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Il modello di business e i player coinvolti nella filiera

Capitolo 5: LA SERIALITÀ NEI MODELLI DI BUSINESS: COESISTENZA E

5.3 Il modello misto subscription/ad-supported

5.3.1 Il modello di business e i player coinvolti nella filiera

La prima nicchia che descriveremo è quella dei canali broadcast e basic cable. Questi network sono accomunati da un modello economico misto, che comprende sia pubblicità, sia la sottoscrizione di un abbonamento. Come abbiamo avuto modo di dire, infatti, la televisione negli Stati Uniti viene fruita quasi esclusivamente via cavo dietro il pagamento di una quota mensile con cui è possibile avere accesso a centinaia di canali base e alle reti broadcast. In questo senso, basic cable e reti generaliste condividono un criterio di similarità dato dal fatto che si sostentano attraverso i ricavi da abbonamento, ovvero dalla quota ottenuta dai cable provider per ogni spettatore, e dagli introiti pubblicitari, dati dalla vendita degli spazi agli inserzionisti all’interno del palinsesto. Si tratta dunque di un mercato a due facce, che occupa una nicchia dall’estensione piuttosto ampia. Da un punto di vista del contenuto, infatti, i canali via cavo si affermano, nel corso degli anni 2000, come reti specializzate che si rivolgono a segmenti di pubblico che possano riconoscersi nel brand che essi rappresentano; sotto il profilo dell’audience ogni spettatore differisce potenzialmente dall’altro, generando un numero di sottoinsiemi molto vasto all’interno della macro-nicchia. Sotto il profilo economico, invece, tanto i canali basic, quanto quelli broadcast condividono

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il sistema dei ricavi, il canale distributivo, le modalità di finanziamento del prodotto offerto, gli interlocutori della filiera, gli utenti disposti ad attivare un abbonamento.

La struttura della filiera nel modello misto è caratterizzata dalla presenza dell’integrazione verticale e dall’intermediazione dei cable provider tra il canale televisivo e il pubblico. I carrier, o Multichannel Video Programming Distributors (MVPD), sono servizi di distribuzione multi canale che trasferiscono, tramite un decoder posseduto dall’utente finale, il segnale criptato agli apparecchi domestici. Il servizio di trasmissione via cavo costituisce infatti una novità in termini tecnologici rispetto al limitato sistema di broadcast, caratterizzato dalla scarsità delle frequenze, perché amplia lo spettro dei canali disponibili per l’utente proprio grazie alla capacità di banda dell’infrastruttura. Tuttavia, la presenza di un segnale criptato, che è usufruibile solo attraverso un decoder, crea le condizioni per simulare artificialmente la scarsità e dunque per dare vita a un modello a pagamento che vada a beneficio tanto dei cable provider, quanto dei content provider. In questo mercato, l’utente finale sottoscrive un abbonamento mensile che paga al carrier a seconda del MVPD scelto (compagnia telefonica, satellite o cavo) per fruire di un pacchetto di canali, spesso in abbinamento con l’offerta di internet e di telefonia, cioè al servizio triple play. A monte della filiera la produzione di contenuti avviene con il coinvolgimento degli Studios, che possono essere integrati verticalmente con i content provider, oppure indipendenti. Nella fase distributiva i cable provider si inseriscono come intermediari tra il contenuto e l’utente finale. Gli inserzionisti pubblicitari dialogano con i network per la compravendita di spazi attraverso cui raggiungere l’audience. Quest’ultima viene misurata dalle società di rilevazione degli ascolti, che forniscono dati relativi alla fruizione da parte del pubblico in diretta, a tre (C3) e a sette giorni (C7) di distanza dalla messa in onda. Il sistema dei ricavi di questa nicchia è dunque così ripartito: gli introiti pubblicitari provenienti dagli inserzionisti e corrisposti sulla base del pubblico potenziale venduto per fascia oraria e caratteristiche demografiche, i ricavi da diritti di trasmissione (carriage fee) ricevuti dai cable provider per essere venduti nei pacchetti triple play, e i ricavi per la trasmissione dei contenuti proprietari (studio-owned) tramite cessione dei diritti nei mercati secondari, come la distribuzione nei mercati internazionali, oppure presso le piattaforme di streaming.

I canali broadcast e basic cable operano nel mercato televisivo come two-sided markets (Picard 1989), dal momento che il loro modello di business è basato sui ricavi ottenuti da abbonamento, ovvero calcolati sulla base del numero di spettatori, e dagli introiti

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pubblicitari. Il mercato a due facce costituisce una condizione specifica per le imprese dei media, che devono trovare un equilibrio tale da attrarre per ogni “faccia” del mercato risorse che portino benefici all’altro lato e viceversa. Per massimizzare i profitti, obiettivo di un canale è dunque coinvolgere un numero crescente di consumatori da vendere agli advertiser, ma anche di utilizzare la propria base di spettatori per incrementare i ricavi da parte dei carrier e, dunque, per accrescere il proprio potere negoziale. Due concetti sono dunque fondamentali per comprendere questo sistema: il fatto che nei mercati a due facce le interazioni vengano gestite da un intermediario (Caillaud e Jullien 2001, 2003; Rochet e Tirole 2003) e la presenza di esternalità positive per i tre attori coinvolti (advertiser, cable channel, cable provider) all’aumentare del pubblico (Katz e Shapiro 1985). Come vedremo, il modello di business basato sulla sola sottoscrizione di abbonamenti è caratterizzato da una minore intermediazione e dalla presenza di esternalità di rete rese possibili dall’estensione del network di utenti. Sebbene i ricavi da pubblicità continuino a mostrare un lieve aumento, il mercato online costituisce una minaccia per i player del modello misto: da una parte è determinate la percezione sempre più negativa della pubblicità per il pubblico (Strangelove 2015), dall’altra il mercato dello streaming e di internet consentono una migliore individuazione dell’audience, in grado di portare i canali online a incrementare i ricavi rafforzando la propria base di pubblico. Nel sistema descritto i canali stimano lo spazio dedicato alla pubblicità all’interno della programmazione.

Il ruolo di Nielsen, la società che si occupa di misurare il consumo dei media, attribuisce valore agli spazi del palinsesto sulla base del pubblico dei telespettatori. Le agenzie pubblicitarie sono eterogenee e pagano sulla base del contenuto messo in onda a seconda della fascia oraria, della tipologia di canale e del pubblico atteso. Dal momento che la programmazione televisiva è lineare, il tempo della pubblicità è una risorsa scarsa, che va ripartita tra advertiser in concorrenza tra loro. Nella televisione broadcast il 16,7% della programmazione è costituito da sitcom, mentre il 33,3% da prodotti seriali (dramas) (Ibisworld 2017). La spesa varia al variare dei programmi, ragione che spinge gli inserzionisti a investire maggiormente sulle fasce più pregiate, come per esempio il prime time, e sulla programmazione più prestigiosa, in modo da raggiungere quote maggiori di pubblico. La domanda di spazio pubblicitario e la disponibilità a pagare dell’inserzionista dipendono dal pubblico stimato sulla base del valore del programma messo in onda. Nielsen analizza le abitudini di consumo di un campione rappresentativo della popolazione

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americana nella fascia demografica 18-49, ritenuta più appetibile dagli sponsor per disponibilità a pagare. I dati, che costituiscono stime, vengono estesi tramite tecniche statistiche (Napoli 2003) alla popolazione reale per determinare il valore economico dello spazio pubblicitario in questione e definire a quale tipologia di pubblico, per età, sesso ed etnia è principalmente rivolto. Sono due le misure riportate da Nielsen: i rating points e lo share. Lo share è la percentuale di televisori sintonizzati su un programma in un lasso di tempo specifico e su uno specifico territorio rispetto al totale dei televisori accesi. I rating sono invece i televisori sintonizzati su un programma rispetto al totale delle case in cui è disponibile il televisore. Queste misure costituiscono la moneta di scambio primaria per i broadcast network durante gli upfront, un evento annuale che avviene tradizionalmente in primavera e che costituisce un momento di negoziazione durante il quale i network presentano la programmazione dell’anno successivo per ottenere la vendita degli spazi pubblicitari. Il prezzo pagato dagli inserzionisti è calcolato sulla base delle stime fornite da Nielsen e a partire dalla reputazione del canale. Questa pratica giustifica la durata annuale -da settembre a maggio- della serialità nei network generalisti, ma informa anche sulla funzione della serialità nel modello misto. Rispetto ad altre forme di contenuto meno presenti nel palinsesto, in particolare lo sport, che occupa l’11,1% della programmazione televisiva (IbisWorld 2017), gli spazi pubblicitari della serialità hanno costi inferiori. I grandi numeri vengono generalmente raggiunti con altri contenuti, come per esempio eventi sportivi come il Superbowl. La sopravvivenza di una serie è dunque dipendente dall’equilibrio tra l’allocazione degli spazi pubblicitari disponibili e i rating connessi, ovvero gli spettatori che l’hanno guardata. Questo valore viene però calcolato non soltanto sulla base degli spettatori totali di un network, ma anche rispetto a quanti di essi sono sensibili alla pubblicità (ad-friendly viewers). Generalmente uno show che viene visto da meno del 20% della media degli spettatori di un canale rischia la cancellazione. Il totale degli spettatori viene calcolato nei broadcast network e nei basic cable96, mentre è ininfluente per i canali premium, dove è assente la pubblicità. Nel 2017 il ranking dei canali broadcast ha visto primo CBS (7,9 milioni di telespettatori), seguito da NBC (7,2), ABC (5,5) e Fox (4,7). Tra quelli via cavo vi sono gli all news Fox News Channel (2,46), MSNBC (1,66), ESPN (2,06), specializzato in sport, e USA Network (1,62), un canale generalista che trasmette anche film e serie TV97.

96https://blastmagazine.com/2011/03/26/how-TV-ratings-work-why-is-my-show-getting-canceled/

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