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Una diversa forma di accoglienza per i minori soli da quella delle strutture per i minori è rappresentata dall’affidamento familiare, vale a dire una forma di

accoglienza che consiste nell’inserimento temporaneo di un minore presso un nucleo familiare che non corrisponde a quello originario con l’obiettivo di garantirgli favorevoli opportunità di crescita e valide relazioni affettive, restituendolo eventualmente al suo ambiente familiare d’origine, quando questo risulti adeguato allo svolgimento della funzione genitoriale.

La famiglia affidataria a differenza di quella adottiva, non si sostituisce quindi del tutto alla famiglia di origine, ma l’affianca, supplendo alle sue funzioni, per il tempo necessario a rimuovere le problematiche che la caratterizzano84

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Tale istituto trova conferma nelle disposizioni della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989 e della Costituzione italiana, citate nei paragrafi precedenti, che promuovono lo sviluppo e la crescita del minore all'interno della propria o di un’idonea famiglia, ritenuta un nucleo essenziale in cui il minore possa ricevere la giusta protezione, oltre ad appropriate cure e ad una buona educazione. In Italia l'affidamento familiare è disciplinato principalmente dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 denominata Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori e dalla legge 28 marzo 2001, n. 14985, la quale modifica e aggiorna la precedente ma trova fondamento nella più ampia legislazione italiana relativa alla protezione e promozione dell’infanzia, dell’adolescenza e della maternità86.

La legge n. 184/83 promuove e sostiene l'istituzione familiare affermando all'art.1 che “Il minore ha diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia”; nel caso in cui il nucleo originario presenti delle difficoltà e non sia in grado di provvedere a un valido ambiente in cui il figlio possa crescere serenamente, la legge predispone l'affidamento a un'altra famiglia “possibilmente con figli minori, o ad

una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare” (art. 2). Questo tipo di

84 Cassibba R., Elia L., L’affidamento familiare. Dalla valutazione all’intervento, Carocci, 2007 85 Legge 28 marzo 2001, n. 149"Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Disciplina

dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, nonché al titolo VIII del libro primo del codice

civile"pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2001

86 Legge 4 maggio 1983, n. 184, “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” modificate

ed integrata dalla Legge 28 marzo 2001, n. 149; Legge 27 maggio 1991, n. 176, “Ratifica ed esecuzione delle Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 e il 28 agosto 1997; Legge 28 agosto 1997, n. 285, “ Disposizioni per la promozione di diritti ed opportunità̀ per l’infanzia e l’adolescenza”; Legge 8 marzo 2000, n. 53, “Disposizioni legislative in materia di tutela della maternità̀ e della paternità̀”; Legge 8 novembre 2000, n. 328, “ Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di sociali”.

intervento è stato privilegiato fin dal 1984, con lo scopo di ridurre il collocamento in istituti di assistenza e nelle comunità per minori.

L’affidamento familiare può essere principalmente di due tipi: consensuale e giudiziale.

In base all’art.4, comma 1 della L184/83 (cosi come modificata dalla L. 149/01), l’affidamento familiare consensuale “è disposto dal Servizio sociale locale e reso

esecutivo con decreto dal Giudice Tutelare, se i genitori del minore esercenti la responsabilità genitoriale o il tutore hanno manifestato il loro consenso e sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore in considerazione della capacità di discernimento”. Nell’esclusivo interesse del minore l’affidamento

può essere disposto anche dal Tribunale dei Minori (affidamento giudiziale) qualora manchi l’assenso dei genitori o del tutore.

Con l’affidamento familiare, il minore, quindi può essere affidato a un’altra famiglia, preferibilmente con figli minori, a una persona sola o a conviventi, purché l’affidatario sia idoneo a costruire con il minore un valido rapporto affettivo e educativo.

L’affidatario ha il compito di accogliere presso di sé il minore, provvedere al suo mantenimento, all’istruzione e all’educazione e occuparsi dei suoi bisogni affettivi ed educativi esercitando le funzioni che spetterebbero ai genitori per tutte le questioni di ordinaria amministrazione.

Lo spirito della legge che regola la questione dell’affido è basato sul convincimento che la separazione dal proprio nucleo familiare, qualora inidoneo o fisicamente lontano, offra al minore condizioni migliori rispetto a un collocamento in istituto, per soddisfare i bisogni di crescita, finché la sua famiglia acquisisca o riacquisisca le condizioni necessarie, anche se minime, per svolgere i compiti che le sono propri. La temporaneità dell’intervento presuppone il superamento delle difficoltà familiari e prevede, nei casi standard, il rientro del minore presso la sua famiglia di origine entro un tempo che dovrebbe essere definito all’interno del progetto di affido87.

87 Chistolini M., L’affido sine die e tutela dei minori. Cause, effetti e gestione. Franco Angeli, 2015

La legge definisce quindi, oltre alla priorità che deve acquisire la famiglia di origine, anche l'importanza nel garantire al bambino o al ragazzo un'educazione e uno sviluppo psico-fisico consono e valido attraverso il coinvolgimento di vari soggetti, tra i quali emerge la famiglia affidataria. Dal momento che il minore è privo di un ambiente familiare idoneo, egli ha diritto a crescere all'interno di una famiglia differente da quella originaria.

L'affido è considerato uno strumento prioritario all'interno del sistema di accoglienza, essendo la famiglia il suo punto di forza: essa è uno spazio privilegiato in cui il bambino o il ragazzo può sviluppare e definire la propria identità e crescere serenamente, divenendo una risorsa per tutti quei bambini che si imbattono in una situazione problematica88.

La famiglia rappresenta un contesto fondamentale e sicuro in cui costruire relazioni stabili e un'identità personale adeguata ad affrontare le sfide del mondo adulto, le paure e le delusioni che attraversano ognuno di noi; per di più ogni famiglia possiede il ruolo di “ponte” tra il bambino e la società, poiché attraverso la socializzazione89 la famiglia inserisce il figlio nella società e lo educa in modo che possa, di conseguenza, interagire con essa. Ogni bambino ha bisogno di vivere e crescere all'interno di un nucleo familiare idoneo, in grado di sostenere e rispettare le sue esigenze, sia i bisogni educativi ed affettivi particolari dell'età che le mancanze legate al disagio che sta vivendo.

L'affidamento risponde al “diritto del minore di crescere in una famiglia che sappia

aiutarlo a sviluppare le sue potenzialità, valorizzando le sue risorse”90.

La famiglia naturale non viene sostituita da quella affidataria, bensì quest'ultima si assume il compito di integrare alla funzione educativa esercitata dai genitori originari; gli affidatari, infatti, hanno un ruolo aggiuntivo e di affiancamento rispetto all'altro nucleo finalizzato ad offrire al ragazzo un esempio positivo e l'opportunità di crescere in un ambiente maggiormente adeguato a lui.

88 Centro ausiliario per i problemi minorili (a cura di), Nuove sfide per l’affido. Teorie e prassi.

Franco Angeli, 2012

89

Bramanti D., Le famiglie accoglienti. Un'analisi socio-psicologica dell'affidamento familiare, Franco Angeli, Milano, 1993, p.40.