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Segue: c) la remission del lodo

IL RAFFRONTO CON LE ESPERIENZE STRANIERE: VIZI E VIRTÚ DEL MODELLO ITALIANO

11. Segue: c) la remission del lodo

Veniamo, dunque, ad una soluzione che, elaborata dal modello anglosassone, meglio si adatta ai meccanismi propri del nostro ordinamento e, soprattutto, a quella dualità tra giudizio rescindente e rescissorio che può aversi nell’ipotesi d’impugnazione per nullità del lodo ai sensi dell’art. 830 c.p.c. allorché si renda necessaria l’adozione di una nuova pronuncia dopo la caducazione di quella arbitrale.

Il rimedio della c.d. remission si ha nell’ipotesi in cui la Corte sia adita ai sensi delle sections 68 e 69 dell’Arbitration Act192

, ma non ritenga necessario e/o opportuno un provvedimento interamente caducatorio del lodo: in tal caso il giudizio viene piuttosto rimesso al collegio arbitrale per una riconsiderazione della questione.

Si può forse dire che quella in questione sia un’opzione particolarmente gradita al mondo anglosassone, in quanto considerata come percorso privilegiato, da negarsi solo nel caso in cui risulti poco appropriato. Anteriormente all’Arbitration Act del 1996, al contrario, si riteneva che questa strada fosse praticabile solo per evitare l’annullamento del lodo, in quanto, comunque, avrebbe comportato un impiego di risorse ed energie sicuramente maggiore della c.d. variation, nonostante offrisse l’illusione di mantenere in vita il lodo193

.

Proprio perché si tratta di una “reconsideration”, il giudizio viene rimesso allo stesso collegio arbitrale che ha reso la precedente pronuncia e questo costituisce un sensibile profilo differenziale tra la remission e il giudizio rescissorio previsto dall’ordinamento italiano a seguito dell’impugnazione per nullità della pronuncia degli arbitri194

.

Chiaramente la rimessione al collegio arbitrale non è priva di limitazioni, in primis per il fatto che questo deve rivedere la questione alla luce delle indicazioni contenute nella decisione giudiziale. Ne consegue che il procedimento in questione altro non è che una correzione del lodo endoarbitrale sulla base delle indicazioni di massima fornite dall’autorità giurisdizionale: segno

192

Vale a dire in sede di challenge per far valere una seria irregolarità oppure in sede di appeal per una questione di diritto.

193

Rhidian Thomas, op. ult. cit., 215.

194

“The essence of the power is reconsideration and not a fresh consideration by a new arbitrator”. Come osserva Rhidian Thomas, op. ult. cit., 215, la specificazione è importante, dal momento che talvolta il diritto inglese contempla rimessioni ad arbitri diversi da quelli che hanno formulato il precedente provvedimento. La scelta di rimettere la decisione agli stessi arbitri nasce, come detto, dalla volontà di offrire del lodo una semplice “rivisitazione” e non una sua totale revisione.

evidente della tendenza dell’ordinamento inglese a favorire la collaborazione tra la giustizia statale e quella privata.

È evidente che la remission in tanto potrà operare in quanto, per arrivare alla risoluzione finale, si renda necessario il ricorso all’allegazione di ulteriori fatti, alla riassunzione di prove o ancora ad una nuova attività valutativa. Così, ad esempio, tale meccanismo è stato reso operante nel caso

The Energy Progress, in cui gli arbitri avevano omesso di prendere in considerazione una

clausola contrattuale. Quando la Corte, in sede d’impugnazione rilevò l’operatività della clausola, non fu possibile la pronuncia di condanna della parte vincitrice in arbitrato, poiché non era stata acquisita agli atti la perdita sofferta dalla controparte: per tale motivo, si ritenne che la soluzione più giustamente praticabile dovesse essere quella della remission agli arbitri al fine di svolgere le indagini opportune195.

Tra l’altro, occorre segnalare una questione oggi non così rilevante, ma un tempo di non secondaria importanza: quale efficacia ha l’ordine di remissione del giudice statale? È esso vincolante e passibile di costituire res iudicata oppure deve ritenersi non vincolante e, pertanto, inappellabile196?

La risposta ad oggi appare, per taluni197, piuttosto semplice, in quanto l’Arbitration Act del 1996 ha scelto di impiegare il solo termine di determination, precisando che la decisione della Corte deve essere considerata alla stregua di un vero e proprio giudizio, come tale appellabile e passibile di costituire res iudicata198.

195

Orient Overseas Management and Finance Ltd. v. File Shipping Co. Ltd. (The Energy Progress) [1993] 1 Lloyd’s Rep. 355. Ma si veda anche il caso The Niobe (Niobe Maritime Corporation v. Tradax Ocean Transportation S.A. [1993] 2 Lloyd’s Rep. 52) ove la Corte ritenne necessaria la remission agli arbitri per compiere i dovuti accertamenti di fatto in ordine al breach of contract, vale a dire alla violazione delle regole contrattuali.

196

A lungo ci si è interrogati sull’efficacia dell’order reso in sede di remission. In un primo momento si è pensato di distinguere i casi in cui (come nella procedura di special case stated) era da considerarsi vero e proprio order come tale vincolante e passibile di costituire res iudicata da quelli in cui aveva la valenza di mero parere reso in sede consultative case, coma tale inappellabile. L’Arbitration Act del 1934 confermava che solo la decisione resa in sede di special case stated potesse costituire res iudicata, pur ritenendo che anche la statuizione resa in sede di consultative case dovesse indicarsi come decision e non mera opinion. Nel 1979 si reintrodusse la parola opinion accanto a quella di decision o di determination e, quindi, si ripropose il problema dell’efficacia della pronuncia giudiziale. La differenza letterale doveva essere considerata espressione della volontà di distinguere tra efficacia vincolante e non vincolante della statuizione del giudice statale oppure doveva essere letta come una semplice svista del legislatore che ha usato tre termini diversi per alludere alla stessa tipologia di decisione? La soluzione venne data da una certa dottrina (Mystill-Boyd, op. ult. cit., 618 e ss.), la quale riteneva che anche l’opinion dovesse essere ritenuta vincolante, in quanto, comunque, passibile di appello.

197

Zuffi, L’arbitrato nel diritto inglese, Torino, 2008, 176.

198

Occorre per completezza segnalare che altri, invero, reputano che la determination non possa costituire mai res iudicata. Così Aeberli, op. ult. cit., 275.

Quanto al meccanismo che, in concreto, assiste la procedura di remissione agli arbitri, si deve mettere in evidenza come operi una sorta di sospensione del processo d’impugnazione di fronte ai giudici dello Stato in attesa che il collegio arbitrale espleti la funzione richiestagli di integrazione della pronuncia precedentemente resa.

Questo è un profilo che interessa non poco la presente indagine, giacché dimostra come quello in questione non sia un giudizio di tipo rescissorio, quale quello illustrato all’art. 830 del nostro codice di procedura civile, ma, piuttosto, una forma di giudizio incidentale che va ad inserirsi nel contesto dell’impugnazione del lodo arbitrale, senza che questi, peraltro, subisca qualsivoglia forma di soluzione di continuità.

Parte della giurisprudenza anglosassone, invero, sembra qualificare come rescissorio il nuovo intervento degli arbitri, ritenendo che alla base della remission vi sia un ordine giurisdizionale passibile di portare alla caducazione del lodo e di far rivivere la competenza arbitrale per l’adozione di una nuova pronuncia199

. Ma la stessa conclusione può trarsi da una sommaria lettura dell’Arbitration Act che, mediante l’espressione “fresh award” sembra alludere alla necessità che la remissione della seconda decisione agli arbitri generi un rapporto processuale del tutto nuovo e porti ad una pronuncia che vada a prendere il posto della precedente in totale autonomia da questa.

La cosa, però, si espone ad evidente critica, giacché, se così fosse, non vi sarebbe differenza alcuna tra la remission e l’annullamento del lodo seguito dal giudizio rescissorio: ne consegue che l’unico elemento distintivo tra la procedura in esame ed il meccanismo giudizio rescindente/giudizio rescissorio è proprio la remissione al collegio arbitrale senza che operi una netta cesura con il processo d’impugnazione della decisione privata.

Non solo, autorevole dottrina200 rileva che la continuità tra giudizio d’impugnazione e remissione agli arbitri è dimostrata dal fatto che oggetto di devoluzione ai giudici privati non è la decisione precedentemente resa, quanto, piuttosto, le direttive della corte statale. Non è un caso che gli arbitri investiti della remission abbiano il compito di rivedere il lodo soltanto in merito alle questioni oggetto di censura da parte dell’autorità giudiziaria, nel caso in cui non tutta la

199

“A remission involves a total setting aside, because the award remitted has no validity unless and until it is confirmed by the arbitrator at a later date and so becomes to that extent a new award in different terms” (sentenza Hiscox v. Outhwaite).

200

pronuncia debba essere oggetto di revisione, ma il giudizio impugnatorio l’abbia coinvolta solo parzialmente.

Vero è che il nuovo award copre l’intera materia del contendere, ma gli arbitri, reinvestiti della questione, non possono variare la decisione sui punti rimasti intoccati dal giudizio d’impugnazione, dovendosi, al contrario, limitare a ripetere quanto in precedenza già deciso201

. Il provvedimento reso in sede d’impugnazione ha la funzione di far salvo il pregresso rapporto processuale e quelle parti del lodo precedentemente rese e ritenute corrette. Di “fresh award”, allora, si potrà parlare proprio per il fatto che c’è, a differenza di quel che accade nell’ipotesi di

variation, un nuovo unico decisum da cui far scaturire la disciplina del rapporto controverso: tale

unico referente, pertanto,è costituito dalla nuova pronuncia arbitrale che in parte emenda ed in parte conferma la precedente statuizione202.

Se si dovesse opinare diversamente, si giungerebbe a non valorizzare debitamente il fatto che il provvedimento arbitrale successivo alla remission debba essere reso entro un termine ben preciso e, soprattutto, secondo le direttive formulate dal giudice statale investito dell’impugnazione. Con ciò si conferma il fatto che, con la sospensione del processo impugnatorio, il nuovo intervento degli arbitri si traduce in un addentellato incidentale sorto in seno al gravame ed inserito in un contesto processuale unitario e privo di soluzioni di continuità, al quale debbono rimanere estranee questioni non sottoposte originariamente al primo giudizio arbitrale203.

201

Non credo, però, che dall’affermazione secondo cui gli arbitri debbono formulare un nuovo lodo nel rispetto delle materie oggetto di remissione (“the tribunal shall make a fresh award in respect of the matters remitted”) possa trarsi la conclusione che la remissione possa avere ad oggetto solo parte del lodo. In tal senso si veda Merkin, Arbitration Law, London, 2001, 18-20.

202

L’intera controversia, in buona sostanza, trova la sua soluzione nella nuova decisione arbitrale, resa in sede di remission ed in ottemperanza agli issues della corte statale.

203

Sul punto si richiamano due riferimenti giurisprudenziali. Il primo è il caso Interbulk Ltd. v. Aiden Shipping Co. Ltd., The Vimeira [1986] 2 Lloyd’s Rep. 75, in cui gli arbitri avevano rilevato che il danneggiamento di una nave era stato provocato da un insufficiente spazio di manovra nella banchina del porto, con conseguente parziale responsabilità degli amministratori dello stesso. La corte statale censurò il lodo in quanto gli arbitri avevano preso in considerazione aspetti non devolutigli ed operò la remission, autorizzando i proprietari della nave alla presentazione di nuovi mezzi di difesa. In sede di giudizio di remissione venne allegato l’ulteriore fatto della mancanza presso la banchina del porto di adeguati sistemi di protezione per la navigazione notturna. In ordine alla nuova allegazione, il giudice statale, adito per presunta inottemperanza del collegio arbitrale all’order precedentemente reso, ebbe a dire che gli arbitri non avevano in merito giurisdizione (“the arbitrators had no jurisdiction to consider want of safety in the remission proceedings”). Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il secondo riferimento della giurisprudenza inglese che è dato dalla sentenza Glencore International AG v. Beogradska Plovidha, The Avala [1996] 2 Lloyd’s Rep. 311, relativa alla mancata esecuzione di un contratto di noleggio di una nave. Il collegio arbitrale aveva qui condannato il noleggiatore a risarcire del lucrum cessans l’armatore, basandosi, però, su di un inesistente accordo tra le parti e tralasciando molte delle richieste ritualmente formulate nel corso del giudizio. La corte statale dispose allora la remission, ma il collegio arbitrale, reinvestito del compito di colmare le pregresse pretermissioni, si trovò dinnanzi l’allegazione, da parte del noleggiatore, di un ulteriore fatto che, se acquisito agli atti, avrebbe ulteriormente ridotto il danno da perdita subita dell’armatore. Per tale motivo, il collegio arbitrale in sede di remissione formulò

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