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I controlimiti alle limitazioni di sovranità ex art 11 Cost.

1.10. Principi inderogabili in ordine agli assetti sovranazional

1.10.1 I controlimiti alle limitazioni di sovranità ex art 11 Cost.

L’esigenza di salvaguardare i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale ed i diritti inviolabili della persona nei confronti delle norme comunitarie, emerge contemporaneamente al riconoscimento della capacità dell’ordinamento comunitario di prevalere sulle norme interne anche in materia di competenze e di esercizio dei poteri dello stato300. In tal senso, la sentenza n.98 del 1965 costituisce la prima pronuncia in cui la Corte costituzionale affronta il problema di conciliare la tutela dei diritti fondamentali con quello che allora, era

296 V.CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale I, p.103 ss.

297 Se si considera l’articolo 138 Cost., quale norma strumentale, espressione di una delle forme di

esercizio della sovranità popolare ex art. 1 Cost., si deve escludere la possibilità di abrogare tale principio attraverso il procedimento di revisione costituzionale. F. SORRENTINO, Corte

costituzionale e Corte di giustizia delle Comunità europee, Milano, 1970, p.114.

298 C.MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico II, Padova, 1975, p. 1243-44 e C.MORTATI, La

Costituzione in generale, in Enciclopedia del Diritto, Vol.XI, Milano, 1962, p. 215 ss.

299 SORRENTINO, op. ult. cit. p.119.

lo stato di avanzamento del processo d’integrazione europea.

La questione su cui la Corte costituzionale viene chiamata ad esprimersi, attiene la legge di esecuzione del Trattato Ceca nella parte in cui (art. 2 della legge 25 giugno 1952 n. 766) recepisce gli articoli 33 comma secondo, 41 e 92 ultimo comma del Trattato. Questa è ritenuta contrastare con gli art. 102 (divieto di istituire giurisdizioni speciali) e 113 Cost. (diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi).

Profili d’illegittimità vengono rinvenuti dai ricorrenti nelle disposizioni del Trattato che stabiliscono la competenza esclusiva della Corte di giustizia a sindacare sui ricorsi proposti dagli imprenditori nei confronti dell’Alta autorità, nonché sul fatto che tali ricorsi siano limitati al solo motivo di sviamento di potere. Dubbi di costituzionalità vengono, inoltre, avanzati in riferimento al deferimento alla Corte di giustizia di ogni decisione sulla sospensione dell’efficacia esecutiva delle deliberazioni dell’Alta autorità che impongono prestazioni di carattere pecuniario301. In particolare, l’attribuzione di competenze esclusive in tali ambiti in capo alla CGCE, andrebbe a configurare una violazione del diritto dei cittadini alla tutela giurisdizionale da parte dei giudici italiani. La Corte Costituzionale si pronuncia per la non fondatezza della questione ponendo come premessa al suo ragionamento, il rapporto di netta separazione che esiste tra ordinamento comunitario ed ordinamento interno. Gli articoli 102 e 113 Cost. attengono, infatti, la sfera di tutele attribuite all’individuo in riferimento alla sua posizione nell’ordinamento interno e non a quella che invece lo riguarda in quanto soggetto di un ordinamento esterno, qual è la CECA. Una volta, quindi, riconosciuto il potere degli organi della Comunità di incidere attraverso lo svolgimento delle attività rientranti nella loro sfera di competenza, sull’ordinamento interno, la Corte passa a precisare come gli effetti di tali attività non debbano però pregiudicare la tutela del diritto alla difesa giurisdizionale, diritto inviolabile, ai sensi dell’art. 2 Cost.302

301 Punto 1 della motivazione in diritto sentenza della Corte costituzionale n. 98/1965.

302 «Secondo la Corte, il rispetto di questi diritti costituisce un limite all’efficacia del diritto

comunitario in Italia e lo stesso sembra potersi dire dei principi costituzionali in genere, giacché la Corte per giustificare l’esclusività della competenza della Corte di giustizia, si è preoccupata di rilevare che essa non contrasta con i principi anzidetti. Potrebbe dunque sostenersi che questi, ed i diritti dell’uomo in particolare, formano un limite di ordine pubblico costituzionale, produttivo nei

Subito dopo, nell’affermare che la Corte di giustizia è costituita ed opera secondo regole corrispondenti alle linee fondamentali del nostro ordinamento, pur non riproducendone pedissequamente la normativa, il supremo giudice delle leggi, sembra ragionare partendo da una vera e propria presunzione di equivalenza tra il sistema di tutele giurisdizionali interne e comunitarie.

E’ stato osservato come, la parte in cui la sentenza n. 98 del 1965 configura la possibilità per le norme comunitarie di incidere sull’esercizio delle competenze statali, costituisca un primo importante passo compiuto dalla giurisprudenza costituzionale italiana, verso l’accoglimento del principio del primato del diritto comunitario sul diritto interno303.

Siamo ancora lontani dall’esplicito accoglimento delle limitazioni di sovranità in ambito legislativo, esecutivo e giudiziario enunciate nella sentenza n.173 del 1983, ma di certo è possibile rilevare l’avvio di una riflessione più complessa rispetto all’approccio ai rapporti tra ordinamenti che solo un anno prima la Corte costituzionale aveva inaugurato nella Costa -Enel italiana.

La stessa dottrina ha giustamente messo in evidenza come questo primo passo del “cammino comunitario” della Corte304 verso l’affermazione del primato, unito alla mancanza di una dimensione comunitaria di tutela dei diritti fondamentali e dei principi fondamentali, sia di matrice giurisprudenziale che costituzionale305, siano stati due fattori di cruciale rilievo ai fini dell’elaborazione della teoria dei controlimiti e dei successivi sviluppi che essa avrà sia in Italia che in Germania306. Ulteriori sviluppi della dottrina dei controlimiti sono rinvenibili nella sentenza n.173 del 1983. In essa la Corte costituzionale chiama in causa l’ipotesi di violazioni di principi fondamentali e si esprime su quali debbano essere confronti del diritto comunitario, di effetti paragonabili a quelli che un limite dell’ordine pubblico produce nei confronti delle norme straniere richiamate dalle disposizioni di diritto privato». M. MAZZIOTTI, Commento senza titolo alla sentenza n. 98/1965, Giur. Cost. 1965, p.1336.

303 CARTABIA, op. ult. cit. p.98.

304 Cfr. P.BARILE, Il cammino comunitario della Corte, Giur. cost, II, 1973, p.2406.

305 Il riferimento è all’assenza all’interno dei trattati istitutivi di disposizioni poste a tutela dei

diritti fondamentali dell’individuo.

306 Non è un caso che l’Italia e la Germania si siano trovate concordi nel sostenere tale dottrina. Si

tratta, infatti, di due paesi con ordinamenti giuridici a costituzione rigida che hanno affidato ad un organo di garanzia costituzionale ad hoc la difesa della costituzione, intesa quale vertice dei propri rispettivi sistemi delle fonti. Due sistemi giuridici che in tempi non lontanissimi avevano consentito il perpetrarsi di gravissime violazioni dei diritti fondamentali da parte di regimi dittatoriali.

considerati l’oggetto e gli effetti di una sua eventuale dichiarazione d’incostituzionalità per violazione dei controlimiti.

Richiamando la teoria della separazione degli ordinamenti e il contenuto dell’articolo 134 Cost., la Corte esclude la possibilità di sindacare in via diretta la conformità di un regolamento con le disposizioni sui diritti fondamentali ed i principi del nostro ordinamento.

Nel caso in cui una norma direttamente applicabile andasse a confliggere con i valori fondamentali della Costituzione, sarebbe necessario verificare la compatibilità del Trattato, per il tramite della legge di esecuzione, con i suddetti principi, dunque, oggetto del giudizio non sarebbero le norme comunitarie, bensì, quelle disposizioni interne che le hanno recepite.

A fondamento di tale sindacato si pone la premessa, secondo cui la partecipazione alla Comunità Europea, in base al dettato dell’articolo 11 Cost., risulta legittimata dal fine di perseguire obiettivi di pace e di giustizia. Un regolamento che si ponesse in contrasto con il nucleo essenziale della Costituzione pregiudicherebbe la finalità di giustizia rendendo tale limitazione di sovranità costituzionalmente ingiustificata307.

La Corte presume che, dovendo la Comunità perseguire in primis finalità di natura economica, risulta difficile ipotizzare che un regolamento possa incidere in materia di rapporti civili, etico -sociali, politici. Il ricorso ai controlimiti appare concepito come una extrema ratio a cui fare riferimento nel caso si configuri una violazione ripetuta e sistematica di disposizioni in materia di diritti fondamentali o un netto contrasto con i principi fondanti l’ordinamento comunitario. In tal caso sarebbe giustificato colpire con una pronuncia di illegittimità costituzionale l’intera legge di esecuzione dei trattati. Pochi anni dopo, identico ragionamento sarà richiamato in un obiter dictum alla sentenza n. 170 del 1984308.

Facendo seguito a quanto fin qui detto, pare corretta la posizione di chi ritiene che in questa fase il rispetto dei diritti e dei principi fondamentali costituisca una condizione di costituzionalità delle limitazioni di sovranità ex. art.11 e quindi una condizione di costituzionalità dell’adesione dell’Italia all’ordinamento

307 M.CARTABIA E J.H.H.WEILER, L’Italia in Europa, Bologna, 2000, p.170.

comunitario309.

La Corte costituzionale tornerà ad esprimersi in materia di controlimiti alla fine degli anni Ottanta con la sentenza n. 232 del 1989310.

La questione di costituzionalità viene sollevata dal Tribunale di Venezia ed ha ad oggetto la prassi seguita dalla Corte di giustizia di limitare ex nunc (in analogia rispetto a quanto previsto all’articolo 174 del Trattato CE) gli effetti temporali delle proprie pronunce d’invalidità di regolamenti. Tale prassi, escludendo dalla dichiarazione d’invalidità tutte le situazioni sorte in epoca anteriore alla sentenza, compresa quella che costituisce l’oggetto del giudizio principale che ha dato origine alla questione pregiudiziale, viene presunta contrastare con l’articolo 24 Cost. (diritto alla tutela giurisdizionale) che pochi anni prima era stato annoverato dalla stessa Corte costituzionale tra i diritti inviolabili dell’uomo311.

A differenza delle precedenti sentenze in cui il problema della compatibilità dei principi e diritti costituzionali era contenuta in degli obiter dicta, nella sentenza n. 232 del 1989 la Corte costituzionale è chiamata ad esprimersi in modo diretto su un caso di pretesa violazione di un principio supremo.

Altra novità attiene l’oggetto del sindacato di legittimità costituzionale: mentre prima la Corte pareva orientata a giudicare sulla costituzionalità delle condizioni di persistenza del vincolo di adesione alla Comunità, e quindi ad esprimersi sull’intera legge di esecuzione dei trattati istitutivi, a partire da questa pronuncia cambia indirizzo. Le possibilità che violazioni di principi e diritti costituzionali si verifichino ad opera di atti normativi comunitari, non appare più come un’ipotesi remota o eccezionale. La Corte afferma, infatti, che: quel che è sommamente

improbabile è pur sempre possibile, cosicché si riserva la possibilità di sindacare

309 M.CARTABIA E J.H.H.WEILER, L’Italia in Europa, Bologna, 2000, p. 171 e M.CARTABIA,

Principi inviolabili ed integrazione europea, Milano, 1995, p. 110. Cfr. anche il ragionamento

esposto dal Sorrentino in tema di adesione ad organizzazioni internazionali ex art.11 Cost. Secondo l’autore, nel caso in cui un’organizzazione non andasse più a realizzare i fini previsti dall’articolo 11 Cost., il parlamento ed il governo conserverebbero comunque la possibilità di recedere denunciando il trattato. Non sarebbe, invece, ammissibile che, in costanza di un rapporto con l’organizzazione, imposto dalla Costituzione, essi deroghino con loro atti, alla legge di esecuzione in quanto attuazione del dettato costituzionale. F.SORRENTINO, Corte costituzionale e

Corte di giustizia delle Comunità Europee, Milano, 1970, p.100.

310 F.SORRENTINO, Le garanzie costituzionali dei diritti, Torino, 1998, p.114.

311 Sent. n. 18 del 1982. Vedi anche M.CARTABIA, Nuovi sviluppi “nelle competenze comunitarie”

della Corte costituzionale, Giur. Cost. I, 2, 1989, p. 1012 e F. DONATI, Diritto comunitario e

la conformità di norme del trattato, per come interpretate ed applicate dalle istituzioni comunitarie, con i principi ed i diritti sanciti dalla Costituzione italiana312.

E’ stato osservato che il sindacato della Corte potrebbe riguardare le norme di diritto derivato che abbiano fondamento nel trattato e che perciò ne costituiscano un’applicazione313. I controlimiti, concepiti all’origine come condizioni delle limitazioni di sovranità, diverrebbero una limitazione al primato del diritto comunitario314. Al contempo, il sindacato di costituzionalità sulle norme comunitarie, prima escluso dalla Corte costituzionale in ragione dell’incommensurabilità di norme appartenenti ad ordinamenti separati e distinti, viene ora ritenuto ammissibile facendo leva sulla legge di esecuzione, quale, norma ponte tra i due ordinamenti. Tale dottrina ha interpretato questa pronuncia come una tendenza di segno opposto al cammino comunitario percorso dalla

Corte, dalle origini fino al 1985. Fino ad allora la Corte aveva mostrato di volere

rinunciare ad intervenire in materia comunitaria, riservandosi di pronunciarsi solo in casi eccezionali. Di contro, con la sentenza n. 232 la Corte sembra fare un passo indietro, quasi a volersi riappropriare del sindacato sui casi di conflitto tra diritto interno e comunitario di cui si era riconosciuta titolare negli anni settanta315. Tale lettura non ci pare condivisibile, poiché la Corte costituzionale non mette assolutamente in discussione l’approccio alla soluzione dei conflitti tra fonti di produzione a cui era approdata nella sentenza n.170 del 1984. I conflitti tra diritto interno e diritto comunitario immediatamente applicabile continuano, infatti, a ricadere sotto la responsabilità dei giudici comuni, altro è il caso di contrasto tra principi e diritti fondamentali costituzionali da un lato, e norme comunitarie dall’altro. In tale ipotesi la Corte si riserva di esercitare il suo sindacato esattamente come è tenuta a fare quando in gioco vi sia la messa in discussione dei principi supremi dell’ordinamento. Di contro, ci sembra corretto leggere nella sentenza n. 232 del 1989 un ulteriore sviluppo del percorso

312 Punto 3,1 della motivazione in diritto sentenza della Corte costituzionale n. 232 del 1989. 313 M.CARTABIA, Nuovi sviluppi “nelle competenze comunitarie” della Corte costituzionale, Giur.

Cost. I, 2, 1989, p. 1015.

314 CARTABIA, Principi inviolabili, p.116. 315 CARTABIA, Nuovi sviluppi.., p.1020.

giurisprudenziale tracciato dalla Corte costituzionale in materia di controllo di costituzionalità delle norme di rango costituzionale.

Solo un anno prima, infatti, con la sentenza n. 1146 del 1988, la Corte, richiamando la problematica dell’esistenza di limiti alla revisione costituzionale, aveva precisato come essi debbano essere rinvenuti nei principi supremi dell’ordinamento, principi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali.

La Corte li individua nella forma repubblicana e nei valori supremi su cui si basa la Costituzione italiana,316 in particolare, ammettendo l’esistenza di principi dotati di un’efficacia superiore a quella costituzionale “ordinaria” viene postulata l’esistenza di una primazia nell’ambito delle disposizioni costituzionali.

A dimostrazione dell’avvenuta presa in considerazione di tale scala valoriale, la Corte, chiama in causa alcune sentenze nelle quali si doveva giudicare sulla conformità di disposizioni concordatarie e di disposizioni comunitarie, a disposizioni costituzionali in materia di principi e diritti fondamentali317. Da ciò è possibile dedurre come la Corte si sia espressa a favore di una sostanziale equiparazione delle leggi di esecuzione alle disposizioni di rango costituzionale, in quanto, pur avendo formale rango ordinario, esse risultano comunque sottoposte al vincolo del rispetto dei principi supremi dell’ordinamento, in ragione delle significative limitazioni di sovranità che dispongono, e della loro incidenza sull’ordine costituzionale delle competenze.

1.10.2 Accoglimento e superamento delle categorie classiche: la teoria del