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e il disegno di legge sulle borse.

I. — Dal verbale della seduta del 17 dicembre 1912 alla Camera dei deputati (1) nella quale fu, più che discusso, appovato quasi di volo il noto progetto di legge sulle Borse di commercio, che da parecchi anni era avanti al Parlamento (2), appare come il testo definitivo del progetto stesso, colle modificazoni e varianti da ultimo arrecate, in seguito ai voti degli enti com-merciali e degli interessati, per la parte in cui furono accolti e concordati tra il Governo e la speciale Commissione, sia solo stato presentato nel mattino dello stesso 17 agli onorevoli Deputati (3).

(1) V. Atti parlamentari, tornata del 17 dicombre 1912, p. 22431 e seg. (2) Il disegno di legge, di cui si tratta sull'Ordinamento delle Borse di

Com-mercio e della mediazione e tana sui contratti di Borsa, è stato presentato, nella

sua veste attuale (salve le modificazioni apportate in seguito), già nella seduta 5 giugno 1909 alla Camera dei Deputati, e tosto seguito da una elaborata Re-lazione, in data 3 luglio 1909, dell'on. E . G I O V A N E L L I , allora (ed anche ora) relatore della speciale Commissione incaricata dell'esame del progetto di legge: in detta relazione (p. 12 nota) sono enumorati i successivi otto progetti di legge presentati dal 1876 (epoca della legge attuale) al 1909, per una nuova regola-mentazione in materia. É qui subito da notarsi che tra il progetto del 6 giugno 1909 e quello testò approvato dalla Camera dei Deputati, le differenze sono ben poche, seppur taluna sia rilevante, come si espone nel testo.

(3) Vedi, al proposito, le giuste parole di censura pronunziate dall'on. Cesare Nava nel suo discorso pronunziato il detto 17 dicembre 1912 : Atti parlamentari cit., p. 22452. V 4, ,*•' I e J "" \ i i

Insorsero alcuni deputati, quali l'on. Canepa, l'on. Cesare Nava, l'on. Car-cassi ed altri contro tale pressione dell'ultimo momento, facendo rilevare i difetti anche formali della definitiva compilazione del progetto, e chiesero la sospensione di sua discussione ed approvazione; ma il Governo, oggi abituato a far trangugiare alla Camera dei deputati mansuetissima e moritura qualunque pillola, ottenne detta approvazione immediata ed in una sola seduta (1).

Eppure le modificazioni e varianti apportate successivamente ed anche da ultimo dal Governo, d'accordo colla Commissione, al disegno di legge, cos'i com'era stato presentato alla Camera il 5 giugno 1909 (e confortato della relazione favorevole 3 luglio stesso anno dell'on. Giovanelli) (2), non sono tutte di lieve momento; alcune di esse avranno effetti d'indubbia rilevanza. II. — Io non intendo di prendere qui in esame l'intero progetto; cbè altri, assai più competente di me in materia, potrà farlo.

Mi limiterò ad accennare ad una della più importanti modificazioni arre-cate al disegno di legge del 5 giugno J909, e più precisamente al suo art. 47: modificazione sulla quale assai brevemente e in verità con non grande esat-tezza e conoscenza di causa, si discorse alla Camera (3), mentre la cosa — come si ripete — era rilevantissima.

Al qual proposito, mentre si potrà discutere ed anche non approvare il disegno di legge in varie altre sue parti, — ed in ogni caso è censurabile il sistema anormale per cui quasi se ne volle l'approvazione senza esame —, non si può a meno, almeno a parer nostro, di recar lode al Governo ed alla Com-missione per l'accoglimento di detta modificazione e variante, sebbene forse non se ne sia neppure esattamente compresa la portata.

III. — Prima di accennare all'art. 47, come è stato modificato, bisogna fare in merito un po' di storia.

( 1 ) Vedi, in detti Atti parlamentari, i diaconi degli onorevoli T E D E S C O , mi-niatro del Tesoro, e G I O V A N E L L I , relatore della Commissione, invocanti l'imme-diata approvazione del progetto.

( 2 ) Vedi il Progetto e la Relazione G I O V A N E L L I in Atti parlamentari, 1 9 0 9 . Detta Relazione merita esame per le spiegazioni in essa fornite e le considerazioni •volte relativamente ai punti sostanziali di detto Progetto, nel quale già non zi trattava più (com'è pur per quello testò approvato dalla Camera) dei soli

con-tratti di Borea e relativa disciplina giuridico-fiscale (com'era invece per le leggi

del 1 8 7 4 e 1 8 7 6 ) , ma della complessa regolamentaiione delle Borse di Com-mercio, dei loro operatori e relative operazioni.

( 8 ) Infatti lo stesso on. G I O V A N E L L I non fu chiarissimo in materia (vedi ino discorso in Atti cit. p. 2 2 4 5 5 ) ; mentre gli altri oratori, o tacquero, o, come l'on. CAVAGNAHI, si limitarono a criticare la sanaionata efficacia dei cosidetti

giuochi di borea. Vi fu persino un'oratore (l'on. F I A I I B B R T I ) , che non s'accorse dell'avvenuta modificazione, e ritenne ancor necessari i foglietti bollati per la validità dei contratti a termine (Atti parlamentari, p. 2 2 4 6 0 ) .

Le leggi del 14 giugno 1874 e del 13 settembre 1876 sulle tasse di bollo

sui contratti di borsa (quest'ultima attualmente in vigore), essendo state

emanate per scopi essenzialmente finanziari, han cercato di attrarre nella loro orbita il maggior numero di operazioni e contratti conclusi in borsa, su cui hanno imposto una cosidetta tassa (meglio imposta) da esigersi col mezzo di foglietti bollati, sui quali stendere detti contratti.

Orbene — mentre per taluni di questi contratti di borsa, e cioè per quelli detti differenziali (aventi unicamente per oggetto il lucro delle differenze sui prezzi dei titoli, senza la materiale trasmissione dei titoli stessi), dottrina e giurisprudenza sempre furono prevalentemente d'accordo nel ritenerli quali giuochi o scommesse, ai quali la legge civile non accorderebbe il diritto di azione (art. 1802 Cod. civ.) (1) — tanto la legge del 1874 quanto quella del 1876, tenuto conto del largo uso e della grande frequenza in borsa di detti contratti, e della speranza di lucrarvi sù un buon introito fiscale, stabilirono di concedere ai medesimi il diritto d'azione e la conseguente giuridica efficacia.

Dice infatti l'art. 4 della vigente legge del 1876 che « ai contratti a ter-x mine, di che nell'art. 1 della presente legge (e cioè i cosidetti contratti di x borsa), stipulati nelle forme da essa stabilite, è concessa l'azione in

x giudizio, anche quando abbiano per oggetto il pagamento delle sole

diffe-x renze (2) ».

(1) Vedi al proposito, T E D E S C H I , Dei contratti di Borsa detti differentiali, ecc.,

Torino, 1897, n. 6 e seg. ; e L E V I , Questioni nei contratti a termine e differenziali, Torino, 1911, ove i riferita l'ultima dottrina. Contrario al considerare i con-tratti di Borsa quali concon-tratti di giuoco o scommessa è il V I D A B I (Diritto

Com-merciale, IV, ediz. Ili, n. 290 e seg. e v. 2916 e seg.), pel quale, anche secondo

la legge vigente, i foglietti bollati non possono essere richiesti ab substantiam negli stessi contratti differenziali.

(2) L'art. 4 della preeedente legge 14 giugno 1874 era ancor più rigido in materia: x I contratti a termine comtemplati dalla presente legge non

produr-li ranno alcun effetto legale, quando non siano stati fatti nella forma stabiprodur-lita

x dall'art. 3 (foglietti o libretti bollati). Ai contratti a termine, di cbe nell'ar-x ticolo 1 della presente legge, stipulati nelle forme della medesima stabilite, u è concessa l'azione in giudizio, anche qnando abbiano per oggetto il solo paga-x mento delle differenze ». Per detta norma, cioè, pareva non trattarsi di con-tratti di giuoco o scommessa (art. 1802 e seg., Cod. eiv.), per cui, difettando le formalità fiscali, non fosse ammessibile l'azione, ma bensì la eoluti retentio (arti-colo 1804, Cod. eiv.) e gli altri limitati effetti proprii delle obbligazioni naturali

(eom'È invece per la legge del 1 8 7 6 ; v. L E V I , op. cit, n. 2 0 ; T E D E S C H I , op. cit.

n. 60 e seg.); si era comminata invece la nullità aeeoluta colle parole « non

pro-durranno alcun effetto legale ». E ciò, notili, tanto nel caso di contratti a termine veri e proprii, quanto nel caso di contratti differenziali, senza la possibilità di

far la distinzione ammessa poi dalla legge del 1876; Questi, fra gli altri, furono

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Senonchè — come ricavasi da detto disposto — una tale azione ed effi-cacia giuridica la si è subordinata appunto al fatto che i contratti stessi siano stesi sui foglietti bollati ed abbian perciò assolto agli oneri fiscali: in difetto, la loro inefficacia permane.

Il che, dal punto di vista giuridico-fiscale, significa che, secondo la vigente legge sui contratti di borsa, l'effettività o meno del pagamento di una tassa di bollo rende rispettivamente perfetto od imperfetto un contratto, che secondo le leggi civili sarebbe sempre imperfetto ed inefficace, perchè destituito di azione.

Tutto ciò, se appariva scusabile per le esigenze fiscali a cui questa legge doveva prestare precipuamente ossequio (scopo però che andò completamente fallito) (1), e tenuto pur conto del tempo relativamente remoto in cui tale legge fiscale preso vigore (in epoca cioè in cui il diritto finanziario vero e proprio era appena ai suoi albori) (2), non erà però corretto e giusto dal punto di vista giuridico-finanziario, perchè è intuitivo — almeno in via di regola — che il pagamento o il non pagamento di uu onere fiscale non potrebbe avere un'assoluta efficacia giuridica di diritto sostanziale (3).

motivi che portarono ad una pronta modificazione della legge nel senso indi-cato dall'art. 4 della legge del 1876, cosi come fu successivamente interpretato dalla dominante dottrina o giurisprudenza. Si tratta quindi, per la vigente legge del 1876 e nel caso di contratti differenziali, di contratti di giuoco o scommetta, che non sono affatto radicalmente nulli (tant'è che la legge stessa civile li pone tra i contratti aleatori! ; articolo 1102 Cod. civ), e neppur recisamente contrarii all'ordine pubblico e al buon costumo (trattandosi di specie di obbligazioni

natu-rali che talora diveugou civili), ma suscettivi di gravi limitazioni (quali quelle

di privarli dell'azione in giudizio, per il freno in cui vuol tenerli la legge civile), che li rende non nulli, ma imperfetti ed inefficaci (unwirksam dei tedeschi, limi-tamente però M'actioinjudicio), secondo le espressioni usate nel testo, salvochò sian conclusi colle formalità fiscali stabilite dalla legge speciale.

(1) Vedi Relazione G I O V A N E L L I 3 luglio 1909, cit. p. 12 e seg. La forse prin-cipal causa dell'insuccesso finanziario va ritrovata nell'attuale eccessività delia

tassa, che ora, nel disegno di legge testò votato dalla Camera, fu infatti assai

diminuita: invero, per un abbastanza intuitivo principio economico-finanziario, non ò infrequente il caso di gettito decrescente dei tributi in proporzione diretta coll'aumentato onere fiscale.

(2) Del resto, noppur ora come disciplina autonoma e distinta dalla scienza

delle finanze, il diritto finanziario ancor non ba fatto rilevanti progressi : cfr.

T O E S C A D I C A S T B L L A Z Z O , Diritto finanziario e diritto privato finanziario di

pros-sima pubblicazione; L O R I N I , Scienza .delle Finanze, p. 6 e seg. Vedi pure T A N G O B R A ,

Il diritto finanziario, in Digesto Italiano, dispensa 433.

(3) Solo per le cambiali la legge noBtra, in via strettamente eccezionale, esige il bollo sufficiente ad substantiam, e ciò per ragioni storico-fiscali. Ma il negozio giuridico contenuto nella cambiale, se, in difetto di osservanza dql bollo, non produce i proprii e conseguenti effetti cambiari, non ò però nulla,

Quindi è che mentre (agli effetti di sminuire quasi il significato e la por-tata del precetto giuridico-fiscale di cui all'art. 4 della legge 1876) già nel campo giurisprudenziale si è da tempo preso a distinguere fra contratti a termine veri e reali (quali, ad esempio, i contratti di riporto) e quelli aventi esclusivamente, e ab initio, per oggetto le differenze dei prezzi di borsa

(contratti differenziali), asserendo che solo pei secondi l'osservanza dei

pre-cetti ed oneri fiscali torna indispensabile per la perfezione del contratto (1); mentre, sempre nel campo giurisprudenziale, si è per assai tempo cercato di non negar efficacia, per difetto delle formalità fiscali, ai particolari rapporti contrattuali tra committente e commissionario in relazione ai contratti

diffe-renziali (2), si è pur andata maturando la speranza che in un'auspicata riforma della legge si sarebbe ovviato a siffatti gravi inconvenienti.

E poiché è pacificamente ritenuto essere assai difficile distinguere ab initio, ed anche in seguito, i contratti veri e propri dai semplici contratti

differen-ziali (quasi mai avvenendo cbe le parti contrattino subito ed espressamente

soltanto sulle differenze) (3) si è confidato che una nuova legge avrebbe senz'altro eliminata una tale distinzione.

Invero detta nuova legge, non potendo certamente vietare o restringere le speculazioni ed operazioni di borsa che rappresentano oggidì una così svilup-pata forma di commercio, avrebbe dovuto (correttamente per noi) sanzionare l'efficacia di tutti i contratti di borsa così in contanti, come a termine, se anche risolventisi (questi ultimi) — tanto in sede di convenzione quanto di esecuzione — nel solo pagamento delle differenze dei prezzi: astrazion fatta dall'adempimento degli oneri e delle formalità fiscali, nel qual ultimo caso si sarebbe potuto diversamente punire i violatori delle norme fiscali (4).

e vale sempre nei rapporti dei contraenti, come un'ordinaria obbligazione civile

O commerciale. Cfr. V I V A N T E , Trattato di diritto commerciale, ultima ediz., I L I ,

n. 1 0 4 3 ; e, relativamente agli ultimi responsi giurisprudenziali. N O S T I N I , Le eambiali in bianco e la tassa di bollo, in Diritto Finanziario, 1912, p. 505.

(1) Vedi, in questo senso, Cassaz. Torino, 14 febbraio 1887, Giurisprudenza

Torinese, 1887, 213, con ampia nota illustrativa ; Appello Milano, 7 luglio 1908,

id. 1 9 0 8 , 1 3 9 2 ; Cassaz. Torino, 2 6 aprile e 2 6 agosto 1 9 0 8 , id., 1 9 0 8 , 5 4 5 e 1 4 8 1 ;

Cassaz. Roma, 7 gennaio 1909, Foro Italiano, 1909, 233 ; Cassaz. Torino, 22 aprile 1911 ; Giurisprudenza Torinese., 1911, 873; Cassazione Torino, 26 ottobre 1911, id., 1 9 1 1 , p. 1 4 8 4 ; Cassazione Torino, 8 agosto 1 9 1 2 , id. 1 9 1 2 , p. 1 3 1 2 ; cfr. L E V I ,

-op. cit., p. 3 e seg.

- ( 2 ) Vedi, per la storia della giurisprudenza in proposito, L E V I , op. cit. n. 1 0 ,

e seg.; e cfr. la pregevole sentenza del Tribunale di Torino, 11 marzo 1909, in

Giurispr. Torin., 1909, 624.

( 8 ) Vedi L E V I , op. cit., n. 8 e seg.

(4) Ciò si può ottenere (come ancor si accennerò nel teBto) anzitutto col

aospendere (non col negare come oggidì avviene) l'asione in giudizio ai detti

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-Infatti, poiché per un lato già la legge attuale del 1876, senza contraddire acchè i contratti veramente differenziali possano ritenersi contratti di giuoco o di scommessa, aveva stabilito di tuttavia renderli perfetti ed efficaci, sia pur condizionatamente all'assolvimento degli oneri fiscali, negando loro con-seguentemente il carattere di vero contrasto all'ordine pubblico ed al buon costume, e per altro lato detti contratti sono — e da tempo — talmente consoni agli usi commerciali che la legge ha creduto appunto di sanzionarne, sia pur limitatamente, l'efficacia, più non appariva oggi conforme ai più cor-retti principii di diritto finanziario (come già si è visto) persistere nel limi-tarne l'efficacia al solo caso in cui si fossero assolte le norme fiscali, quasiché la perfezione giuridica o meno di un contratto potesse dipendere dal pagamento di una tassa di bollo.

È infatti precetto di diritto finanziario, che va facendosi strada presso i più moderni cultori di un tale diritto (ed è per noi canone fondamentale del cosidetto diritto privato finanziario) cbe la normale fiscale, pure essendo di diritto pubblico, allorché viene a contatto coi rapporti e negozi di diritto privato, deve lasciare inalterata, nei limiti del possibile, la figura e natura di diritto sostanziale di questi ultimi, e quindi nè attribuire nè togliere loro validità ed efficacia per semplici ragioni fiscali (1).

Nella specie, la ragion giuridica dell'attribuita efficacia legale ai contratti differenziali era il fatto dell'usualità di tali contratti, quella finanziaria, la speranza di proventi fiscali. la prima di esse permane nel caso cho i contratti stessi non abbiano assolto alle formalità fiscali, al quale fatto si può ovviare con mezzi più legittimi; primo fra tutto quello di solo sospendere la proce-dibilità in giudizio delle vertenze relative a detti contratti, finché non si sia ottemperato a detta formalità di bollo e pagate le ammende per la violazione fiscale (2).

contratti, finché non siano assolte le formalità fiscali o le relative penalità, ed in secondo luogo coll'apporre appunto gravi penalità d'indole finanziaria ed anche perionale (cfr. in proposito gli articoli 51 e 53 e seg. del progetto di legge testé approvato dalla Camera, nel quale sono accolti siffatti concetti).

( 1 ) Cfr. M Y R B A C H - R H E I N F B L D , Preda de droit finander, Paris, 1 9 1 0 (trad. dal tedesco), p. 1 8 e seg.; C A L A N D R A , Il Diritto d'usufrutto, ecc. Novara, 1 9 1 0 , p. 6

e seg. Questo concetto sarà da me ampiamente illustrato nel mio (già citato)

Diritto finanziario e diritto privato finanziario, di prossima pubblicazione.

(2) Ciò ò quanto prescrive la nostra legge di registro (20 maggio 1897) ai suoi articoli 100 e 103, e quella di bollo (4 luglio 1897) ai suoi articoli 45 e 46, e quanto ha ora stabilito il nuovo disegno di legge nelle Borse al suo art. 51, come ancor si dirà. La differenza da ciò ch'ò stabilito dalla vigente legge del 1876 è grande, perchè per questa la mancanza dei foglietti bollati non può esser sanata col successivo pagamento della tassa di bollo e relativa ammenda (cfr. analogamente per le cambiali, penultimo capoverso art. 45 della legge sul bollo).

IV. — Nonostante tali concetti e relativi propositi, il fatto che da taluni uomini di Stato, certo non molto al corrente delle più corrette norme di diritto finanziario, si è andata persin maturando l'idea — per fortuna non attecchita — di comminare l'assoluta nullità degli atti non registrati, ed il vano timore che norme meno restrittive al proposito avrebbero ancor dimi-nuito il giù minimo provento fiscale, ebbero la loro influenza nella compila-zione dei nuovi progetti di legge per i contratti di borsa, cosicché il giù cennato progetto di legge, presentato alla Camera dei deputati iu forma defi-nitiva il 5 giugno 1909 (ultimo della serie, prima di quello testé votato), e riflettente l'ordinamento delle borse di commercio, la mediazione e la tassa

sui contratti di borsa (e nel quale venivano appunto ex novo regolati questi

ultimi), al suo art. 47 manteneva le distinzioni sovra lamentate, esprimendosi così: « Le operazioni a termine sopra titoli di credito e valori sono reputate « atti di commercio. Le operazioni a termine, quando sia stato convenuto

u di risolverle col pagamento della sola differenza dei prezzi, tanto se « concluse coll'intervento dei mediatori iscritti, quanto se concluse diretta-li mente fra le parti, hanno efficacia giuridica se stipulate nelle forme • prescritte dalla presente legge. Quando non siano state stipulate nelle u dette forme, rimane ferma la disposizione dell'art. 1802 Codice civile, u ancorché si fossero, dopo la già seguita stipulazione, pagate le tasse e le u ammende. Il committente potrà sempre opporre al commissionario la u nullità comminata dal presente articolo ».

Meglio dalla giù citata relazione dell'on. Giovanelli, annessa al detto pro-getto di legge, che dalla materiale dizione della norma "(1), si evince che l'inefficacia giuridica doveva restare pur qui consacrata nel solo caso di veri

contratti differenziali (pei quali la convenzione sulla differenza fosse origi-naria: « quando sia stato convenuto di risolverle, ecc. »), e ciò tanto nei

rapporti dei contraenti tra loro, quanto in quelli tra committente e commis-sionario: « resterà così troncata » — dice detta relazione GIOVANELLI — « la « controversia che sotto l'impero della legge 13 settembre 1876 mantiene

u divisa la giurisprudenza: se cioè la nullità assoluta (erronea espressione, u perchè nella legge del 1876 non si tratta di nullità assoluta) dei contratti

« di borsa non risultanti dai foglietti bollati sia limitata ai soli contratti

(1) Da questo disposto però si evince, come il legislatore abbia sempre per-sistito nel considerare i contratti differenziali come contratti di giuoco o

scom-metta, si da richiamare qui l'art. 1802 Cod. civ. ; inoltre, come già si disse, cosi

per questa norma come per la vigente legge del 1876, non sarebbe possibile, nel caso di contratti differenziali, tardivamente assolvere le formalità e pena-lità fiscali, come ha invece stabilito il disegno di legge testò approvato, annul-lando (com'or vedremo) questa parte dell'art. 47, e mantenendo vigore all'art. 48,

diventato art. 51.

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» differenziali o di giuoco, ovvero si estenda a tutti indistintamente i contratti u a termine, quand'anche abbiano per oggetto una compera effettiva di titoli. « Per questi ultimi infatti il non uso dei foglietti bollati porterà bensì le pe-u nalità dalla legge stabilite, ma non avrà per effetto che i contratti sian u nulli » (1).

Ad ogni modo, astraendo dal già ripetuto fatto dall'essere assai difficile dire in pratica se un dato contratto (di borsa) a termine sia vero e proprio o differenziale; astraendo ancora dal fatto che anche i contratti veri e reali possono risolversi (in sede di esecuzione) nel pagamento delle differenze (art. 75 Cod. comm.), e che in detto art. 47 chiaramente non si diceva in qual momento contrattuale la convenzione sul pagamento delle sole differenze dovesse aver luogo, risultava tuttavia patente che la distinzione conservata nella legge, conformemente alla dominante (ma pur sempre oscillante) giurisprudenza, avrebbe mantenute vive le questioni in proposito, mentre tutto ciò sarebbesi dovuto evitare nella nuova regolamentazione delle borse e delle operazioni relative.

V. — Ciò ch'era evidente dal punto di vista giuridico-finanziario, non appariva meno utile e conveniente dal punto di vista del commercio in borsa, per evitare appunto incertezze contrattuali, contrasti di liquidazioni e conse-guenti questioni giudiziarie: si fecero pertanto voti e si espressero dei desi-derata in proposito.

Ancor di recente l'importante convegno delle Associazioni commerciali e Industriali d'Italia, nella riunione tenuta in Brescia il 15 dicembre 1912, approvando la relazione dell'on. marchese GIORGIO NICOLINI, presidente della Camera di commercio di Firenze, aveva espresso il voto, che « la nuova legge « affermi in modo assoluto e preciso il riconoscimento di tutti gli affari