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Il ruolo sistematico dell’art 1923 c.c.

3) rischio di controparte: rischio che l’ente emittente non adempia ai propr

2.8 Il ruolo sistematico dell’art 1923 c.c.

Secondo l’art. 1923 c.c. le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare. Il divieto si riferisce alla somma assicurata e a quella proveniente dal riscatto della polizza. Il divieto opera finché le somme si trovano a disposizione dell’assicuratore, perché dopo il pagamento il denaro percepito dall’avente diritto si confonde col suo patrimonio.

Secondo l'orientamento dottrinale maggioritario, la limitazione della garanzia patrimoniale prevista dall’articolo 1923 c.c. è posta a salvaguardia della funzione previdenziale che caratterizza i contratti di assicurazione sulla vita. Il legislatore ha previsto un divieto all'azione esecutiva dei creditori per tutelare gli atti di previdenza e non interrompere il processo formativo del risparmio.

La funzione previdenziale viene individuata prendendo a riferimento il modello di assicurazione sulla vita presente nel codice civile, caratterizzato dal fatto che l'assicuratore assume su di sé sia il rischio demografico sia i rischi finanziari correlati al contratto.

Dunque, al verificarsi dell'evento, l'impresa di assicurazione si impegna ad erogare al beneficiario le somme previste dal contratto, sotto forma di capitale o di rendita, a prescindere dai risultati della gestione finanziaria dei premi versati dal contraente. Nel modello codicistico di assicurazione sulla vita, la funzione previdenziale del contratto si ravvisa nella certezza circa il quantum della prestazione che sarà corrisposta dall'assicuratore al verificarsi dell'evento. L’importo che viene erogato costituisce la chiave di volta necessaria per la soddisfazione dei bisogni dei beneficiari della polizza. Tale tesi è stata ribadita dalle Sezioni Unite in una sentenza46, ove si afferma che le disposizioni contenute nell'art. 1923 c.c. sono volte a tutelare l'elemento previdenziale

45 Gambino, La responsabilità e le azioni privatistiche nella distribuzione dei prodotti finanziari di matrice

assicurativa e bancaria, in Assicurazioni, 2007, p.195.

30 del contratto, attraverso la previsione di impignorabilità delle somme dovute dall'impresa di assicurazione. L'interpretazione della Suprema Corte vuole dare rilievo al valore della previdenza che l'art. 1923 c.c. mira a proteggere in modo diretto, attraverso la garanzia del credito del singolo assicurato, sia indirettamente, attraverso la protezione del patrimonio dell'assicuratore, che risulta essere così al riparo dal contenzioso con i creditori47.

Secondo le Sezioni Unite la finalità previdenziale trova conferma dallo strumento dell’assicurazione sulla vita, che si pone come terzo pilastro della previdenza sociale nell’attuale contesto socio-economico caratterizzato dalle crescenti difficoltà dello Stato sociale.

Negli ultimi decenni il modello "tipico" di assicurazione sulla vita si è evoluto in risposta alle esigenze dei contraenti in termini di redditività e inflazione. Così come non vi è un unico schema di assicurazione sulla vita sul mercato, allo stesso modo non vi esistono modelli predeterminati di polizze collegate.

Quindi, se i contratti di assicurazione sulla vita, per beneficare della tutela ex art. 1923 c.c., devono avere una valenza previdenziale, è altrettanto vero che nel panorama odierno, nel quale le forme di assicurazione si sono notevolmente evolute, “vi è la necessità di indagare volta per volta quale sia l'effettivo assetto di interessi realizzato nello specifico contratto, e ciò per appurare se possa essere ravvisata detta funzione48”. Sempre per lo stesso autore risulta quindi opportuno esaminare dettagliatamente le previsioni contrattuali che configurano la funzione previdenziale, al fine di verificare se sia possibile affermare che i contratti di ramo III non sono incompatibili con il perseguimento di detta funzione.

L'appartenenza delle polizze linked al novero dei contratti di assicurazione sulla vita ha avuto quindi come conseguenza l'applicazione ad esse della speciale "rete di protezione" che l'ordinamento riconosce al contratto ex art. 1923 c.c.

Inoltre, in forza dell' art. 46 l. fall., tali somme sono ritenute sottratte allo spossessamento fallimentare, nell'ipotesi di fallimento del contraente o del beneficiario49.

47 E. Guffanti, La funzione previdenziale dei contratti assicurativo-finanziari, in "Le Società", 1, 2011, p. 58.

48 E. Guffanti, La funzione previdenziale dei contratti assicurativo-finanziari, op. cit., p. 58. 49 Cass. civ., sez. un., 31 marzo 2008, n. 8271, in Corr. Giur., 2000, p. 1282.

31 La giurisprudenza di merito, pur constatando la notevole componente finanziaria tipica di tali polizze, si è espressa in senso favorevole all'applicazione ad esse dell'art. 1923 c.c.50; vedremo in seguito che alcune sentenze non hanno condiviso questa tesi.

Quanto alla ratio dell’art. 1923 c.c., si contrappongono la tesi per cui il divieto sarebbe ispirato alla funzione previdenziale ed alla incentivazione e tutela del risparmio e la teoria per la quale esso sarebbe volto, invece, in via principale a tutelare l’interesse dell’assicuratore al regolare svolgimento del contratto51.

Se si sposa la prima ratio, l’art. 1923 c.c. si erge a baluardo posto a difesa delle somme ancora dovute dall’assicuratore all’assicurato, e delle somme già liquidate ed acquisite dal contraente anche se quest’ultimo risulti fallito, anche se le somme fanno parte del suo patrimonio; viceversa, se si accoglie la seconda ratio, la impignorabilità sancita dall’art. 1923 c.c. riguarda solo le somme ancora da corrispondere.

Va precisato che il divieto di sottoposizione ad azione esecutiva e cautelare non riguarda la disciplina della responsabilità penale; il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche una polizza assicurativa sulla vita perché l’art. 1923 c.c. attiene esclusivamente alla definizione della garanzia patrimoniale a fronte delle responsabilità civili. Ai sensi dell’art. 42 l. fall., il fallito è privato dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data del fallimento, compresi i beni che pervengono al fallito durante il fallimento. Tuttavia, il successivo art. 46 l. fall. disciplina una serie di beni, diritti e posizioni patrimoniali che non sono compresi nell’attivo fallimentare, tra cui le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

Nella pratica, si verifica spesso che il curatore fallimentare eserciti il riscatto della polizza ed acquisisca la somma dovuta dall’assicurazione. La questione del rapporto tra le somme dovute dall’assicuratore ed il fallimento dell’assicurato (o del beneficiario) hanno dato da sempre luogo ad un ampio dibattito in dottrina.

50 Trib. Bologna, ord., 12 gennaio 2001 e 23 aprile 2001, Trib. Monza 17 gennaio 2006, in La funzione

previdenziale dei contratti assicurativo-finanziari, di E. Guffanti, in "Le Società", 1, 2011, p. 56.

51 Si vedano a proposito Gasperoni, Impignorabilità e insequestrabilità delle somme dovute

dall’assicuratore sulla vita all’erede fallito del beneficiario, (inedito), in Rischio finanziario, assicurazione sulla vita ed esclusione dal patrimonio fallimentare: privilegio regressivo o riscoperta della funzione previdenziale?, di M. Siri, in www.orizzontideldirittocommerciale.it, G. Volpe Putzolu, L’assicurazione, in Trattato di dir. civ., Torino, 1982, p. 127, Buttaro, Assicurazione sulla vita a favore di terzo e fallimento,

(inedito), in Rischio finanziario, assicurazione sulla vita ed esclusione dal patrimonio fallimentare:

privilegio regressivo o riscoperta della funzione previdenziale?, op. cit., in www.orizzontideldirittocommerciale.it.

32 La giurisprudenza di legittimità, invece, ha avuto meno occasioni di misurarsi con tali problematiche ed ancora una volta, decisiva è la ratio che si attribuisca all’art. 1923 c.c. Le somme ancora dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere acquisite all’attivo fallimentare.

Diverso è invece il caso in cui il beneficiario riscuota l’assicurazione e successivamente fallisca: ci si è domandati se le somme riscosse possano essere acquisite all’attivo fallimentare.

Se si pone al centro la funzione di previdenza del contratto di assicurazione sulla vita e si giustifica l’art. 1923 c.c. alla luce della necessità di proteggere l’assicurato, allora va escluso che possano essere acquisite all’attivo fallimentare le indennità già erogate dalla compagnia di assicurazione, continuando pure in questa ipotesi a trovare vigore l’art. 1923 c.c. e l’art. 46 l. fall.

Se, al contrario, si sostiene che al centro dell’art. 1923 c.c. è l’interesse dell’assicuratore al regolare svolgimento del contratto, allora sia l’art. 1923 c.c. sia l’art. 46 l. fall. sono inapplicabili; anche perché le somme riscosse si confondono nel patrimonio del fallito e non sono più distinguibili, in sintonia con la previsione dell’art. 1923 c.c. che fa esclusivo riferimento alle somme dovute e non a quelle già erogate; in questo senso la portata della norma verrebbe a riguardare solo le somme ancora da corrispondere. Di primaria importanza risulta essere la questione relativa alla possibilità o meno che il valore di riscatto venga acquisito al fallimento.

La Suprema Corte, nell’ambito di una sentenza52, è pervenuta ad escludere dall’area di operatività del divieto di cui all’art. 1923 c.c. le somme riscosse, quelle già corrisposte dall’assicuratore e confuse nel patrimonio dell’assicurato.

Inoltre nel 2000, in contraddizione con l’orientamento tradizionale, si è posta la prima sezione della Suprema Corte53 che ribaltando un precedente orientamento di legittimità ha escluso che rientrassero nella previsione dell’art. 1923 c.c. le somme dovute per esercizio da parte del contraente del diritto di riscatto.

Secondo la Corte di Cassazione la finalità previdenziale dell’assicurazione sulla vita è ravvisabile solo nel caso in cui il contratto abbia raggiunto il suo scopo che nella assicurazione sulla vita consiste nel rivalere l’assicurato del danno provocato da evento morte e/o sopravvivenza.

52Cass., sez. un., 3 dicembre 1988, n. 6548, in Rischio finanziario, assicurazione sulla vita ed esclusione

dal patrimonio fallimentare: privilegio regressivo o riscoperta della funzione previdenziale?, di M. Siri, in www.orizzontideldirittocommerciale.it.

33 Di conseguenza solo l’indennità, ovvero la prestazione finale dell’assicuratore, deve essere preservata dalla esecuzione o dalle misure cautelari e a sottrarsi al fallimento, perché attraverso l’indennità stessa si realizza lo scopo previdenziale.

Viceversa, il riscatto anticipato realizzerebbe la finalità del risparmio, ma non di previdenza, perché in tal modo il contraente non beneficerebbe della copertura dell’evento. Pertanto, nell’ipotesi di recesso anticipato dell’assicurato, le somme dovute a titolo di riscatto non potrebbero godere della protezione dell’art. 1923 c.c. e sarebbero quindi acquisibili dal curatore fallimentare.

La diversità di opinioni è stata risolta dalle sezioni unite nel 200854 come segue: il curatore fallimentare non può agire contro l’assicuratore per ottenere il valore di riscatto di una polizza di assicurazione sulla vita stipulata dal fallito, così come le somme dovute , di regola impignorabili –,non possono rientrare tra i beni compresi nell’attivo fallimentare.

La decisione si fonda sul presupposto che il contratto, svolgendo un’essenziale funzione previdenziale, non si sciolga con il fallimento.

Ma le stesse sezioni unite precisano che è tuttavia possibile, per il curatore, quando ricorrono i presupposti, agire in revocatoria sui premi pagati se il contratto di assicurazione sia stato concluso in pregiudizio dei creditori.

Il Collegio ha ritenuto risolutiva una duplice valutazione: da una parte la considerazione dell’importanza che va riconosciuta al valore della previdenza; da un’altra, la dimensione assunta, nell’attuale contesto economico sociale, dall’assicurazione sulla vita come forma di assicurazione privata maggiormente affine agli istituti di previdenza elaborati dalle assicurazioni sociali.

Le predette considerazioni hanno indotto appunto il Collegio a considerare il contratto di assicurazione sulla vita stipulato (in bonis) dal fallito valido anche dopo la dichiarazione di fallimento, con conseguente impignorabilità dei crediti del fallito derivanti dal contratto in corso, con la conseguenza che il curatore non è legittimato a chiedere lo scioglimento del contratto per acquisire il valore di riscatto, potendo invece agire in revocatoria relativamente ai premi pagati quando il contratto non venga stipulato con finalità previdenziali ma in pregiudizio dei creditori.

Relativamente alle polizze collegate ci si chiede se debbano escludersi l’applicazione dell’art. 1923 c.c. e il richiamo dell’art. 46 l. fall. Si pensa che l’impignorabilità e

34 l’insequestrabilità delle somme dovute venga meno quando le polizze vita non hanno alcuna funzione previdenziale, ma sono prodotti finanziari a tutti gli effetti, che possono essere riscattati in qualsiasi momento e non garantiscono nulla all’assicurato, neanche il premio investito.

Ma la differenza con le polizze vita tradizionali a volte può essere meno nitida. Come già scritto, in periodi caratterizzati da forte inflazione, l’assicurazione sulla vita ha attraversato un periodo di crisi, a causa della perdita progressiva dell’originario potere d’acquisto dei premi versati.

35 CAPITOLO III

IL RECEPIMENTO DEI PRODOTTI LINKED IN ITALIA E L’EVOLUZIONE