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Schneemann tra 1963 e 1967: una digressione.

La pratica artistica degli anni Sessanta e Settanta del Novecento – con importanti premesse gettate già negli Stati Uniti sul finire degli anni Cinquanta – ha posto ancora una volta (da tempo terminata la feconda e anticipatrice stagione delle Avanguardie storiche) come centrale e pregno di significato il linguaggio performativo, avvalendosi in tal modo di uno sconfinamento dai mezzi espressivi tradizionali, finalizzato a una più piena e libera affermazione del messaggio e dell’artista stesso, non aliena dal dettato di Antonin Artaud per il quale l’arte era da ritenersi “un mezzo raffinato per comprendere ed esercitare la vita”27

, in ogni sua manifestazione.

In ragione di ciò, ha preso campo quella che può definirsi “arte di comportamento”28 e, nella fattispecie, body art, con un interesse alla sfera teatrale e un particolare accento sulle dinamiche della comunicazione non verbale, la cinesica, evidenziante un approccio semiotico da parte dell’artista, volto all’impiego del corpo in chiave di comunicazione diffusa.

In tale ambito è da ritenere sostanziale, specie a ridosso della messa in discussione sessantottina di valori e dinamiche sociali assodati, l’apporto delle artiste, sensibili alla

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Questo il caso specifico di molti parati illustrati, i nursery wallpapers adottati nel Otto-Novecento in funzione educativa per i bambini di casa: cfr. a tal proposito il paragrafo III.3.3, inerente il lavoro di

Robert Gober e la sconfessione, attraverso i suoi pattern e le installazioni, dei cliché legati all’educazione

conservatrice. 26

Com’è già stato indicato, tra tutti, da Dominique Heyse-Moore (v. nota n. 13 di questo capitolo) e Merel van Tilburg in Femmes, Papiers Peints et Politique in M. Costantini (a cura di), op. cit., pp.50-54. 27 A. Artaud, citato in F. Menna, “Arte di comportamento”, ad vocem, in G. C. Argan et al., Supplemento

e aggiornamento dell’Enciclopedia Universale dell’Arte, Roma, UNEDI, 1978, p. 447.

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discussione di tematiche di stringente attualità, non di rado legate alle teorie femministe alle quali si è fatto cenno: il corpo della donna, affrancato da vincoli moralistici, è divenuto latore di un messaggio eversivo e materia prima, sostanza di quello; nell’atto di quanto Gillo Dorfles – non assumendo differenziazioni di genere – ha definito un “investimento libidico” del proprio corpo finalizzato a un’oggettivazione dello stesso, subentrata all’atto estetico di una vera creazione oggettuale esterna da sé29

.

Il movimento corporeo – più o meno codificato e obbediente a uno script preventivamente delineato dall’artista-soggetto – diviene dunque essenza della body art, protagonista di azioni svolte in luoghi spesso diversi da quelli tradizionalmente deputati all’arte, in significativo dialogo con lo spazio, elemento che “contribuisce alla messa a punto del discorso per via metaforica e simbolica”30

.

Ben presto, asserendo come il corpo nell’atto performativo assuma un valore ben diverso – superiore, per molti versi – rispetto a quello raggiunto mediante una rappresentazione statica dello stesso31, si è affermata la figura trasversale di pittrice e fotografa, performer, coreografa e regista, di Carolee Schneemann (Filadelfia, 1939), il cui lavoro diviene significativo nell’ambito di questo capitolo nella misura in cui pone in relazione corpo, frammento oggettuale e movimento al fine di creare non una semplice mise-en-scène ma un vero e proprio ‘collage in movimento’, in cui la dimensione pittorico-scultorea viene assunta sul corpo stesso, oltrepassando i limiti della mimesis. In tal misura, il lavoro di Schneemann viene qui correlato, come suggestione anticipatrice, alla performance Io sono una carta di Tomaso Binga, fulcro del capitolo nonché dell’appendice I.

Le opere alle quali si farà specificamente riferimento sono il movimento scenico Newspaper Event (1963)32 e le due azioni Eye Body: 36 Transformative Actions (1963) e Body Collage (1967).

Trasferitasi a New York nel 1961 insieme al compagno compositore James Tenney, dopo la laurea in pittura conseguita presso l’Università dell’Illinois, la giovane Schneemann – fino a quel momento dedita alla pittura e al collage – entra in contatto

29

Cfr. G. Dorfles, La body art, in R. Barilli et al., Al di là della pittura: arte povera, comportamento,

body art, concettualismo, Milano, Bompiani, 1986; pp.237-238. 30 V. F. Menna, op. cit., p.453.

31 Cfr. C. Schneemann: “The performative body has a value that static depiction […] representation won't

carry” cit. in A. Jones, “Presence” in absentia. Experiencing Performance as Documentation, p. 12 in “Art Journal”, v.56, n.4, inverno 1997: numero tematico Performance Art: (Some) Theory and (Selected) Practice at the End of This Century.

32 Judson Dance Theater, Newspaper Event (1963). Coreografia di C. Schneemann. 29 gennaio 1963, New York, Judson Memorial Church.

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con gruppi di artisti interessati all’happening e alla sperimentazione nell’ambito della danza e del teatro; nel febbraio ‘62 partecipa a Store Days di Claes Oldenburg e, nel maggio dello stesso anno, collabora con Philip Corner a An environment for Sound and Motions. Assiste, inoltre, ai primi spettacoli di postmodern dance realizzati dal collettivo Judson Dance Theater, attivo nel Greenwich Village (1962-1964) e lei stessa inizia a frequentare lezioni di danza e a riflettere sull’innovativa proposta, portata avanti dai membri dello Judson Group, di“kinetic theater pieces”33, a ciò sposando la personale esigenza di ideare possibili azioni performative che riflettessero specificamente sullo statuto della pittura, stravolgendolo (sarà questo il caso di Eye Body).

Il collettivo di danzatori e artisti del quale diverrà parte attiva, risente della forte influenza dei metodi di composizione di John Cage e della danza di Merce Cunningham, riunendo un folto gruppo di giovani tra i quali Simone Forti, Trisha Brown e Meredith Monk, il musicista La Monte Young e ancora gli artisti Robert Rauschenberg, Robert Morris e Yoko Ono.

Alla fine del ’62, invitata a lavorare direttamente a un nuovo spettacolo del gruppo, Carolee Schneemann inizia a progettare il movimento scenico Newspaper Event [figg. 54, 55], che debutterà il 29 gennaio 1963. Si tratta di una coreografia – dieci minuti di durata – per sette danzatori più la Schneemann stessa, interagenti con un’immane mole di giornali – dapprima impilati ordinatamente su panchine e sgabelli, poi riversati velocemente al centro del palcoscenico – secondo precise (e non convenzionali) distribuzioni delle parti e un canovaccio di scrittura scenica.

Mentre Schneemann si muove sul palcoscenico liberamente, strisciando, i sette danzatori interagiscono con i giornali ciascuno focalizzando il movimento su una precisa parte del corpo, secondo le indicazioni della coreografa. In particolare per Carol Summers, alla quale era richiesto di incentrare l’azione sulle mani, ed Elaine Summers, concentrata sulla testa, l’indicazione fornita da Schneemann era “make yourself a little something to wear from the newspapers”34, dunque una parvenza di rudimentale abito, fatto di carta.

33 Lo Judson Dance Theater, collettivo di danzatori, coreografi, musicisti, poeti, artisti visivi, ricordato come iniziatore della postmodern dance e ormai leggendario, operò una forte rottura rispetto ai canoni del balletto e della modern dance, azzerandone il linguaggio e presentando sulla scena, nei termini di

danza, movimenti e azioni di eterogenea natura. Cfr. J. O. Richards, Oral history interview with Carolee Schneemann, 1 marzo 2009, Archives of American Art, Smithsonian Institution, p. 26; Url:

<http://www.aaa.si.edu/collections/interviews/oral-history-interview-carolee-schneemann-15672> 34 Cfr. D. Cameron, M. Rowe, Interview with Carolee Schneemann, in B. McPherson (a cura di), Carolee Schneemann. More Than Meat Joy, New York, Documentext, 1979, pp- 33-35.

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Successivamente, intervistata da Dan Cameron e Michael Rowe, l’artista delineerà in tal modo i cinque punti-chiave seguiti nella costruzione della pièce: “1) The primary experience is the body as your own environment. 2) The body within the actual, particular environment. 3) The materials of that environment – soft, responsive, tactile, active, malleable (paper… paper). 4) The active environment of one another. 5) The visual structure of the bodies and material defining space”35. Definirà inoltre Newspaper Event come “a huge, exploded collage”: un enorme collage esploso36, dominato dall’elemento-carta che si mescola ai corpi in movimento.

Immediatamente dopo l’esperienza con lo Judson Group, Schneemann introdurrà per la prima volta l’elemento del proprio corpo anche nel lavoro personale, fino a quel momento essenzialmente rivolto alla pittura e al collage. Tale estensione verrà letta come il tentativo di esprimere compiutamente la vicenda creativa come un'esperienza vissuta, non solamente tracciata attraverso la mano sul supporto pittorico37 ma inscenata e registrata dall’obiettivo di una macchina fotografica38

, nel contesto del reale atelier dell’artista.

In Eye Body [fig. 56], Schneemann è dunque modella e autrice ella stessa – tanto delle numerose opere che affollano l’ambiente nel quale l’azione performativa, di “travestimento” si svolge, quanto dell’azione stessa – in uno stravolgimento del rapporto gerarchico tra modella e artista, tra oggetto e soggetto dell’opera d’arte, che in questo caso coincidono del tutto, giacché la presenza di Erró si limita al ruolo di testimone-trascrittore dell’evento.

Schneemann, nell’attuare le trentasei varianti di Eye Body, assumerà su di sé plastica, pittura, colla, carta, pelliccia e vetro, materie correntemente utilizzate nel suo lavoro. Descrivendo l’azione del 1963, scriverà: “Volevo che il mio corpo reale si combinasse con il mio lavoro come materiale integrante – un'ulteriore dimensione della costruzione… Sono creatrice d’immagine e immagine al contempo. Il corpo può rimanere erotico, sessuale, desiderato, desiderante, ma è votivo al tempo stesso: segnato, sovrascritto in un testo fatto di tratti e gesti scoperti dalla mia volontà creativa

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"1) L'esperienza principale è il corpo come tuo, proprio, ambiente operativo. 2) Il corpo all'interno del reale, particolare ambiente operativo. 3) I materiali di questo ambiente - morbido, sensibile, tattile, attivo, malleabile (carta ... carta). 4) L'ambiente attiva l'uno a partire dall'altra. 5) La struttura visiva dei corpi e il materiale che definisce lo spazio". Ibidem. In tali indicazioni, risulta di particolare interesse la ripetizione

dei termini ‘environment’ e ‘carta’.

36 V. J.O. Richards, op. cit., p.28.

37 Cfr. K. Stiles, The Painter as an Instrument of Real Time, in C. Schneemann, Imaging Her Erotics, Cambridge, MIT Press, 2003.

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femminile”39

. Si evidenzia, in tali parole, l’intento di Schneemann di caricare il proprio corpo di una sorta di scrittura segnico-simbolica prettamente femminile, oltrepassando, concettualmente e fisicamente, il limite del prodursi in un tableau vivant, per accostarsi alla sfera della performance, pur prodotta in un luogo privato, intimo, e non ancora aperto al pubblico se non attraverso la mediazione della pellicola fotografica.

Quest’ultima, certamente, insieme alla forza dirompente dell’immagine mostra la bellezza fisica dell’artista, motivo per cui il suo lavoro non verrà immediatamente e del tutto compreso e accettato da parte del movimento femminista (al quale, pure, Schneemann dichiarava vicinanza e comunione d’intenti) ma interpretato come narcisistico ed eccessivamente indulgente nei confronti dell’immaginario maschile. Schneemann, dal canto suo, dichiarerà come, pur non facendo un vanto della sua avvenenza fisica, avesse inteso utilizzare il dato estetico “per disturbare e spiazzare le aspettative convenzionali” riguardo a un “aspetto accattivante, un corpo attraente. […] E come ho detto spesso, ero molto turbata dalla raffigurazione di nudi femminili nella Pop Art. E una delle mie motivazioni - non intento programmatico, ma culturale - è stata quella di distruggere quella meccanicistica, perfetta […] rappresentazione di forme femminili così comune durante la Pop Art. […] ho amato tutto quel lavoro, ma era ostile al mio senso di vissuta sensualità e all'esperienza reale, ai piaceri del corpo, all'energia del corpo, all'intelligenza del corpo”40.

Nel corso della preziosa e lunga intervista rilasciata nel 2009 per gli Archives of American Art, Schneemann dichiarerà le fonti implicite del suo intero lavoro, valide ben oltre l’azione fin qui descritta: oltre ai dettami di verità e comunicatività richiesti dalla teorizzazione del Teatro della crudeltà di Antonin Artaud (rintracciabili almeno in un primo momento del lavoro di Schneemann), gli scritti di Simone de Beauvoir e di Wilhelm Reich, allievo di Freud noto per le sue ricerche sul ruolo sociale della sessualità; e ancora, a un livello prettamente formale, Cézanne, de Kooning, Pollock e

39 T.d.A. Testo originale: “I wanted my actual body to be combined with the work as an integral material- - a further dimension of the construction... I am both image maker and image. The body may remain erotic, sexual, desired, desiring, but it is as well votive: marked, written over in a text of stroke and gesture discovered by my creative female will”. Descrizione riportata a firma di Carolee Schneemann,

priva di altre indicazioni, sul sito web dell’artista: < http://www.caroleeschneemann.com/works.html>

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T.d.A. v. Testo originale:“It's odd, but I never thought that I was beautiful. I always thought other women were beautiful. But I knew that I was ideal enough that I could use this ideality to disrupt and displace the conventional expectations of what an appealing looks, appealing, arousing body could do or mean in its culture. And as I've often said, I was very disturbed by the depiction of female nudes in Pop Art. And one of my motives - it wasn't programmatic, but a cultural motive - is that I felt was to disrupt those mechanistic, perfected, machinelike depictions of female forms that were so common during Pop

Art. […] I loved all that work, but it was hostile to my sense of lived sensuality and actual experience, the pleasures of the body, the energy of the body, the intelligence of the body”. C. Schneemann in J.O.

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infine, sorprendentemente, seppur con un indiretto modo d’influire sulla sua riflessione, “tutte le artiste donne che cominciavano a emergere”41

.

Nel 1967 Schneemann riprenderà, nel breve film Body collage42, alcune tra le linee- guida dello spettacolo del ’63, Newspaper Event, rimanendo unica protagonista di un’azione frenetica, ambientata nella sua abitazione-atelier e filmata in 16 mm. da Gideon Bachmann.

Body collage esplicita quanto già sottinteso o commentato riguardo le precedenti esperienze, ossia la volontà di produrre attraverso il proprio corpo “a visceral movement-event"43, un movimento viscerale, nel quale l’artista “dipinge” la propria persona con colla da parati e melassa e quindi si getta, rotolando e muovendosi in maniera spasmodica, su montagne di brandelli di carta bianca. Dichiarerà in seguito, per la Fondazione Electronic Art Intermix, deputata alla conservazione e catalogazione delle opere di video arte: "My intention was not simply to collage my body (as an object), but to enact movement so that the collage image would be active, found, not predetermined or posed”44

.

Andando oltre, nella già citata intervista del 2009 per gli Archives of American Art, l’artista commenterà riguardo a Body Collage e alla nota performance tattile e di scoperto richiamo orgiastico Meat Joy (1964)45: “I'm sizzling with erotic energy. I have such a high erotic charge, when I touch things, I can feel they get sizzling; tables, chairs, things pour an energy back to me”46

.

Tale fremente energia, inoltre, non risulterà priva, per l’artista stessa, di un gioioso piacere che, nell’atto della performance, distanzierà naturalmente l’azione dalle premesse ideologiche poste da Schneemann, laddove il movimento di fusione tra il corpo e i brandelli cartacei trasmetterà un’armonia lontana dall’intenzione di richiamare – come nel parallelo video Viet-Flakes, anch’esso del ’67 – il drammatico, trascinato,

41 “It's inherent, the way the influence of Simone de Beauvoir is absorbed and remains implicit. And the writings of Wilhelm Reich. I mean those are propulsive influences. And behind them lurk the influences of Cézanne, the physicalizatons of de Kooning and Pollock. And then another layer of all the women

artists who were beginning to emerge”. C. Schneemann in Ivi, p. 38.

42 C. Schneemann, Body collage, 1967. Video, durata 3’57’’. 43 C. Schneemann, scheda descrittiva dell’opera; Url: <http://www.caroleeschneemann.com/filmvideography.html> 44

"La mia intenzione era non solamente di creare un collage con il mio corpo (come oggetto), ma

compiere un movimento attraverso il quale l’immagine-collage divenisse attiva, non predeterminata”. C.

Schneemann citata negli archivi di Electronic Art Intermix, risorsa elettronica: <http://eai.org/title.htm?id=13364>

45

C. Schneemann, Meat Joy, 1964. Prima esecuzione al “First Festival of Free Expression”, Parigi, American Center.

46 T.d.A.: "Sono fremente di energia erotica. Ho una carica erotica così alta, quando tocco le cose, posso

sentire che fremono a loro volta; i tavoli, le sedie, le cose riversano una energia su di me”. C.

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movimento delle figure delle vittime vietnamite dell’esplosione di bombe al napalm. “So Body Collage ended up in complete contrast to its original intention” – commenterà l’artista. “Once I was covering my body with wallpaper paste and the shredded paper, it became so much fun, and the image was so enticing, that it was very far away from my original intention”47

.

In tale fase, il lavoro di Schneemann si pone a confronto con la sfrenata attività performativa di Yayoi Kusama e forse in parte da quella deriva; manifesta tuttavia una certa individualità nel proporre azioni che coinvolgono la fisicità femminile, l’elemento oggettuale e la scena, in contesti di forte rimando polemico e intimamente inscritti nel binomio ‘pelle-carta’, implicitamente instaurato dall’artista.

II.3. Tomaso Binga. Il lavoro sulle carte da parati e la performance Io sono una