• Non ci sono risultati.

Capitolo 1 - I FATTORI DEL CAMBIAMENTO: IL CONTESTO ESTERNO

1.3 Cultura

1.3.2 La serialità high end

La legittimazione della cable television dovuta al quality factor muta gli assetti del mercato e porta il sistema, anche quello della televisione broadcast, per vocazione più normativa, a un adattamento. Le serie che citeremo a titolo d’esempio, per chiarire questo processo, fanno infatti parte sia della programmazione cable, sia di quella broadcast. L’architettura della serialità subisce un’ibridazione divenendo più flessibile (Nelson 2007) e complessa (Mittell 2015). Da un punto di vista formale, questo passaggio è spiegato dall’assottigliamento dei confini tra serie e serial (Pescatore e Innocenti 2008). Secondo la distinzione di Ellis (2000) la serie è una struttura narrativa che chiude il racconto di episodio in episodio, cominciando in quello successivo una nuova storia, mentre il serial rimanda la conclusione potenzialmente all’infinito, organizzando il testo nella direzione di una sospensione continua, come nelle soap opera. La nuova serialità subisce questa ibridazione con un equilibrio variabile. L’influenza della serializzazione non comporta necessariamente l’apertura dell’intreccio tout court: in molti casi, anche se il singolo episodio mantiene una sua autonomia, la cornice entro cui la narrazione si inserisce presenta una struttura aperta, che solo con la progressione

37

temporale e la conclusione della stagione, o della serie nel suo complesso, raggiunge un epilogo.

A emergere è quello che Mittell definisce complex storytelling, una formula narrativa che diventa pratica coerente a tutte le reti, dai broadcast network ai premium cable. Questo attributo si riferisce sia allo stile visivo, sia all’impianto diegetico, che rifiuta la chiusura, la risoluzione degli eventi, la distinzione tra linee narrative. Al contrario, è proprio l’ordine del puzzle (Buckland 2009) e del mistero (Mittell 2015) a rendere la serialità televisiva uno degli strumenti narrativi più audaci della contemporaneità (Garcìa 2016). Lost e 24, per esempio, utilizzano la dimensione temporale e spaziale in modo inedito: la prima attraverso il racconto multiplo delle vicende dei dispersi su un’isola dopo un disastro aereo, con una ricostruzione delle storie che fa uso di analessi e prolessi in modo da disseminare le informazioni lungo le sei stagioni di cui è composta la serie; la seconda adottando l’ora come unità temporale della puntata, in una sovrapposizione tra tempo del racconto e tempo della visione, e l’arco della giornata, di 24 ore, come misura necessaria a raggiungere l’epilogo di ciascuna stagione.

L’ibridazione del tessuto della serialità comporta anche una maggiore flessibilità tematica. L’assottigliamento dei confini tra generi è uno degli effetti più evidenti di questa trasformazione: per fare alcuni esempi, The Sopranos, serie cult di HBO sulle vicissitudini di una famiglia mafiosa, non appartiene soltanto al gangster, ma presenta i tratti del dramma psicologico, essendo narrata dal punto di vista del capofamiglia Tony Soprano durante le sedute di psicanalisi cui si sottopone. Buffy The Vampire Slayer, serie andata in onda sulla rete broadcast The WB e poi su UPN, che narra le avventure di una cacciatrice di vampiri, fa convergere al suo interno elementi propri dell’horror e dell’action, ma in essa si riscontrano anche i caratteri costitutivi del teen drama, il genere seriale pensato per il pubblico degli adolescenti. All’interno di questa scelta è inscritta la necessità per le reti televisive di superare le rigide distinzioni del pubblico in categorie, come quella per cui alle donne sono destinati contenuti come le soap e agli uomini il genere action-adventure (Fiske 1987).

La ricerca di confini più flessibili si spiega, come abbiamo detto, alla luce dell’allargamento nel numero degli attori nel mercato, dove diventa necessario individuare nicchie di pubblico da attrarre con prodotti più specialistici e più complessi per ottenere attenzione in una programmazione sempre più affollata (McMurria 2003). Questo processo non è solo cercato

38

dai canali cable, che hanno finalità commerciali diverse dai broadcast network, ma anche dalle reti generaliste nate a cavallo degli anni ’80 e ’90. L’esempio di Fox, che usando, al pari de it’s not TV di HBO, lo slogan we’re not the establishment (Kimmel 2004), denota la volontà di porsi come alternativa alle Big Three. La sperimentazione sui contenuti è diretta conseguenza della ricerca di audience specifiche. In questo senso, con una programmazione più acuta e di confine rispetto ai contenuti mainstream, Fox si trova a intercettare il pubblico afroamericano e a convincere gli inserzionisti del valore economico connesso alla fascia 18-34, vero oggetto della politica e delle strategie di branding del canale (Nelson 2007).

Una delle questioni più dibattute e connesse alla ricerca di nicchie di consumo è la diversity, ovvero la quota riservata alla rappresentazione delle minoranze che, pur nel panorama della multichannel transition, non riescono a trovare adeguata emancipazione al di fuori dei “ghetti” demografici dei canali che dedicano loro spazio per le ragioni strategiche di cui abbiamo detto (Caldwell 2004; Grainge e Johnson 2015). Sul piano narrativo, per esempio, viene dato maggiore respiro alla cultura gay: Con Queer as Folk, basata sull’omonima serie inglese, ma con un’enfasi maggiore sulle relazioni sessuali tra personaggi, e Six Feet Under, l’omosessualità comincia a ricavarsi uno spazio all’interno di una programmazione che l’aveva in precedenza marginalizzata o esclusa, anche a causa della censura, includendo nella diegesi interrogativi di tipo morale e sociale. Sex and the City propone invece un femminile emancipato e indipendente, che sfida lo spettatore attraverso un insieme narrativo talvolta provocante, che però riesce ad estendere il proprio pubblico di riferimento oltre la sola sfera delle donne. Anche l’universo dei personaggi subisce un capovolgimento, con protagonisti non del tutto positivi, quando non veri e propri antieroi: Walter White di Breaking Bad, Jack Bauer di 24, Tony Soprano, Dexter sono personaggi complessi, che arricchiscono la trama di sfumature psicologiche stratificate (Mittel 2015).

Per definire questo tipo di serialità si diffonde l’etichetta high end, utilizzata prima in ambito giornalistico e successivamente nella letteratura accademica. Il concetto definisce tutt’ora una produzione ad alto budget collocata nel prime time di una rete televisiva di rilievo, anche se il termine presenta alcune sfaccettature che non lo legano necessariamente a una fascia della programmazione e a un pubblico specifici (Nelson 2007). A caratterizzare i prodotti high end vi è un process of cinematic (Negus e Street 2002) che li distingue dalle precedenti opere televisive. Grazie alle tecnologie digitali in post produzione vengono impiegati effetti visivi che diventano marca stessa del prodotto: in CSI, per esempio, il lavoro di ricerca della