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La Corte dei Conti quale organo di controllo della Repubblica e il controllo sulla gestione quale centro del sistema di controlli amministrat

2. IL CONTROLLO NELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA LA LEGGE 20/1994 E LA CORTE DEI CONTI NELL’”AMMINISTRAZIONE PER RISULTATI”

2.6 La Corte dei Conti quale organo di controllo della Repubblica e il controllo sulla gestione quale centro del sistema di controlli amministrat

La giurisprudenza costituzionale riconosce alla funzione di controllo avente ad oggetto la gestione economica delle pubbliche amministrazioni e, più in generale, alla complessiva valutazione in termini di efficienza, efficacia, economicità dell’azione amministrativa, effettuata da questa si saldano le fasi conclusive per cui Il passaggio dell’esame e dell’approvazione collegiale della relazione in contraddittorio con l’Amministrazione richiede che lo schema di relazione venga inviato all’Amministrazione controllata (ed agli stessi membri del Collegio) con congruo anticipo rispetto alla data dell’Adunanza. Il livello e le modalità di partecipazione all’Adunanza da parte dell’Amministrazione controllata vengono a costituire anche test di quanto l’attività istruttoria sia già riuscita ad incidere in termini di auto-analisi e di auto-correzione da parte dell’Amministrazione stessa.

229 L’auditing finanziario e contabile italiano è finalizzato ad attestare l’attendibilità e affidabilità dei conti : distinguono

tra i due momenti Del. Corte Conti sez. Riunite contr. 13.12.2000 n.4/CONTR/2000 2 e sez. riun. Contr. 18.10.2001 n. 38/CONTR/PRG/: segnatamente essa si riconosce come mirata al giudizio di parificazione; essa è una prima fase necessaria del controllo sulla gestione, che interviene successivamente sulla base delle risultanze.

parte della Corte dei Conti ex art. 3 c.4 della l.20/1994, un proprio specifico ubi consistam costituzionale in molteplici disposizioni della Carta e, segnatamente negli artt. 97 (imparzialità e buon andamento p.a.), 28 (responsabilità dei funzionari), 81 (equilibrio del bilancio), 119 (autonomia finanziaria): anche se non espressamente riconosciuta ex art. 100 (almeno secondo la lettura resa dalla Corte), la funzione in oggetto si configura infatti strumentale alla realizzazione di determinati obiettivi e principi fissati in Costituzione.

Parallelamente in ordine al ruolo della Corte dei Conti, la Corte Costituzionale definisce espressamente essa quale “organo posto al servizio dello Stato-comunità, e non già soltanto dello

Stato-governo” avente la precipua finalità di ”garante imparziale dell'equilibrio economico- finanziario del settore pubblico e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell'efficacia, dell'efficienza e della economicità”. L’attribuzione di un’attività

essenzialmente collaborativa, nella ricostruzione della giurisprudenza costituzionale, discende dunque direttamente dalla posizione di neutralità e garante imparziale della legittimità e della correttezza della gestione finanziaria; la funzione di controllo viene estesa, conseguentemente, anche a tutti i centri di spesa pubblici, ivi compresi gli enti territoriali.230

La previsione nell’ordinamento del controllo sulla gestione e il conferimento di esso alla Corte dei Conti non costituiscono dunque opzioni pienamente disponibili da parte del legislatore: coerentemente con le conclusioni della giurisprudenza costituzionale, infatti, è da ritenere sia oggi riconosciuto un ruolo specifico alla Corte nell’esercizio della funzione di vigilanza sull’azione amministrativa, non soltanto nei termini di quanto espressamente richiamato ex art. 100 Cost.: ovviamente ciò non significa che il legislatore non possa ridurre discrezionalmente l’ambito della funzione in esame ma, in ogni caso, un eventuale intervento in tal senso deve avvenire ragionevolmente, entro precisi limiti, e comunque, non deve determinare la soppressione completa della funzione né l’attribuzione di essa ad altro soggetto nell’ordinamento231.

230 Osserva ancora riguardo la citata sentenza 29/1995 come essa si configuri quale “organo previsto dalla Costituzione

in posizione d'indipendenza e di "neutralità" al fine di svolgere imparzialmente, non solo il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, ma anche il controllo contabile sulla gestione del bilancio statale, e di partecipare, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (art. 100, secondo comma, della Costituzione), In relazione specificatamente al rapporto tra Stato e Regioni si sottolinea che l'imputazione alla Corte dei conti del controllo sulla gestione esercitabile anche nei confronti delle amministrazioni regionali non può essere considerata come l'attribuzione di un potere statale che si contrappone alle autonomie delle regioni, ma come la previsione di un compito essenzialmente collaborativo posto al servizio di esigenze pubbliche costituzionalmente tutelate, e precisamente vòlto a garantire che ogni settore della pubblica amministrazione risponda effettivamente al modello ideale tracciato dall'art. 97 della Costituzione, quello di un apparato pubblico realmente operante sulla base dei principi di legalità, imparzialità ed efficienza”.

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In questo senso, cfr. Corte Cost. 457 del 23.12.1999 in cui da un lato era ammessa per il legislatore la possibilità di decidere una riduzione del controllo in ordine agli enti pubblici cui lo Stato contribuisce in via ordinaria ex art. 100 2°c. , dall’altro riconosce, in sostanza, una posizione costituzionalmente protetta per la Corte dei Conti; nella fattispecie in oggetto, in particolare, nei decreti legislativi n. 19, n. 27 e n. 36 del 30 gennaio 1999 era stata prevista la limitazione del controllo sulla gestione finanziaria nei confronti del Consiglio nazionale delle ricerche, dell’Agenzia spaziale italiana e dell’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente a conti consuntivi, con l’esclusione del controllo

Il controllo sulla gestione si pone dunque al centro del nuovo sistema dei controlli; esso costituisce, come visto, una funzione di vigilanza radicalmente diversa rispetto alla verifica di legittimità, non soltanto per l’oggetto ma per lo stesso parametro assunto: questo infatti non è circoscritto alla conformità rispetto al paradigma normativo, ma come detto, è esteso a criteri desumibili da discipline extragiuridiche al fine di rendere una valutazione in termini di economicità, efficacia, efficienza dell’azione svolta.232

A tali rilievi si aggiunge la considerazione che la Corte dei Conti ex art. 3 c.4 definisce annualmente i programmi ed i criteri di riferimento del controllo in esame: la previsione legislativa, che esprime chiaramente il principio di procedimentalizzazione delle verifiche sulla gestione, consente esclusivamente alla Corte di individuare le concrete modalità di esercizio del potere di controllo nonché le priorità di indagine nello svolgimento della propria funzione; è da escludere, viceversa, l’interpretazione secondo cui tale disposizione attribuisca all’organo, attraverso il riconoscimento di una potestà normativa, la possibilità di definire il contenuto e l’ambito del proprio potere: quest’ultimo è infatti definito sicuramente in via legislativa.

L’ambito di applicazione soggettivo degli enti sottoposti a controllo è direttamente individuato dalla legge 20/1994 ed è esteso, in base a quanto emerso in giurisprudenza, alla nozione di “pubblica amministrazione”: contrariamente a quanto inizialmente ritenuto da certa dottrina, tale concetto costituisce “criterio applicativo, sufficiente a delimitare le competenze affidate alla Corte,

cui non si richiede di effettuare apprezzamenti discrezionali ma soltanto di accertare le situazioni che in base alla legge costituiscono il presupposto per l’esercizio delle sue funzioni” (Cass. SU

10.6.1998 n. 5762.)

Sul punto, la Corte Costituzionale, sia pure in una fase antecedente alla riforma del Titolo V, ha sancito la legittimità costituzionale dell’estensione della disciplina contenuta nella legge 20 alle Regioni; a fortori, per queste ultime, la Corte ha rileva criticamente che “poiché il fine ultimo amministrativo di regolarità contabile e sui singoli atti di gestione, secondo quanto previsto dalle norme dei decreti legislativi). Analogamente cfr. la sentenza Corte. Cost. 135 del 17.5.2001 che dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del dlvo 30.7.1999 n. 286 abrogava l’art. 8 del dlgs 259/1958 relativo alla possibilità per la Corte di dichiarare in qualsiasi momento, al ministro del Tesoro ed al ministro competente eventuali accertamenti di irregolarità nella gestione: la motivazione della pronuncia, in particolare, si basa tuttavia non sulla considerazione di una lesione della sfera di competenza ma nella violazione dell’art. 76 Cost, eccesso di delega: tuttavia, secondo la Corte, non è sufficiente un generico riferimento alla riforma del disegno dei controlli, presente nella legge di delega per giustificare la soppressione di un importante istituto di controllo. In materia di controllo di legittimità cfr. Corte Cost. 29.5.2002 n. 221, relativo alla soppressione attraverso decreto legislativo del sistema dei controlli preventivi di legittimità nei confronti di atti emanati con DPR. In particolare, la Corte Costituzionale ha sottolineato che L’esistenza di controlli di legittimità del tipo in esame sugli atti di esercizio di tale autonomia, in quanto svolti secondo criteri di imparzialità, non é, di per sè, incompatibile con tale garanzia, nè tantomeno la pregiudica. L’autonomia organizzativa, regolamentare e finanziaria risulta infatti dalle norme sostanziali che definiscono, in positivo e in negativo, i poteri attraverso i quali essa può estrinsecarsi e ne precisano l’ambito, cioé l’estensione e i limiti. Non può quindi ritenersi che, di per sè, la delega a dettare norme organizzative con l’obiettivo di garantire spazi di autonomia comprenda implicitamente l’autorizzazione alla revisione, tramite soppressione, del sistema dei controlli di legittimità esistenti.

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Sulla radicale difformità rispetto ai controlli preventivi di legittimità cfr. in giurisprudenza costituzionale, C. Cost 29/1995 e 335/1995.

dell'introduzione, in forma generalizzata, del controllo sulla gestione è quello di favorire una maggiore funzionalità nella pubblica amministrazione attraverso la valutazione complessiva della economicità/efficienza dell'azione amministrativa e dell'efficacia dei servizi erogati, non si può ragionevolmente pensare che a siffatto disegno rimangano estranee proprio le amministrazioni regionali, cui compete di somministrare la maggior parte delle utilità individuali e collettive destinate a soddisfare i bisogni sociali”.(Corte Cost. 29/1995)233.

La disposizione normativa concernente il controllo previsto per le amministrazioni regionali ex art. 4 c.5, quale parametro per l’esercizio del controllo da parte della Corte dei Conti, fa espresso riferimento alle leggi di principio e di programma: l’interpretazione resa dalla Corte Costituzionale, supportata dalla dottrina unanime, è quella secondo cui con tale definizione si faccia riferimento alle leggi regionali: ragionando a contrario infatti, al di là della palese irragionevolezza della disposizione, si produrrebbe una lesione dell’autonomia costituzionale della regione stessa.

Secondo la lettura della giurisprudenza e in base alla prevalente interpretazione resa in dottrina, i caratteri funzionali e strutturali giustificano un’assimilazione del controllo in oggetto alla funzione amministrativa tout court: in primo luogo si osserva, esso non è assimilabile ad un “giudizio”, in ragione della presenza di elementi non giuridici tra i parametri assunti alla base della decisione; in secondo luogo, poiché è appunto basato su canoni metagiuridici e teleologicamente orientato a collaborare con la funzione amministrativa, è privo del carattere di terzietà e di conseguenza, non potrebbe essere più nettamente distinta dall’attività amministrativa stessa oggetto del controllo.234

Da tale considerazione discende direttamente un duplice ordine di conseguenze: da un lato, infatti, non risulta possibile sollevare questioni di legittimità costituzionale nell’esercizio del controllo sulla gestione, dall’altro può essere ammessa la sindacabilità in sede giurisdizionale dei

233 Infatti sul punto , la Corte Costituzionale, rilevò che “il disegno costituzionale della pubblica amministrazione -

delineato in base ai principi del buon andamento dei pubblici uffici (art. 97), della responsabilità dei funzionari (art. 28), del tendenziale equilibrio di bilancio (art. 81) e del coordinamento dell'autonomia finanziaria delle regioni con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni (art. 119) - permette al legislatore ordinario di sviluppare le potenzialità in esso contenute attraverso la previsione di forme di controllo ulteriori rispetto al controllo, essenzialmente esterno, di legittimità e l'estensione di tali forme ulteriori alle amministrazioni regionali. Con specifico riferimento alla problematica delle Regioni e degli enti locali “il riferimento dei principi costituzionali ora ricordati alla pubblica amministrazione in generale - tanto se statale, quanto se regionale o locale - comporta che, salvo espresse deroghe eventualmente contenute in altre norme costituzionali, le forme di controllo previste per l'attuazione di quegli stessi principi esigano un'applicazione tendenzialmente uniforme a tutte le pubbliche amministrazioni e, quindi, postulino la loro estensione anche agli uffici pubblici regionali.”

234 Cass. SU 10.6.1998 n. 5762 in Foro amm. 1999, 2370 con nota critica di R.I

ANNOTTA. La Cass. in particolare sottolinea che il controllo in oggetto”..come risulta oggi positivamente configurato, non è tale da potere assumere le connotazioni di un controllo assimilabile alla funzione giurisdizionale, cioè preordinato alla tutela del diritto oggettivo, con esclusione di qualsiasi apprezzamento di ordine non giuridico” conseguentemente “è agevole riconoscere anche la suesposta ripetibilità di schemi attinenti alle possibili forme di tutela, venendo in rilievo attività di sostanziale collaborazione con l’amministrazione attiva per il conseguimento dei suoi scopi” ; Su. 6906/1998 e 7327/1996;. In ambito comunitario, la Corte non ha mai considerato la Corte dei Conti, nel momento del controllo, quale organo giurisdizionale Corte Giustizia europea Ord. Pres. 26.11.1999 causa C-192/98.

provvedimenti emanati, in ragione dei principi generali concernenti la tutela delle posizioni giuridiche soggettive; resta ferma tuttavia, anche in fase di controllo sulla gestione, la possibilità di sollevare conflitto di attribuzione, come riconosciuto dalla Corte Costituzionale235.

In effetti, sul punto, nonostante sia opportuno sottolineare i caratteri distintivi del controllo gestionale rispetto a quello di legittimità e conseguentemente, a fortiori, la non irriducibilità di esso alla funzione giurisdizionale, ai fini di un’esatta definizione della funzione in oggetto, deve essere necessariamente evidenziata, in via preliminare, sia la posizione di neutralità dell’ organo titolare sia la sua riferibilità alla Repubblica e non allo Stato-apparato: il soggetto controllore è estraneo infatti strutturalmente e funzionalmente all’amministrazione e dotato di una propria sfera di attribuzioni definita ex lege e costituzionalmente garantita.

A livello funzionale, inoltre, pur non negando oggettive difficoltà interpretative a riguardo, il controllo sulla gestione della Corte, a differenza di quello di gestione conferito a organi interni, non determina né influisce direttamente sull’attività di indirizzo e sulle decisioni programmatiche delle amministrazioni: al contrario, esso si sostanzia anzitutto in un giudizio, il più possibile oggettivo, in ordine al raggiungimento dei risultati stabiliti ex lege, e, in secondo luogo, in una valutazione relativa al livello di efficienza efficacia ed economicità tenuto dall’amministrazione.

L’esito della procedura di controllo sulla gestione, non contiene dunque, in alcun modo, suggerimenti di “merito” sulle scelte compiute, ma assume carattere di decisione obiettiva finalizzata all’autocorrezione dell’attività degli enti; essa inoltre non è rivolta non soltanto agli enti soggetti al controllo ma anche al Parlamento ed ai Consigli regionali.

Tali considerazioni non valgono a ridurre, ovviamente, il momento “collaborativo” della Corte nei confronti delle amministrazioni, riconosciuto dalla stessa giurisprudenza costituzionale: al contrario, quest’ultimo, che si esplica ex art. 3 c.6 nell’invio di relazioni e di puntuali osservazioni alle amministrazioni interessate, nonché, più in generale, in un “dialogo” con i soggetti sottoposti al controllo in ordine alle misure correttive, acquisisce uno specifico rilievo ed un significato ulteriore: essa è infatti è strumentale infatti non solo al miglioramento progressivo dell’azione amministrativa

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Cfr. Corte Cost 470/1997 cit. “là dove non vengano in rilievo le ragioni, connesse alla natura del controllo quale funzione imparziale, che in passato la giurisprudenza ha ritenuto idonee a giustificare la sottrazione degli atti al sindacato giurisdizionale, non possono non riespandersi principi che la Corte ha ripetutamente annoverato fra quelli fondamentali dell'ordinamento costituzionale (v. sentenze n. 18 del 1982 e n. 100 del 1987). Ne discende che le determinazioni della Corte dei conti, in ordine all'individuazione degli enti da assoggettare a controllo, non escludono, per gli enti stessi, la garanzia della tutela innanzi al giudice (art. 24 della Costituzione), restando, perciò, in discussione non già l'an, ma solo il quomodo di detta tutela e, quindi, un problema di interpretazione della normativa vigente, la cui soluzione, ovviamente, esula dall'oggetto del presente giudizio”. La stessa giurisprudenza costituzionale tuttavia riconosce alla Corte dei conti, nella sua funzione di controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, la natura di potere costituzionale legittimato alla proposizione del conflitto di attribuzione, esercitando tale funzione in piena autonomia dagli altri poteri; il potere di proporre il conflitto è riconosciuto anche in relazione ad atti di natura legislativa, per la difesa di attribuzioni costituzionali che si assumono lese da tali atti. In precedenza anche Corte Cost. 466/1993

in senso oggettivo, ma allo sviluppo dei controlli interni, sottoposti essi stessi ad un giudizio complessivo della Corte dei Conti.

In definitiva, la funzione della Corte dei Conti, si configura dunque, al contempo, collaborativa e “neutrale”; peraltro, a conferma della neutralità e imparzialità del controllo sulla gestione, giova sottolineare l’importanza della procedimentalizzazione della funzione stessa: l’individuazione ex ante delle singole fasi in cui si esplica il momento del controllo consente una maggiore obiettività nell’esercizio della funzione di vigilanza, oltre che una maggiore garanzia a beneficio delle amministrazioni controllate.

Neutralità e collaborazione costituiscono dunque i due “poli” apparentemente contrapposti, ma in effetti complementari, entro cui la Corte dei Conti esercita la propria funzione ormai estesa, è bene sottolinearlo, all’intero settore pubblico, ivi inclusi i soggetti formalmente privati ma su cui lo Stato o altri enti pubblici esercitino poteri determinati o a cui questi contribuiscano finanziariamente.

La funzione di controllo, come emergente dalla l.20/94 e dalla successiva attività esercitata, si configura aderente alle necessità ed ai principi della nuova amministrazione, e risulta essere strettamente correlata, peraltro, con il ruolo dello Corte quale garante degli equilibri finanziari pubblici complessivi, sia in relazione al nuovo riconoscimento dei centri di spesa, sia in ordine alla esigenze dell’Unione Europea.

Al controllo sulla gestione si connette, infine, l’accertamento preventivo della legalità degli atti individuati ex art. 3 c.1; un corretto esercizio del potere di verifica della legittimità dei provvedimenti in oggetto è, anzi, pre-condizione del controllo sulla gestione: intanto quest’ultimo può essere efficacemente esercitato, in quanto si sia preventivamente accertato che l’ atto amministrativo di carattere generale alla base della successiva attività di gestione sia stato posto in essere conformemente alla legge: si ricorda infatti, a quest’ultimo proposito, che gli atti oggi sottoposti al controllo preventivo sono esclusivamente quelli maggiormente rilevanti per l’esercizio dell’attività economica dell’ente.

La legittimità dell’azione amministrativa non costituisce più soltanto parametro per l’esercizio di un controllo nel momento preventivo di carattere repressivo-conformativo ma, al contrario, si sviluppa anche nella fase valutativa a posteriori dell’azione amministrativa.

A quest’ultimo proposito, come già evidenziato in dottrina, il controllo sulla gestione, correlato all’accertamento della legalità, costituisce uno dei pochi strumenti di unificazione dell’azione amministrativa, suddivisa ormai tra differenti enti pubblici e attribuita anche a soggetti privati: la Corte “partecipa” infatti tali soggetti della propria imparzialità e indipendenza dal potere

politico; essa risulta essere ancora, secondo una felice definizione, “la più fedele interprete, tra le

grandi istituzioni delle sorti dello Stato di diritto” (Berti)236.

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G.BERTI, Trasformazioni del controllo della Corte dei Conti (Sentenza n.29/1995 della Corte Costituzionale), in La Corte dei Conti oggi Atti della tavola rotonda Luiss, Roma 9 marzo 1995, Milano, 1995, 3

3. IL SISTEMA DEI CONTROLLI DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V PARTE II

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