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Capitolo 1 - I FATTORI DEL CAMBIAMENTO: IL CONTESTO ESTERNO

1.4 Società

1.4.2 I Cord Cutter

La diffusione di dispositivi tecnologici per il consumo individuale di prodotti audiovisivi ha contribuito a mutare le condizioni di fruizione del pubblico. Abbiamo analizzato come durante la multichannel transition dispositivi come il video registratore prima e il DVR dopo abbiano slegato la visione del contenuto dalla diretta e come il video on demand e i supporti registrati quali i DVD abbiano orientato le scelte del consumatore verso forme personali di fruizione. Questi strumenti hanno contribuito alla massimizzazione dell’esperienza televisiva, ma anche alla sua trasformazione verso la possibilità di scegliere à la carte nei pacchetti cable e nell’offerta over the top. In questo senso, la qualità dei contenuti ha giocato un ruolo determinante nella competizione, sia all’interno del mercato televisivo tipico, sia all’esterno, con l’ingresso dei portali non solo come distributori, ma anche come produttori di contenuti originali.

L’affermazione di questi dispositivi è dovuta a una progressiva liberazione del fruitore dal controllo operato dalla televisione lineare. Il telecomando e il videoregistratore sono stati gli strumenti pioneristici di tale svincolamento. Successivamente, il DVD ha rappresentato, specialmente nell’ambito del consumo di serialità, l’elemento che ha inaugurato una nuova forma fruitiva, diventata norma proprio con il consolidamento dell’offerta over the top: il binge watching. L’uso di questo termine è divenuto popolare nel 2013, ovvero nell’anno in cui Netflix ha distribuito sulla sua piattaforma la prima stagione della produzione originale House of Cards per intero, senza attendere cioè la cadenza settimanale con cui la serialità veniva distribuita sulla televisione lineare, per favorirne la visione nei tempi stabiliti dallo spettatore. Nato con un’accezione spregiativa, che connotava le modalità fruitive di gruppi marginali di consumatori, il binge watching fa riferimento alla pratica di vedere un contenuto seriale nella modalità di maratona visiva, consumandone diversi episodi senza interruzioni grazie a un supporto registrato contenente il prodotto nella sua interezza - il DVD appunto - oppure grazie agli strumenti pirata con cui è possibile uno streaming continuativo degli episodi.

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La legittimazione della quality television e gli elementi narrativi complessi che definiscono le nuove forme della serialità hanno contribuito a nobilitarne la funzione: il binge watching diventa dapprima pratica necessaria per le comunità di fan che vogliono consumare il contenuto seriale, in modo particolare i prodotti di culto, ricercandone i nessi e i sottotesti, poi, con la diffusione dell’industria dell’on demand a livello mainstream, la costruzione deliberatamente autonoma delle pratiche fruitive diventa alla portata di un pubblico più ampio (Jenner 2017). Il binge watching viene in questo senso inteso come metafora di “plenitude, prestige and participation” (Tryon 2015), una forma di feasting (partecipare a un banchetto), che nobilita tanto il fruitore, tanto il contenuto, fino a proporsi come elemento necessario per entrare nella comunità dei fruitori e marcare la propria presenza. A tal proposito, il decimo rapporto sul consumo digitale della Deloitte segnalava che nel 201522 il 70% dei consumatori americani dichiarava di praticare il binge watching e che la metà dei consumatori americani erano iscritti a portali di streaming, la più alta percentuale mai riportata prima di allora. Il dato trova conferma in quanto espresso in un comunicato stampa di Netflix23: dal 2013 al 2016 questa pratica (Pena 2015) si è consolidata specialmente attorno ai primi giorni di lancio di un prodotto, con un aumento di più di 20 volte per il giorno stesso in cui una serie viene distribuita. In tutto, sono 8,4 milioni gli iscritti a Netflix -gli Stati Uniti al secondo posto- che hanno completato la stagione di una serie TV entro le 24 ore dall’uscita sulla piattaforma, numero che denota l’emergere di una nuova categoria di consumatori, i binge racer, ovvero coloro che ingaggiano una corsa contro il tempo per arrivare primi alla conclusione24.

La diffusione negli ultimi anni dei portali di streaming è legata alla crisi della visione lineare della televisione, ma anche ad alcune trasformazioni nel consumo di contenuti nell’era dell’abbondanza: prima dell’affermazione degli operatori over the top la scelta delle famiglie americane si attestava già su un numero ridotto di canali pur nell’affollato panorama dell’offerta televisiva cable e satellitare, e la loro visione dipendeva da quegli elementi identificanti il prodotto di qualità con cui sono state create le strategie di boutique television

22 https://www2.deloitte.com/tr/en/pages/technology-media-and-telecommunications/articles/digital-democracy-survey-generational-media-consumption-trends.html

23 https://media.netflix.com/en/press-releases/ready-set-binge-more-than-8-million-viewers-binge-race-their-favorite-series

24 Il binge racing è favorito dal formato di questo tipo di serialità, caratterizzato da stagioni più brevi, che non superano i 13 episodi e da una durata di circa 50 minuti per episodio. Grazie a questi tempi, che si avvicinano alla durata totale di 10 ore, sembra sfumare il confine tra serialità e cinema. Tuttavia, i due prodotti audiovisivi mantengono una propria ontologia, di là dalle trasformazioni nelle modalità fruitive.

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da parte della pay-TV. Quando i portali si sono affermati, il cambiamento già in atto nelle modalità fruitive ha incoraggiato proprio i canali cable alla creazione di prodotti per il consumo standalone, ovvero applicazioni e siti indipendenti dai pacchetti delle offerte pay e, dunque, anche dalla fruizione lineare. Prodotti come HBO Now (2015), CBS All Access, Hulu, Showtime25 e l’annunciato servizio di streaming che la Disney prevede di lanciare nel 2019 insieme alla rete sportiva ESPN26 consentono di consumare contenuti audiovisivi senza avere un abbonamento al cavo27, utilizzando solamente la connessione internet e attivando una sottoscrizione mensile a un prezzo più vantaggioso del pacchetto cable stesso.

Secondo i dati raccolti dalla FCC nel 2016, il prezzo medio pagato mensilmente negli Stati Uniti per la televisione via cavo è infatti di circa 69$28 per la formula basic, ovvero non inclusivo dei canali premium, mentre l’attivazione di un abbonamento alle piattaforme standalone, tra cui gli stessi over the top come Netflix, Hulu e HBO Now, è di circa 10$ ciascuno. Tale scelta, interpretata da alcuni come elemento peggiorativo della già critica situazione della cable television davanti all’avanzata della distribuzione su internet29, estende la competizione di queste reti al segmento over the top e cerca di arginare due fenomeni: la condivisione degli account con amici e familiari non iscritti a una piattaforma a pagamento (account sharing) e il cord cutting. L’account sharing è la pratica di cedere le proprie credenziali di accesso a un servizio in abbonamento a chi non ne è utente. Un esempio è costituito da HBO GO, la piattaforma di streaming connessa alla rete HBO e riservata esclusivamente a chi nel proprio pacchetto di canali aveva attivato un abbonamento al premium cable. Per porre rimedio all’account sharing, vera e propria forma di pirateria dell’autenticazione comune anche agli altri portali over the top, HBO ha introdotto nel 2015 HBO Now, una piattaforma standalone con cui poter ampliare la base di utenza che avrebbe potuto usufruire dei contenuti del canale al di fuori del numero degli abbonati. Il cord cutting si riferisce invece all’abbandono del cavo e, dunque, alla disattivazione di un abbonamento – letteralmente “tagliare la corda”, preferendo al suo posto servizi over the top o, nel caso peggiore, forme gratuite pirata. Prima del 2010 l’industria della pay-TV non aveva ancora

25 http://variety.com/2017/digital/news/showtime-cbs-all-access-streaming-1-5-million-subscribers-1201986844/

26http://variety.com/2017/digital/news/disney-netflix-end-acquires-bamtech-espn-ott-services-1202519917/

27 Il servizio in streaming di HBO, HBO Now, diventa prodotto in streaming aperto a un pubblico più ampio solo nel 2015, dopo la creazione di HBO GO, che offriva i contenuti del canale soltanto agli spettatori già abbonati al cable network.

28https://apps.fcc.gov/edocs_public/attachmatch/DA-16-1166A1_Rcd.pdf

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conosciuto un declino degli abbonamenti; l’esodo ha avuto inizio tra il 2010 e il 2012, con un picco nel 2013, proprio l’anno in cui Netflix ha cominciato ad autoprodurre contenuti. Già a metà del 2014 il 67% degli under 35 dichiarava di vedere video online e di possedere una televisione connessa a Internet (Strangelove 2015), mentre in un report di Nielsen del 2013 emergeva una nuova categoria di fruitore, allora pari a cinque milioni di americani, lo Zero TV, cioè chi non possiede nemmeno un apparecchio30. Zero TV non è tuttavia sinonimo di Zero Video, dal momento che questa percentuale di spettatori utilizza il computer e i dispositivi mobili, come tablet e smartphone, per accedere ai contenuti audiovisivi per un numero di ore di anno in anno crescente31.

Nel 2014 Nielsen evidenziava la frammentazione dei consumi dovuta alla diffusione dei dispositivi time e place shifted: su 60 ore settimanali di contenuti televisivi mediamente fruiti da un adulto, 60 minuti venivano spesi per il consumo su internet, con una crescita del 50% rispetto al 201132. Nonostante il cord cutting non sia un fenomeno dominante a livello mondiale33, negli Stati Uniti si registra un aumento della disattivazione degli abbonamenti sul cavo, sul satellite, e rispetto agli abbonamenti sottoscritti con le compagnie telefoniche (Telco)34. Una ricerca di eMarketer del 2016 ha infatti stimato che entro la fine del 2017 circa 22,2 milioni di fruitori di pay-TV si tramuteranno in cord cutter, il 33% in più rispetto al 201635. Il profilo del cord cutter è quello di un consumatore di circa quarant’anni di età, laureato o con un livello alto di istruzione - generalmente un professionista. Si tratta di una figura del tutto similare allo spettatore modello immaginato durante la multichannel transition dai canali cable come consumatore potenziale da attrarre verso la propria offerta di qualità. Oggi, tuttavia, le mutate condizioni socioeconomiche della domanda a seguito della crisi economica, la concorrenza a prezzi inferiori da parte dei portali rispetto alla pay-TV e un’offerta orientata alla qualità da parte di un insieme più esteso dei soli canali cable, ha reso proprio questa fascia demografica più sensibile alle trasformazioni in atto. Differente è invece il profilo del cord never, ovvero il fruitore che non ha mai attivato un abbonamento

30http://www.nielsen.com/us/en/insights/news/2013/zero-TV-doesnt-mean-zero-video.html 31http://www.nielsen.com/us/en/insights/news/2013/zero-TV-doesnt-mean-zero-video.html 32http://cdn2.hubspot.net/hub/253501/file-2046449431-pdf/Nielsen_Cross_Platform_Report.pdf 33 http://www.nielsen.com/ie/en/press-room/2016/keep-calm-and-watch-video-a-global-study-of-traditional-TV-and-streaming.html 34https://www.emarketer.com/Article/Americans-Cutting-Cable-TV-Cord-Increasing-Pace/1013327 35 http://variety.com/2017/biz/news/cord-cutting-2017-estimates-cancel-cable-satellite-TV-1202556594/ La ricerca è stata tuttavia criticata e rischia di non presentare una corretta proiezione della tendenza. Per un maggiore approfondimento: https://www.forbes.com/sites/alanwolk/2017/09/13/are-skinny-bundles-really-cord-cutting-for-most-cable-networks-the-answer-is-no/#73bb99f019cc

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alla pay-TV, spesso per ragioni generazionali, dal momento che si tratta dei Millenials e, specialmente, della Generazione Z. Questo gruppo di nativi digitali, abituato all’utilizzo di internet per la visione di contenuti audiovisivi, pensa al medium come a un contenitore in grado di soddisfare bisogni esatti, che fornisce il contenuto desiderato in qualsiasi momento, fuori dalla logica di flusso ontologicamente connaturata al medium televisivo (Lotz 2014).

Dai comportamenti sul fronte del consumo di contenuti, alimentati dall’abbondanza e dalla varietà offerta dalle piattaforme, emergono dunque diverse implicazioni che chiedono di essere analizzate: l’integrazione verticale tra chi detiene l’infrastruttura di trasmissione e chi è proprietario degli apparati produttivi e del contenuto e l’integrazione orizzontale tra Media Company; sul piano industriale è evidente il rafforzamento del potere contrattuale dei fornitori di servizi di internet a banda larga; su quello regolamentare si pone la necessità di intervento in materia di Net Neutrality; sul piano economico occorre un ripensamento delle politiche del prezzo degli operatori via cavo, i più costosi, nella direzione di un de-bundling, ovvero dell’eliminazione della strategia della vendita a pacchetti, oppure di uno skinny bundling come operato da parte di alcuni operatori; sul piano dell’offerta si fa strada l’affermazione dei portali e dei prodotti standalone e dunque della library come modello alternativo al flusso televisivo.