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Parte I: L’importanza del contesto regolatorio

4. La normativa nazionale in tema di economia circolare e le opportunità del nuovo pacchetto

4.2. Sottoprodotti

Le disposizioni finora descritte consentono di introdurre i concetti di End of Waste e sottoprodotto, leve indiscusse per il passaggio ad una economia di tipo “circolare”.

A livello normativo, la definizione di “rifiuto” è attualmente contenuta nell’articolo 183, comma 1, let-tera a) del Codice dell’ambiente, a mente del quale è rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.

A ben vedere, pertanto, il criterio primario su cui ruota il concetto di rifiuto è quello del “disfarsi”; suc-cessivamente è necessario verificare che quello scarto sia o meno presente nell’elenco di cui all’arti-colo 185 Codice Ambiente, che disciplina le esclusioni dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti, per valutare se si è di fronte a un sottoprodotto (articolo 184-bis), ovvero a un “End of Waste”, la cui disciplina si rinviene nell’articolo 184-ter.

Con riguardo al sottoprodotto, è importante, in primis, sottolineare che, diversamente dall’EoW, questo non passa mai per una fase in cui siamo in presenza di un rifiuto, ragione per la quale nessuno si “disfa” del sottoprodotto. In particolare, l’articolo l’articolo 183, lettera qq) del d.lgs. n. 152 del 2006 definisce sottoprodotto “qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo

184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-184-bis, comma 2”8.

Pertanto, andando all’articolo 184-bis comma 1 del d.lgs. n. 152 del 2006, notiamo che “ È un sotto-prodotto e non un rifiuto ai sensi dell’ articolo 183 , comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i re-quisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a im-patti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

Il successivo comma 2 della medesima disposizione, prevede poi che sulla base delle condizioni sopra riportate possono essere adottate misure per stabilire criteri quali-quantitativi per specifiche sostanze od oggetti da considerare sottoprodotti e non rifiuti.

Proprio in relazione a ciò è da segnalare l’entrata in vigore il 2 marzo 2017 del D.M. n. 264 del 2016, previsto per l’appunto dal comma 2 dell’articolo 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006. Il suddetto Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti, ha provato a chiarire la portata interpretativa delle disposizioni di cui al Codice dell’ambiente, assicurando una maggiore uni-formità applicativa quale l’ambito di applicazione e la portata del D.M. stesso che, in ossequio al comma 2 dell’articolo 184-bis, può intervenire solo per “specifiche tipologie di sostanze o oggetti”. E, infatti, il decreto non fa riferimento a particolari categorie, ma è solo negli allegati al medesimo che reca disposizioni circa le biomasse residuali destinate all’impiego per la produzione di biogas in impianti energetici e per la produzione di energia mediante combustione. Successivamente, la Dire-zione Generale competente del Ministero dell’ambiente, con Circolare del 30 maggio 2017 ha provato, in ragione dei tanti quesiti e dubbi sollevati con il D.M. sui diversi profili interpretativi ed operativi, a fornire taluni chiarimenti in modo da consentire un’uniforme applicazione dello stesso. In particolare, la Circolare chiarisce che il Regolamento di cui al D.M. n. 264 del 2016 non innova la disciplina generale di settore e, contestualmente, sottolinea che la qualifica di un residuo di produzione come sottoprodotto dipende sempre e comunque dalla sussistenza delle condizioni di legge. Il Decreto, chiarisce la Circolare, “non contiene né un “elenco” di materiali senz’altro qualificabili alla stregua di sottoprodotti, né un elenco di trattamenti ammessi sui medesimi in quanto senz’altro costituenti “normale pratica industriale”, dovendo comunque essere rimessa la valutazione del rispetto dei cri-teri indicati ad una analisi caso per caso, come anche precisato nell’articolo 1, comma 2 del Regola-mento, ai sensi del quale «i requisiti e le condizioni richiesti per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti sono valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze».

Viceversa, il Decreto in oggetto è stato pensato dall’Amministrazione, in attuazione dell’art. 184-bis, comma 2, come strumento a disposizione di tutti i soggetti interessati (operatori, altre Amministra-zioni, organi di controllo, etc.) per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigente per la qualifica di un residuo di produzione come sottoprodotto anziché come rifiuto. La sua finalità non è, dunque, quella di irrigidire la normativa sostanziale del settore, quanto, piuttosto, quella di consentire una più sicura applicazione di quella vigente.

La Circolare in esame chiarisce altresì che le disposizioni contenute nel Decreto escludono l’effetto vin-colante del sistema disciplinato e sottolinea come le modalità di prova indicate all’interno del mede-simo decreto non vanno intese come esclusive: “Rimane, quindi, ferma la libertà di dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti con ogni mezzo e con riferimento a materiali o sostanze diversi da quelli espressamente disciplinati negli allegati, anche mantenendo i sistemi e le procedure aziendali adottati prima dell’entrata in vigore del Decreto o scegliendone di diversi, ferma restando la vincolante applicazione delle pertinenti norme di settore”

La nota del Ministero dell’ambiente contiene, infine, importanti indicazioni circa le modalità di prova dei diversi requisiti di legge oltre che un fondamentale chiarimento in ordine alla nozione di processo di produzione, ossia quel “processo che trasforma i fattori produttivi in risultati, i quali ben possono essere rappresentati da prodotti tangibili o intangibili, di talché anche la produzione può riguardare non solo i beni, ma anche i servizi e comprende non solo i processi tecnologici di fabbricazione dei com-ponenti del prodotto e il loro successivo assemblaggio, ma anche processi di supporto all’attività di trasformazione, come manutenzione, controllo di processo, gestione della qualità, movimentazione dei materiali, ecc.. Conclusioni similari – con specifico riguardo a quanto qui di più prossimo interesse – sono state confermate anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen., sent. n. 41839 del 2008; Consiglio di Stato, sent. n. 4151/2013).”

Nel paragrafo successivo viene analizzato il D.P.R. 120/2017 in materia di terre e rocce da scavo, men-tre nel paragrafo 8, relativo alle proposte, viene riportato, a titolo esemplificativo, un approfondimento tec-nico utile ad avviare una discussione per definire specifici criteri per la qualifica di sottoprodotti.

4.2.1. Terre e Rocce da scavo

Passi in avanti verso la realizzazione dell’economia circolare sono avvenuti anche in tema di terre e rocce da scavo che, ad oggi, non sono più classificati come rifiuti, bensì come sottoprodotti, grazie al-l’emanazione del D.P.R. n. 120 del 2017. Tale nuova disciplina, che di seguito si va a descrivere avrà certamente forti impatti in tema di infrastrutture poiché permetterà, a determinate condizioni, il

riu-tilizzo di materiali con evidenti ripercussioni sia di tipo ambientale che economico.

Il 22 agosto 2017 è, infatti, entrato in vigore il “Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164” (D.P.R. 13 giugno 2017, n.120), pubblicato nella Serie Generale n. 183 della Gazzetta Ufficiale del 7 agosto 2017.

Le misure approvate affrontano gli aspetti più critici della materia con l’obiettivo di migliorare la tu-tela delle risorse ambientali e, al contempo, fornire certezza agli operatori anche attraverso la sem-plificazione della disciplina e la riunificazione in un unico provvedimento delle diverse norme in materia.

Più in dettaglio, il provvedimento è strutturato con l’obiettivo di riordinare e semplificare la disciplina inerente la gestione delle terre e rocce da scavo (articolo 1), con particolare riferimento:

a) alla gestione delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti (Titolo II), ai sensi dell’ar-ticolo 184-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, provenienti da cantieri di grandi di-mensioni (Capo II), di piccole didi-mensioni (Capo III) e di grandi didi-mensioni non assoggettati a VIA o a AIA, compresi quelli finalizzati alla costruzione o alla manutenzione di reti e infrastrutture (Capo IV), nonché le disposizioni comuni ad esse applicabili (Capo I);

b) alla disciplina del deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti (Titolo III); c) all’utilizzo nel sito di produzione delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti (Titolo IV); d) alla gestione delle terre e rocce da scavo nei siti oggetto di bonifica (Titolo V).

A tali disposizioni specifiche si aggiungono disposizioni a carattere generale (Titolo I), quali l’intro-duzione di ulteriori definizioni rispetto a quelle contenute negli artt. 183 e 240 del d.lgs. n. 152 del 2006 e le esclusioni, nonché (Titolo VI), norme che regolano il transitorio e le abrogazioni della pre-cedente disciplina (D.M. n. 161 del 2012, articolo 184-bis, comma 2-bis, d.lgs. n. 152 del 2006, artt. 41, comma 2 e 41bis d.l. n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 98 del 2013). A tale ultimo riguardo, si segnala, in particolare, che il Regolamento prevede che i progetti per i quali alla data di entrata in vigore del provvedimento in commento è in corso una procedura ai sensi della nor-mativa previgente restano disciplinati dalle relative disposizioni. Per tali progetti, tuttavia, è fatta co-munque salva la facoltà, per l’impresa interessata, di presentare, entro centottanta giorni decorrenti dal 22 agosto, gli adempimenti semplificati previsti dalla nuova disciplina.

mo-dello di “controllo ex post”, basato su meccanismi di autocertificazione da parte degli operatori (sia per le cd. “grandi opere” che per i cantieri di dimensioni ridotte) e sul rafforzamento del sistema dei controlli, eliminando il precedente sistema di “controllo preventivo”, che prevedeva, di contro, un iter amministrativo ad hoc per il rilascio di autorizzazioni alla gestione delle terre e rocce da scavo. L’obiet-tivo della norma è di evitare i lunghi tempi di attesa. Dai rilievi effettuati con riferimento alla disci-plina previgente, è emerso, infatti, che i tempi di attesa delle suddette autorizzazioni hanno oscillato dai 6 ai 18 mesi, ma in diversi casi si sono superati i 2 anni di attesa per avere l’assenso alla gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti.

Il Regolamento prevede anche la possibilità di un’interazione tra imprese e Amministrazioni deputate ai controlli prevedendo che, fin dalla fase di predisposizione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, le prime possano confrontarsi con le Agenzie regionali e provinciali di protezione ambientale per le preliminari verifiche istruttorie e tecniche, anticipando lo svolgimento dei controlli previsti per legge. Ulteriori semplificazioni riguardano:

a) l’unificazione e semplificazione degli adempimenti previsti per il trasporto fuori dal sito delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti. In particolare, si prevede l’eliminazione dell’obbligo della comunicazione preventiva all’autorità competente relativa ad ogni trasporto avente ad oggetto terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti e generate nei cantieri di grandi dimensioni, nonché l’unificazione e la semplificazione degli adempimenti correlati all’obbligo di comunicare l’avvenuto utilizzo delle terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti;

b) la definizione puntuale delle condizioni per l’utilizzo, all’interno di un sito oggetto di bonifica, delle terre e rocce ivi scavate, nonché l’individuazione di procedure uniche per gli scavi e la caratteriz-zazione dei terreni generati dalle opere da realizzare nei siti oggetto di bonifica;

c) la disciplina specifica per il deposito temporaneo dei rifiuti costituiti da terre e rocce da scavo, che quindi comporterà per l’operatore una gestione separata e semplificata di tali rifiuti rispetto a quelli gestiti ai sensi dell’art. 183 comma 1 lett. bb);

d) le misure dirette a superare anche eventuali situazioni di inerzia da parte dell’amministrazione. Le disposizioni sono rivolte ad una platea particolarmente vasta, poiché le misure descritte riguar-dano sia le imprese che operano nel settore delle costruzioni, sia quelle interessate alla realizzazione e gestione di infrastrutture/reti e impianti produttivi, anche sui siti oggetto di bonifica.

Nel medio e lungo periodo l’intervento consentirà sia di rafforzare la competitività delle imprese che la tutela dell’ambiente attraverso:

a) la riduzione dei costi connessi all’approvvigionamento di materia prima dovuta ad un maggiore ri-corso all’utilizzo delle terre e rocce come sottoprodotti;

b) la riduzione dell’utilizzo di materiale di cava;

c) la riduzione del ricorso allo smaltimento in discarica.