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Conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età per i minori non

La conversione del permesso di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati al raggiungimento della maggiore età è competenza della già citata Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione che il 24 febbraio 2017 ha adottato le nuove “Linee Guida dedicate al rilascio dei pareri per la

conversione del permesso di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati al raggiungimento della maggiore età”105.

Le Linee Guida mirano a rendere uniforme sul territorio italiano l’attuazione dell’art. 32, comma 1 bis del d.lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione), per quanto concerne il rilascio del permesso di soggiorno ai maggiorenni entrati in Italia

104 T.U. 286/98, art. 6; art. 30, co.5; art. 32, co. 1

105 Le nuove Linee Guida integrano le precedenti “Linee Guida sui minori stranieri non

accompagnati: le competenze della Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione”, approvate con il Decreto direttoriale del 19 dicembre 2013.

come minorenni non accompagnati. La normativa prevede che tale rilascio sia subordinato al prosieguo di percorsi legati allo studio, accesso al lavoro subordinato o autonomo.

Per il rilascio del permesso di soggiorno di cui all’articolo 32, comma 1 bis del d.lgs. 286/1998, è necessario che il parere della Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione sia allegato all’istanza di conversione del permesso di soggiorno da parte dell’interessato, se maggiorenne, o dai soggetti che hanno la responsabilità dei minori ai sensi della normativa vigente.

“Il parere è un atto obbligatorio ma non vincolante, ai fini dell’adozione da parte della Questura territorialmente competente del provvedimento relativo al rilascio del permesso di soggiorno al compimento del 18esimo anno d’età”106.

I casi per i quali la richiesta di parere alla Direzione Generale dell’immigrazione e delle Politiche di integrazione non deve essere inviata riguardano i casi “dei minori

stranieri non accompagnati che risultino presenti in Italia da almeno tre anni, ammessi ad un progetto di integrazione sociale e civile per un periodo non inferiore a due anni; per minori stranieri affidati a parenti entro il 4° grado, anche se in possesso del permesso di soggiorno per minore età; per minori stranieri non accompagnati per i quali il Tribunale per i minorenni abbia ordinato il prosieguo amministrativo delle misure di protezione e di assistenza oltre il compimento del 18esimo anno di età; e per minori stranieri non accompagnati che al compimento del 18esimo anno di età siano in possesso di un permesso di soggiorno per asilo, per protezione sussidiaria o per motivi umanitari”107.

Nulla viene previsto per i minori stranieri non accompagnati, arrivati in Italia da meno di 3 anni, richiedenti protezione internazionale, accolti in Centri di assistenza straordinaria, non beneficiari di progetti di integrazione, che al compimento del 18esimo anno di età non sono in possesso di un permesso di soggiorno per asilo, per protezione sussidiaria o per motivi umanitari poiché hanno visto respinta la loro richiesta e inoltre, non possono dimostrare progetti di studio o di lavoro. Questo

106 Linee Guida dedicate al rilascio dei pareri per la conversione del permesso di soggiorno dei

minori stranieri non accompagnati al raggiungimento della maggiore età (articolo 32, comma 1 bis del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286)

107 Compiti della DGI in: http://www.lavoro.gov.it/temi-e-priorita/immigrazione/focus-on/minori

perché, magari, incanalati in percorsi di prima accoglienza e talvolta straordinari, in centri dell’immigrazione per adulti, non adatti alla tutela minorile, e spesso inconsapevoli delle implicazioni di una richiesta di asilo. I minori, per i quali la richiesta di asilo avviene in modo automatico saranno maggiormente penalizzati nel loro percorso di autonomia e lo status di richiedente asilo prevarrà sullo status del minorenne.

Va notato inoltre il caso dei minori in affidamento familiare per i quali l.’art. 32, co. 1 del T.U. 286/98 pone come unico requisito l’affidamento ai sensi dell’art. 2 della legge 184/83, e non fa riferimento né ai requisiti dell’ingresso da almeno 3 anni più il progetto da 2 anni, né al non luogo a provvedere al rimpatrio della DGI. Risulta chiaro come i minori richiedenti asilo o meno, che siano riusciti a entrare in progetti di affidamento familiare, siano nettamente avvantaggiati anche nel conseguimento del permesso di soggiorno, rispetto a tutti quei minori accolti in strutture di accoglienza per i quali invece è previsto di dimostrare requisiti ben più impegnativi. E cosi diventa di fondamentale importanza introdurre, nell’ambito del percorso di istruzione e formazione dei MSNA, attività che possano condurli, al compimento della maggiore età, verso settori di studio o lavoro in grado di offrire loro l’opportunità di una prosecuzione regolare de soggiorno (ossia, una conversione del permesso), pena la caduta nell’irregolarità proprio nel momento in cui i frutti del percorso integrativo (che ha impegnato comunque e a fondo energie e risorse proprie e delle istituzioni pubbliche), dovrebbero essere raccolti.

Capitolo quarto

OLTRE I CONFINI. LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Se le cause delle migrazioni forzate non rappresentano di per sé motivi sufficienti per il soggiorno regolare in Italia, esistono alcuni casi in cui i migranti arrivati attraversando illegalmente i confini possono essere regolarmente accolti. Si tratta di tutti coloro che vengono accolti temporaneamente in attesa di poter verificare i loro requisiti per la richiesta di protezione internazionale.

La questione dei richiedenti asilo ha cominciato a interessare l’Italia insieme agli altri paesi dell’Europa Occidentale a partire dagli anni Novanta, quando i grandi esodi dai Balcani e gli afflussi in provenienza dall’Africa e dall’Asia hanno coinvolto il paese. Erano gli anni della grande crisi albanese che determinò un arrivo di 48000 persone sulle coste pugliesi ma anche della guerra civile in Somalia e nei paesi dell’ex Jugoslavia, con un massiccio arrivo di sfollati durante la decada degli anni novanta108.

Agli anni novanta risalgono anche i primi strumenti legislativi italiani come la legge Martelli109 che nasceva con l’obiettivo di far fronte agli arrivi sempre maggiori sia di migranti economici sia di richiedenti asilo. Tuttavia la legge Martelli, nulla prevedeva per coloro che non avevano i requisiti per essere considerati rifugiati, né venivano regolamentati gli aspetti assistenziali per la loro permanenza sul territorio. E questo diventava un problema dal momento che molti di coloro che facevano richiesta di asilo non erano riconosciuti come rifugiati ma come persone che tentavano un ingresso nel paese. Per molti di coloro che erano arrivati in Italia

108

Bicchi R., Separated children. I minori stranieri non accompagnati, Franco Angeli, Milano, 2008, p. 32

109 D.L. 30 dicembre 1989, n. 416 (conv. con mod. in L. 28 febbraio 1990, n. 39), Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. Si tratta della prima

legge organica in materia di immigrazione e di asilo, successivamente abrogata dalla L. 40/1998 (ora confluita nel testo unico in materia di immigrazione), ad eccezione dell’art. 1, tuttora vigente, recante la disciplina dell’esercizio del diritto di asilo. Fino al 1998, dunque, sia la disciplina dell’immigrazione, sia quella relativa al diritto di asilo erano contenute in un unico provvedimento normativo; a partire da quella data la normativa in materia di immigrazione si è consolidata nel testo unico, mentre il diritto di asilo ha continuato a trovare il suo fondamento normativo in un provvedimento di carattere emergenziale come il D.L. 416/1989.

mancava, infatti, a detta della Commissione centrale, l'elemento della persecuzione individuale, trattandosi di situazioni di conflitto o di instabilità diffusa, condivisi da una comunità di persone110.

La conseguente risposta del paese nella gestione di questi flussi mirava a politiche emergenziali tese a ridurre il numero dei richiedenti asilo e ad assicurarsi che a essere ammessi nel paese fossero solo i veri rifugiati. Alcuni analisti ritengono che le nuove politiche restrittive e selettive possono aver inciso sulla diminuzione del numero di domande negli anni ma i profughi hanno continuato ad arrivare senza autorizzazione con la conseguenza che le migrazioni irregolari hanno sostituito le richieste di asilo111. Questo anche a causa delle numerose sanatorie che negli anni hanno rappresentato il principale strumento regolatore dell’immigrazione in Italia incentivando gli arrivi irregolari.