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Capitolo 1 - I FATTORI DEL CAMBIAMENTO: IL CONTESTO ESTERNO

1.3 Cultura

3.3.3 Il testo espanso

squadra scientifica sulle prove legate ai delitti indagati viene presentato attraverso una costruzione iper-reale che amplifica la dimensione della detection. Questo tipo di sguardo “autopico” (Tait 2006), che è possibile mettere in scena per effetto delle tecnologie digitali, è presente anche in-house, dove il dottore guarda il corpo dei pazienti come un insieme di segni attraverso cui gli è possibile visualizzarne l’interno. Entrambe le serie citate mostrano inoltre un diverso uso della musica, che nelle produzioni high end diventa unità semantica diversamente da quanto avveniva con l’utilizzo di campionamenti o di jingle, i ritornelli utilizzati nella serialità per coprire le interruzioni tra una scena e l’altra o per creare continuità narrativa. In questi prodotti la musica è invece elemento centrale nel processo di significazione: si fa uso di colonne sonore (Game of Thrones) costruite, come per i film, espressamente per connotare l’insieme drammatico, ma anche di brani pop come terreno di costruzione narrativa e identitaria (Glee).

3.3.3 Il testo espanso

Un altro fattore determinante è la convergenza, fenomeno direttamente connesso all’accezione di convergenza tecnologica. L’espansione dei mezzi su cui la televisione può essere fruita e lo sviluppo di nuovi modelli distributivi si accompagna, da un punto di vista della produzione di contenuti, alla diffusione del testo su diverse piattaforme: esso viene infatti concepito per disperdersi nell’overflow mediale e culturale, per generare una catena del valore che supera il mero contesto televisivo, disperdendosi in una narrazione crossmediale. Il Testo Espanso, come lo definisce Carini (2008), è espressione di una dialettica tra convergenza mediale, culturale e, come vedremo, anche industriale. La convergenza, così come teorizzata da Henry Jenkins (2006), non si limita all’unione di alcuni processi all’interno di un medesimo dispositivo, ma è la cooperazione tra settori come l’industria dei media e il pubblico, che si trovano a ricercare nuove frontiere per lo sviluppo e l’attivazione di processi di comunicazione e condivisione.

Nell’ambito della serialità televisiva, la convergenza trova espressione nel transmedia storytelling (Jenkins 2009), un processo in cui gli elementi costitutivi di una serie vengono dispersi su più canali di distribuzione allo scopo di creare un’esperienza di intrattenimento unificata e coordinata da un insieme di media, in cui ciascuno compartecipa con una funzione specifica alla declinazione del contenuto narrativo. Si tratta di un processo intermediale, in

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cui un testo convive all’interno della matrice mediale sotto forma di narrazione originaria (testo matrice) o secondaria (testo derivato). La narrazione viene affidata a media diversi, ciascuno dei quali consente una comprensione additiva, capace di sollecitare le conoscenze enciclopediche del pubblico e di attivare processi collaborativi in cui mettere in atto un sapere collettivo che ricostruisca il senso del narrato. Ne sono esempio le narrazioni cominciate in ambito televisivo o cinematografico, che si completano su altri dispositivi, come il libro, il fumetto, il videogioco. Nell’ambito della serialità, entrambi i processi sono noti: sia che si tratti di film da cui viene tratta una serie televisiva che ne sviluppi i contenuti (Limitless, 12 Monkeys); sia -più raro- che si tratti di una serie che trova epilogo in un film (Sex and the city), o ancora nel caso di prodotti seriali derivati da una serialità originaria, come spin-off (Better Call Saul), remake (Homeland, House of Cards), reboot (Hawaii Five), prequel (Fear the Walking Dead). I casi più esemplificativi sono però costituiti da quelle narrazioni che trovano su altre piattaforme il proprio completamento, su tutte Lost, sintesi tra pratiche produttive e pratiche di consumo.

Il processo è anche intertestuale: il senso globale di una storia è affidato ad altri testi che ne completano o ne espandono il senso in differita, in una tensione tra familiarità del racconto e novità. A questa moltiplicazione del senso non partecipano soltanto i produttori, ma anche i pubblici, specialmente i fan, secondo dinamiche grassroots di appropriazione ludica, variazione del narrato, costruzione additiva. I processi di convergenza si costruiscono infatti su una collisione tra potere dei produttori e dei consumatori secondo interazioni non prevedibili (Jenkins 2006). Prima di addentrarci nell’analisi di tali dinamiche, che costituiscono uno dei principali cambiamenti sociali verificatisi nell’industria dell’intrattenimento, osserviamo come tali processi vengano guidati dall’industria.

Caldwell (2004) analizzando le culture della produzione, ovvero i modi in cui il settore riesce a mediare tra dimensione economica e culturale, sottolinea proprio come il processo sia orientato e guidato da dinamiche industriali. Lo studioso individua cinque critical industrial practices, cinque modi di lavorare con il contenuto estetico per raggiungere obiettivi di tipo economico-stategico. La testualità ancillare (ancillary textuality) coinvolge i processi di riutilizzo e di migrazione dei contenuti, non soltanto nella forma della syndication, propria della network television, ma anche sulle piattaforme digitali e sui canali via cavo, in cui il contenuto vive di una nuova vita (ancillary afterlife). Tale modalità è detta repurposing e consiste nella negoziazione di una finestra intermedia tra la prima messa in onda (original

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run) e la distribuzione in syndication per ottenere ulteriori guadagni. Una serie televisiva, ad esempio, viene riproposta sul network che l’ha presa in licenza diverse volte (rerun) e trasmessa su canali via cavo a breve distanza di tempo. Da un punto di vista concettuale ciò comporta che il prodotto audiovisivo passi dall’essere concepito come “programma” a essere considerato come “contenuto”, liberandosi cioè da una dimensione temporale e da una logica di appartenenza per farlo confluire in una dimensione di connessione, di rete.

La testualità conglomerativa (conglomerating textuality) coinvolge infatti le strategie di convergenza dei testi tra televisione e internet, dove vengono diffusi contenuti che ampliano, sviluppano, citano e arricchiscono il prodotto originario: dietro le quinte, commenti, contenuti extra, fumetti e narrazioni derivate, siti di notizie e recensioni, merchandising sono strategie con cui la televisione estende le forme dell’intrattenimento alla sfera del digitale, sfruttandola per ampliare le opportunità lucrative e per aumentare il coinvolgimento dei pubblici. Sul piano produttivo, il contenuto viene programmato secondo una ritualità che ne connota le fasi e i ritmi (ritual textuality): l’uso del pitch, ovvero la presentazione dell’idea in uno stadio ancora embrionale per la ricerca di un acquirente, la preparazione di una “bibbia” che riassuma i tratti caratteristici del prodotto, la scrittura su commissione. Relativamente alle pratiche distributive, la testualità legata alla programmazione (programming textuality) prevede strategie che consentano un maggiore coinvolgimento del pubblico. Ne sono esempio gli episodi speciali di una serie in cui vengono scritturate guest star o registi noti, e che vengono mandate in onda durante le vacanze natalizie o nei periodi di garanzia (sweep periods), quando vengono calcolati i dati d’ascolto per attribuire valore commerciale ai prodotti.

Centrale per la comprensione del fenomeno televisivo è dunque la natura economica di tali strategie e delle operazioni connesse alla definizione di un’estetica dei contenuti nel contesto della convergenza tecnologica. Si tratta di forme di espansione del testo legate al marketing (marketing textuality), che rispondono alle politiche di branding del canale, contribuendo alla sua costruzione identitaria. Le forme narrative che si muovono dentro e oltre i confini del mezzo sotto forma di testi e paratesti servono da rinforzi amplificanti. Nello studio delle culture della promozione, studiosi come Grainge e Johnson (2015) e Jonathan Gray (2010) individuano a tal proposito nei contenuti off-screen precedenti e successivi la distribuzione del testo originario (trailer, promo, sequel e prequel, gadget e giochi) gli strumenti con cui l’industria genera valore economico. In questa accezione, le caratteristiche degli ecosistemi

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narrativi teorizzati da Pescatore e Innocenti (2012; 2016; 2018) assumono una connotazione prettamente economica legata alla morfologia del settore. Per gli studiosi, gli oggetti mediali sono sistemi aperti ed evolutivi: in tal senso, la modularità dei testi seriali, inseriti all’interno di strutture interconnesse, quali sequel e prequel, reboot, spin-off e crossover, vanno contestualizzati alla luce dei processi di integrazione verticale e di conglomerazione, dove la proprietà o la cessione dei diritti di sfruttamento dei prodotti, veri e propri brand, consolidano processi di espansione intermediale e di generazione del profitto. Come vedremo, esempi più eclatanti di tali dinamiche, riprese anche nella stessa nomenclatura attribuita a tali fenomeni, sono gli universi cinematografici dei supereroi Marvel e DC, ecosistemi narrativi che si sviluppano dai fumetti (comic book) ai film nel genere del cinecomic (comic book movie), fino alla serialità, ai videogiochi e al merchandising all’interno delle strutture proprietarie delle conglomerate, o all’esterno, tramite sinergie e accordi di coproduzione che consentano l’ampliamento delle potenzialità di sfruttamento economico dei testi e l’engagement con il pubblico.