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Capitolo 1 - I FATTORI DEL CAMBIAMENTO: IL CONTESTO ESTERNO

1.2 Regolamentazione

1.2.3 Merger mania e convergenza

Entro il 1999 il Telecommunication Act avrebbe dovuto garantire maggiore competizione, più scelta e prezzi più bassi per l’accesso al servizio televisivo, al contrario, sul fronte del broadcasting, l’oligopolio risulta consolidato, mentre il cavo è dominato dal colosso delle telecomunicazioni AT&T e da un monopolio legalizzato di sistemi via cavo locali operanti

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in franchise. Produzione e distribuzione si integrano verticalmente: con la fine delle Fin Syn Rules, fortemente incoraggiata da un processo di lobbying sul regolatore da parte dei network, questi riconquistano in pochi anni la proprietà dei contenuti trasmessi nel prime time, il 40% nel 1995 e il 75% alle soglie del 2000 (Holt 2003). Fino agli anni ’70, infatti, le forme di competizione alternativa come il cavo, il satellite, o l’home video, non erano ancora percepite come rivali e antagoniste al sistema dei network, che continuava a detenere il 90% dell’audience. Negli anni ’90 l’erosione dell’oligopolio è invece ormai in atto, con l’audience al 57% e il contesto del cavo caratterizzato da un ambiente integrato verticalmente grazie all’assenza di regolamentazione. Il provvedimento riduce inoltre i limiti alle concentrazioni di proprietà: prima del 1996 i proprietari di stazioni broadcast non potevano avere più di 14 emittenti e non potevano raggiungere più del 25% delle case; adesso la soglia viene eliminata e la copertura innalzata al 35%. Nell’industria comincia un processo di conglomerazione, noto come merger mania, con il quale convergono la proprietà di broadcast e cable, di studi cinematografici e televisivi. Non solo aziende come la Columbia, oggi di Sony, compravano sale cinematografiche, ma anche gli studi televisivi e cinematografici diventavano adesso di proprietà delle stesse imprese che detenevano il controllo della televisione via cavo e broadcast, e delle reti distributive di DVD: in sostanza di tutta la filiera (Hesmondalgh 2013). Per citare alcuni esempi, Disney è proprietaria di ABC e di numerosi cable network, come la rete sportiva ESPN; News Corportation ha Fox; Viacom gli studi della Paramount, UPN e, nel 1999, il network CBS; il mercato cable è dominato da Time-Warner che, avendo comprato TNT nel 1997, detiene la proprietà dei canali via cavo strategici e di una cospicua libreria di film e, dal 2000, grazie alla fusione con l’Internet Service Provider AOL, i servizi di accesso al web. Alle soglie del 2000 l’industria televisiva è dominata da Aol-Time Warner, Disney, Viacom e News Corp., che detengono 5 dei 6 broadcast network allora presenti nel settore, 80 affiliate, sistemi distributivi estesi e la maggior parte dei programmi prodotti per i loro stessi canali (Compaine e Gomery 2000).

Il titolo III del Telecommunication Act ha infatti concesso alle stazioni di affiliarsi con più di un network che, pur non potendo conglomerarsi tra loro, possono per la prima volta essere proprietarie di sistemi televisivi via cavo e offrire altri servizi. La legge riguarda anche la distribuzione e incoraggia i fornitori di servizi via cavo a competere con altri fornitori come il satellite e le compagnie telefoniche. Fornitori di regimi separati, ovvero servizi voce e

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video, vengono così a trovarsi nella stessa arena competitiva, in un processo di convergenza che viene ulteriormente rafforzato dall’espansione di internet. Nel provvedimento vengono distinti fornitori di servizi di telecomunicazione e fornitori di servizi informativi, cioè coloro che generano, acquisiscono, trasformano e rendono disponibile l’informazione attraverso le telecomunicazioni. Da una parte ciò provoca il consolidamento della posizione dei MVPD nella distribuzione, dall’altra, l’affermazione dei portali over the top, che, utilizzando internet come strumento per la trasmissione di contenuti video, separano il contenuto dal sistema di trasmissione in una modalità di disintermediazione che consente di superare cavo e broadcaster, per arrivare direttamente al consumatore attraverso il web open access. Nel documento del 1996 i MVPD vengono definiti come a person such as, but not limited to, a cable operator, a multichannel multipoint distribution service, a direct broadcast satellite service, or a television receive-only satellite program distributor, who makes available for purchase, by subscribers or customers, multiple channels of video programming11.Nel momento in cui la fornitura di programmi video e internet convergono, i distributori di cotnenuti online come gli over the top diventano competitor degli MVPD

La particolare posizione delle compagnie telefoniche e di quanti forniscono internet porta a un intervento della FCC in merito a una ridefinizione del significato di MVPD, e anche riguardo alla distinzione dagli over the top come Netflix, Hulu o Vimeo. Le questioni sono infatti due: per quanto riguarda i MVPD, si rende necessario un aggiornamento terminologico dovuto all’inclusione della IP-connected frontier come modalità distributiva, per quanto riguarda i distributori di contenuti online si richiede un chiarimento sulla loro natura di distributori di contenuti. Sebbene infatti gli over the top si presentino come distributori without distribution facilities, mentre i MVPD hanno access rights and carriage/retrans obligations12, nel 2014 la FCC propone che tra questi ultimi vengano aggregati distributors of multiple linear video programming streams, including Internet-based services13. L’interpretazione della nota – si tratta infatti di una Notice of Proposed Rulemaking (NPRM) – va a favore dell’inclusione nel termine MVPD di entità che controllano almeno una porzione dei mezzi fisici attraverso cui un programma viene trasmesso, tra cui fornitori di servizi similar to or competitive with more traditional MVPD

https://www.fcc.gov/deadline-extended-comment-fccs-interpretation-mvpd-and-channel 12 http://www.multichannel.com/news/policy/what-mvpd-exactly-cable-ops-weigh/263867 13 https://apps.fcc.gov/edocs_public/attachmatch/DOC-331161A1.pdf

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service but through new distribution methods14. La decisione viene appoggiata dalla National Cable & Telecommunications Association, insieme alla American Cable Association e ad altri carrier come Time Warner Cable, Comcast e Cablevision, che si esprimono sull’impossibilità di assimilare i MVPD agli over the top, a meno che questi non siano provvisti di servizi distributivi di proprietà. ABC, CBS e NBC ne appoggiano invece l’affiliazione, perché in questo modo gli over the top non sarebbero soggetti alle retransmission rules.

Dalle specifiche messe in evidenza dalla FCC questi rimangono dunque esclusi, in quanto portali che offrono programmi on demand attraverso siti, applicazioni o piattaforme connesse a internet, senza un controllo dei dispositivi di trasmissione15. Sono invece incluse come virtual MVPD (vMVPD) le piattaforme che offrono anche contenuti della televisione lineare in live streaming, secondo il modello della TV Everywhere, come per esempio Hulu, che trasmette live alcuni programmi della CBS in seguito a un accordo commerciale16. I V-vMVPD si comportano in questo senso come operatori di servizi multipli: a monte stringono accordi per la distribuzione, a valle rendono disponibili i contenuti tramite lo streaming su una piattaforma fruita dal consumatore attraverso internet nelle modalità live, video on demnad o time shifted grazie alla possibilità di registrare da video registratore. Da un punto di vista economico, essi forniscono una soluzione ai costosi abbonamenti della pay-TV con pacchetti più leggeri, chiamati skinny bundle, all’interno dei quali sono combinati i maggiori canali broadcast e alcuni canali premium a un costo mensile inferiore a quello pagato per la cable television. Obiettivo di questi accordi è rincorrere l’utenza che attiva sottoscrizioni ai portali over the top abbandonando i servizi a pagamento della televisione lineare (cord cutting). MVPD virtuali sono Sling TV, PlayStation Vue, DirecTV Now, YouTube TV di Google, Apple TV e Amazon Fire TV. Essi si propongono come competitor degli MVPD puri quali DirecTV, Comcast, Charter, Dish e Verizon. Rispetto a essi, tuttavia, vi sono ancora alcune difficoltà nella gestione dell’offerta: gli accordi stipulati con i canali non prevedono la possibilità di accedere a tutti i canali cable e, in alcune circostanze, l’aggiunta di canali che esulano dallo skinny bundle rende il prezzo finale equivalente a quello degli abbonamenti cable tradizionali. Ne analizzeremo le caratteristiche nel capitolo 5.

14 https://apps.fcc.gov/edocs_public/attachmatch/FCC-14-210A1_Rcd.pdf 15https://apps.fcc.gov/edocs_public/attachmatch/DA-16-510A1_Rcd.pdf 16 https://www.hulu.com/press/hulu-inks-agreement-with-cbs-corporation-to-add-leading-networks-to-upcoming-live-TV-service/

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Se con l’ampliamento della nozione di MVPD questo mercato si allarga, con una moltiplicazione delle modalità disponibili per la fruizione di contenuti televisivi e un’apertura all’ibridazione tra il modello della library dei portali over the top e quello del live streaming della TV Everywhere, dall’altra l’inclusione di internet nei servizi offerti dai MVPD influisce sul mercato della distribuzione e su alcune scelte legislative proprio in relazione alla trasmissione dei contenuti. La strategia su cui si basa il mercato dei MVPD è il bundling che serve a favorire la discriminazione del prezzo e le economie di scala. I MVPD forniscono all’utente la possibilità di scegliere tra pacchetti di servizi (tiers) all’interno dei quali possono esserci congiuntamente cavo, internet e telefonia, come nel caso del triple play. Gli accordi sulla fornitura dei contenuti video sono tuttavia oggetto di negoziazioni, regolamentate dal Retransmission Consent risalente al Telecommunication Act del 1992, tra i titolari di tali contenuti e i provider, grazie al quale un contenuto non può essere trasmesso se non vi siano previ accordi che prevedono la stipulazione di quote di affiliazione, obblighi relativi al trasporto e alla collocazione nei pacchetti (Chipty, 2016)17. La stipulazione di tali accordi non riguarda soltanto la distribuzione di programmi televisivi dei broadcast e dei cable network, ma coinvolge anche la distribuzione attraverso internet, dal momento che i MVPD possono stringere paid peering agreements o data sponsorship con i portali. In un settore altamente concentrato come quello degli Internet Service Provider, controllato dalle conglomerate delle telecomunicazioni, l’imposizione di data cap o bandwidth cap nei contratti di fornitura è un espediente che crea una scarsità artificiale utile all’incremento dei prezzi una volta superato il tetto dell’utilizzo massimo del traffico dati. Per questa ragione, i fornitori di contenuti, come le piattaforme di streaming, possono accordarsi con l’internet provider o per ottenere una corsia preferenziale (pay-for-priority), oppure per non rientrare nel limite imposto dal piano tariffario (data sponsorship).

Nel 2014 Netflix stringe a tal proposito un accordo pay-for-priority prima con Comcast e poi con Verizon18 per evitare ai consumatori di raggiungere troppo facilmente il limite imposto dai data cap o di avere rallentamenti, i cosiddetti buffering. Due anni più tardi, Netflix indirizza una lettera19 alla FCC chiedendo l’annullamento dei tetti al traffico dati, e inserendosi così a pieno titolo nel dibattito sulla Net Neutrality. Nel 2017, dopo l’insediamento dell’amministrazione Trump e gli interventi volti all’eliminazione delle 17 https://transition.fcc.gov/bureaus/mb/docs/policy/video_marketplace/position_statement_Chipty_2016.pdf 18 https://www.theverge.com/2014/4/28/5662580/netflix-signs-traffic-deal-with-verizon 19https://ecfsapi.fcc.gov/file/10907201207103/Netflix%2016-245%20Comment.pdf

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restrizioni sulla prioritization imposte dall’Open Internet Order, la Internet Association, un gruppo di lobbisti che rappresenta aziende come Facebook, Amazon e Google indice il Day of Action to Save Net Neutrality in segno di protesta contro il potere delle compagnie telefoniche, a cui partecipa la stessa Netflix. Secondo il nuovo piano della FCC si prevede che internet viaggi a due velocità, consentendo ai provider come AT&T, Verizon e Comcast di operare una discriminazione del prezzo per la fornitura di internet ai consumatori finali e di decidere quali contenuti favorire. La convergenza dei servizi di telecomunicazione e di quelli informativi pone questioni ancora aperte sull’integrazione verticale e sul modello distributivo dominante. In questo senso, i MVPD, consapevoli dell’importanza della fornitura di internet, stanno operando sul mercato in modo da frenare le forme di disintermediazione emerse con gli over the top e mantenere il proprio potere contrattuale, tanto verso i consumatori, che si trovano a pagare prezzi più alti per usufruire di connessioni veloci, tanto verso i fornitori di contenuti, specialmente quelli più piccoli o indipendenti. Mentre la distribuzione dei canali fisici costringe questi a stringere accordi svantaggiosi per ottenere la ritrasmissione, gli over the top subiscono, in un contesto in cui viene meno la neutralità della rete, vincoli sulla velocità di trasmissione che li costringono a stringere accordi sull’assegnazione di una fast lane quando non sono integrati verticalmente con i fornitori di banda, risultandone così penalizzati.