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Il rapporto tra concorrenza ed efficiente gestione dei rifiuti

Parte I: L’importanza del contesto regolatorio

5. I Consorzi di gestione dei rifiuti

5.3. Il rapporto tra concorrenza ed efficiente gestione dei rifiuti

Dopo aver illustrato le novità introdotte con le nuove direttive sull’economia circolare e considerati anche gli imminenti lavori che interesseranno il recepimento nel nostro Ordinamento di tali disposi-zioni, a partire dai criteri di delega contenuti nella legge di delegazione europea che sarà presto por-tata all’esame del Parlamento, si rende necessario effettuare una riflessione sul rapporto che intercorre, nella gestione dei rifiuti, tra perseguimento degli obiettivi ambientali e la concorrenza.

“Adesso gli Stati membri hanno due anni di tempo per recepire tali direttive, mettendo in atto il prin-cipio cardine del pacchetto sull’economia circolare secondo cui i rifiuti non devono più costituire un

problema e un costo per aziende e cittadini, ma essere una risorsa di mercato”20, così afferma

l’Eu-rodeputata Simona Bonafè, relatrice del “Pacchetto economia circolare” al Parlamento UE ma, seb-bene nell’ambito della gestione dei rifiuti, tutela dell’ambiente e tutela dell’interesse di crescita del sistema produttivo dovrebbero essere obiettivi condivisi, non sempre ciò accade.

Questa problematica è stata ben rappresentata da una ricerca promossa dal CONAI e realizzata dal-l’Università LUISS - Guido Carli: “La gestione dei rifiuti di imballaggio in Italia: profili e criticità con-correnziali”, all’interno della quale, tra l’altro, di grande interesse è la riflessione in merito alla prestazione universale del servizio e il cd “Cherry picking”, che offre spunti di riflessione sull’attuale sistema nazionale consortile di gestione dei rifiuti.

In particolare, nel settore della gestione dei rifiuti, le principali problematiche concorrenziali relative

ai sistemi collettivi e alla corretta applicazione del principio della responsabilità estesa del produttore, attengono il rapporto di tali sistemi con gli operatori. In questo caso, “le principali preoccupazioni concorrenziali consistono nel controllo delle condizioni di accesso a tali sistemi, nell’impostazione di corrispettivi adeguati, nella effettiva possibilità di scelta per i produttori di aderire a sistemi

alterna-tivi o concorrenti”21

Anche rispetto alla capacità dello strumento consortile di far fronte alle responsabilità ambientali de-rivanti dalla gestione dei rifiuti, non sono mancate critiche relative alla scarsa concorrenzialità

pre-sente22 e ciò sia in ragione della mancanza di una effettiva alternativa quando parliamo di sistemi

consortili nazionali, sia per quanto riguarda le forme di finanziamento tramite i contributi che evi-dentemente, non rispondono in maniera adeguata al fine per cui sono stati istituiti.

La mancanza di efficienti sistemi alternativi, e quindi di un sistema efficiente dal punto di vista della concorrenza, è infatti dovuta alla necessità di garantire la cd “universalità del servizio” su tutto il ter-ritorio nazionale che rende, di fatto, i sistemi consortili esistenti i soli soggetti in grado di garantire la prestazione. Ciò però crea anche l’effetto distorsivo del cd “cherry picking” che, in estrema sintesi, è quel fenomeno per cui gli operatori del settore preferiscono operare in settori di gestione di rifiuti economicamente più vantaggiosi e, contestualmente, in aree del Paese dove il servizio risulta essere meno costoso. L’effetto distorsivo, che è sotto gli occhi di tutti, fa sì che molte aree del Paese risultino scoperte per quanto concerne la gestione di taluni rifiuti, con le ovvie conseguenze.

In tale contesto, evidentemente, l’Italia si presenta ai prossimi appuntamenti legislativi con un qua-dro legislativo confuso e non privo di visioni illogiche, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei materiali plastici.

Ad esempio, il modello di gestione degli imballaggi post consumo dovrebbe essere rafforzato e messo al riparo non già dalla concorrenza ma dal tentativo di “privatizzare” le frazioni economicamente van-taggiose, abbandonando la logica del “servizio universale” alla quale il cittadino ha diritto essendo colui che non solo finanzia il sistema ma che lo “alimenta” di materiali attraverso le raccolte differenziate. Peraltro, per i sistemi di gestione RAEE e Pile e accumulatori è attualmente riscontrabile un panorama notevolmente differente rispetto agli altri sistemi di gestione dei rifiuti, visto che sono numerosi i si-stemi consortili operanti in regime di libera concorrenza. Inoltre, onde evitare squilibri e sproporzioni tra i suddetti consorzi, l’operato di questi ultimi è coordinato da un Centro di Coordinamento, ovvero un organismo centrale indipendente che si occupa di ottimizzare un sistema capillare di raccolta, ri-tiro e gestione dei rifiuti in grado di coprire in modo omogeneo l’intero territorio nazionale. Tale mec-canismo ha dunque lo scopo di attribuire ad ogni consorzio un numero congruo di ritiri di rifiuti, siano

21 “La gestione dei rifiuti di imballaggio in Italia: profili e criticità concorrenziali”, Luiss Guido Carli, 2016

essi presso centri di raccolta pubblici o privati, distributori, installatori o utenze professionali, da ef-fettuare in base alla quota di mercato dei produttori aderenti ed in maniera uniforme sul territorio. Sulla base di quanto illustrato è quindi possibile desumere come tra gli effetti dell’attività dei Centri di Coordinamento sia possibile annoverare anche l’annullamento del fenomeno distorsivo “cherry picking” tra i sistemi consortili. Come infatti già accennato le operazioni dei consorzi sono regola-mentate allo scopo di garantire l’uniforme copertura della raccolta senza possibilità di limitazione alle aree maggiormente redditizie. Va inoltre aggiunto che la natura concorrenziale ed altamente com-petitiva dei sistemi RAEE e Pile non è comunque limitata al solo perimetro consortile: non possiamo non ricordare infatti che esistono altri soggetti che attualmente basano, legittimamente, la propria at-tività economica sulla gestione e raccolta di RAEE e pile e accumulatori. L’esistenza stessa di altri operatori garantisce dunque una continua spinta all’efficientamento e al miglioramento dei sistemi di raccolta nazionali; al contempo il rovescio della medaglia è tuttavia identificabile nella mancanza di bilanciamento tra la raccolta effettuata dai consorzi dei produttori e questi operatori esterni. Se di fatto risulta chiaro che il “cherry picking” fra consorzi è azzerato dall’operato dei Centri di Coordi-namento, il fenomeno risulta invece ampiamente riscontrabile tra gli operatori esterni che effettuano una selezione dei RAEE da gestire trattando unicamente i prodotti o componenti di maggior valore. Occorre, dunque, intervenire per assicurare un quadro legislativo caratterizzato da chiarezza e stabi-lità e puntare a standard qualitativi diffusi della raccolta differenziata, poiché solo con questi pre-supposti è possibile immaginare un vero e proprio sistema industriale per la raccolta, il riciclo meccanico e la produzione di combustibili solidi secondari (css).

L’Industria, nella sua accezione più vasta, può collaborare in sede di progettazione e realizzazione di manufatti che possano agevolmente trovare occasioni di riutilizzo in condizioni di sicurezza e un più semplice avvio a riciclo, ma nessuna opzione deve però essere esclusa poiché, è ormai diffusamente dimostrato, solo un coerente mix tra riciclaggio, chimico e meccanico, e recupero energetico può con-sentire di superare l’emergenza cronica del modello nazionale di gestione dei rifiuti urbani.

Per quanto riguarda COREPLA (Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imbal-laggi in plastica), ad esempio, il suo sistema di recupero e riciclo gestito è periodicamente alle prese con la necessità di aumentare l’ammontare del contributo ambientale, prima fonte di finanziamento. In particolare, il cosiddetto “deficit di catena” (ovvero il delta economico tra il contributo ambientale versato e il prezzo di vendita, che può anche essere negativo, del materiale riciclato) ha portato a una differenziazione del contributo che si sostanzia:

• in un contributo di importo inferiore a carico degli imballaggi industriali e commerciali (sui quali COREPLA svolge attività marginali essendo questi materiali gestiti da operatori detti “indipendenti”, ovvero Aziende private);

• in un contributo di importo intermedio a carico di contenitori per liquidi alimentari/detergenza/igiene personale;

• in un contributo di più alto importo per tutti i restanti imballaggi, compresi quelli altamente per-formanti ma costituiti per larga misura da poliaccoppiati e coestrusi o da imballggi di piccole/pic-colissime dimensioni che sfuggono facilmente alla selezione.

• Attualmente, le differenze tra le tre categorie di contributo ambientale si aggirano intorno ai 50 €/ton ma l’impostazione data ai criteri di calcolo del “deficit di catena” fa credere che questa dif-ferenza sia destinata ad aumentare, e anche in modo sensibile.

• Il prodotto per il quale il deficit di catena risulta più ridotto sono i contenitori per liquidi in PET e HDPE (sostanzialmente bottiglie e flaconi) prodotti che sono facilmente riconoscibili/conferibili nella raccolta differenziata oltre che accuratamente selezionati (neutro, azzurrato, colorato).

• I restanti prodotti sono sottoposti a selezioni molto meno accurate e in molti casi nemmeno sele-zionati e vanno a comporre varie frazioni quali “mpo” (misto poliolefinico), fil-s (film poliolefinici di peso/dimensioni ridotte) fino al cosiddetto “plasmix”.

Da ciò deriva che il sistema consortile:

• è costretto a raccogliere manufatti che per dimensione e/o composizione non possono che, allo stato tecnologico, confluire in un mix destinato, comunque a titolo oneroso, alla combustione in impianti pubblici o privati: tanto varrebbe quindi avviarli direttamente a questi processi, evitando, anche in termini ambientali, costose operazioni di raccolta, trasporto, selezione e preparazione;

• sottopone ad accurata selezione solo un materiale, il PET, rendendolo disponibile in forma altamente selezionata: il deficit di catena di questo materiale è particolarmente basso perché è supportato anche dal contributo versato da quei materiali/manufatti processati con sistemi più “grossolani”; • sottopone a selezione solo quei manufatti/materiali, disponibili in quantità consistenti stante la

ne-cessità, non si sa quanto oggettiva, di alimentare impianti con capacità di migliaia di ton/mese: oc-corre che la ricerca applicata sviluppi progetti anche per le frazioni “minori” e che la “taglia” degli impianti, almeno in via provvisoria/sperimentale, venga diversamente valutata.

Sarebbe quindi auspicabile:

• rivedere il principio giuridico che obbliga il Sistema consortile a raccogliere “sempre, tutto e ovunque”; • avviare un Tavolo Tecnico con gli Operatori della selezione che in Italia costituiscono

• incentivare, in attesa di soluzioni più avanzate come il riciclaggio chimico, soluzioni impiantistiche di minori dimensioni.

Il modello di calcolo del contributo recentemente introdotto rischia di essere contestato e di andare a costituire un ulteriore elemento di criticità, dato che il Sistema industriale ha solo apparentemente “assimilato” il principio contributivo.

Va, infine, sottolineato che il “sospetto” di versare un contributo ambientale a fronte del quale non viene reso un servizio, nemmeno in termini di “promozione” della sostenibilità di alcuni imballaggi, aggrava la percezione negativa, diffusa tra le Imprese, di un Sistema consortile così connotato. Un panorama notevolmente differente, rispetto a quanto illustrato finora, è invece riscontrabile per i sistemi di gestione RAEE e Pile e accumulatori che vedono un sistema nazionale contraddistinto da vari sistemi consortili operanti in libera concorrenza tra loro.

• Nel caso del sistema RAEE nazionale è infatti possibile individuare ben 14 sistemi collettivi, il cui elenco è liberamente consultabile dal sito del Centro di Coordinamento RAEE, operanti in regime concorrenziale tra di loro.

• Per quanto riguarda il sistema pile e accumulatori sono attualmente attivi sul territorio nazio-nale 15 sistemi collettivi e 2 sistemi individuali, per i quali analogo elenco è reperibile sul sito del Centro di Coordinamento Pile e Accumulatori.

La natura concorrenziale dei sistemi collettivi è ben rappresentata nelle differenze a livello di eco-contributo applicato e costi di mantenimento richiesti, nonché nella natura e qualità dei servizi offerti ai produttori aderenti. Onde evitare squilibri e sproporzioni tra i suddetti consorzi, l’operato di questi ultimi è coordinato da un Centro di Coordinamento, ovvero un organismo centrale indipen-dente che si occupa di ottimizzare un sistema capillare di raccolta, ritiro e gestione dei rifiuti in grado di coprire in modo omogeneo l’intero territorio nazionale. Tale mec-canismo ha dunque lo scopo di attribuire ad ogni consorzio un numero congruo di ritiri di rifiuti, siano essi presso centri di raccolta pubblici o privati, distributori, installatori o utenze professionali, da ef-fettuare in base alla quota di mercato dei produttori aderenti ed in maniera uniforme sul territorio. Sulla base di quanto illustrato è quindi possibile desumere come tra gli effetti dell’attività dei Centri di Coordinamento sia possibile annoverare anche l’annullamento del fenomeno distorsivo, del “cherry picking”, tra i sistemi consortili. Come infatti già accennato le operazioni dei consorzi sono regola-mentate allo scopo di garantire l’uniforme copertura della raccolta senza possibilità di limitazione alle aree maggiormente redditizie.

Va inoltre aggiunto che la natura concorrenziale ed altamente competitiva dei sistemi RAEE e Pile non è comunque limitata al solo perimetro consortile, non possiamo non ricordare infatti che esistono

altri soggetti che attualmente basano, legittimamente, la propria attività economica sulla gestione e raccolta di RAEE e pile e accumulatori. L’esistenza stessa di altri operatori garantisce dunque una continua spinta all’efficientamento e al miglioramento del sistema di raccolta nazionale a condi-zione ovviamente che anche per questi operatori vengano applicati i medesimi obbli-ghi di rendicontazione dei flussi gestiti (principio All Actors). Diversamente i flussi non gestiti dai consorzi dei produttori continuerebbero ad essere non contabilizzati all’interno dei target di rac-colta, comportando una sottostima del volume reale di RAEE raccolti e gestiti nel nostro Paese. Il deficit maggiore, in particolare per il sistema RAEE nazionale, è infatti da ricercare in fenomeni in-dipendenti dal controllo dei produttori che spaziano dalla sottrazione illecita dell’in-tero apparecchio, alla cannibalizzazione dei componenti, fino alla semplice gestione non opportunamente rendicontata. Sono ormai numerosi gli studi che indicano come la causa del carente e difficoltoso raggiungimento dei target sia da ricercare nei primi anelli della filiera della raccolta, anche all’interno dello studio “WEEE recycling economics” della United Nations Univer-sity, pubblicato a gennaio 2018, viene infatti confermato come oltre il 40% dei RAEE sia soggetto ai citati fenomeni.

L’efficientamento di entrambi i sistemi passa quindi dal rafforzamento del controllo nelle prime fasi della raccolta ed introduzione di obblighi di rendicontazione per tutti i soggetti della filiera, affinché sia possibile computare nel target di raccolta nazionale le reali quantità di RAEE e pile gestite sul territorio. E’ un fatto, purtroppo, che una percentuale consistente dei RAEE nel nostro Paese sfugga al conteggio, sia per i fenomeni illeciti prima ricordati ma anche, laddove lecitamente ge-stiti, per irregolarità nella loro tracciabilità e computo, ad esempio per imputazione di codici CER errati per apparecchiature che dovrebbero afferire al circuito RAEE o anche per mancate rendicontazioni da parte di operatori per i quali gli attuali decreti nazionali non prevedono obblighi in tal senso.

6. UN POSSIBILE CANALE DI SBOCCO PER LE MATERIE PRIME - IL RUOLO DEL