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Il giudizio rescissorio alla luce della riforma del 2006

IL PROCEDIMENTO IN SEDE RESCISSORIA

SEZIONE PRIMA: PROFILI GENERALI DEL RAPPORTO TRA FASE RESCINDENTE E FASE RESCISSORIA PRIMA E DOPO LA RIFORMA DEL 2006

2. Il giudizio rescissorio alla luce della riforma del 2006

La riforma operata dal d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 ha inciso profondamente sull’art. 830 c.p.c. Essa, infatti, ha rivisitato solo formalmente il primo comma, ma ha completamente riscritto il secondo comma, ha inserito un nuovo terzo comma ed il vecchio terzo comma, con debite correzioni, è diventato il quarto ed ultimo.

Occorre, preliminarmente, richiamarsi a quanto disposto dalla legge delega (l. 80/2005), la quale, nel piano di generale riforma del processo arbitrale, conteneva la direttiva al governo di prevedere, in maniera specifica, le ipotesi di competenza rescissoria da parte del giudice investito dell’impugnazione per nullità del lodo.

Di conseguenza, è stato significativo l’intervento operato in sede di revisione della disposizione in esame.

Procedendo per ordine, il secondo comma appare attualmente diviso in due parti: la prima parte è dedicata al lodo interno e la seconda al lodo internazionale.

La prima parte dispone che “se il lodo è annullato per i motivi di cui all’articolo 829, commi

primo, numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11) e 12), terzo, quarto o quinto, la Corte d’appello decide la controversia nel merito, salvo che le parti non abbiano stabilito diversamente nella convenzione d’arbitrato o con accordo successivo”.

Il legislatore, pertanto, ha inteso lasciare libere le parti di disporre diversamente, ma ha, al contempo, optato per un regime misto, che prevede sia la possibilità che il merito sia affidato

360 Luiso, Diritto processuale civile, IV, cit., 374 e, in giurisprudenza, Cass. 16 febbraio 1993 n. 1235, Cass. 14 marzo 1978 n. 1276 e Cass. 30 giugno 1969 n. 2378.

361

Fazzalari, L’arbitrato, cit., 110 (ancorché, probabilmente, il pensiero dell’autore sia riferito ai casi di mera pronuncia rescindente senza possibilità di successivo giudizio rescissorio) e Vecchione, op. ult. cit., 159.

al giudice dell’impugnazione per nullità, sia che si conservi l’efficacia della convenzione arbitrale362.

La nuova disposizione riflette, in buona parte, i risultati cui era, antecedentemente, pervenuta la dottrina.

Alla luce dell’elaborazione pregressa363, infatti, la pronuncia sostitutiva della Corte d’appello non avrebbe potuto aversi nel caso in cui fosse stato accertato un difetto di potestas iudicandi degli arbitri364, il giudizio arbitrale non fosse sfociato erroneamente in una pronuncia di merito365 o ancora nel caso in cui vi fosse stato un vizio di portata tale da determinare la mancanza di effettiva cognizione della controversia366. In quest’ultimo caso, peraltro, si facevano rientrare le ipotesi d’incapacità degli arbitri o di loro nomina irrituale367.

Si sosteneva che, in tutte queste situazioni, alle parti fosse necessario avviare un nuovo processo di fronte ai giudici dello Stato oppure avvalersi, ove possibile, del pregresso patto compromissorio.

Ugualmente deve concludersi alla luce del combinato disposto del comma secondo prima parte e del comma terzo dell’art. 830.

Ai sensi di quest’ultima disposizione, infatti, “quando la Corte d’appello non decide nel

merito, alla controversia si applica la convenzione d’arbitrato, salvo che la nullità dipenda dalla sua invalidità ed inefficacia”: con ciò il legislatore della riforma ha inteso affermare

362

In questo senso, Menchini, Impugnazioni del lodo “rituale”, cit., 866.

363

Califano, op. ult. cit., 320 e ss.; Fazzalari, in Fazzalari-Briguglio-Marengo, La nuova disciplina dell’arbitrato dopo la riforma, cit., 216-217; Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato, cit., 244 e ss. e Ruffini, Commento all’art. 830, in Codice di procedura civile commentato, a cura di Consolo e Luiso, cit., 3554 e ss.

364

Cosa che si sarebbe potuta riscontrare nel caso di inesistenza dell’accordo compromissorio (Cass. 7 febbraio 2006, n. 2598; Id., 6 dicembre 2004, n. 22794; Id., 21 marzo 2001, n. 4035; Id., 11 febbraio 1998, n. 1413; Id., 6 gennaio 1983, n. 66; Id., 22 luglio 1976, n. 2896; Id., 25 luglio 1961, n,. 1806; App. Bologna, 28 luglio 1954, in Foro. It., 1955, I, 1932), inosservanza del termine previsto nella clausola compromissoria per l’instaurazione del giudizio arbitrale (Cass., 3 settembre 1998, n. 8739, in Foro It., 1998, I, 2761), lodo pronunciato su materia non compromettibile (Cass., 7 febbraio 2006, n. 2598; Id., sez. un., 14 novembre 2003, n. 17205; Id., sez. un., 10 dicembre 2001, n. 15608, in Foro It., 2002, I, 1738 e in Giur. It., 2002, 1715); Id., sez. un., 19 maggio 1986, n. 3333; Id., 27 ottobre 1977, n. 4618; Id., 16 ottobre 1975, n. 3354; Id., 3 ottobre 1968, n. 3070, in Giur. It., 1969, I, 1, 874 e Cass., 16 luglio 1953, n. 2329, in Foro It., 1954, I, 19, con nota adesiva di Andrioli) o ancora nel caso di patto compromissorio nullo (Cass., 29 aprile 2004, n. 8206, in Foro amm. Cons. Stato, 2004, 1305; Id., 27 luglio 1990, n. 7597; Id., 23 gennaio 1990, n. 354, in Riv. Arb, 1991, 79, ma, contra, Cass., 7 febbraio 20006, n. 2598).

365

Essenzialmente nell’ipotesi di erronea declaratoria di competenza da parte degli arbitri: si veda Cass., 18 dicembre 1973, n. 3433, in Giust. Civ., 1974, I, 1110.

366

A questi casi si aggiungevano quelli della pronuncia del lodo oltre il termine stabilito (Cass., 24 febbraio 2006, n. 4207; Id., 28 gennaio 1970, n. 177; Id., 28 luglio 1964, n. 2114 e Id., 11 ottobre 1960, n. 2640, in Giust. Civ., 1960, I, 1725 e su cui vedi infra) e della pronuncia oltre i limiti del patto compromissorio (extra compromissum).

367

Di questo avviso sono Cass., 7 febbraio 2001, nn. 1723 e 1729; Id., 6 maggio 1953, in Riv. dir. proc., 1954, II, 180 con nota di Secchione, mentre, contra, si veda Cass., 9 aprile 2002, n. 5062, in Foro It., 2002, I, 2207.

che, ove non previsto il potere in sede rescissoria della Corte d’appello e ove sia possibile, riprenda vigore la convenzione arbitrale e possa mantenersi la competenza degli arbitri anche nell’adozione della pronuncia sostitutiva.

Quella appena enunciata è una valutazione di carattere assolutamente generale, su cui dovremo soffermarci più a lungo nel prosieguo di questo lavoro.

Per rimanere sempre sul piano delle enunciazioni generali, tuttavia, occorre richiamare anche la seconda parte del secondo comma dell’art. 830, dedicata all’arbitrato internazionale. È noto che il codice di rito non prevede più uno specifico capo dedicato all’arbitrato internazionale368, in virtù della precisa scelta normativa di far refluire questo istituto in quello, più diffusamente disciplinato, dell’arbitrato domestico.

Dovendo oggi ricercare le disposizioni regolatrici dell’arbitrato internazionale, pertanto, dobbiamo rifarci alla disciplina dell’arbitrato interno e cogliere in essa, se del caso, apposite regole dettate specificamente per l’arbitrato internazionale.

Una di queste è espressa in materia d’impugnazione per nullità del lodo all’art. 830 secondo comma seconda parte, ove si legge che “se una delle parti, alla data della sottoscrizione della

convenzione di arbitrato, risiede o ha la propria sede effettiva all’estero, la Corte d’appello decide la controversia nel merito solo se le parti hanno così stabilito nella convenzione di arbitrato o ne fanno concorde richiesta”.

A parte la restrizione dell’ambito operativo dell’arbitrato internazionale369

, la soluzione non sembra discostarsi da quanto già previsto nel previgente art. 838 c.p.c., il quale prevedeva l’inapplicabilità della regola della competenza in sede rescissoria alla Corte d’appello (di cui al vecchio secondo comma dell’art. 830), salvo che le parti non avessero diversamente convenuto.

La ratio di questa scelta è facilmente intuibile: si vuole evitare che un lodo reso in un contesto transnazionale sia sostituito dalla pronuncia di un giudice statale e s’intende lasciare, per quanto possibile, alla competenza degli arbitri l’adozione della pronuncia sostitutiva. Resta

368

La riforma del 2006, infatti, ha abrogato gli artt. 832-838 c.p.c. (già dedicati all’arbitrato internazionale), ha dedicato l’attuale capo VI del titolo VIII del libro IV (segnatamente l’art. 832) all’arbitrato per regolamenti precostituiti ed ha lasciato inalterata la disciplina dell’arbitrato estero di cui agli artt. 839 e 840 c.p.c.

369

In maniera forse non del tutto condivisibile, l’istituto, a differenza di quanto previsto dal previgente art. 832 c.p.c., non si applica più con riguardo a quei rapporti nei quali una parte rilevante della prestazione avrebbe dovuto eseguirsi all’estero.

inteso, peraltro, che è nella piena libertà delle parti di optare concordemente per la soluzione opposta.

In linea generale, quindi, riprende vigore la convenzione arbitrale ed il relativo giudizio sarà deferito agli arbitri, ancorché non si tratti degli stessi che hanno emanato il lodo annullato in fase rescindente. Anche in questo caso, beninteso, la competenza arbitrale sopravvive solo se sia possibile: invero, nel caso in cui il lodo sia stato annullato per inesistenza della convenzione arbitrale o per incompromettibilità della lite, si potrà ricorrere agli arbitri solo dopo la rinnovazione di un valido vincolo compromissorio.

Quello che si è voluto delineare è soltanto un quadro estremamente generico di una materia ancora poco esplorata dalla riflessione dottrinaria e giurisprudenziale. Ciò valga come necessaria introduzione ad una disamina più approfondita del rapporto intercorrente tra giudizio rescindente e rescissorio nell’impugnazione per nullità, qual è quella che ci occuperà d’ora innanzi.

Prima di scendere in medias res, ci sia consentito ancora fare un’annotazione preliminare di metodo.

La consapevolezza della povertà del dato normativo (carattere, in verità, riscontrabile in tutta la disciplina codicistica dell’arbitrato) impone all’interprete un imponente onere di ricostruzione dogmatica e pratica dell’articolazione bifasica dell’impugnazione per nullità. Di conseguenza, si pone la necessità di andare ad integrare le scarne disposizioni con una riflessione che, quanto più possibilmente, sia esaustiva in ordine alle possibili problematiche e ai riflessi che l’esperienza concreta possa evidenziare.

Per tale motivo, si ritiene di dover procedere con un’analitica disamina delle varie ragioni per cui è possibile chiedere l’annullamento del lodo, valutarne le caratteristiche e le condizioni di rilevabilità e, alfine, rapportarle alla scansione bifasica del giudizio d’impugnazione per nullità.

Procedendo secondo questo criterio sarà, altresì, possibile cogliere alcune delle possibili implicazioni problematiche che gli interpreti e gli operatori pratici possono trovarsi ad affrontare.

S’intende, quindi, affrontare il profilo del collegamento tra le fasi suddette, con particolare riguardo al profilo della competenza, fermo restando che le questioni più strettamente procedurali del giudizio rescissorio sono già state oggetto di pregressa trattazione370.

La riflessione che si andrà a svolgere in questo capitolo conclusivo si ispira al criterio di articolazione di una generale tripartizione dei possibili esiti cui si può pervenire allorché ci si appunti sul tema del rapporto tra giudizio rescindente e rescissorio dell’impugnazione per nullità del lodo.

Vi sono, innanzitutto, situazioni in cui non si dà neppure ragione di svolgere un giudizio di carattere rescissorio, dal momento che con l’intervento caducatorio della Corte d’appello si esaurisce ogni tipo di valutazione di carattere impugnatorio. Se, infatti, l’art. 830 c.p.c. non assegna alla Corte il potere di adottare la decisione sostitutiva e se, in tal senso, non si manifesta la volontà delle parti, occorre considerare il criterio residuale della perdurante vigenza della convenzione arbitrale. Si danno, tuttavia, situazioni in cui l’accordo arbitrale non preserva la sua efficacia, con la conseguenza che, in tal caso, alle parti non resta che rivolgersi al giudice ordinario di prime cure oppure, se così vogliono, vincolarsi con una nuova convenzione d’arbitrato, distinta da quella precedente, che ha perso ogni effetto.

Vi sono, poi, specifici casi, normativamente previsti, in cui è lo stesso giudice che ha annullato la pronuncia arbitrale ad adottare la nuova decisione in sede rescissoria, sempre salvo che non sia diversamente disposto dalle parti compromittenti.

Si hanno, infine, casi in cui l’annullamento del lodo non determina il venir meno della convenzione arbitrale, con la conseguenza che ricadrà su (diversi) giudici privati l’incombenza di adottare la nuova pronuncia.

La puntuale disamina dei singoli motivi d’impugnazione del lodo diviene, allora, lo strumento più efficace ed opportuno per procedere all’analisi del rapporto tra fase rescindente e fase rescissoria dell’impugnazione per nullità alla luce della tripartizione dei possibili esiti di essa come più sopra individuata.

SEZIONE SECONDA: I CASI DI STRUTTURALE IMPOSSIBILITÀ DI

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