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Contratti per i quali la causa è stata definita estranea a quella tipica del contratto di assicurazione.

LE POLIZZE LINKED AL VAGLIO DELLA GIURISPRUDENZA

5.2 Contratti per i quali la causa è stata definita estranea a quella tipica del contratto di assicurazione.

Alcune Corti hanno hanno ritenuto le polizze linked come contratti con causa estranea a quella tipica del contratto di assicurazione sulla vita e di natura prettamente finanziaria. In due sentenze il Tribunale di Parma127 ha negato di aver ravvisato la funzione previdenziale nelle polizze linked sottoposte al suo giudizio.

In particolare, la sentenza del 10/08/2010 è particolarmente importante perché è la prima nella quale si nega l’applicabilità del divieto previsto dall’art. 1923 c.c. ad un contratto di assicurazione del terzo ramo.

126 C. F. Giampaolino, Le assicurazioni, l’impresa, i contratti, in Trattato di Diritto Commerciale, fondato

da V. Buonocore, diretto da Renzo Costi, Sez. III, Giappichelli, Torino, 2013, p.393.

127 C. Palmentola, Trib. Parma, 10708/2010 – Commento, in Nuova giur. civ. comm., I, 2011, p. 189 e ss, L. Bugiolacchi, I prodotti “finanziari assicurativi”: considerazioni in tema di qualificazione giuridica e

disciplina applicabile, in Resp. Civ. e prev. 2011, 4, p. 876 e ss., Trib. Parma, 4/11/2011, in www.dirittobancario.it.

73 Il collegio parmense128, era giunto alla conclusione che la polizza index linked in esame, anche se caratterizzata da componenti finanziarie e assicurative, in realtà costituiva un investimento finanziario il cui fine principale non era quello di soddisfare bisogni di tipo previdenziali legati all’età post lavorativa o derivanti dall’evento morte del soggetto.

Data l’assenza della funzione previdenziale della polizza in questione, i giudici ne facevano derivare l’inapplicabilità dell’art. 1923 c.c. e di conseguenza la pignorabilità della polizza, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2008129.

I giudici emiliani hanno esaminato alcuni indici a partire dai quali hanno ritenuto di non poter ravvisare la finalizzazione previdenziale del contratto stipulato; tali indici erano il versamento in modalità unica del premio, che ad avviso del Tribunale sarebbe tipico degli investimenti finanziari e non delle polizze previdenziali che solitamente richiedono un versamento periodico, il fatto che la polizza avesse una durata fissa in termini di anni, anche questa caratteristica reputata anomala rispetto ai contratti con fini previdenziali, tendenzialmente stipulati per tutta la durata della vita, il fatto che la redditività del prodotto fosse legata a rendimenti finanziari, con conseguente mancanza della stessa redditività qualora i rendimenti degli indici di riferimento fossero stati negativi e la circostanza per la quale la polizza prevedeva la restituzione del capitale iniziale ma al netto dei costi di gestione e dell’eventuale inflazione, quindi non garantiva, a detta del Tribunale, ciò che deve essere il requisito minimo per la conservazione della funzione previdenziale, ovvero la conservazione integrale del capitale.

128 Tribunale di Parma, 10/08/2010, in www.ilcaso.it, L. Bugiolacchi, I prodotti “finanziari assicurativi”:

considerazioni in tema di qualificazione giuridica e disciplina applicabile, in Resp. Civ. e prev. 2011, 4, p. 877-878.

129 Corte di Cassazione, sentenza n. 8271 del 31/03/2008,in www.percorsi.giuffre.it: tale sentenza ha risolto il contrasto giurisprudenziale riguardante l’art. 1923 c.c., statuendo l’insequestrabilità e l’impignorabilità delle polizze vita per la loro funzione previdenziale.

La Suprema Corte doveva decidere se il curatore fallimentare fosse legittimato o meno ad agire nei confronti dell’assicuratore per il riscatto di una polizza vita stipulata da un soggetto andato incontro al fallimento; c’è da puntualizzare che la sentenza non specificava se il contratto in questione fosse una polizza linked. La decisione che si fondava sulla disciplina ex art. 1923 c.c., ha però sancito che il curatore fallimentare non fosse legittimato al riscatto: la polizza era impignorabile.

74 Sempre appartenente al filone giurisprudenziale che considera la causa dei contratti linked come estranea rispetto a quella tipica del contratto di assicurazione è la sentenza del tribunale di Trani dell’undici marzo 2008130.

La polizza sottoposta al vaglio del Tribunale pugliese era unit linked che difettava dell’assunzione del rischio demografico da parte dell’impresa di assicurazione, rischio ritenuto dalla corte elemento essenziale e causa del contratti di assicurazione sulla vita; la unit linked concedeva al contraente la possibilità di riscattare la somma assicurata in qualunque momento, somma che però non sarebbe stata uguale al premio corrisposto, bensì commisurata al valore delle quote del fondo aperto, con assunzione integrale del rischio di investimento. La compagnia non avrebbe sopportato economicamente l’andamento economico negativo dell’operazione e il beneficiario non avrebbe goduto di alcun vantaggio economico se si fosse verificato il decesso della persona sulla cui vita era stato stipulato il contratto.

Il tribunale era giunto alla conclusione che la polizza linked si sostanziava nell’acquisto di quote di un fondo comune di investimento, quindi era paragonabile ad uno strumento finanziario ai sensi dell’art. 1, comma 2, del T.u.f., affermando che essa si potesse considerare come un titolo normalmente negoziato che permetteva di negoziare gli strumenti finanziari a cui era collegata, ovvero le quote di fondi comuni di investimento. Un’altra causa nella quale il Tribunale adito non ha ravvisato alcuna causa di assicurazione è quella sottoposta al giudice mantovano131 riguardante una polizza unit linked stipulata nel 2001.

La cliente, che aveva stipulato il contratto con una banca intermediaria della compagnia di assicurazione, si era vista liquidare a scadenza un importo notevolmente inferiore rispetto a quello investito nel corso degli anni, considerando infatti che la polizza garantiva un flusso di cedole che durante il corso contrattuale erano state reinvestite nella polizza.

Il Tribunale considerava la polizza in questione come non appartenente al genus dei contratti di assicurazione sulla vita previsti dall’art. 1882 c.c., perché l’evento riguardante la vita incideva solo in misura insignificante sul quantum dovuto alla cliente, mentre il pagamento della prestazione era collegato alla scadenza del contratto, scadenza prevista dopo otto anni dalla stipula.

130 Trib. Trani, 11/03/2008 in A. E. Fabiano, Natura giuridica e disciplina delle polizze unit linked prima e

dopo la riforma del t.u.f., in Nuova giur. civ. comm., I, 2009, p. 138 e ss.

75 Gli articoli del contratto erano chiari nello spiegare che la polizza non prestava alcuna garanzia di rendimento minimo o di conservazione del capitale, e che le prestazioni erogate, sia in caso di vita che di morte, erano direttamente collegate al valore delle quote del fondo comune di investimento di diritto francese e che gli unici obblighi per la compagnia consistevano nell’investire il premio versato dal contraente, al netto delle spese, nelle quote del fondo.

Il Tribunale giungeva così alla conclusione che l’operazione posta in essere doveva qualificarsi di natura finanziaria e quindi di conseguenza essere sottoposta alla disciplina dell’intermediazione mobiliare; anche se solo con il d. lgs. n. 303/2006 il legislatore aveva sottoposto i prodotti assicurativi con matrice finanziaria alla disciplina del T.u.f., il prodotto in questione rientrava nella disciplina dell’art. 1, comma 1 lett. U del d. lgs. n.58/1998 che disciplinava ogni altra forma di investimento finanziaria, dando una definizione di prodotti finanziari132.

Il giudice proseguiva poi andando a esaminare se nel rapporto contrattuale fossero state violate le norme di comportamento stabilite agli articoli 21 dallo stesso T.u.f. e dagli articoli 28 e 29 del regolamento Consob di attuazione n. 11522/98, norme di comportamento che imponevano agli intermediari l’obbligo di acquisire le informazioni necessarie dai clienti e di operare in modo che gli stessi fossero sempre informati adeguatamente; si appurava che la cliente aveva sottoscritto il questionario relativo all’investimento in strumenti finanziari, ma non le era stata consegnato il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari. Inoltre l’istituto di credito intermediario non era riuscito a provare di aver avvisato la cliente per iscritto dell’inadeguatezza delle operazioni che stava per porre in essere, in osservazione dell’art. 29 reg. Consob n. 11522/98, poiché tali operazioni vedevano la cliente investire nel contratto un importo cospicuo e comunque corrispondente alle sue intere disponibilità.

Dalla violazione di questi obblighi di comportamento discendeva la responsabilità precontrattuale della banca, e il relativo risarcimento dei danni, corrispondente all’investimento effettuato.

Pertanto la banca veniva condannata alla restituzione delle somme che le erano state conferite dalla cliente, in aggiunta alle spese per rivalutazione monetaria e interessi legali.

132 Art. 1. comma 1, lett. u, T.u.f.: "prodotti finanziari": gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria (…).

76 Nella sentenza del Tribunale di Salerno133, un cliente aveva stipulato tramite un intermediario una polizza predisposta da una impresa di assicurazione, che a suo dire gli era stata presentata come un prodotto previdenziale riscattabile in qualsiasi momento; chiedeva la dichiarazione di nullità del contratto per mancata sottoscrizione del contratto quadro e la restituzione del premio oltre agli interessi legali e la rivalutazione monetaria. Ciò che aveva ricevuto al momento del riscatto era pari al 25% del capitale investito: la perdita era quindi pari al 75%.

La polizza linked si concretizzava essere uno strumento finanziario e come tale il servizio di investimento doveva essere qualificato come collocamento di prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione. La sottoscrizione della polizza era nulla perché il servizio di investimento non era stato preceduto dalla stipula del contratto quadro, non era stata indicata la facoltà di recesso per il sottoscrittore prevista a pena di nullità per i contratti sottoscritti fuori sede e che esisteva la responsabilità precontrattuale per l’intermediario per violazione dell’art. 21 T.u.f., in quanto era stata omesso l’accertamento del profilo del cliente.

L’impresa di assicurazione contestava la natura di prodotto finanziario della polizza sostenendo la natura assicurativa della stessa e di conseguenza l’inapplicabilità degli articoli 21 e 23 T.u.f.; contestava inoltre la violazione degli obblighi di informazione, sostenendo che il contraente aveva partecipato a corsi di informazione per diventare subagente della convenuta, quindi era sufficientemente informato dei rischi del contratto; aveva inoltre compilato il questionario per la valutazione dell’adeguatezza del contratto e la nota informativa per la privacy, dopo aver ricevuto dal subagente la copia della proposta di polizza. Era quindi in possesso di tutta la documentazione contrattuale, e aveva dichiarato per iscritto di aver ricevuto, di conoscere e di accettare il fascicolo informativo contenente la scheda sintetica, la nota informativa, le condizioni generali e speciali di assicurazione.

Dai documenti pervenuti in tribunale, risultò che il cliente aveva sottoscritto con l’intermediario incaricato un modulo dell’impresa di assicurazione contenente una proposta di contratto di assicurazione sulla vita legata a fondi comuni di investimento scelti dal cliente tra quelli indicati. La proposta prevedeva dei versamenti mensili e un rendimento minimo garantito in caso di morte del beneficiario pari all’importo versato.

77 Il tribunale, nell’ambito del servizio di collocamento, accertava due diversi rapporti contrattuali: il primo si instaura tra l’emittente dello strumento finanziario e l’intermediario; il primo dà mandato al secondo di promuovere l’acquisto da parte degli investitori secondo un modello già predisposto. Il secondo rapporto si instaura tra l’intermediario e i clienti investitori che sottoscrivono eventualmente il prodotto: si tratta del contratto di collocamento di strumenti finanziari, che richiede la forma scritta ai sensi dell’art. 23 T.u.f. regolato dall’art. 37 del reg. Consob n.16190.

Nel caso in specie il contratto relativo alla polizza unit linked era nullo perché difettava del contratto quadro disciplinante il servizio di collocamento presso il cliente. Dalla nullità derivava la mancanza di causa attribuita ai premi versati e il diritto alla restituzione degli stessi, richiamando l’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.

Il tribunale di Salerno ha quindi sancito la nullità del contratto e ha condannato la società intermediaria alla restituzione dei premi e degli interessi.