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L’assistenza giudiziaria per la testimonianza

QUESTIONI APERTE E DUBBI INSOLUT

3. Coercibilità delle decisioni della corte arbitrale in materia di prova

3.3 L’assistenza giudiziaria per la testimonianza

Prima della riforma del 2006, nessun precetto del codice processuale prevedeva forme di assistenza giudiziaria. Nonostante certa dottrina avesse tentato di eludere l’assenza di poteri coercitivi degli arbitri per altre vie, ad esempio attraverso l’istituto della dell’istruzione preventiva288, l’assenza di una qualsiasi forma di assistenza giudiziaria era stata a volte seriamente avvertita. La legge delega del 2005, nel rilevare quest’insofferenza, prevedeva finalmente in forma espressa l’introduzione di “adeguate

forme di assistenza giudiziaria”. I decreti attuativi hanno trasfuso questi intenti

nell’attuale comma terzo dell’art. 816 ter: “Se un testimone rifiuta di comparire davanti

agli arbitri, questi, quando lo ritengono opportuno secondo le circostanze, possono richiedere al presidente del tribunale della sede dell'arbitrato, che ne ordini la comparizione davanti a loro.”

Si tratta di una innovazione importante, anche se “timida”289, che ha assecondato critiche e rimostranze della dottrina storica290, e che ha cambiato il funzionamento dell’arbitrato. Peraltro l’assistenza giudiziaria, secondo la dottrina, sarebbe attivabile tanto nell’arbitrato rituale quanto in quello libero291, nonostante la formulazione testuale nulla dica in proposito.

L’assistenza è limitata al solo caso della testimonianza, richiede la soddisfazione adeguati requisiti preliminari ed è un mezzo solo opzionale, rimesso alla discrezionalità degli arbitri. Pur con queste limitazioni, si tratta di uno strumento effettivo per forzare la raccolta della prova. Si è detto che, per prove come l’ordine di esibizione o l’ispezione, il terzo ben potrebbe rifiutare la propria collaborazione, proveniendo la richiesta da un

288 Cfr. TARZIA, Istruzione preventiva e arbitrato rituale, in Rivista dell’arbitrato, 1991, p. 719 e ss. e

dello stesso autore TARZIA, Assistenza e non interferenza giudiziaria nell’arbitrato internazionale in

Rivista dell’arbitrato, 1996, p. 473.

289 RUFFINI, TRIPALDI, sub art. 816 ter, BENEDETTELLI., CONSOLO, RADICATI DI BROZOLO

(a cura di), Commentario breve al diritto dell'arbitrato nazionale ed internazionale, cit., p. 204.

290 G.F. RICCI in CARPI (a cura di), Arbitrato, Bologna, 2007, p. 426, CARPI, Il procedimento

nell’arbitrato riformato in Rivista dell’Arbitrato, 1994, fasc. 4, p. 672 ss. e CECCHELLA, Processo e il giudizio arbitrale in CECCHELLA, L’arbitrato, Torino, 2005, p. 174.

291 In dottrina, tra i moltissimi, BOVE, Arbitrato irrituale in MENCHINI (a cura di), La nuova disciplina

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giudice privato, nulla più di un quisque de populo. Se si sottraesse all’invito formulato per la testimonianza, invece, il giudice arbitro potrebbe rivolgersi al tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’arbitrato, perché il presidente provveda all’ enforcement dell’ordinanza.

Tuttavia, la norma prevede espressamente un requisito: è necessario che, prima di richiedere l’assistenza giudiziaria, l’arbitro abbia convocato il testimone con apposita ordinanza ed il suo invito sia rimasto inascoltato. Presumibilmente, il collegio arbitrale, nel momento della pronuncia dell’ordinanza di ammissione delle prove darà mandato alla parte più diligente di informarne il terzo e notificargliela. Solo in caso di rifiuto o di mancata comparizione, gli arbitri avranno la possibilità di formulare la richiesta al presidente di tribunale, nella quale dovranno indicare peraltro anche la data della nuova udienza292. Si deve dar conto di una seconda tesi però minoritaria, la quale ha decisamente sminuito l’importanza di questo requisito, ritenendo sempre e comunque ammissibile il ricorso all’assistenza legale giudiziaria anche in assenza di un precedente comportamento recalcitrante del testimone293. Se il testimone, regolarmente evocato in giudizio in questo modo dovesse nuovamente rifiutarsi di comparire in giudizio andrebbe ora incontro alle diverse sanzioni previste dal codice di procedura civile per il processo ordinario. A norma dell’art. 255, il testimone subirebbe una multa in danaro e ne potrebbe essere disposto l’accompagnamento coattivo294. Questa seconda eventualità trasfonde in arbitrato una forma di coercizione diretta efficace, diversa dalla assai più blanda contromisura della deducibilità di argomenti di prova prevista per altri mezzi. Il testimone sarebbe dedotto innanzi al giudicante direttamente dalla forza pubblica, attivata non dall’arbitro che è un quisque de populo ma dal giudice ordinario nell’interesse della pacifica e serena prosecuzione dell’arbitrato. Se, alla luce dell’art.

292 RUFFINI, TRIPALDI, sub art. 816 ter, BENEDETTELLI., CONSOLO, RADICATI DI BROZOLO

(a cura di), Commentario breve al diritto dell'arbitrato nazionale ed internazionale, cit.

293 NELA in CHIARLONI, Le recenti riforme del processo civile, II, Bologna, 2007, p. 1733. La tesi

sembrerebbe basarsi sull’assunto per cui il preventivo rifiuto è un requisito sostanzialmente opzionale. L’unico elemento di sicuro interesse sarebbe la rilevanza dei capitoli di prova sui quali il testimone è chiamato a deporre. Se la testimonianza è potenzialmente rilevante, la preventiva intimazione è semplicemente auspicabile, non necessaria.

294 DANOVI, L’istruzione probatoria nella nuova disciplina dell’arbitrato rituale in Rivista di diritto

processuale, 2008 p. 34, SALVANESCHI, Artt. 806-840 Dell’arbitrato, cit., p. 444, DITTRICHT, op. cit., p. 1171.

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252 del codice di rito rendere testimonianza innanzi all’ A.G.O. è un obbligo per il terzo, con la riforma del 2006 lo è diventato anche innanzi all’arbitro. Non è una innovazione da poco, se si considera che per il terzo l’obbligo di testimoniare può comportare un detrimento di risorse non insignificante dal punto di vista del tempo e delle spese.

Occorre specificare che, per gli arbitri, il ricorso all’assistenza giudiziaria è potenziale, non obbligatorio. Il legislatore ha rimesso ogni decisione a tal proposito esclusivamente al collegio, escludendo ogni potere delle parti, ma non ha precisato alcun criterio nello specifico. Si legge semplicemente nel Codice che gli arbitri “quando lo ritengono

opportuno secondo le circostanze, possono richiedere al presidente […]” di attivare lo

strumento. Quindi, non solo alle parti non è concesso intervenire direttamente nella decisione, ma gli stessi arbitri potrebbero volontariamente declinare questa possibilità. Non hanno alcun obbligo, se rilevano una ritrosia del testimone, di farsi assistere: devono valutare tutte le circostanze del caso e scegliere liberamente. In ogni caso, su quali siano le “circostanze” da porre alla base della decisione degli arbitri in ordine al ricorso all’assistenza giudiziaria, si sono avvicendate sostanzialmente due teorie.

Una prima tesi è più restrittiva e considera come unico requisito necessario la rilevanza della prova, secondo gli stessi criteri pensati per l’ordinanza di ammissione ad inizio del giudizio. Se la prova supera quindi il vaglio dell’ammissibilità sotto il profilo della rilevanza, sarebbe sempre consentito (e, quindi, forsanche dovuto) ricorrere al presidente del tribunale perché forzi la partecipazione del teste. Questa lettura discende da una considerazione preliminare: se il teste ha da riferire su capitoli determinanti per la decisione e può essere convocato con l’ausilio dello strumento dell’assistenza, rinunciare a questa possibilità lascerebbe il compendio probatorio inspiegabilmente mutilo di una sua componente fondamentale. L’eventuale inerzia dell’arbitro nel rivolgersi al giudice ordinario potrebbe in quest’ottica pregiudicare la completezza del piano probatorio e, dunque, la giustizia della decisione. La possibilità sembrerebbe quindi diventare obbligo295.

Una seconda tesi, a maglie più ampie, ritiene invece che nel novero delle circostanze da considerare possa ricomprendersi un gran numero di fattori relativi alla personalità del

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teste ed ai motivi della sua assenza. L’arbitro dovrebbe quindi tentare di comprendere il perché del rifiuto e valutare il ricorso al giudice con grande attenzione296. Tra gli elementi rilevanti vi sarebbero non solo i motivi di ritrosia, ma anche altri fattori esterni, quali lo svantaggio derivante dalla possibile dilatazione dei tempi processuali. Si deve infatti ricordare che la richiesta di intervento del giudice statale ha l’effetto immediato di sospendere il decorso del termine relativo alla pronuncia del lodo297.

Secondo alcuni autori, ad esempio, tra le circostanze andrebbe considerata la potenziale condotta del testimone in udienza: dato che, innanzi all’arbitro, a differenza del tribunale ordinario, non è presente la forza pubblica potrebbe infatti essere difficile contenere eventuali reazioni inopportune di un teste recalcitrante298.

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