operativo più circoscritto439. Sul punto può affermarsi che, nel solo caso in cui sia stata richiamata la legge italiana o il diverso parametro dell’equità, si può far riferimento all’eventuale violazione di tutte le regole dell’ordine pubblico interno, mentre, nel caso in cui le parti

435

Nel sistema previgente questa era la regola stabilita in caso di arbitrato internazionale all’art. 838, a norma del quale all’arbitrato internazionale non si applicavano le disposizioni dell’art. 829 secondo comma c.p.c. se le parti non avessero diversamente convenuto.

436

Menchini, op. ult. cit., 859, in particolare nota 34.

437

Come correttamente rilevato da Menchini, op. ult. cit., 861, il fatto che la contrarietà all’ordine pubblico sia prevista come ipotesi d’impugnazione per nullità del lodo, conferma che la pronuncia affetta da detto vizio non è inesistente, ma semplicemente annullabile. Con l’ulteriore conseguenza che il vizio deve essere speso tempestivamente ai sensi dell’art. 829 e non sollevabile da chiunque vi abbia interesse, in ogni tempo ed in ogni sede. Anzi, l’Autore sostiene che il vizio, una volta proposta l’impugnazione per altro motivo, possa essere rilevato officiosamente dalla Corte d’appello, dal momento che la regolamentazione che esso realizza, se fosse operante sul piano negoziale, darebbe vita ad una situazione di nullità rilevabile ex officio.

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Il comma terzo dell’art. 829 involge le sole norme di diritto sostanziale, mentre alla violazione delle norme processuali sono dedicati i primi due commi del medesimo articolo.

abbiano richiamato un ordinamento straniero, la violazione dell’ordine pubblico afferisce soltanto a quello internazionale440.

La seconda eccezione alla regola limitativa dell’impugnazione per violazione di norme di diritto è rappresentata dal n. 2 del quarto comma dell’art. 829, il quale dispone che essa sia sempre consentita, allorché “la violazione delle regole di diritto concerne la soluzione di

questione pregiudiziale su materia che non può essere oggetto di convenzione di arbitrato”.

Ai sensi dell’attuale art. 819, gli arbitri hanno il potere di conoscere incidenter tantum le questioni non compromettibili da cui dipende la decisione della causa, salvo che sia un caso in cui per legge debba intervenire una decisione con efficacia di giudicato. In tal modo si è voluto garantire il sindacato del giudice statale con riguardo al rispetto, da parte dell’arbitro, delle norme inderogabili che spesso investono la materia indisponibile441.

La terza ed ultima eccezione si basa sul combinato disposto del n. 1 del quarto comma ed il quinto comma dell’art. 829. Dette norme sanciscono che l’impugnazione per nullità per violazione di legge è sempre possibile se il lodo è reso in ordine alle controversie di cui all’art. 409 c.p.c., vale a dire con riguardo alle controversie lavoristiche. In tal caso, peraltro, il ricorso alla Corte d’appello è possibile anche se sussista violazione di contratti ed accordi collettivi di lavoro.

Quel che merita rilevare, comunque, è che il legislatore, in tal modo, ha inteso garantire l’osservanza da parte degli arbitri delle norme inderogabili dell’ordinamento: nei casi in cui è sempre ammessa l’impugnazione per errores in iudicando, infatti, vengono in rilievo norme connotate da imperatività. Sia le regole dell’ordine pubblico, sia quelle in materia lavoristica,

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Ballarino, Diritto internazionale privato, Padova 1999, 305, il quale afferma che l’ordine pubblico c.d. internazionale sembra ispirato ai soli principi di portata veramente fondamentale che caratterizzano l’ordine pubblico interno.

440

Sempre Menchini, op. ult. cit., 863-864, parla di una tendenziale vicinanza tra l’ordine pubblico interno e la categoria delle norme imperative: queste ultime, essendo di necessaria applicazione, non sono derogabili e, quindi, in buona parte sovrapponibili all’ordine pubblico. Ma non può ritenersi sufficiente l’astratta violazione delle norme inderogabili di legge per configurare il vizio, in quanto è necessario che nel concreto la disciplina del rapporto giuridico sia in contrasto con esse. Quanto alla dottrina precedente la riforma, si veda Bove, La impugnazione del lodo internazionale, in Riv. Arb. 2005, 256 e Luzzatto, L’impugnazione del lodo arbitrale “internazionale”, in Riv. Arb. 1997, 28 e ss.

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Dal tenore letterale della norma, peraltro, si evince che sia sindacabile la sola parte del lodo in cui si sia tradotto il potere di cognizione incidentale degli arbitri e non l’intero lodo (con riguardo, quindi, anche alla questione dipendente). Ma non si può non mettere in rilievo che l’accoglimento della doglianza sulla questione pregiudiziale non possa non ripercuotersi sulla questione dipendente, palesando l’ingiustizia della decisione complessivamente considerata.

sia quelle in cui è svolta la cognizione incidentale degli arbitri su materia non compromettibile, infatti, entrano in gioco norme tendenzialmente inderogabili.

Inoltre, ciò conferma che la ricorrenza di norme inderogabili non è limite di oggetto nel ricorso all’arbitrato, ma di contenuto del lodo, con la conseguenza che solo l’indisponibilità della situazione controversa è ostativa all’arbitrato, mentre la violazione di dette norme rende soltanto impugnabile il lodo reso in un processo privato legittimamente posto in essere. Si tratta non di un vizio automatico di oggetto, ma di un vizio eventuale di contenuto442.

È forse superfluo dire che non si pone nessun onere di tempestiva rilevazione endoprocessuale del vizio, dal momento che il lodo non è nullo per un motivo d’invalidità derivato dal processo, ma originario, come tale inferibile esclusivamente dalla lettura della decisione arbitrale.

Segue: b) la competenza in sede rescissoria.

Già prima della riforma dell’art. 830 c.p.c. non sussistevano in dottrina e in giurisprudenza voci che non ritennero necessario ed opportuno l’intervento della Corte d’appello in fase rescissoria, allorché il lodo fosse stato annullato per violazione di legge. Sempre che, ovviamente, non sussistesse diversa volontà delle parti.

Il d.lgs. 40/2006 ha conformemente previsto, riformando il secondo comma dell’art. 830, che nel caso d’impugnazione ai sensi dei commi terzo, quarto e quinto dell’art. 829, la pronuncia nel merito sia resa dalla Corte d’appello, sempre salva diversa volontà delle parti.

Ciò vale sia nel caso in cui il controllo della Corte sia stato pieno (per volontà della legge o delle parti), sia nel caso in cui sia stato limitato al rispetto delle norme inderogabili di legge, ai sensi del combinato disposto dei commi terzo, quarto e quinto dell’art. 829.

Anche in questo caso è agevole capire la ragione che ha ispirato il legislatore.

Quando le parti impugnano il lodo, si è già svolto un primo grado di giudizio (privato), in questo caso nel rispetto delle norme processuali per esso stabilite dal codice, dalle parti o dagli arbitri.

L’unico difetto è riscontrabile nel lodo, per il fatto che gli arbitri hanno risolto la controversia in maniera errata e violando le regole sostanziali dettate dall’ordinamento.

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Una volta annullata la pronuncia per il motivo in questione, pertanto, pare logico ed opportuno che la pronuncia sostitutiva sia direttamente resa dal giudice dell’impugnazione. Le parti, infatti, non subiscono il pregiudizio della perdita di un grado di giudizio, dal momento che una fase dello stesso si è regolarmente svolta di fronte agli arbitri.

Come poc’anzi accennato, infine, resta alle parti la possibilità di optare per una nuova pronuncia di merito rimessa ad un diverso collegio arbitrale o, comunque, di adire ex novo l’autorità giurisdizionale di primo grado che sarebbe stata ordinariamente competente in difetto del vincolo compromissorio.

SEZIONE QUINTA: LE VARIANTI DI DISCIPLINA DEL RAPPORTO TRA FASE RESCINDENTE E FASE RESCISSORIA DELL’IMPUGNAZIONE PER NULLITÀ.

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