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Il contributo del Governo Italiano

Parte II: La dimensione economica della “chiusura del cerchio”

2. Come misurare l’economia circolare

2.4. Il contributo del Governo Italiano

In tale contesto, merita di essere segnalato il documento programmatico di novembre 2017 “Verso un modello di economia circolare per l’Italia”, redatto, congiuntamente, dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), “con l’obiettivo di fornire un inquadramento generale dell’economia circolare, nonché di definire il posizio-namento strategico sul tema”, in attuazione del quale sono stati avviati i lavori, ad inizio del 2018, “con l’obiettivo di individuare adeguati indicatori per misurare e monitorare la circolarità dell’econo-mia e l’uso efficiente delle risorse a livello macro, meso e micro”. Tale iniziativa nazionale si sta svi-luppando, per stessa ammissione del Governo, parallelamente a un’analoga iniziativa avviata dalla Commissione europea nel 2017, nell’ambito della quale è in corso di predisposizione il documento

“Quadro di monitoraggio per l’economia circolare” inteso a misurare i progressi compiuti verso un’eco-nomia circolare mediante 10 indicatori raggruppati in 4 macro aree (produzione e consumo; gestione dei rifiuti; materie prime secondare; competitività ed innovazione), da utilizzare per predisporre la re-lazione al 2020 sullo stato di avanzamento del “Piano d’Azione UE sull’Economia Circolare”. Si ritiene infatti condivisibile considerare attentamente le menzionate attività in corso a livello di Commissione europea, per evitare il rischio che si determinino a livello nazionale sovrapposizioni o, ancora peggio, scollamenti rispetto a orientamenti europei in fase di prossima finalizzazione, oltreché chiarire e mo-dulare, da subito, le ricadute dell’esercizio intrapreso in termini di future policy.

Tutto ciò premesso, i lavori avviati dalle istituzioni nazionali ed europee ci danno un’idea di come si ritiene opportuno procedere, dal punto di vista metodologico, per misurare l’economia circolare e, più in generale, l’uso efficiente delle risorse, ovvero attraverso l’utilizzo di indicatori.

Rispetto a tale iniziativa, Confindustria ha ritenuto opportuno raccogliere, fin dall’avvio dei lavori, le osservazioni puntuali dalla propria base associativa, evidenziando ai Ministeri preliminarmente l’im-portanza di individuare indicatori che siano scientifici e coerenti con la realtà del percorso di circola-rità realizzato e/o ancora da realizzare, prima ancora di poterli utilizzare come presupposti di politiche normative in campo di fiscalità ambientale.

Inoltre, in linea generale la scelta di tali strumenti dovrebbe essere orientata secondo la ricerca di un numero ridotto di indicatori a livello macro che però diano l’idea della direzione intrapresa, come, ad esempio, l’indice di produttività delle risorse. Infatti, si ritiene che l’espansione di modelli di business più “circolari” (ad esempio sharing e product as a service), come anche un maggiore sviluppo del-l’industria del recupero e del riciclo, si rifletteranno in un miglioramento di questi indici.

Tutto ciò premesso, si riportano qui di seguito le osservazioni al documento in corso di definizione da parte del Governo.

Campo di applicazione

Da una prima analisi del testo, innanzitutto, non risulta essere chiaro e ben definito il campo di appli-cazione di un futuro sistema di misura della circolarità. Infatti, le implicazioni possono essere ovviamente molto diverse a seconda se si stia parlando di prodotti, di servizi, di processi, di singole orga-nizzazioni o di filiere produttive. In funzione dello specifico campo applicazione è probabile che gli indicatori adeguati risultino diversi da un caso all’altro e, pertanto, in vista di un ulteriore revisione del documento, si ritiene che questa possa essere una potenziale traccia su cui approfondire lo studio. Definizione di circular economy e studi di sostenibilità

Come noto, l’economia circolare rappresenta una leva per il raggiungimento degli obiettivi di decarbo-nizzazione, in quest’ottica occorre valorizzare la relazione tra indicatori di sostenibilità e di circolarità

(soprattutto a livello micro) integrandoli. In tal senso, è bene segnalare, infatti, che una soluzione più “circolare” dovrebbe considerare anche gli impatti legati a variabili ambientali e relativi all’uso ef-ficiente delle risorse, attualmente non sviluppati (es. maggiori emissioni in atmosfera, consumi ener-getici o idrici). In aggiunta a ciò, si ritiene opportuno tenere in debita considerazione le prestazioni che il prodotto deve garantire all’utilizzatore, ad esempio in materia di salute e sicurezza.

L’utilizzo dei soli indicatori di tipo fisico ed economico e la focalizzazione sul prodotto, pur consentendo di valutare l’uso efficiente delle risorse impiegate nell’ambito della produzione, appare infatti parziale. Condividendo l’approccio adottato dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, infatti, riteniamo necessario individuare ulteriori indicatori che, oltre a misurare l’uso efficiente delle risorse, siano in grado di mi-surare la sostenibilità dell’intero processo in termini ambientali, tenendo anche in debita considerazione le prestazioni che il prodotto deve garantire all’utilizzatore (ad es. in termini di salute e sicurezza). Il documento in esame riporta un quadro di riferimento di tutte le tematiche ambientali attualmente in discussione, partendo da etichette ambientali e schemi certificativi ambientali, i quali utilizzano dati generati da analisi di Life CycleAssessment (LCA) che rientrano, appunto, nell’ambito degli indicatori di sostenibilità ambientale; occorre tuttavia che tali metodologie siano fondate su solide basi scienti-fiche per evitare pratiche di cd. “green washing”. Pertanto, si ritiene opportuno definire e chiarire cosa viene inteso per “circular economy”, oltreché approfondire il ruolo di strumenti come gli LCA.

Infatti, gli studi di sostenibilità (come appunto gli LCA) possono essere utilizzati, a livello Micro, come spunto per azioni concrete, mappando e definendo la fattibilità dei potenziali interventi su prodotti e servizi tenendo in considerazione l’intero ciclo di vita.

Si ritiene inoltre condivisibile il riferimento a studi di sostenibilità verificati da enti terzi (EPD, Ecola-bel etc.), nella misura in cui fornisce un valore aggiunto di credibilità allo studio.

Di conseguenza, andrebbero supportati gli studi di sostenibilità verificati da enti terzi, più autorevoli e credibili, quali le Etichette di Tipo I(basate sulla ISO 14024) e di Tipo III (basate sulla ISO 14025), sem-pre come punto di partenza per mappare il contesto e definire degli interventi concreti, fermo re-stando che tali verifiche non diventino obbligatorie per le imprese. In tale contesto, a livello Meso si possono considerare le EPD di settore.

Materiali permanenti

Un ulteriore aspetto da prendere in considerazione nella finalizzazione del documento per valutare la

cir-colarità è il riferimento ai cd. “materiali permanenti”40. Il materiale permanente, che può essere riciclato

40 Tale aspetto, di assoluto rilievo per misurare compiutamente la circolarità dei prodotti, è stato infatti opportunamente considerato nel documento "Verso un modello di economia circolare per l'Italia. Documento di inquadramento e di posizionamento strategico", pubblicato dal MATTM a novembre 2017. In tale documento, al capitolo

più e più volte senza perdere alcuna delle proprietà originarie, è da intendersi come una nuova catego-ria in grado di rappresentare il massimo grado della “circolarità”, completando l’attuale troppo sempli-cistica distinzione tra materiale riciclabile e non riciclabile o tra risorsa rinnovabile o non rinnovabile. Autorizzazione a livello regionale per il recupero e il riciclaggio

Infine, nel documento in esame non viene riportato un indicatore che si ritiene necessario se si vuole riportare in maniera coerente la realtà italiana, ovvero la capacità e/o facilità con la quale nelle diverse regioni italiane viene autorizzato il recupero ed il riciclaggio.

A tal proposito andrebbero quindi valutati:

• i singoli piani regionali di gestione dei rifiuti per verificare come, e se, le attività pianificatorie delle regioni sono volte a favorire il recupero ed il riciclo in funzione di un più efficace utilizzo delle risorse, posto che le risorse recuperate e riciclate vanno a sostituire le materie prime che sono per la mag-gior parte oggetto di importazione in Italia;

• i tempi e le modalità autorizzatorie per i recuperi ed i riciclaggi. Aspetti ambientali e sociali

Si ritiene indispensabile tenere in debita considerazione e in maniera diretta anche il complesso degli “aspetti ambientali e sociali”. Questo, specialmente in Italia, in cui le condizioni al contorno sono spesso differenti rispetto ad altri paesi europei. Si rischia altrimenti che gli indicatori penalizzino pro-dotti e servizi fatti e resi in condizioni oggettivamente diverse, ma spesso di valore elevato a livello tecnologico, culturale e sociale.

Aspetti economici

Di rivalutare l’inserimento di indicatori di carattere economico. Infatti, si ritiene che l’aspetto economico non rientri direttamente nella misurazione della circolarità: un prodotto può essere più o meno circo-lare a prescindere dalla sua redditività. La sostenibilità economica è ovviamente fondamentale, ma si tratta di una vista separata che non deve rientrare all’interno degli indicatori di circolarità che riguar-dano invece input e output di materia/energia e le modalità di utilizzo. Per fare qualche caso esempli-ficativo sui benefici economici legati alla circolarità, si possono costruire casi ad hoc ma non è praticabile inserire indicatori economici nel modello circolare in quanto lo si complicherebbe (andrebbe definito come calcolare il ritorno economico, etc). Va considerato, inoltre, che nessuna azienda misurerebbe la redditività in questo modo dato che già esistono indicatori economici specifici, e che nessuna azienda darebbe pubblica diffusione di dati così sensibili se non appunto attraverso casi realizzati ad hoc.

5.5 relativo proprio ai agli indicatori di circolarità (si veda grafico 15 e testo a pag. 52), il concetto di "% di riciclo permanente" è opportunamente inserito tra i fattori in input

A tal proposito si ritiene, inoltre, improbabile che un’azienda possa fare un’analisi economica completa e a consuntivo sui prodotti e soprattutto che questi dati possano venire diffusi. Si ritiene, quindi, che introdurre indicatori economici sarebbe estremamente complesso e non darebbe benefici concreti nella misurazione dell’economia circolare.

Rigore, trasparenza, confrontabilità dei risultati e semplicità applicativa

Altro aspetto da sottolineare è quello relativo alla richiesta, ribadita in più punti del documento, per la quale gli indicatori della misurazione dell’economia circolare, in particolare a livello micro, devono conciliare rigore, trasparenza, confrontabilità dei risultati e semplicità applicativa. Tali ca-ratteristiche sono, infatti, indispensabili nel caso in cui gli indicatori fossero utilizzati al fine di sup-portare l’applicazione di strumenti fiscalità, incentivi pubblici e di promozione della concorrenza sul mercato (cfr. al punto 5.5.2. del Documento “Verso un modello di economia circolare per l’Italia”). Cri-teri che non soddisfino adeguatamente questi requisiti minimi rischierebbero di alterare in modo grave il corretto funzionamento del mercato.

Audit di circolarità

A livello “micro” e “meso” un approccio complementare, o comunque alternativo, potrebbe essere quello di proporre uno o più schemi di audit della circolarità (prodotti, servizi, processi, orga-nizzazioni, filiere) da offrire al mercato come strumenti di miglioramento da adottare su base volon-taria. Tali strumenti potrebbero basarsi sia su aspetti di natura qualitativa che quantitativa, caratterizzati però da una sufficiente semplicità e flessibilità applicativa. Infatti, così facendo si po-trebbe andare ad aiutare gli operatori economici ad individuare criticità e opportunità in tema di cir-colarità delle proprie attività/prodotti/servizi ed a valutare, in termini di costi e benefici, le conseguenti possibili azioni di miglioramento.

La riflessione avviata con il lavoro sugli indicatori ci porta ad almeno di conclusioni, ovvero che la scelta di utilizzare unicamente indicatori non possa rappresentare, a livello metodologico, la scelta mi-gliore, se non anche accompagnata da una visione macro che dia la dimensione economica del fe-nomeno. Inoltre, nella scelta degli indicatori, sarà opportuno tenere in considerazione che l’economia circolare non è unicamente un fenomeno quantitativo, ma piuttosto un fenomeno quali-quantitativo. Inoltre, dall’analisi dei modelli e indicatori sviluppati per la misurazione dell’economia circolare pre-sentata in questo studio, emerge la mancanza di studi e strumenti utili a misurare e valutare la circo-larità a livello “meso”, ossia a scala regionale e di settore o filiera industriale. Da questo presupposto nasce l’idea di sviluppare una prima proposta di indicatori di circolarità per la filiera industriale ita-liana in modo tale da fornire alle associazioni industriali un primo strumento per valutare e monito-rare i propri progressi verso la transizione a un modello di sviluppo circolare. Di seguito si riportano i