• Non ci sono risultati.

I.1. Un possibile precedente: Yayoi Kusama, gli endless pattern e Aggregation: One Thousand Boats Show (1963).

I.2.3. Il pattern Washington Monument (1974) e la reiterazione della maschera

dell’artista in Self-Portrait (1978).

Un’altra carta da parati realizzata da Warhol sarà, ancora nel 1974, Washington Monument [fig. 23], creato per una commissione sconosciuta, come si legge nel Catalogue Raisonné delle stampe dell’artista239 e solo di recente240 esposto, in una pertinente installazione a parete [fig.22], nella sede di Beacon (New York) della DIA Art Foundation, in occasione del decennale dell’Andy Warhol Museum di Pittsburgh, co-fondato dallo stesso ente.

Il pattern, dedicato al Monumento a George Washington (l’alto obelisco in marmo progettato da Robert Mills e costruito a Washington, nel 1848-1888, in un’area oggi antistante la grande Reflecting Pool che conduce al Lincoln Memorial) è estremamente lineare e reca, chiaro, il tratto disegnativo di Warhol.

Un vicino precedente iconografico, come segnalato da un’asta svoltasi nel novembre 2010 a New York, presso Phillips de Pury241, si riscontra nella litografia in cinquanta esemplari Washington Monument [fig. 24], realizzata da Willem de Kooning nel 1970.

237

A. Mecacci, op. cit., p.113.

238 “Mao, My Mother, and Other Friends”, Los Angeles, Margo Leavin Gallery, 3 aprile-3 maggio 1975;

“Andy Warhol: Paintings 1962-1975”, Baltimora, Museum of Art, 22 luglio-14 settembre 1975.

239 Cfr. F. Feldman, J. Schellmann (a cura di), op. cit., scheda IIIB.2. Il wallpaper non conta esemplari

numerati e siglati manualmente da Warhol, ma l’impressione del titolo sul margine destro e l’indicazione del copyright “Andy Warhol Enterprises” sul margine destro.

240 In occasione della mostra, a cura di Lynne Cooke, “Dia’s Andy: Through the Lens of Patronage”, Dia Beacon, 2005.

241

Si veda un post – datato 21 novembre 2011 – di Greg Allen, autorevole blogger statunitense autore di

“greg.org: the making of”, online dal 2001 con un primo sostegno da parte del Warhol Foundation Arts

Writers Program:

77

La composizione è incentrata su un medesimo impianto formale e fa perno, come sarà per l’opera di Warhol, sul rispecchiamento dell’obelisco nell’ampia vasca antistante. A un primo sguardo, appare possibile ipotizzare che entrambi gli artisti abbiano tratto spunto da una simile – se non identica – immagine fotografica o, altrimenti, che Warhol conoscesse il soggetto di de Kooning. Ad ogni modo, del pattern del ’74 colpiscono il nitore, l’utilizzo del bianco e nero (un unicum nella realizzazione di wallpaper da parte di Warhol) e l’andamento tendente all’astrazione, che diviene evidente nell’installazione a parete, dove si scioglie pressoché ogni riconoscibilità del soggetto-chiave242.

Quest’ultima è invece più che presente – e anzi, al vero centro della composizione – nel pattern creato per una retrospettiva dedicata a Warhol dal Kunsthaus di Zurigo nel 1978243: Self-Portrait244 [figg. 25, 26], immagine ‘giovanile’ dell’artista, dai lineamenti addolciti, delineata in bianco e nero su un modulo geometrizzante in rosa (appena accennato) e viola. Nel pattern non si coglie realmente la fisionomia di Warhol (al tempo, cinquantenne) quanto, piuttosto, una sua idealizzazione, una ‘maschera’ accuratamente composta per presentare al pubblico la miglior sembianza di sé.

Il tema dell’autoritratto, come noto, riveste un ruolo importante nell’oeuvre di Warhol245 sin dai primi anni Sessanta, svolgendosi tra fotografia, pittura, disegno e serigrafia parallelamente alla costruzione di una esplicita “identità” artistica, dai connotati riconoscibili. “Warhol è stato uno tra i più pubblici, evidenti e liberi soggetti immaginabili”, nota Jennifer Dyer246

, continuando col sottolineare che l’invito a guardare all’autore come a una macchina247

mirasse anche a obliterare qualsiasi interesse, da parte del pubblico, riguardo al privato e all’interiorità dello stesso248

.

242 Nell’83 Warhol lavorerà nuovamente sul Washington Monument e sulle vedute di quello dalla prospettiva del Tidal Basin, con una serie di serigrafie dal titolo A series of unique images created for the

Washington Post cover in 1983, finalizzate, appunto, alla realizzazione di una copertina per il “Washington Post”. v. F. Feldman, J. Schellmann, op. cit., p.263.

243 “Andy Warhol”. Zurigo, Kunsthaus, maggio-luglio 1978. All’esposizione ha fatto seguito, con una

nuova installazione del parato, la mostra “Andy Warhol”, Humlebæck (Danimarca), Louisiana Museum

of Modern Art, ottobre-novembre 1978.

244 v. F. Feldman, J. Schellmann, op. cit., p.96. Scheda II.156A.

245 Cfr. D. Elger (a cura di), “Andy Warhol. Selbstportraits/Self-Portraits”. Kunstverein St. Gallen Kunstmuseum, 12 giugno-12 settembre 2004; Sprengel Museum Hannover, 3 ottobre2004-16 gennaio 2005; Scottish National Gallery of Art, Edinburgh, 12 febbraio-2 maggio 2005. Catalogo della mostra, Hatje Kantz Verlag, Ostfildern-Ruit 2004; A. Boatto, Narciso infranto. L'autoritratto moderno da Goya a

Warhol, GLF Editori Laterza, Roma 2005; H. Butin, Andy Warhol in the picture. Self-Portraits and Self- Promotion in E. Meyer-Hermann (a cura di), op. cit., pp.47-55.

246

T.d.A. J. Dyer, The Metaphisics of the Mundane…, op. cit., p.43. 247 Si veda la nota n.33.

248 “The irony of calling this overt, public free persona a machine accentuates the fact that if we look at

78

“Just look at the surface of my paintings, and films, and me, and there I am. There’s nothing behind it”249

, aveva infatti dichiarato Warhol, già nel 1963, momento nel quale aveva prodotto diverse serie di propri ritratti fotografici dalle pose stereotipate, accostabili (a differenza di quanto avverrà negli anni successivi) a quelle presenti nei book patinati del mondo del cinema e della moda.

Dopo l’aggressione subita nel giugno del ’68 ad opera della scrittrice e attivista femminista Valerie Solanas, Warhol aveva per circa un decennio abbandonato il tema dell’autoritratto, riprendendolo nel 1978, anno che non segna solamente la produzione del wallpaper omonimo ma anche, in senso diametralmente opposto, di una serie di tre Autoritratti con teschio, di piccolo formato250. In essi il richiamo iconologico dominante è, scopertamente, quello del memento mori, corrispondente a una presenza ossessiva e funerea nel vissuto di Warhol, specie all’indomani dell’aggressione.

Nello stesso anno, l’artista realizza un Self-Portrait251

[fig. 27] risultante da una tripla sovrimpressione serigrafica su una medesima tela, raffigurante la testa in diverse posizioni: nel caso del wallpaper, invece, l’impostazione formale e la tecnica esecutiva risultano fortemente semplificate lasciando, come già accennato, emergere un volto giovanile e inespressivo.

I tratti rapidi ed essenziali che caratterizzano il soggetto wallpaper riprendono le forme dei Portrait drawings realizzati dall’artista all’incirca dal 1974 al 1986252.

Un raffronto stilistico si può avanzare anche con un successivo e insolito triplo Self- Portrait253 del 1986, decisamente eterogeneo rispetto alla parallela produzione della serie di autoritratti camouflage, nella quale la fissità dell’espressione del soggetto, l’astrazione cromatica e l’isolamento della testa dal busto contribuiscono a rendere un aspetto fantasmatico e irreale al soggetto. L’autoritratto del 1986, infatti, riporta ancora

between the artist’s observable behavior and his private, interior subjectivity”. J. Dyer, The Metaphisics of the Mundane… p.43.

249 A. Warhol cit. in G. Berg, Andy: My True Story in “Los Angeles Free Press”, 17 marzo 1963, p.3.

T.d.A.: “Basta guardare alla superficie dei miei quadri, dei miei film, e di me stesso, e io sono lì. Non c'è niente dietro”. Warhol continuava, nella medesima intervista: “I see everything that way, the surface of things, a kind of mental Braille, I just pass my hands over the surface of things”. Cit. in H. Foster, Death in America…, p.39. T.d.A.: “Vedo tutto in questo modo, la superficie delle cose, una sorta di Braille

mentale, passo appena le mie mani sopra la superficie delle cose”. 250

Si veda ad esempio A. Warhol, Self-Portrait with Skull, 1978. Acrilico e serigrafia su tela, 40,8 x 33,2 cm. National Galleries of Scotland.

251 A. Warhol, Self-Portrait, 1978. Acrilico e serigrafia su tela, 101.6 x 101.6 cm. The Andy Warhol Museum, Pittsburgh.

252

Cfr. K. Heymer (a cura di), “Andy Warhol Portrait Drawings”. Colonia, Jablonka Galerie, 10 aprile-1 giugno 2001. Catalogo della mostra, Niessen GmbH, Essen 2001;

253 A. Warhol, Self-Portrait, 1986. Grafite su carta, 79.4 x 60.3 cm. The Andy Warhol Museum, Pittsburgh.

79

una volta un aspetto giovanile e una fisionomia tracciata a matita, sinteticamente, ma con una triplice resa del volto, simile all’antico tema iconografico rappresentato – nel più noto tra i casi – dalla Allegoria del Tempo governato dalla Prudenza (1565) di Tiziano, oggi alla National Gallery di Londra. Nell’opera di Warhol, tuttavia, il volto presenta un medesimo riferimento anagrafico e non raffigurazioni di diverse età.

Ritornando al wallpaper del 1978 è da sottolineare, come già notato nel precedente Mao (1974), che la sintesi formale ben si assesti entro le strutture ripetitive del pattern: la destinazione d’uso, tuttavia (la già citata mostra di Zurigo), prevedendo l’allestimento entro una mostra personale dell’artista, contiene e limita l’innovazione formale del soggetto del wallpaper, finalizzato a una reiterazione e “celebrazione” in superficie, multiforme, dell’identità e della persona254

dell’artista stesso.

Del wallpaper del 1978, infine, sono sconosciuti stampatore ed editore ma, come descritto nella scheda del Catalogue Raisonné, un’edizione di circa trecento pezzi (seppur non siglati) ha consentito la ricostruzione e la riproposizione dell’opera oggi installata permanentemente, al pari degli altri pattern, all’Andy Warhol Museum di Pittsburgh.