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Il recepimento dei prodotti linked nella normativa italiana

IL RECEPIMENTO DEI PRODOTTI LINKED IN ITALIA E L’EVOLUZIONE NORMATIVA

3.1 Il recepimento dei prodotti linked nella normativa italiana

linked nel codice delle assicurazioni private.- 3.3 La legge risparmio, l’introduzione dell’art. 25–bis nel T.u.f e il Decreto Pinza.- 3.4 Il recepimento della direttiva Mifid, il regolamento 29/2009 e i primi passi verso il recupero della funzione previdenziale delle polizze linked.- 3.5 I regolamenti Isvap n. 32/2009 e n. 35/2010.- 3.6 Effetti delle riforme: l’art. 23 T.u.f.- 3.7 La forma scritta per la trasmissione di informazioni e per la riflessione sull’importanza dell’atto e l’art. 185 cod. ass.- 3.8 La mancata sottoscrizione del contratto.- 3.9 La sottoscrizione di tutte le clausole e le clausole vessatorie.

3.1 Il recepimento dei prodotti linked nella normativa italiana

Si è già visto che i prodotti linked si sono cominciati a diffondere in seguito ai fenomeni inflattivi verificatisi negli anni settanta55 che hanno spinto gli operatori del settore finanziario ed assicurativo a elaborare nuovi modelli economici e contrattuali, allontanandosi dalle operazioni a prestazioni corrispettive fisse che danneggiavano i clienti per la forte svalutazione monetaria e gli assicuratori che si impegnavano a pagare una somma predeterminata a prescindere dall’effettivo risultato delle operazioni di capitalizzazione effettuate tramite la raccolta dei premi.

Le imprese assicurative, soprattutto quelle di emanazione bancaria, hanno ampliato la loro offerta nel ramo vita, aggredendo un segmento di mercato composto da una clientela che investiva precedentemente in Bot, ossia clienti sprovvisti di un’adeguata cultura finanziaria ma propensi comunque al risparmio. Le compagnie agivano da intermediari specializzati, perseguendo alleanze strategiche con banche e altri operatori. Dal 1996, anno di offerta delle emissioni pilota di questi strumenti, si cominciò però a segnalare una diminuzione dei rendimenti minimi garantiti e anche i parametri di indicizzazione erano diventati meno generosi.

Prima che le polizze collegate venissero ricomprese tra i prodotti assicurativi previsti dal Codice delle assicurazioni private, le polizze unit linked furono introdotte

36 nell’ordinamento giuridico italiano dalla legge 22 ottobre 1986, n. 74256, in recepimento della prima Direttiva comunitaria vita, n. 79/267/CEE. La legge n. 742 nominava per la prima volta le assicurazioni sulla durata della vita umana connesse a fondi di investimento.

Nel 1995 avvenne l’ingresso nell’ordinamento giuridico italiano delle polizze index linked, tramite il decreto legislativo n. 174/1995, attuativo della Direttiva CEE 92/96. Oltre a dare ingresso alle index, il decreto legislativo riconfigurava le unit linked, prevedendo che qualora le prestazioni fossero direttamente collegate al valore delle quote di un fondo esterno all’impresa o al valore di attivi contenuti in un fondo interno all’impresa, le quote dei fondi dovevano rappresentare con la massima approssimazione le riserve tecniche; anche per le index vi era una previsione simile: le riserve tecniche dovevano essere rappresentate con la massima approssimazione possibile dalle quote rappresentanti il valore di riferimento o da attivi di adeguata sicurezza o negoziabilità. Si può dire che il dibattito sulla natura e l’oggetto di tali contratti sia iniziato proprio dalla prima ricomprensione di tali prodotti nella normativa italiana. La spiccata componente finanziaria, la traslazione del rischio d’investimento dall’assicuratore all’assicurato, in modo a volte totale, la mancanza di un rischio demografico e l’assenza di una garanzia di conservazione del capitale fecero nascere sin da subito i dubbi sulla natura di tali prodotti. Era inoltre evidente che la compresenza di elementi finanziari potesse richiedere informazioni ulteriori rispetto a quelle previste per normali contratti di assicurazione sulla vita. Infatti, l’art. 109 della legge n. 174/1995 prevedeva che l’impresa di assicurazione dovesse fornire al cliente informazioni nella fase precontrattuale e nella fase di vigenza.

L’elenco di informazioni però non era completo e la legge attribuiva all’Isvap l’eventuale previsione di inserimento di informazioni supplementari, se ciò fosse risultato necessario per la comprensione degli elementi essenziali del contratto da parte del cliente.

Anche l’Isvap aveva colto le asimmetrie informative esistenti a sfavore dei possibili futuri sottoscrittori di polizze linked: infatti nel 1999, in una delle sue pubblicazioni57, rilevava come la struttura tecnica dei contratti assicurativi linked li rendeva completamente differenti ai classici contratti di assicurazione sulla vita, e che erano

56 M. Bet, Le linked life policies, in Società, 2012, 3, p. 318 (commento alla normativa).

57 S. Guadagno, La natura delle polizze unit linked e la disciplina applicabile, in Nuova Giur. Civ., 2011, 3, p. 20156.

37 necessarie chiarezza e completezza nelle informazioni da rendere ai sottoscrittori per la loro stessa tutela.

Dal 1998 sono state così emanate una serie di circolari: la circolare congiunta Isvap – Consob n. 317 prendeva atto delle insidie connesse a tali polizze, riferendosi soprattutto ai rischi finanziari delle stesse, e per questo motivo nella nota informativa si doveva richiamare l’attenzione del cliente sui possibili effetti economici negativi conseguenti al riscatto delle polizze, o collegati all’assenza di garanzie di rendimento minimo.

Con la n. 332/1998 si ribadiva la necessaria presenza del rischio demografico come elemento fondamentale di un contratto di assicurazione sulla vita: in mancanza di questo le polizze le cui prestazioni fossero state indipendenti dalla durata della vita della testa assicurata non potevano essere ricomprese nel ramo terzo. La stessa circolare contemplava però l’ipotesi di rischio di investimento sopportato dall’assicurato.

Ulteriori circolari, come la 451/D del 24/07/2001 e la 474/D del 21/02/2002, dedicate rispettivamente alle index linked e alle unit linked, insistevano sugli obblighi informativi di questi nuovi modelli contrattuali. Gli obblighi erano relativi a:

- i profili di rischio delle polizze;

- alle prestazioni finali dell’assicuratore, dipendenti, nel caso delle index, dall’oscillazione del parametro di riferimento e per le unit dalle variazioni di prezzo delle attività finanziarie rappresentate dalle quote;

- alle garanzie di rendimento minimo offerte;

- alla totale mancanza di rendimenti minimi garantiti, con la precisazione che le eventuali prestazioni potevano essere inferiori ai premi pagati.

Nel luglio 2003 l’Isvap è intervenuta vietando l’indicizzazione delle index a titoli derivanti da cartolarizzazioni e derivati del credito, norma che ha sicuramente mitigato gli effetti della crisi dei mutui subprime, dovuta soprattutto a operazioni di cartolarizzazione dei crediti.

Sempre nel periodo antecedente all’emanazione del codice delle assicurazioni, l’Isvap è intervenuta con la circolare n. 551/2005, che ha costituito una svolta per il settore in quanto ha introdotto alcune disposizioni che hanno confermato il progressivo avvicinamento dei prodotti assicurativi collegati a quelli finanziari58, dando avvio a un processo di ingegnerizzazione finanziaria potenzialmente in grado di allontanare sempre

58 L. Bugiolacchi, I prodotti “finanziari assicurativi”: considerazioni in tema di qualificazione giuridica e

38 di più tali contratti dalle logiche dei contratti assicurativi sulla vita. La circolare imponeva infatti l’obbligo di consegna ai potenziali clienti di un fascicolo informativo contenente alcuni documenti contrattuali e precontrattuali come la scheda sintetica, la nota informativa, il glossario, il modulo di proposta e le condizioni di assicurazione. In particolar modo la scheda sintetica doveva prevedere una rappresentazione sistematica dei rischi e delle prestazioni assicurative offerte dai contratti, l’obbligo di evidenziare tutti i costi a carico dei contraenti e la previsione che qualora il controvalore delle quote detenute dai contraenti si fosse ridotto del 30% rispetto all’ammontare dei premi investiti, o si fosse verificata una riduzione del valore degli indici di riferimento che avrebbe potuto determinare una riduzione del valore di riscatto di oltre il 30% dell’ammontare complessivo dei premi investiti, l’impresa avrebbe dovuto darne comunicazione per iscritto al cliente entro 10 giorni lavorativi: tale previsione era modellata su quella contenuta nel Regolamento Consob n. 11522/1998.

Per la prima volta venivano delineati degli obblighi comportamentali per le imprese di assicurazione, tra i quali l’obbligo di verificare l’adeguatezza assicurativa e previdenziale dei contratti offerti.

Per ciò che riguardava i rischi e le garanzie, era previsto che qualora l’impresa non avesse offerto alcun tipo di garanzia, si sarebbe dovuta riportare tale dicitura: “l’impresa di assicurazione non offre alcuna garanzia di capitale o di rendimento minima”.

In questo modo si stava lentamente realizzando quel processo di convergenza nella disciplina tra prodotti assicurativi e finanziari.