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Le polizze linked tra regolazione e distribuzione

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Banca, finanza aziendale e mercati finanziari

TESI DI LAUREA

LE POLIZZE LINKED TRA REGOLAZIONE E DISTRIBUZIONE

RELATORE

P

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aria

G

AGLIARDI

CANDIDATO

M

anfredi CALDARONELLO

(2)
(3)

1 INDICE

Introduzione pag. 4

CAPITOLO I: LE POLIZZE LINKED

1.1 Le polizze linked pag. 7 1.2 Le unit linked pag. 10 1.3 Le index linked pag. 11 1.4 Diffusione in Italia pag. 12 1.5 L’ultima frontiera: le polizze multiramo pag. 16

CAPITOLO II:

IL RISCHIO E LA FUNZIONE PREVIDENZIALE NEI CONTRATTI LINKED

2.1 Introduzione pag. 18 2.2 Il rischio e l’art. 1895 c.c. pag. 18 2.3 Il rischio demografico e i possibili altri rischi presenti nel contratto pag. 21 2.4 Il rischio secondo i regolamenti Isvap pag. 22 2.5 Opinioni in dottrina sul trasferimento del rischio pag. 24 2.6 La funzione previdenziale nei contratti vita pag. 26 2.7 La funzione previdenziale nelle polizze rivalutabili e nelle polizze del terzo ramo pag. 28 2.8 Il ruolo sistematico dell’art 1923 c.c. pag. 29

CAPITOLO III:

IL RECEPIMENTO DEI PRODOTTI LINKED IN ITALIA E L’EVOLUZIONE NORMATIVA

3.1 Il recepimento dei prodotti linked nella normativa italiana pag. 35 3.2 Le polizze linked nel codice delle assicurazioni private pag. 38 3.3 La legge risparmio, l’introduzione dell’art. 25–bis nel T.u.f. e il Decreto

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2 Pinza pag. 39 3.4 Il recepimento della direttiva Mifid, il regolamento 29/2009 e i primi passi verso il recupero della funzione previdenziale delle polizze linked pag. 41 3.5 I regolamenti Isvap n. 32/2009 e n. 35/2010 pag. 43 3.6 Effetti delle riforme: l’art. 23 T.u.f. pag. 45 3.7 La forma scritta per la trasmissione di informazioni e per la riflessione sull’importanza dell’atto e l’art. 185 cod. ass. pag. 46 3.8 La mancata sottoscrizione del contratto pag. 48 3.9 La sottoscrizione di tutte le clausole e le clausole vessatorie pag. 49

CAPITOLO IV:

TRA CODICE CIVILE E NORME DI COMPORTAMENTO DI IMPRESE E INTERMEDIARI ASSICURATIVI

4.1 Introduzione pag. 53 4.2 L’autonomia contrattuale nel codice civile pag. 54 4.3 L’art. 183 cod. ass. pag. 55 4.4. L’art. 21 T.u.f., i principi di adeguatezza e appropriatezza e la gestione dei conflitti di interesse pag. 56 4.5 Le regole di comportamento tra codice delle assicurazioni e T.u.f. pag. 58 4.6 I criteri di correttezza, diligenza e prudenza nel codice civile, nel cod. ass. e nel T.u.f. applicati a imprese e intermediari assicurativi pag. 60 4.7 La trasparenza e la buona fede pag 62 4.8 Il richiamo alla buona fede in una sentenza del Tribunale di Gela pag. 66 4.9 Le regole alla prova dei fatti: la responsabilità nel collocamento delle linked secondo alcune sentenze e il criterio della prevalenza secondo la

giurisprudenza pag. 67

CAPITOLO V:

LE POLIZZE LINKED AL VAGLIO DELLA GIURISPRUDENZA

5.1 Introduzione pag. 70 5.2 Contratti per i quali la causa è stata definita estranea a quella tipica del contratto di assicurazione pag. 72

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3 5.3 Contratti per i quali la causa è stata definita mista, assicurativa e

finanziaria pag. 77 5.4 Polizze linked a cui è stata applicata la disciplina dell’intermediazione finanziaria pag. 87 5.5 Un esempio di polizza linked a cui è stata applicata la disciplina

assicurativa pag. 90 5.6 Due pronunce relative a polizze collegate ad obbligazioni

Lehman Brothers pag. 91 5.7 Riflessioni di sintesi pag 94

Conclusioni pag. 96

Riferimenti bibliografici pag. 100 Sitografia pag. 103 Sentenze pag. 104

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4 Introduzione

Le polizze linked sono una particolare tipologia di contratti assicurativi ad elevato contenuto finanziario.

Sono presenti in Italia dalla fine degli anni ’90, hanno da sempre conosciuto un buon successo commerciale e solo la crisi del 2007 ha determinato un clima di sfiducia attorno a loro, come del resto a molti altri prodotti finanziari.

Se per le index linked c’è stata una disaffezione quasi completa e ancora non si registra un trend di crescita, le unit hanno subìto un lieve calo di vendite, ma ad oggi la ripresa è già avvenuta, spinta dalla promozione di banche e dalle compagnie di assicurazione per le quali tali prodotti ad oggi sono tra i più convenienti, perché richiedono requisiti di capitale minori sul patrimonio di vigilanza e non “appesantiscono” il conto economico. La vendita di questi prodotti è sempre preceduta dal segno positivo da un paio d’anni a questa parte.

Ma gli investitori conoscono i rischi a cui vanno incontro sottoscrivendo queste polizze? Hanno idea di quale sia la qualificazione giuridica di tali contratti, che dietro le sembianze di polizze vita tradizionali celano una forte componente finanziaria tanto che la loro negoziazione è sottoposta al testo unico finanziario e alla regolamentazione della Consob? Sono informati del fatto che molto spesso questi prodotti non garantiscono né un rendimento minimo né la restituzione del capitale? Leggono i prospetti informativi che vengono loro consegnati, pur essendo molto lunghi e dettagliati?

A partire dal 2005 il legislatore ha separato i prodotti linked dagli altri contratti emessi dalle imprese di assicurazione, ma nonostante lo sforzo normativo della legislazione italiana e di quella europea che hanno fatto molto in questi anni nel tentativo di regolamentare maggiormente il mondo finanziario (si pensi alla Mifid nel 2007) e di proteggere di più i consumatori, spesso poco informati e poco avveduti nello stipulare contratti, l’esperienza dei bond subordinati e le crisi di alcune banche italiane negli ultimi due anni hanno insegnato che spesso questi presidi non bastano.

La spiccata componente finanziaria, la traslazione del rischio d’investimento dall’assicuratore all’assicurato, in modo parziale o a volte totale, la mancanza di un rischio demografico e l’assenza di una garanzia di conservazione del capitale, hanno fatto nascere sin da subito i dubbi circa la natura giuridica delle polizze collegate: ci si è chiesti se gli stessi conservassero ancora le caratteristiche di risparmio e previdenza tipiche dello schema tradizionale dei contratti di assicurazione sulla vita.

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5 Verrà quindi esposta una panoramica dell’evoluzione normativa, tenendo conto del processo di ingegnerizzazione finanziaria di questi prodotti, della ricomprensione degli stessi nel T.u.f. quando mancano certe caratteristiche, con la consapevolezza che i meccanismi assicurativi e l’ingegneria finanziaria possono precedere la normativa e che il legislatore spesso viene chiamato a esprimersi e a normare ciò che nel mercato è già stato introdotto.

Nel caso delle linked si è infatti visto come in forza della loro qualificazione di contratti di assicurazione sulla vita che le escludeva dal novero degli strumenti finanziari, esse siano state distribuite al di fuori del campo applicativo della disciplina in materia di prestazione di servizi di investimento, sebbene la loro distribuzione comportasse rischi simili a quelli di un normale investimento in strumenti finanziari.

Il problema si ricollega generalmente ai prodotti finanziari innovativi che consentono a chi li struttura molta flessibilità nel perseguire un risultato economico, conferendo agli stessi le connotazioni formali che rispondono in maniera più efficace agli interessi del pubblico: le polizze collegate sono state per lungo tempo qualificate giuridicamente come contratti di assicurazione sulla vita e sono rimaste a lungo escluse dalla normativa sulla prestazione dei servizi di investimento, sebbene comportassero rischi maggiori rispetto alle tradizionali polizze vita.

Nonostante il fatto che i prodotti linked siano adesso definiti come prodotti finanziari assicurativi, il dibattito in giurisprudenza non si è esaurito: alcuni giudici si sono espressi a favore della natura assicurativa dei contratti, altri l’hanno definita mista, assicurativa e finanziaria, altri ancora l’hanno definita estranea a quella tipica del contratto di assicurazione.

Non solo: la qualificazione delle polizze linked effettuata dalla giurisprudenza esaminata ha avuto effetti con riguardo alla applicabilità della disciplina del T.u.f. ancor prima della legge di cui sopra che le ha qualificate come prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione e le ha contemporaneamente sottoposte alla normativa del T.u.f. comprensiva dei nuovi articoli, mentre altri giudici hanno seguito il principio del tempus regit actium, secondo il quale la distribuzione dei prodotti linked emessi prima prima del 2005 andava sottoposta alla normativa in termini di contratti di assicurazione, mentre i contratti emessi successivamente andavano sottoposti alla normativa del T.u.f. Sul tema è intervenuta anche la Corte di Cassazione che nell’ambito di una sentenza relativa a contratti emessi prima del 2005, ha ribadito che deve essere il giudice di

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6 merito a interpretare il contratto per stabilire se si tratti di un contratto assicurativo o di un investimento in beni finanziari.

L’evoluzione della normativa ha permesso che nei contratti fossero inserite sempre più informazioni, e le circolari Isvap che si sono succedute hanno evidenziato come già dal ’98 questi prodotti prevedessero la completa attribuzione dei rischi di investimento in capo agli assicurati, ma dà anche atto all’autorità di vigilanza di essersi sempre preoccupata di intervenire per far sì che gli assicurati fossero informati adeguatamente degli stessi rischi che avrebbero sopportato, che non si sarebbero potuti confondere sulla presenza o meno di garanzie per l’espressa richiesta da parte dell’autorità di evitare termini forieri di fraintendimenti e che infine sarebbero stati informati in concomitanza di una diminuzione del valore del loro investimento.

Le sentenze dell’ultimo capitolo hanno visto i giudici esprimersi sulla natura giuridica di tali prodotti, sulle informazioni presenti nei documenti contrattuali, sull’interpretazione degli stessi alla luce delle norme del codice civile (al fine di poterli classificare o meno all’interno delle tipologie di polizze esistenti e individuare quindi gli obblighi effettivamente assunti nei confronti dei contraenti), e infine sulla distribuzione da parte degli intermediari.

Si vedranno anche le regole di adeguatezza e di appropriatezza, presenti sia nel Codice delle assicurazioni private che nel T.u.f., che impongono a imprese e intermediari di proporre ai contraenti contratti coerenti con le loro esigenze di risparmio e di previdenza, con la loro propensione al rischio e dando informazioni tale da mettere il cliente nella posizione di compiere una scelta consapevole; ed ancora i canoni di diligenza, correttezza, trasparenza, buona fede, previsti nei testi normativi appena citati e alcuni anche nella normativa primaria del codice civile, che risultano essere fondamentali in qualsiasi rapporto contrattuale e ancor di più in quei settori particolarmente complessi e tecnici, e fanno riflettere su ciò che la legge richiede espressamente alle parti che vogliono concludere un negozio.

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7 CAPITOLO I

LE POLIZZE LINKED

1.1 Le polizze linked.- 1.2 Le unit linked.-1.3 Le index linked.- 1.4 Diffusione in Italia.- 1.5 L’ultima frontiera: le polizze multiramo

1.1 Le polizze linked

Le polizze linked sono contratti di assicurazione sulla vita1 nei quali, a fronte del premio pagato dall’assicurato, la prestazione dell’assicuratore è agganciata a un parametro di riferimento (polizze index) o al valore di quote (units) di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni all’impresa (unit linked)2. Possono essere pure, garantite o parzialmente garantite3. Nel primo caso l’assicuratore è tenuto a corrispondere al contraente un capitale o una rendita pari al valore delle quote del fondo o all’indice di riferimento cui è collegata la polizza al verificarsi dell’evento vita assicurato. La prestazione può essere inferiore all’ammontare dei premi versati dal contraente o pari a zero se il fondo o l’indice registrasse un andamento negativo.

Nell’ipotesi in cui la prestazione sia parzialmente garantita l’impresa garantisce la restituzione di una parte dei premi versati, mentre se la restituzione risulta garantita l’assicuratore corrisponde al contraente l’ammontare dei premi versati ed eventualmente un rendimento ulteriore se l’andamento dei fondi o degli indici è stato positivo; nelle polizze garantite l’assicurato può contare sulla restituzione del capitale anche se l’andamento del fondo o dell’indice sia stato di segno negativo.

Il contraente riscuote il capitale nel momento in cui si verifica l’evento assicurato contrattualmente o in un momento antecedente, nell’ipotesi di riscatto anticipato (che normalmente può avvenire quando sia trascorso almeno un anno dalla conclusione del contratto).

1 Art. 2 d. lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (codice delle assicurazioni private).

2 Per approfondire si vedano A. Donati – G. Volpe Putzolu, Manuale di diritto delle assicurazioni, decima edizione aggiornata, 2012, Giuffrè Editore, p. 194, 195, I prodotti assicurativi e previdenziali, a cura di Stefano Miani, in “Studi di economia degli intermediari finanziari”, 7, 2002, G. Giappichelli Editore, Torino, M. Delugan, Polizze unit linked: le cose da sapere, in www.soldionline.it, 12/04/2017, L. De Angelis e C. Feriozzi, Assicurazioni, non tutte le polizze possono dirsi vita, www.intermediachannel.it, 13/03/2017.

3 Per approfondire si vedano S. Valerio, La Cassazione sull’equiparazione delle polizze unit linked a

strumenti finanziari, in www.tidona.com, M. Ferrari, Polizze linked: natura giuridica e pignorabilità,

30/08/2016, in www.altalex.com, S. Guadagno, La natura delle polizze unit linked e la disciplina

applicabile, in Nuova Giur. Civ., 2011, 3, 20155, Tarlivo, Le polizze vita index linked ed unit linked. Tipologie e finalità. Caratteristiche tipiche, in Riv. Amm. Rep. it., 2002, p. 93.

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8 Le imprese di assicurazione che si occupano dell’offerta al pubblico di tali prodotti devono oggi attenersi a specifici obblighi informativi, la cui disciplina è contenuta negli articoli 29 e seguenti della Delibera Consob n. 11971 del 14 maggio 1999, conosciuta anche come Regolamento emittenti Consob.4

La delibera prevede che le imprese di assicurazione italiane e quelle straniere, operanti in Italia in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi, diano comunicazione alla Consob contestualmente all'avvio dell'operazione, depositando presso di essa il prospetto di offerta5, che, ai sensi dell'articolo 32 dello stesso Regolamento, è costituito da:

a) Scheda sintetica, che, come anche le condizioni di contratto, deve essere consegnata gratuitamente all’investitore prima della sottoscrizione della proposta di investimento; b) Parte I – Informazioni sull'investimento;

c) Parte II – Illustrazione dei dati periodici di rischio/rendimento e costi effettivi dell'investimento6;

d) Parte III – Altre informazioni, a cui si aggiungono le Condizioni Generali di assicurazione

2. La scheda sintetica e le condizioni di contratto devono essere gratuitamente consegnate all'investitore prima della sottoscrizione della proposta di investimento. Inoltre per i prodotti finanziario-assicurativi di tipo unit linked e i prodotti finanziari di capitalizzazione, qualora siano previsti, vanno consegnati inoltre su richiesta dell'investitore:

a) il regolamento dei fondi interni ovvero degli OICR cui sono collegate le prestazioni principali;

b) il regolamento della gestione interna separata;

c) la documentazione, analoga a quella suddetta, relativa ad altra provvista di attivi cui è correlato il rendimento dei prodotti.

Occorre precisare che le imprese di assicurazione sono esenti dai predetti obblighi informativi per quanto riguarda le offerte al pubblico di prodotti finanziari con un premio minimo iniziale di almeno centomila euro7 rispetto alle quali l’articolo 34 bis del Regolamento emittenti prevede che le imprese di assicurazione offerenti comunichino

4L. Morello, C. Cimarelli, Gli obblighi informativi per i prodotti finanziario-assicurativi tra

regolamentazione attuale e futura, in www.dirittobancario.it , 19 Gennaio 2017.

5 Art 31 regolamento Consob n. 11971 del 14 maggio 1999.

6 Le Parti I, II e III devono essere gratuitamente consegnate su richiesta dell'investitore. 7 Articolo 34 ter, comma 1, lettera g, Regolamento Emittenti.

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9 agli investitori-contraenti, prima della sottoscrizione, le informazioni relative all'impresa di assicurazione e all'eventuale sede secondaria con la quale sarà concluso il contratto, alle prestazioni offerte e alle opzioni esercitabili, alla durata del contratto e alle modalità di scioglimento dello stesso, alla durata e alla modalità di versamento dei premi, al regime fiscale applicabile al contratto, senza tuttavia fornire indicazioni più precise circa le modalità di presentazione di tali informazioni.

Parte della disciplina relativa agli obblighi informativi dei prodotti finanziari assicurativi è confluita nel Regolamento IVASS n. 35 del 26 maggio 2010,e precisamente agli articoli 25 e 29 che prevedono l’obbligo per le imprese di assicurazione di pubblicare sui quotidiani e sul proprio sito internet il valore di riferimento cui è collegato il valore della prestazione di polizza, l’obbligo di inviare l’avvenuta conferma dell'investimento del premio per i prodotti unit linked, l’obbligo di consegnare ai clienti l'estratto conto annuale.

Inoltre sia l’impresa di assicurazione che l’intermediario sono tenuti a verificare la propensione al rischio del risparmiatore richiedendo una serie di informazioni e compilando un modulo/questionario che, oltre a delineare il profilo di rischio corrispondente, denoti la sua conoscenza ed esperienza in materia. È possibile che il cliente si rifiuti di fornire tali informazioni e che possa sottoscrivere una polizza che l’intermediario non ritiene adeguata alle sue esigenze: in questo caso il cliente firma un’ulteriore dichiarazione in cui prende atto dei motivi dell’inadeguatezza8.

Per quanto riguarda le riserve tecniche relative ai contratti linked, queste devono essere sempre adeguate al valore dell’indice di riferimento o al valore delle quote del fondo, in modo che l’assicuratore possa sempre adempiere alla prestazione. La corrispondenza tra il valore della riserva e l’obbligazione dell’assicuratore viene garantita soltanto se la riserva è investita in attivi che corrispondano a quelli sui quali è calcolato l’indice o nelle quote del fondo9. Inoltre, se le prestazioni prevedono una garanzia di capitale minimo o di risultato d’investimento, tali riserve potrebbero non essere sufficienti a garantire l’impegno dell’assicuratore: è quindi prevista la costituzione di riserve aggiuntive10.

8 Paragrafo 4.4, pag. 56.

9 A. Donati, G. Volpe Putzolu, Manuale di diritto delle assicurazioni, decima edizione aggiornata, 2012, Giuffré editore, p. 38.

10 A. Cappiello, L’impresa di assicurazione, Economia, gestione, nuove regole di vigilanza, Franco Angeli editore, 2012, p. 130.

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10 1.2 Le unit linked

Nelle polizze unit linked il contraente conferisce i premi all’impresa assicurativa che provvede ad investirli, nell’acquisto di quote di fondi interni o esterni all’impresa stessa, dopo aver dedotto alcuni costi dell’operazione, conosciuti come caricamenti. I fondi interni hanno un diverso profilo di rischio, che dipende dai titoli presenti nel fondo stesso: l’Ania individua in base alla loro composizione interna, cinque macrocategorie di fondi: i bilanciati, gli azionari, gli obbligazionari, i liquidità e i flessibili.

I premi relativi ai contratti unit linked possono anche essere investiti in quote di fondi di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) o Sicav. Al momento della liquidazione la prestazione dell’assicuratore si determina in base al valore delle quote al momento assicurato contrattualmente o in caso di riscatto anticipato: l’assicurato riceve una cifra pari al numero delle quote per il loro valore di mercato.

Le unit linked possono avere dei vantaggi, derivanti dalla possibilità di ottenere rendimenti positivi risultanti dall’investimento in uno o più fondi e beneficiando della diversificazione: in caso l’evento assicurato sia la morte del soggetto, si possono designare specifici beneficiari, anche diversi dagli eredi.

D’altro canto però hanno lo svantaggio di essere esposti al rischio che il rendimento sia negativo, in quanto il capitale maturato nel corso del tempo risulta legato al valore di mercato delle componenti sottostanti alla polizza: quindi al momento del riscatto o semplicemente al momento relativo all’evento assicurato, l’importo liquidato può risultare inferiore al premio versato.

Le compagnie sono tenute ad una serie di adempimenti nel corso della durata contrattuale: devono inviare al cliente una lettera di conferma di investimento dei premi, indicando il premio lordo versato, il premio investito, il numero di quote acquisite e il loro valore unitario. Inoltre pubblicano giornalmente nei propri siti e su un quotidiano d’informazione il valore di quota dei singoli fondi interni, sono tenute ad inviare ai clienti l’estratto conto annuale e devono comunicare, entro 10 giorni lavorativi, l’avvenuta diminuzione del controvalore delle quote di oltre il 30% rispetto all’ammontare dei premi investiti11.

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11 1.3 Le index linked

Nelle polizze index linked l’importo delle prestazioni pagate dall’impresa di assicurazione ai clienti seguono le fluttuazioni del valore dell’indice di riferimento, che può essere un semplice indice azionario o un altro indice di borsa.

Anche per queste polizze la prestazione dell’impresa non è predeterminata al momento della conclusione del contratto perché agganciata all’andamento dell’indice.

Le index hanno una composizione più complessa: si tratta di obbligazioni strutturate12, costruite attraverso la combinazione di un titolo obbligazionario, che può essere zero coupon, che non prevede cedole, o garantire una cedola annua, e di un’opzione; consentono agli investitori di partecipare dell’andamento di determinate variabili finanziarie, come indici di borsa, titoli azionari, valute, fondi comuni di investimento, tassi di cambio, andamento dell’inflazione, o altro. Una parte del premio iniziale, solitamente la più cospicua, pari all’ottanta o novanta per cento del premio, viene investita nell’obbligazione, la parte residua nell’opzione che consente l’aggancio all’indice di riferimento previsto dal contratto. Nel corso della durata contrattuale la componente obbligazionaria si rivaluta fino a raggiungere a scadenza il valore nominale (se l’obbligazione è zero coupon, viceversa il titolo garantirà le cedole annue) e la parte agganciata all’opzione garantisce un rendimento se l’opzione stessa viene esercitata13. Anch’esse hanno quindi il vantaggio di poter usufruire di un eventuale rendimento positivo dell’indice di riferimento, la possibilità della presenza di garanzie di rendimento minimo e la possibilità di designare specifici beneficiari, anche diversi dagli eredi legittimi; di contro, come scritto sopra14, la prestazione ricevuta dall’assicurato può essere inferiore ai premi da lui versati od anche pari a zero se l’andamento dell’indice risulti negativo.

Per quanto riguarda il regime di tassazione15 per i contratti linked i premi versati non danno diritto ad alcuna deduzione dal reddito o detrazione dall’imposta; nelle prestazioni pagate dall’assicuratore è esente dall’Irpef il solo capitale erogato a copertura del rischio demografico, mentre la parte restante della prestazione corrisposta è imponibile, in quanto rientra fra i redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, (lettera g-quater) del TUIR, ed è soggetto all’imposta sostitutiva di cui all’articolo

12 Le obbligazioni strutturate, in www.leobbligazioni.com.

13 Cos’è e come funziona una index linked, in www.intesasanpaolovita.it. 14 Paragrafo 1.1, pag. 7.

15 R. Moscaroli, Il regime fiscale delle polizze vita alla luce delle modifiche recate dalla legge di stabilità

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ter, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973; l’art 45 del Tuir precisa che «i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l’ammontare percepito e quello dei premi pagati.»

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 8/E del 2016, ha ricordato che sui redditi di capitale in parola l’imposta sostitutiva si applicherà con l’aliquota vigente nei periodi di maturazione degli stessi. In particolare con:

 l’aliquota del 12,5 per cento sulla parte di rendimento maturata fino al 31 dicembre 2011;

 l’aliquota del 20 per cento sulla parte di rendimento maturata dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014;

 l’aliquota del 26 per cento sulla parte di rendimento maturata dal 1° luglio 2014.

Le compagnie sono tenute ad obblighi di trasparenza verso i clienti: devono utilizzare espressioni chiare e sintetiche in modo da facilitare la comprensione di chi legge, devono illustrare le clausole riguardanti i rischi, gli oneri, eventuali limitazioni e decadenze a carico del contraente. Sono tenute giornalmente a pubblicare sul proprio sito internet e su un quotidiano l’indice di riferimento, la denominazione e il rating degli emittenti degli strumenti finanziari sottostanti; inviano annualmente un estratto conto indicando il premio versato, gli importi pagati durante l’anno, il valore degli indici o dei titoli di riferimento e il valore della prestazione garantita, se prevista dal contratto. Come per le unit, devono comunicare al cliente l’avvenuta riduzione del valore dell’indice di riferimento che possa comportare una diminuzione del valore di riscatto superiore al 30%.

1.4 Diffusione in Italia

Le polizze vita hanno sempre avuto una componente finanziaria16. La maggiore innovazione nel campo vita si è registrata con le polizze rivalutabili, nelle quali la prestazione dell’assicuratore prevede solitamente un tasso minimo di rendimento garantito ed è parametrata ai risultati di speciali gestioni dei titoli, prevalentemente di Stato, acquistati a fronte delle riserve matematiche.

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13 Le polizze rivalutabili sono state introdotte all’inizio degli anni ’70, come risposta del sistema assicurativo all’elevata volatilità dei tassi d’interesse del mondo finanziario e alla crescente inflazione: i bassi tassi di interesse rendevano incerte le prestazioni delle imprese in ordine al quanto le stesse potevano offrire all’assicurato in termini di prestazioni future al di sopra di un tasso minimo garantito.

I risparmiatori hanno cominciato così a rivolgere la loro attenzione verso i mercati azionari, caratterizzati da rendimenti più elevati: nel primo trimestre 1998 la consistenza delle azioni nei portafogli delle famiglie italiane, anche per effetto dell’aumento dei corsi dei titoli, ha superato l’ammontare dei titoli a breve, medio e lungo termine.

L’ingegneria finanziaria e le imprese di assicurazione hanno cominciato a sviluppare modelli contrattuali in grado di agganciarsi all’andamento delle Borse azionarie, quali le polizze index, o caratterizzati da più flessibili linee di investimento, come le polizze unit linked. La vendita di polizze rivalutabili è passata dal 72% del totale delle polizze vita raccolte nel 1996 al 60% dei premi incassati nel primo semestre 1998.

I primi semestri dei periodi 1996-1998 hanno evidenziato che i premi emessi relativi alle polizze index e unit linked sono passati da 529,4 a 591,3 miliardi di lire; la quota preponderante delle polizze emesse ha riguardato le index linked, molto più diffuse rispetto alle unit, con una percentuale pari all’84% contro il 16% delle unit.

Inoltre le prime index vendute in quegli anni presentavano tutte la garanzia di restituzione del capitale maggiorato a scadenza, dovuto alla variazione positiva dell’indice di riferimento o del tasso minimo garantito17, ed erano agganciate ad uno o più indici azionari, mentre per le unit solo il 27% di quelle emesse avevano una garanzia analoga. Nonostante queste garanzie di restituzione del capitale, fu osservato sin da subito come questi strumenti si differenziassero dai tradizionali prodotti vita, costituendosi come prodotti assicurativi con rischio di investimento a carico dell’assicurato, realizzandosi sempre, anche se con variabile entità, un trasferimento in capo all’assicurato dei rischi connessi al risultato finanziario della polizza.

Infatti, già nel ’98 autorevole dottrina qualificava le index linked come contratti di assicurazione rientranti nella tipologia dell’assicurazione mista ordinaria e del contratto a capitalizzazione a premio unico18; dall’andamento dell’indice di riferimento derivava la performance del prodotto.

17 Russo Riccardo, L’altra “faccia” delle polizze “index linked”, in A&F, n.20/1998, p. 9. 18 Russo Riccardo, L’altra “faccia” delle polizze “index linked”, op. cit., p. 9.

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14 Le polizze si agganciavano a parametri finanziari, l’indicizzazione era solitamente riferita ad azioni o indici di borsa trattati nei paesi OCSE, che presentavano sufficiente affidabilità. Il valore indice era quindi calcolato su un insieme di beni che rifletteva il prezzo medio dei beni stessi. La modalità più frequente era pesare le singole attività sulla base della capitalizzazione di mercato e includere solo i titoli che riportano i valori più elevati. Si può fare l’esempio di alcuni indici della Borsa Italiana come il Mib30 o il Midex25 .

In altri casi il valore dell’indice era ricavato in funzione del prezzo medio di un portafoglio costruito con un numero uguale di titoli (10 alfa, 10 beta, ecc): i più noti erano il Dow Jones statunitense e il Nikkei giapponese; un altro metodo di calcolo prevedeva l’inclusione di un solo titolo per ogni società quotata al prezzo di mercato (indice a pesi uguali).

La percentuale di retrocessione dell’indice era compresa in media tra il sessanta e l’ottanta per cento. A scadenza era anche prevista per il contraente la possibilità di percepire la somma sotto forma di rendita annua vitalizia.

Le index erano strutturate su diversi tipi di contratti vita, ma erano tipicamente correlate ai contratti di capitalizzazione. La liquidazione avveniva a scadenza o per riscatto, quest’ultimo previsto trascorso almeno un anno dalla sottoscrizione della polizza. In caso di riscatto veniva riconosciuto il valore di smobilizzo dell’obbligazione. Più precisamente, poteva essere corrisposto al cliente:

1. il valore di mercato dell’obbligazione;

2. una percentuale inferiore alla parità del suddetto valore;

3. il valore dell’obbligazione attualizzato per il periodo che mancava alla scadenza; 4. un capitale predefinito in funzione degli anni trascorsi.

Se il contratto avesse raggiunto la scadenza, il valore di liquidazione sarebbe stato pari al capitale maturato per la variazione dell’indice e del tipo di opzione. Se fossero state previste garanzie veniva corrisposto il valore maggiore tra il capitale suddetto e quello assicurato.

All’epoca questi contratti garantivano alla scadenza la corresponsione del capitale maggiorato della variazione di un indice di riferimento o del tasso minimo garantito, se la variazione del parametro sottostante fosse stata negativa; erano molto richieste dai risparmiatori che intendevano avvicinarsi ai mercati borsistici ma che allo stesso tempo volevano evitarne la rischiosità. Sotto questo potevano essere attratti dal rendimento garantito a scadenza e dalla possibilità di un aumento favorevole delle quotazioni.

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15 Ulteriore fattore di successo erano i benefici fiscali, mentre la sola controindicazione in termini di convenienza era rappresentata dalla scarsa liquidabilità ante scadenza dell’investimento.

La progressiva discesa dei tassi di interesse però rese meno appetibili questi prodotti, il cui rendimento minimo garantito era diminuito rispetto ai livelli delle emissioni pilota del 1996, che riconoscevano in alcuni casi l’integrale apprezzamento dell’indice sviluppatosi nell’arco temporale della durata del contratto, conosciute come “the summ of”.

Successivamente si sono infatti diffuse polizze con indicizzazioni meno costose, ma pur sempre interessanti, conosciute come “the best of”19, o indicizzazioni basate su medie mobili riferite al rendimento dell’indice in un certo periodo.

La quota percentuale dei contratti linked sul totale delle polizze vita raccolte tramite banche raggiungeva nel primo semestre 1998 un valore del 42,4%, Inoltre, sempre nello stesso periodo e considerando solo la raccolta dei premi vita delle imprese con distribuzione bancaria che avevano emesso queste tipologie di polizze, la quota delle polizze index e unit raggiungeva un valore pari a circa il 48% del totale.

Negli anni 2000 le polizze linked hanno registrato un buon successo commerciale fino alla crisi del 2007, che ha cambiato radicalmente gli scenari economici in tutto il mondo. Anche se a fine 2007 gli indici di solvibilità delle compagnie italiane si è dimostrato solido, il mercato vita ha registrato una decisa flessione e a soffrire maggiormente sono state le polizze linked, con un calo di vendite che ha toccato il 28%20 e contemporaneamente aumentavano i riscatti da parte dei clienti. Il default di grandi colossi finanziari come l’americana Lehman Brothers, a cui erano indicizzate alcune obbligazioni presenti nei contratti linked, ha creato un sentimento di sfiducia negli investitori. La riduzione della commercializzazione di tali prodotti si spiega anche per via della redditività molto bassa per le compagnie a fronte di rischi piuttosto elevati. Le polizze unit invece hanno retto meglio e ancora oggi sono preferite dagli investitori. Le polizze del terzo ramo avevano raggiunto quota 47,3% del mercato assicurativo nel 2007. Nel 2011 sono state per così dire riscoperte le unit linked21, senza che si registrassero segnali per le index: a tutt’oggi sembra che gli investitori si siano in gran

19 R. Russo, L’altra “faccia” delle polizze “index linked”, op. cit, p. 10.

20 M. Mangia, Il mercato italiano resta solido ma le polizze vita sono in frenata, in

www.ricerca.repubblica.it, 27/10/2008.

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16 parte disaffezionati verso questo modello contrattuale. Dopo la crisi e fino al 2012 la quota premi per le polizze collegate del terzo ramo è diminuita in media del 10%. La crisi ha determinato quindi una flessione generale nella vendita dei prodotti vita, anche se negli ultimi anni ci sono stati notevoli miglioramenti. C’è stata addirittura una crescita ininterrotta e a doppia cifra sia nel 2013 (+22%) che nel 2014 (+30%), ma da due anni a questa parte le stime dell’Ania hanno registrato una flessione e nei primi tre mesi del 2017 la produzione vita ha cominciato di nuovo a crescere, seppur con un trend inferiore al 2016. E proprio nel 2016 avevano sofferto soprattutto le polizze unit linked, pur essendo le più promosse dalle compagnie perché richiedono un minor assorbimento di capitale e offrono, al momento, alti tassi di interesse. All’inizio di quest’anno si è registrato un aumento nei premi delle unit pari a quasi il 39%22.

1.5 L’ultima frontiera: le polizze multiramo

Negli ultimi 3 anni una delle tendenze più diffuse per ridurre il livello di rischio è quello di proporre le cosiddette "polizze multiramo", prodotti che contengono una parte di polizza tradizionale (ramo primo del codice delle assicurazioni private) su cui c'è la garanzia di restituzione del capitale, e una parte di unit linked, potenzialmente in grado di dare un extra-rendimento23.

Su questi prodotti la vigilanza è affidata all'Ivass, coadiuvata da un coordinamento con la Consob.

A fine 2014 le polizze multiramo avevano già raggiunto il 13% della nuova produzione vita e il trend è in continua crescita.

Il 3 febbraio del 2016 l’Ivass e varie associazioni di consumatori hanno discusso della diffusione di queste polizze e della loro criticità. Infatti, a detta del presidente Rossi, possono risultare “di non facile comprensione per il cliente che potrebbe non essere consapevole di assumersi una parte del rischio”. L’Ivass ha rilasciato un comunicato stampa per consigliare i consumatori di porre attenzione agli aspetti critici del dell’informativa precontrattuale, prendendo il tempo necessario per leggere bene a casa il fascicolo informativo ed evitare così di acquistare un prodotto senza capire il reale

22 Il mercato delle polizze perde slancio ma le unit linked schizzano del 39%, di Mariano Mangia, in Economia & Finanza, www.repubblica.it, 15/05/2017.

23 Allarme europeo sulle polizze unit linked. “Tutti i rischi a carico dei sottoscrittori”, di Vittoria Puledda, in “Economia & Finanza”, www.repubblica.it, 11/01/2016.

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17 funzionamento, valutare i rischi che si è disposti ad assumere, in quanto questi ultimi gravano sull’assicurato, fare attenzione ai termini utilizzati che possono far nascere dubbi sulle effettive garanzie, non sottovalutare le procedure di profilatura del cliente e tenere conto di tutti i costi nel corso della durata contrattuale.

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18 CAPITOLO II

IL RISCHIO E LA FUNZIONE PREVIDENZIALE NEI CONTRATTI LINKED 2.1 Introduzione.- 2.2 Il rischio e l’art. 1895 c.c.- 2.3 Il rischio demografico e i possibili altri rischi presenti nel contratto.– 2.4 Il rischio secondo i regolamenti Isvap.– 2.5 Opinioni in dottrina sul trasferimento del rischio.- 2.6 La funzione previdenziale nei contratti vita.– 2.7 La funzione previdenziale nelle polizze rivalutabili e nelle polizze del terzo ramo.– 2.8 Il ruolo sistematico dell’art 1923 c.c.

2.1Introduzione

Secondo l’articolo 1882 c.c., appartenente al Titolo “delle obbligazioni e dei contratti”, “l’assicurazione è il contratto con il quale l’assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”.

Il dato che salta subito all’occhio è che in una sola nozione si parla del contratto di assicurazione, ma in base alla prestazione dell’assicuratore si distingue tra assicurazione danni – rivalere un danno prodotto da un sinistro - e assicurazione vita – pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.

La definizione di assicurazione sulla vita prevista da questo articolo viene richiamata nel primo ramo dell’art. 2 cod. ass., ed è da considerare connotato da una struttura aleatoria e contemporaneamente da una funzione previdenziale: configura infatti un meccanismo che attribuisce un peso giuridico ad una situazione di incertezza, rappresentata dalla sopravvivenza dell’assicurato a una certa data o dalla sua morte, che presuppone la nascita di un bisogno di tipo economico.

2.2 Il rischio e l’art. 1895 c.c.

Il rischio è l’elemento chiave di un contratto di assicurazione: risulta essere indispensabile alla validità e all’efficacia del contratto stesso.

La norma di riferimento è l’art 1895 c.c.: “il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto”.

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19 L’operazione assicurativa in generale non avrebbe senso senza la presenza di un rischio24. Ne consegue che, per essere considerato come contratto di assicurazione sulla vita, qualsiasi negozio proposto da un’impresa di assicurazione deve contemplare la necessaria presenza di un rischio relativo alla vita umana e la corrispondenza tra il pagamento della prestazione da parte dell’impresa e l’evento attinente alla vita umana; la prestazione deve essere certa e capace di far fronte alle esigenze previdenziali dell’assicurato nel momento in cui si verifica l’evento prestabilito25.

Per rischio demografico si intende lo scostamento tra la durata della vita umana del soggetto assicurato e la durata media della vita della popolazione26. Il rischio si verifica sia quando la durata della vita dell’assicurato sia inferiore alla media statistica (rischio premorienza), sia nel caso in cui sia superiore (rischio longevità).

Dobbiamo inoltre considerare il fatto che l’evento assicurato si possa verificare in futuro. In altri termini il suo accadimento deve potersi verificare nella realtà: questo implica che deve essersi già verificato in passato.

Se invece non si ha certezza sulla possibilità di realizzazione di un evento, e quindi non è neanche possibile misurare le probabilità che possa verificarsi, allora si fa riferimento all’incertezza: non si hanno serie storiche di dati, l’evento a cui si fa riferimento non si è mai verificato, quindi non è possibile sapere se si possa verificare in futuro.

Ad oggi riferirsi al meccanismo assicurativo significa contemplare rischi che si possono verificare e successivamente misurare, cosa che invece risulta impossibile per i fatti incerti: quindi un evento possibile nel verificarsi si trasforma in rischio e con la tecnica assicurativa si cerca di trasformarlo in probabilità misurabili.

All’autorità di vigilanza, l’Isvap (divenuta in seguito Ivass), sono state attribuite le facoltà di prescrivere informazioni supplementari alle imprese di assicurazione, informazioni reputate necessarie per assicurare agli assicurati la piena comprensione degli elementi essenziali del contratto. E proprio con la circolare n. 332/1998, l’Isvap aveva ribadito il carattere necessario della presenza del rischio demografico27, affermando come non potessero essere qualificate come contratti di assicurazione sulla

24 A. Donati–G. Volpe Putzolu, Manuale di diritto delle assicurazioni, op. cit., p. 115–119.

25 P. Corrias, Sulla natura assicurativa oppure finanziaria delle polizze linked: la riproposizione di un

tema, in Banca Borsa Titoli di Credito, Anno LXXVII, Fasc. 4 – 2015, p. 459.

26 Sul concetto di rischio demografico e rischio finanziario si veda Le polizze linked come prodotti

finanziari e la forma scritta del contratto, di V. Sangiovanni, in Contratti, 2012, 5, p. 357 (nota a sentenza).

27 L. Bugiolacchi, I prodotti “finanziari assicurativi”: considerazioni in tema di qualificazione giuridica e

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20 vita quelle polizze le cui condizioni contrattuali rendevano l’erogazione delle prestazioni indipendenti dalla durata della vita umana. Il concetto è stato ribadito dall’Ivass con il regolamento n. 29/2009: “sono ricompresi nel ramo vita III, se direttamente collegati a fondi di investimento ovvero ad indici azionari o altri valori di riferimento, solo i contratti di assicurazione sulla durata della vita umana di cui al ramo I”28. “I contratti di cui al comma 1 sono caratterizzati dalla presenza di un effettivo impegno da parte dell’impresa a liquidare, per il caso di sopravvivenza, per il caso di morte o per entrambi, prestazioni assicurate il cui valore, o quello dei corrispondenti premi, sia dipendente dalla valutazione del rischio demografico”29. Le operazioni che invece prevedono che le prestazioni dell’impresa siano collegate al valore delle quote di un OICR, al valore di attivi contenuti in un fondo interno, ad un indice azionario o a un altro indice di riferimento sono invece classificate come operazioni di capitalizzazione e ricomprese nel ramo V quando le condizioni contrattuali rendono indipendenti le prestazioni pagate dall’impresa di assicurazione da eventi attinenti alla vita umana e contemporaneamente sono previste garanzie di rendimento minimo sulle somme versate30.

Recentemente la Corte di Cassazione, in una sua sentenza31, ha riaffermato la centralità del ruolo del rischio demografico nei contratti previsti dal terzo ramo del codice delle assicurazioni, con la possibilità per il contraente di esercitare una serie di opzioni, come quella che prevede la corresponsione della somma sotto forma di rendita, che esaltano appunto quel rischio.

Un aspetto rilevante è che nella prima parte del primo comma dell’art. 2 del Codice delle assicurazioni, la legge richiede espressamente che le assicurazioni comprese nel terzo ramo siano quelle previste nei primi due rami: richiama quindi quei contratti inclusi nei primi due rami che sicuramente rispettano le previsioni dell’art. 1895 c.c., secondo il quale “il contratto è nullo se il rischio non è mai esistito o ha cessato di esistere prima della conclusione del contratto.”

La Suprema Corte ha inoltre proceduto ad una distinzione con il rischio presente nei contratti finanziari: il rischio, in questi ultimi, concerne la performance del prodotto e

28 Art. 6, comma 1, regolamento Isvap n.29/2009. 29 Art. 6, comma 2, regolamento Isvap n.29/2009. 30 Art. 9 regolamento Isvap n.29/2009.

31 F. Dorigiola, La Cassazione sulle Linked life policies e sulla disciplina riferibile ai contratti stipulati prima

dell’entrata in vigore della legge n. 262 del 28.12.2005. Nota a Cass. Civ., Sez. III, n. 6061 del 18.04.2012,

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21 rimane in capo all’investitore, non dipende dal fattore tempo ma dalle dinamiche dei rendimenti dei titoli, dei mercati finanziari e dalla solvibilità degli emittenti.

Inoltre è stato nuovamente precisato che il rischio è un elemento causale solo nel contratto di assicurazione, mentre nei contratti d’investimento il rischio rientra nel contratto ma non ne è causa.

2.3 Il rischio demografico e i possibili altri rischi presenti nel contratto

I rischi presenti nelle polizze collegate hanno diversa natura. Si è già precisato che il rischio demografico è l’unico rischio che deve essere assolutamente presente nel contratto, in quanto elemento fondamentale di un contratto di assicurazione sulla vita. Già nel 1998 il regolamento Isvap n. 332/D prevedeva che non potevano essere qualificati come contratti di assicurazione sulla durata della vita umana e quindi inclusi nel terzo ramo dell’art. 2 del codice delle assicurazioni private, le polizze le cui condizioni contrattuali rendevano l’entità e l’effettiva erogazione delle prestazioni da parte dell’impresa di assicurazione indipendenti dalla durata della vita del soggetto assicurato32. Dalla stessa circolare si potevano desumere già presente nella circolare Isvap n. 332 D/1998; i rischi descritti sono gli stessi. Nella circolare del 1998, a proposito del rischio di investimento a carico dell’impresa, non esisteva alcuna definizione né nelle direttive comunitarie né nelle leggi di recepimento; tale rischio è inteso come rischio che gli attivi non producano un rendimento sufficiente o non conservino un valore tale da consentire all’impresa di soddisfare l’impegno contrattuale assunto nei confronti del contraente.

Gli altri rischi presenti nelle polizze collegate li desumiamo dal regolamento Isvap n. 19 del 14 marzo 2008.

Il rischio di investimento può essere articolato a sua volta in tre profili:

1) rischio di performance: è il rischio che il valore degli attivi destinati a

copertura delle riserve tecniche non sia tale da consentire la conservazione o la rivalutazione del capitale fino all’ammontare del minimo garantito: si tratta quindi del rischio derivante dal rilascio al contraente di una garanzia di rendimento minimo o di conservazione del capitale;

32 P. Corrias, Previdenza, risparmio ed investimento nei contratti di assicurazione sulla vita, in Riv. Dir.

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22 2) rischio di base: è il rischio che gli attivi a copertura non consentano di replicare

l’andamento del valore delle quote o degli attivi, o se si tratta di polizze index, dell’indice azionario o del diverso valore di riferimento. Si tratta del rischio di non poter far fronte alle prestazioni assicurate in funzione dell’andamento dell’indice di riferimento;

3) rischio di controparte: rischio che l’ente emittente non adempia ai propri

obblighi contrattuali.

2.4 Il rischio secondo i regolamenti Isvap

Anche il rischio di investimento, secondo la circolare n. 332/D del 1998 doveva rimanere a carico dell’impresa. Tuttavia, nel caso in cui le prestazioni assicurative fossero direttamente collegate al valore di un attivo detenuto dall’impresa, i tre profili di rischio potevano essere totalmente espunti dalla sfera dell’impresa e posti a carico dell’assicurato: in questo caso doveva essere indicato che l’impresa non offriva alcuna garanzia di rendimento minimo, e che anche la perdita di valore dell’attivo di riferimento dovuto all’insolvenza dell’emittente si poteva ripercuotere sull’assicurato. Inoltre, le condizioni di polizza che non prevedevano garanzie finanziarie minime potevano riscontrarsi anche nel caso di contratti con prestazioni legate al valore di fondi di investimento interni all’impresa o fondi esterni.

Per quanto riguarda il rischio di controparte, anche questo poteva essere trasferito in toto sull’assicurato, sia in caso di fondi interni all’impresa, sia nel caso le quote fossero collegate a fondi esterni. Così il deprezzamento delle quote dovuto all’insolvenza degli emittenti dei titoli contenuti nei fondi si poteva ripercuotere sulle prestazioni spettanti all’assicurato.

La differenza tra il concetto di rischio di investimento sopportato dall’assicurato e rischio sopportato dall’impresa era connessa alla composizione delle riserve tecniche e al differente trattamento contabile: per individuare la presenza di tale rischio sopportato dall’assicurato occorreva far riferimento alla variabilità, parziale o totale (relativa alla presenza o meno di garanzie di risultato dell’investimento), dell’entità delle prestazioni dovute allo stesso assicurato in funzione delle fluttuazioni del valore delle quote, degli attivi di fondi di investimento, o degli indici azionari o valori di riferimento.

Con la circolare n. 451/D del 2001 veniva stabilito che le riserve tecniche relative ai contratti linked con prestazioni collegate a indici azionari o altri valori di riferimento

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23 dovevano essere rappresentate con la massima approssimazione dalle quote rappresentanti il valore di riferimento o da attivi con adeguata negoziabilità che corrispondessero nel maggior modo possibile a quelli su cui si basava il valore di riferimento. Inoltre, considerata la necessità di delimitare in qualche modo i rischi di investimento sopportati dagli assicurati, veniva disposto che le prestazioni non potevano essere collegate a indici o altri valori costruiti su derivati su merci, anche se contenuti in attivi strutturati.

La maggior complessità e diversificazione dei profili di rischio richiedeva un’informativa più dettagliata: era previsto uno schema fisso di nota informativa a cui le imprese dovevano attenersi e si raccomandava di evitare l’utilizzo di termini quali “garanzia”, “garantito” o simili, qualora le garanzie non venissero effettivamente rilasciate dall’impresa stessa.

Anche in questo caso l’assicurato poteva risultare esposto al rischio finanziario, nei suoi profili di rischio di cambio, rischio collegato ad una variazione del rapporto di cambio tra due valute, che poteva incidere sul valore di un bene espresso in una valuta estera, di rischio di interesse, che si sarebbe manifestato attraverso variazioni del valore delle attività sensibili alle variazioni nei tassi di interesse33, o quello già citato di controparte: andava indicata l’eventuale assenza di garanzie di rendimento minimo e il caso in cui le prestazioni potevano risultare inferiori al premi pagati dall’assicurato. Le garanzie erano espressamente definite tali solo se comportavano l’assunzione del rischio di investimento da parte della compagnia di assicurazione.

Doveva inoltre essere indicato con caratteri grafici di maggior evidenza la circostanza per cui l’ammontare pagabile in caso di riscatto non fosse garantito dall’impresa, essendo legato alla solvibilità dell’emittente titolo; quindi il deprezzamento del valore dello strumento finanziario, dovuto all’insolvenza dell’emittente poteva essere attribuito in capo al contraente.

Le variazioni negative degli indici potevano essere tali da determinare, durante il corso del contratto, riduzioni effettive o potenziali delle prestazioni a scadenza superiori al 50% dei premi pagati: in tal caso l’impresa avrebbe tempestivamente comunicato la situazione al contraente.

Nella stessa circolare era espressamente dichiarato che il rischio di controparte connesso all’inadempimento dell’emittente lo strumento finanziario poteva essere attribuito

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24 all’assicurato, ma, secondo la circolare n. 332/D del ’98, poteva essere trasferito al contraente il rischio connesso al deprezzamento di valore dello strumento finanziario cui erano collegate le prestazioni ma non il rischio che l’emittente non rimborsasse all’impresa di assicurazione, in parte o in tutto, il valore dello strumento finanziario. Anche la circolare n. 474/D del 2002 contemplava la possibile assenza di garanzie di rendimento minimo offerte dall’impresa all’assicurato, con la diretta conseguenza che le prestazioni potessero essere inferiori ai premi pagati. Le garanzie di carattere finanziario potevano essere definite tali solo se il rischio di investimento fosse stato sopportato dall’impresa di assicurazione.

La circolare n. 551/D del 2005 prevedeva anch’essa che il rischio di investimento potesse venir attribuito all’assicurato. Difatti, qualora il valore delle quote, nel caso delle polizze unit, si fosse ridotto di oltre il 30% rispetto al totale dei premi investito, tenuto conto di eventuali riscatti, le imprese dovevano darne comunicazione al contraente entro 10 giorni lavorativi. Anche per le index vi era un’analoga previsione, qualora il valore dell’indice di riferimento avesse potuto determinare una riduzione del valore di riscatto di oltre il 30% dei premi investiti.

Questa breve esposizione sul complesso delle circolari Isvap che si sono succedute nel tempo mette in luce il fatto che già dal ’98 questi prodotti prevedessero l’attribuzione dei rischi di investimento in capo agli assicurati, ma dà anche atto all’autorità di vigilanza di essersi sempre preoccupata di intervenire per far sì che nei contratti si potesse capire meglio la parte che avrebbe sopportato interamente i rischi diversi dal rischio demografico. Gli interventi dell’autorità hanno permesso così che venisse esplicitato in maniera inequivocabile se i contratti prevedessero garanzie o meno, evitando allo stesso tempo termini che potessero confondere i contraenti34 sul fatto che tali prodotti potessero offrire garanzie finanziarie anche quando non fossero previste e hanno permesso agli assicurati di poter essere informati in concomitanza di una diminuzione di una certa percentuale del valore di quote o di indici di riferimento35.

2.5 Opinioni in dottrina sul trasferimento del rischio

Si è già detto che il rischio risulta essere indispensabile alla validità e all’efficacia del contratto di assicurazione e che in mancanza di esso si può invocare la nullità del

34 Sezione II Circolare n. 451/D, 2001. 35 Art. 15 circolare n. 551/D, 2005.

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25 contratto. Si è anche visto che i rischi nelle polizze linked sono di diversa natura, e solo il rischio demografico è il rischio rilevante per qualificare giuridicamente un contratto assicurativo linked.

Una tesi36 prevede che il trasferimento del rischio di investimento sull’assicurato non elimina il rischio demografico, in quanto la prestazione dell’assicuratore collegata al valore delle quote di riferimento avverrà nel momento in cui si verifica l’evento assicurato; il caso in cui la quota perdesse completamente il suo valore e quindi l’assicuratore non dovrebbe corrispondere la prestazione, sarebbe un caso limite che comunque non escluderebbe il rischio demografico. Inoltre, secondo la stessa autrice, le polizze linked senza garanzie non trovano riscontro nel mercato ed è anche previsto che il valore delle quote venga aumentato di qualche punto percentuale per garantire la natura assicurativa del contratto.

Una tesi completamente opposta37 afferma che non ci si trova di fronte a contratti assicurativi quando il premio dovuto e la prestazione dell’assicuratore vengano calcolati in base a un tasso di interesse sul premio versato e non tenendo conto del calcolo demografico attuariale.

Un altro autorevole opinione38 ritiene che nelle polizze del terzo ramo senza garanzia o con parziale garanzia di restituzione del capitale manchi del tutto la funzione previdenziale e quindi si sostanziano in un negozio finanziario di puro investimento; nell’ipotesi di polizze con garanzia di restituzione dell’intero capitale sarebbe preservata in parte la funzione previdenziale, senza che il contratto rientri nel meccanismo assicurativo.

A modesto avviso dello scrivente, è difficile poter immaginare che la funzione previdenziale delle suddette polizze possa venir rispettata quando il rischio di investimento sia tale da determinare prestazioni delle compagnie inferiori o anche pari ai premi versati dagli assicurati.

36 G. Volpe Putzolu, Manuale di diritto delle assicurazioni, Giuffré, Milano, 2000.

37 Gambino, Finalità e tendenze attuali delle assicurazioni sulla vita, in Ass., 1985, 1, p. 483. 38 P. Corrias, Sulla natura assicurativa oppure finanziaria delle polizze linked: la riproposizione di un

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26 2.6 La funzione previdenziale nei contratti vita

Tra le figure contemplate nei sei rami vita39 presenti nell’art. 2 del Codice delle assicurazioni, si può fare una distinzione per quanto riguarda la natura di tali contratti. Ai contratti del primo ramo (le assicurazioni sulla durata della vita umana), del secondo (assicurazioni di nuzialità e natalità) e del quarto (assicurazioni di lunga durata per il rischio di invalidità grave) va riconosciuta una natura propriamente assicurativa e una causa previdenziale; le polizze collegate del terzo ramo sono invece caratterizzate da una causa mista previdenziale e finanziaria o esclusivamente dalla causa di investimento, i contratti di capitalizzazione del quinto ramo sono caratterizzati unicamente da una funzione di risparmio e di investimento e i contratti compresi nel sesto ramo sono caratterizzati da una natura esclusivamente finanziaria.

La funzione previdenziale è definita come generica quando esiste un collegamento sul piano giuridico tra l’erogazione della prestazione da parte di un soggetto che ha raccolto le risorse dal beneficiario della stessa e il verificarsi di un evento della vita umana: le risorse finanziarie sono quindi vincolate alla soddisfazione dei bisogni del beneficiario che si originano quando si verifica l’evento assicurato.

Questo “vincolo di destinazione” delle risorse accantonate è la caratteristica che permette la distinzione tra l’atto di previdenza in senso stretto dall’atto di puro risparmio, che si concretizza nel sottrarre una parte di reddito dal consumo corrente per poi averlo a disposizione in un momento futuro.

E l’art. 1882 c.c. delinea limpidamente il congegno aleatorio secondo il quale la corresponsione della somma promessa dall’impresa è subordinata al verificarsi di un evento incerto, in ordine all’an o al quando, evento idoneo a far nascere un bisogno economico relativo alla vita umana del soggetto beneficiario.

Secondo una sentenza della Cassazione40 “l’assicurazione sulla vita è connotata dalla funzione di previdenza e risparmio e, più precisamente del risparmio finalizzato alla previdenza”.

In questo modo la previdenza si realizza attraverso la forma negoziale del contratto, quale manifestazione della libertà contrattuale. L’assicurazione sulla vita adempie allora “a una funzione di previdenza, tanto se l’assicurazione sia fatta per un evento attinente

39 P.Corrias, Previdenza, risparmio ed investimento nei contratti di assicurazione sulla vita, in Riv Dir. Civ., 2009, p. 89 e ss.

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27 alla durata della vita umana diverso dalla morte dell’assicurato quanto se sia fatta per questo evento”41.

A questa finalità sono designate le assicurazioni previste al primo, al secondo e al quarto ramo del secondo articolo del Codice delle assicurazioni, per le quali la prestazione dell’impresa è collegata solamente al verificarsi dell’evento assicurato, non è pari alla mera restituzione dei premi corrisposti dall’assicurato ma risulta di importo superiore, per rispondere alle finalità previdenziali per le quali tali assicurazioni sono designate.

Queste fattispecie realizzano quindi l’esigenza dell’assicurato di ottenere una certa somma di denaro al verificarsi dell’evento assicurato, che sia sopravvivenza, morte, nuzialità, natalità o invalidità grave, evento foriero della nascita di un bisogno di tipo economico.

Un contratto di puro risparmio, invece, non può realizzare questa esigenza, perché si fonda sull’accantonamento di risorse finanziarie e sulla restituzione delle stesse con un importo aumentato in funzione della corresponsione del tasso d’interesse.

Il contratto di assicurazione sulla vita prevede invece lo scambio di una prestazione incerta futura, connessa all’evento assicurato, con una prestazione certa iniziale da parte dell’assicurato di importo sensibilmente inferiore.

Secondo un parere autorevole42, “il contratto di puro risparmio esige lo stesso costo come se il bisogno fosse certo, mentre l’assicurazione fornisce al minimo costo i mezzi per la soddisfazione di quel bisogno”, anche se c’è il rischio di perdere i premi conferiti qualora l’evento assicurato non si verifichi.

La causa previdenziale si realizza pienamente quando l’evento risulta incerto in ordine all’an, ovvero non si sa nemmeno se accadrà e se quindi nascerà l’obbligazione di prestazione da parte dell’impresa: l’accantonamento dei premi è destinato esclusivamente alla soddisfazione del bisogno contemplato della vita. Esempi di assicurazioni di questo tipo sono l’assicurazione di sopravvivenza e la temporanea caso morte.

Quando invece si è incerti sul quando, ovvero sul momento in cui verrà effettuata la prestazione da parte dell’assicuratore, che però risulta certa ma di importo variabile, ci si trova di fronte alle assicurazioni miste e all’assicurazione per il caso morte a vita

41 F. Santoro Passarelli, Rischio e bisogno nella previdenza sociale, (inedito), in P. Corrias, Previdenza, risparmio ed investimento nell’assicurazione sulla vita, in Riv. Dir. Civ., 2009, p. 93.

42 F. Santoro Passarelli, Rischio e bisogno nella previdenza sociale, (inedito), in P. Corrias, Previdenza, risparmio ed investimento nell’assicurazione sulla vita, op. cit., p. 93.

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28 intera. Questo tipo di assicurazioni sono connaturate da un’ottica di risparmio, in quanto, come si è già detto, la prestazione dell’impresa viene effettuata sicuramente, anche se non si può conoscere l’importo e il momento in cui verrà percepita dal beneficiario.

2.7 La funzione previdenziale nelle polizze rivalutabili e nelle polizze del terzo ramo

Le polizze rivalutabili sono modelli di assicurazione sulla vita caratterizzati da una componente finanziaria. Garantiscono infatti una rivalutazione annuale delle somme assicurate attraverso i rendimenti di una gestione separata, ovvero un investimento in strumenti finanziari. Restano comunque prodotti assicurativi perché conservano la loro funzione previdenziale, perché il pagamento della prestazione dell’assicuratore è relativo all’evento assicurato e l’ammontare della prestazione stessa può solo essere maggiore rispetto al totale dei premi pagati. Il contraente risulta essere partecipe ai rendimenti della gestione separata.

Per quanto riguarda le polizze linked del terzo ramo, in passato la presenza del rischio demografico non era sufficiente alla connotazione del contratto in termini previdenziali: anche il rischio di investimento doveva rimanere a carico dell’assicuratore, anche se erano previste eccezioni alla regola43.

Ad oggi il legislatore contempla quelle fattispecie contrattuali senza garanzie di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato per le quali il rischio di investimento è sopportato interamente dall’assicurato.

Quindi sono allo stesso tempo compatibili con la normativa i contratti nei quali è presente una garanzia di rendimento o di restituzione del capitale, in cui è rispettata la funzione previdenziale, e i contratti nei quali la rendita o il capitale sono collegati interamente all’andamento del mercato finanziario.

Un’autorevole dottrina44 definisce tali contratti come “contratti innominati di investimento”, sostenendo che quando l’an e il quantum della prestazione dell’impresa non dipendono dall’evento assicurato ma dal valore delle quote di OICR, fondi interni all’impresa o indici di riferimento, la stessa impresa sta svolgendo un’attività di

43 Paragrafo 2.4, pag. 22.

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