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Coordinate generali dell’istituto

generali 3.2 Altre questioni legate all’impiego di consulenti tecnici in arbitrato 3.3 La consulenza in materia giuridica 4 Il giuramento 4.1 Compatibilità tra giuramento ed

1. Prove illecite e prove atipiche: ammissibilità e valutazione in arbitrato

2.1 Coordinate generali dell’istituto

La testimonianza, nel giudizio arbitrale come in quello ordinario, può rappresentare uno strumento determinante per il raggiungimento di un pieno convincimento del giudice. Il legislatore la ha menzionata specificamente anche con riferimento all’arbitrato e le ha dedicato alcuni commi dell’art. 816 ter.

Una prima considerazione attiene alla possibilità di escutere il teste direttamente presso la sua residenza od il suo ufficio. Il legislatore ha ritenuto opportuno consentire espressamente che l’audizione del teste possa svolgersi in luoghi di sua diretta disponibilità: una tale modalità di escussione potrebbe infatti suscitare maggiore collaborazione in un teste potenzialmente recalcitrante. Questa comodità dovrebbe infatti minimizzare il disagio per il testimone397: egli non dovrebbe infatti spostarsi per contraddittorio nel momento acquisitivo delle prove è rispettato, le valutazioni degli arbitri in ordine all’efficacia persuasiva dei singoli elementi non potranno quindi essere rimesse in discussione.

396 BOVE, L’istruzione probatoria nel processo arbitrale, il giusto processo civile, fasc. 4, 2014, p. 990 la

ritiene pacificamente ammissibile.

397 Con espressione gergale, potrebbe sostenersi che si tratti di un classico caso di “Se la montagna non va

a Maometto, Maometto va alla montagna”. L’ordinamento prevede una possibile ritrosia e consente agli

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prendere parte all’udienza, con proprio dispendio di tempo e denaro, bensì sarebbe l’udienza a tenersi direttamente presso di lui. La speranza sembrerebbe essere che, alla luce di questa comodità, il testimone possa mettere da parte l’eventuale reticenza e voglia collaborare volentieri per l’assunzione della prova.

In verità, si è notato in dottrina che la norma rappresenta più un suggerimento operativo che una vera e propria disposizione vincolante398: infatti, anche prima di questa esplicita specificazione, gli arbitri potevano autonomamente decidere di recarsi in luoghi diversi dalla sede dell’arbitrato per assumere la prova. Il potere di regolare il procedimento nel modo più opportuno comprende invero la possibilità di disporre l’acquisizione della prova in tal modo, senza che sia necessaria una precisa autorizzazione da parte del legislatore. Nel processo ordinario simili deroghe sono molto ridotte: la sede naturale dell’escussione è l’aula di tribunale mentre i casi di assunzione fuori dall’aula sono piuttosto rari: solo se “il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o ne è

esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali” (art. 255 c.p.c.).

In arbitrato, al contrario, gli arbitri sono più liberi di muoversi e potrebbero persino recarsi all’estero399 per l’acquisizione di determinati mezzi di prova, se all’uopo adeguatamente compensati.

Autorevole dottrina ha sostenuto che, anche in arbitrato, sarebbero pacificamente validi i limiti alla testimonianza previsti dal codice civile. In questo caso però, le parti avrebbero comunque il potere di derogarli con proprie determinazioni pattizie400. La larghezza delle maglie del sistema probatorio sarebbe calibrata sulla volontà dei contendenti: essi potrebbero consentire l’ingresso di testi originariamente inammissibili. Potrebbero, ma è più dibattuto, persino escludere alcuni dei testimoni che nel giudizio ordinario sarebbero pacificamente ammissibili: in questo caso occorre però valutare se e quanto siano rispettati i principi di ordine pubblico processuale.

Occorre dedicare al problema un breve approfondimento: nel processo civile ordinario la legge prevede espressamente alcuni casi di esclusione di questo mezzo di prova: si

398 SALVANESCHI, op. cit., p. 441.

399 SALVANESCHI, loc. ult. cit. Secondo l’Autrice, gli arbitri potrebbero recarsi anche all’estero per

acquisire la prova. Questa eventualità sembrerebbe un rimedio per via indiretta all’inservibilità, nell’arbitrato domestico, della rogatoria internazionale. Gli arbitri avrebbero la possibilità di spostarsi liberamente per ricercare i mezzi di prova nei posti più remoti.

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pensi all’incapacità di testimoniare ex art. 246401. La dottrina classica ritiene che queste limitazioni rispondano a ratio compatibili anche con l’arbitrato e dovrebbero trovarvi applicazione: “un sistema che sia dominato da tali orientamenti deve restarvi fedele

anche nell’arbitrato, se non vuole peccare di incoerenza” 402. Altra dottrina ritiene invece che “le massime di esperienza sottese a queste norme di legge e che si

impongono al giudice statale non si impongono anche all’arbitro”403: le preclusioni ed i limiti previsti dal codice civile alla testimonianza ed agli altri mezzi di prova non si applicherebbero automaticamente in arbitrato. In generale, sembrerebbe però essere possibile, per le parti, di raggiungere accordi su questi profili, purché siano rispettati il principio del contraddittorio e le garanzie dell’ordine pubblico processuale404.

In qualche caso, la giurisprudenza ha ritenuto che il tema dell’ammissibilità della testimonianza assuma una diversa prospettiva nell’arbitrato di equità: in questo caso verrebbe meno qualsiasi limite strutturale in ordine all’ammissibilità della testimonianza405. In quella sede, chiunque potrebbe essere chiamato a deporre su qualsiasi capitolo, senza incontrare limitazioni di sorta. In verità, la dottrina quasi unanime ritiene invece che la scelta dell’equità non abbia alcuna conseguenza sulla fisiologia della testimonianza in arbitrato406.

Può però accadere che siano le parti a volersi pronunciarsi per la sua esclusione. Eventuali limiti pattizi all’ammissibilità dei testimoni, nel silenzio della normativa, dovrebbero considerarsi validi407. Il potere di disciplinare la procedura con appositi

401 La norma vieta la testimonianza di chi vanta un interesse in relazione alla controversia che ne

legittimerebbe la partecipazione in qualità di parte.

402 RICCI, La prova nell’arbitrato rituale, cit., p. 87. 403 BOVE, op. cit., pp. 989 e s.

404 Un atteggiamento di apertura a fronte del potere normativo delle parti in riferimento all’ammissibilità

delle prove è mostrato, secondo BOVE, op. cit., p. 989, nt. 69 da FAZZALARI, op. cit., 69; PUNZI, op.

cit., 260-261; RICCI G.F., op. ct., 440; DANOVI, op. cit., 26.

405 Corte d’Appello di Roma, sentenza del 30 settembre 1985 in Archivio giuridico delle opere pubbliche,

1985, p. 86 s.

406 RICCI, E.F. in ALPA (a cura di), L’arbitrato: profili sostanziali, Torino, 1999, pp. 360 ss. e RICCI,

sub art. 816 bis c.p.c. in CARPI (a cura di) Arbitrato, Bologna, 2007, p. 388.

407 PUNZI, Disegno sistematico, I, cit., pp. 662 e ss. riconosce alle parti una ampia libertà nella disciplina

della procedura. Esse non solo possono abbattere ogni divieto di testimonianza, ma possono anche istituirne di nuovi, purché il contraddittorio sia preservato.

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accordi ex art. 816 bis dovrebbe infatti comprendere il diritto di limitare il ricorso a certi mezzi di prova. Gli arbitri non potrebbero obiettare, se, ad esempio, le parti in causa pretendessero che, per talune transazioni commerciali, la prova debba avvenire su basi documentali e non testimoniali. L’esercizio di questo potere è consentito a patto che “non renda eccessivamente difficile l’esercizio del diritto, pregiudicando l’indisponibile

diritto di difesa”408. Solo se ciò avviene, la limitazione contrasterebbe infatti con l’ordine pubblico e sarebbe inammissibile; in tutte le altre eventualità sembrerebbero non esserci motivi per escludere una limitazione convenzionale della testimonianza. Occorre infine considerare il modo in cui debba essere esaminato il teste in concreto. Il codice processuale detta norme ben precise con riguardo alle modalità di escussione: gli artt. 244-257. Se anche si sposasse la tesi per cui le norme non trovano automatica applicazione in arbitrato, molte di queste regole sarebbero comunque applicate. I precetti citati contengono infatti molti accorgimenti empirici relativi alla testimonianza che si seguono implicitamente per ragioni di comodità409.

La loro applicazione è suggerita quindi dalla concreta utilità pratica; non è però necessaria e ben si potrebbe procedere in diverso modo senza alcuna remora. Le parti o gli arbitri, nell’ambito dei rispettivi poteri di regolazione della procedura, potrebbero quindi liberamente ridisegnare le modalità di escussione del teste, differenziandole dalla prassi canonica del processo civile.

Esistono però due profili inderogabili sui quali non può influire nemmeno il potere regolamentare delle parti: la verbalizzazione ed il contraddittorio410. Sul contraddittorio, non si è mai dubitato. Quanto alla verbalizzazione, essa è necessaria per documentare lo svolgimento della testimonianza. Il verbale costituisce infatti una prova fondamentale

408RUFFINI-TRIPALDI, sub art 816 ter in BENEDETTELLI, CONSOLO, RADICATI DI BROZOLO (a

cura di), Commentario breve al diritto dell'arbitrato nazionale ed internazionale (a cura di), passim.

409 Si consideri, a titolo di esempio, l’art. 252. La norma prevede che, prima dell’escussione, il giudice

chieda al testimone di dichiarare la propria identità e di specificare eventuali rapporti di parentela o similari con le parti. Prevede poi che le parti possano subito fare osservazioni sull’attendibilità presumibile del testimone. Anche se la norma non fosse direttamente applicabile in arbitrato, è comunque pensabile che sia seguita implicitamente anche dal collegio arbitrale. Più che un precetto vincolante, l’articolo rappresenta infatti un accorgimento empirico che facilita il funzionamento dell’istituto: le informazioni richieste consentono infatti di redigere il verbale e di dare subito al giudice (o all’arbitro) una prima idea sulla credibilità del teste.

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dell’avvenuta escussione del teste: laddove non fosse redatto la testimonianza non sarebbe provabile esternamente. Sarebbe quindi tamquam non esset. In questo caso “si

è addirittura al di là della nullità, si è di fronte ad una situazione di inesistenza”411, la prova non potrà quindi essere considerata ai fini della decisione. Sulla verbalizzazione si dirà più approfonditamente nell’apposito paragrafo.

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