2. IL CONTROLLO NELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA LA LEGGE 20/1994 E LA CORTE DEI CONTI NELL’”AMMINISTRAZIONE PER RISULTATI”
2.2 La posizione istituzionale e la funzione di controllo della Corte dei Conti nell’art 100 della Costituzione e nella successiva giurisprudenza costituzionale
La funzione di controllo della Corte dei Conti ha uno specifico ubi consistam costituzionale nell’art. 100 della Carta; in via generale, l’introduzione in Costituzione di questo organo assumeva un duplice rilievo: in primo luogo, costituiva un chiaro ed oggettivo rafforzamento nella gerarchia delle fonti della base normativa dell’istituto; in secondo luogo, valeva a contestualizzare la Corte in nuovo tessuto costituzionale, retto da ulteriori valori e criteri rispetto all’ordinamento previgente142.
In Assemblea Costituente, la problematica maggiormente affrontata, in relazione all’istituto della Corte, risultò indubbiamente essere quella della giurisdizione e, segnatamente, dell’ammissibilità delle giurisdizioni speciali nel nuovo ordinamento costituzionale; il sistema dei controlli fu viceversa affrontato con riferimento prevalentemente all’assetto delle autonomie territoriali.
In ordine alla posizione istituzionale venne in ogni caso riconosciuta da Mortati “la
rilevanza Costituzionale della Corte dei Conti”, come configurata, a partire dalle legge 800/1862,
quale “organo ausiliario del Parlamento nella importante funzione del controllo finanziario”, mentre Einaudi rilevava espressamente che essa “ha costituito e costituisce il terrore di tutti quelli
che si propongono di locupletarsi ai danni della finanza pubblica”143.
142 G.C
ARBONE, Art. 100, in Gli organi ausiliari Tomo I Commentario della Costituzione, a cura di G.BRANCA e A. PIZZORUSSO. Roma, 1994, 64 e ss. In Costituzione la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato sono introdotte, anzitutto, nelle loro funzioni ausiliarie, rispettivamente di consulenza e controllo, che si configurano non soltanto cronologicamente ma anche logicamente antecedenti rispetto alle funzioni giurisdizionali, ancorché profondamente connesse con queste ultime.
143 Recentemente, sulla posizione costituzionale della Corte dei Conti cfr. V. C
ERULLI IRELLI, La posizione costituzionale della Corte dei Conti tra funzioni di controllo e giurisdizione, in Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile .(ad un decennio dalle riforme) Atti del LI convegno di studi di scienza dell’amministrazione., Milano, 2006, 403. In particolare, in assemblea Costituente, Mortati rilevava anzitutto da un lato che la Corte dei Conti si poneva in una posizione referente nei confronti del Parlamento in, almeno, due momenti: nella fase in cui inviava alle Assemblee elettive il rendiconto di fine anno e la relazione sul rendiconto generale della spesa, a chiusura del bilancio consuntivo; e, parimenti, nel momento in cui trasmetteva gli atti vistati con riserva. Parallelamente, rilevava Mortati, doveva essere sottolineato che una delle funzioni fondamentale del parlamento fosse quella del controllo sulla gestione finananziaria dello Stato e, data l’enormità delle spese pubbliche la Corte non era più in grado in modo efficiente di esercitare la necessaria vigilanza; ma, osservava, questa “non è una ragione per negare l’importanza del controllo sulle spese pubbliche, anzi costituisce una ragione di più per rendere maggiormente efficace tale controllo e rafforzare il potere della Corte dei Conti”. Di notevole rilievo inoltre, il riconoscimento in sede costituzionale delle attribuzioni di controllo preventivo di legittimità; in particolare, esse avrebbero determinato non solo l’annullamento degli atti illegittimi ma anche la mancata adozione di un provvedimento contra legem, attraverso lo sviluppo dei contatti informali con il Governo e le amministrazioni. In secondo luogo, la modalità del controllo preventivo avrebbe consentito anche una applicazione uniforme del diritto sul territorio della Repubblica. Egli si mostrò altresì contrario all’ipotesi, pur avanzata autorevolmente in sede di Assemblea Costituente, di consentire al Parlamento di poter richiedere l’intervento del Presidente della Corte in Parlamento: ciò avrebbe infatti violato il principio per cui non è ammissibile l’intervento di estranei in Parlamento; tale rilievo non impediva tuttavia di considerare favorevolmente che una commissione potesse invitare il presidente in particolari circostanze, previste in sede normativa o regolamentare; parimenti Mortati fu contrario all’inserimento nella Carta di ogni riferimento ai visti con riserva: tale istituto avrebbe altresì meritato una regolamentazione legislativa. EINAUDI evidenziò la necessità di un inserimento della Corte in Costituzione, atteso anche la particolare portata storica dell’istituto presente fin dai tempi del Regno sabaudo” è
La Costituzione riconobbe chiaramente alla Corte dei Conti il carattere di ausiliarietà; ciò era desumibile, in primo luogo, in ragione del valore ermeneutico, secondo alcuni tuttavia limitato, da attribuire alla sua collocazione nella sezione III del Titolo III, relativa agli organi ausiliari del Governo, insieme al Consiglio nazionale economia e lavoro e al Consiglio di Stato; in secondo luogo, più specificatamente, in virtù della espressa previsione dell’obbligo di comunicazione alle Camere “sul risultato del riscontro eseguito”144.
In relazione al primo profilo, malgrado le perplessità in dottrina circa la configurabilità di una categoria astratta di “organi ausiliari”, era possibile rinvenire nella Corte dei Conti alcuni caratteri comuni anche agli altri organi compresi all’interno della medesima sezione; segnatamente, essa era organo funzionalmente estraneo all’attività amministrativa “attiva”, collegato ad altri soggetti giuridici dell’ordinamento in termini di collaborazione, allo scopo di garanzia, ossia con l’esclusiva finalità di favorire la regolarità ovvero il miglior perseguimento dell’interesse pubblico da parte del soggetto principale145.
Secondo quest’ultima ricostruzione, l’ausiliarietà della Corte, direttamente rintracciabile nelle coordinate costituzionali, si fondava su, almeno, un triplice ordine di fattori: in primo luogo, sull’intrinseca natura dell’attività esercitata, accessoria e strumentale rispetto ad un’altra di carattere principale; in secondo luogo, sulla particolare tipologia relazionale che essa instaurava con gli organi costituzionali; infine, strettamente connesso con i precedenti aspetti, sul dato teleologico della specifica funzione ad essa conferita, “servente” rispetto ad altre.
pertanto necessario affermare nella maniera più chiara e precisa la funzione che la Corte dei Conti è chiamata a svolgere ciò perché, una volta che le spese sono state avviate, riesce impossibile al Parlamento di impedirle Conseguentemente, suggeriva altresì di sancire espressamente l’indipendenza dell’organo ed, eventualmente, un intervento del parlamento e non del governo nella nomina dei consiglieri della Corte dei Conti. Einaudi sottolineò altresì la necessità che il controllo parlamentare non si traducesse in una verifica di legittimità formale sulle spese e il bilancio ma avesse anche una certa efficacia nel giudizio sulle spese. Circa l’eventualità, pur sollevata da taluni, dell’opportunità di restringere il controllo ai soli atti che comportavano la spesa, prevalse tuttavia l’impostazione contraria, ciò in ragione delle difficoltà oggettive nel distinguere il provvedimento che la comporti rispetto a quello che non la comporti. (BOZZI) Gli interventi citati sono in Seduta 27.1.147 –atti della Commissione per la Costituzione- seconda sottomissione, in atti assemblea Costituente Tomo V 1707.
144 G. C
ARBONE, op. cit., 71 il quale, sulla base di alcune ricostruzioni storiche effettuate in materia sottolinea lo scarso valore da attribuire alla posizione della Corte dei Conti nel titolo relativo agli organi ausiliari Sul punto cfr. anche V. FALZONE E P.GROSSI, Assemblea costituente, in Enciclopedia del diritto III Milano 1958 370 e ss.
145
G.FERRARI, Organi ausiliari, in Enciclopedia del diritto, IV, Milano, 1959, 319; egli osservava che in Costituzione sono rinvenibili espressamente tre organi ausiliari: Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Consiglio nazionale economia e lavoro; in primo luogo, la nozione di ausiliarietà, indica la dualità di soggetti e un rapporto di collegamento tra essi; nella lettura della Costituzione si configura evidente come il rapporto coinvolga, quali soggetti principali le Camere ed il Governo, ossia il potere legislativo e quello esecutivo, a beneficio di cui si esercitano le funzioni di vigilanza e riscontro della Corte dei Conti nonché di consulenza giuridica-amministrativa del Consiglio di Stato. In particolare, la funzione di controllo della Corte, esplicatesi con il “visto”, si caratterizza per essere espressione di imparzialità, finalizzata esclusivamente a garantire la conformità al paradigma normativo dell’azione amministrativa dell’esecutivo e dunque autonoma rispetto agli interessi che si perseguono con l’azione ammistrativa stritu sensu intesa: in questo senso esso si differenzia rispetto agli altri modelli di controllo conosciuti nell’ordinamento, essendo maggiormente assimilabile alla giurisdizione. In definitiva, sul punto, l’A. riconosce caratteri strutturali e funzionali comuni tra Consiglio di Stato, Corte dei Conti e CNEL. Dal carattere di ausiliarietà di detti organi discende altresì la considerazione più specifica che l’atto emanato dall’organo ausiliario non si riconduce all’atto complesso: al contrario esso mantiene una sua autonomia pur inserendosi nella serie procedimentale che conduce all’emanazione all’atto finale.
Circa il confermato rapporto con il Parlamento, esso costituiva il portato di una tradizione culturale, storica, e giuridica assai risalente, per cui la Corte si configurava longa manus ispettiva dell’organo rappresentativo della collettività, preposta alla vigilanza nei confronti dell’azione dell’ esecutivo e, in particolare, delle operazioni determinanti la spesa del pubblico denaro; è da ritenere, tuttavia, che il concetto di ausiliarietà, nella lettura della Carta costituzionale, includesse, sia pure in modo maggiormente controverso, un legame con il Governo.
A quest’ultimo proposito, malgrado opinioni contrastanti in merito, coerentemente con una risalente ed autorevole elaborazione in dottrina dell’istituto che ha trovato conferma negli sviluppi successivi della prassi e della dottrina, avvenne, già a partire dai primi decenni del XX° secolo, una sorta di mutazione “genetica” della Corte: quest’ultima, infatti, divenne progressivamente, almeno a livello funzionale, amministrazione di controllo operante anche nell’interesse del potere esecutivo; i membri dell’esecutivo avevano infatti interesse ad accertare l’illegittimità dei propri provvedimenti prima che questi divenissero efficaci nell’ordinamento146.
Le attività della Corte, come individuate nella Carta, dunque, acquisivano in tale ricostruzione un particolare valore sotto un duplice versante; in primo luogo, nei confronti del Parlamento, ed in secondo luogo, nei confronti dello stesso Governo: l’ausiliarietà della Corte si declinava quindi sia nei confronti del potere legislativo sia dell’esecutivo.
Sul punto, autorevole dottrina distinse tuttavia il profilo funzionale da quello strutturale, sostenendo che soltanto con riferimento al primo potesse essere predicato l’attributo di ausiliarietà, e, in particolare, limitatamente all’attribuzione della funzione di controllo; al contrario, per il secondo aspetto, la Corte sarebbe stata caratterizzata dall’indipendenza e dall’ autonomia nei confronti degli altri Poteri, riconosciute già a livello costituzionale e confermate dalla legislazione attuativa147.
A quest’ultimo proposito, si è recentemente rilevato in senso contrario che, nell’ultimo comma dell’art. 100 Cost , l’attributo della indipendenza viene predicato espressamente in capo alla Corte dei Conti, congiuntamente al Consiglio di Stato, quali istituti generali nella loro configurazione più ampia, entro i limiti delle previsioni legislative, senza alcuna distinzione relativamente alle funzioni esercitate: in altri termini, non si differenzia la funzione giurisdizionale,
146
G.CARBONE, 73, secondi cui la funzione di garanzia, anche nei confronti del governo, risulta essere peraltro coerente con la funzione di tutela dell’ordinamento complessivo; essa inoltre, secondo l’A. è basata anche su una importante elaborazione culturale e scientifica a partire dal Cammeo ed evidente anche nei lavori dell’Assemblea costituente.
147 A.M.S
ANDULLI, La Corte dei Conti nella prospettiva costituzionale, pubblicato in Scritti in onore di Egidio Tosato Milano, 1984, 469 e Diritto e società 1979, 33 . L’A. in particolare rileva il carattere indipendente dell’organo, collocato in una posizione di vertice rispetto agli altri poteri dello Stato (si cita anche la Corte Costituzionale 143/1968). In questa ricostruzione ausiliarie sono dunque le funzioni, non nel senso di un ruolo meramente servente o secondario ma soltanto che esse non rivestono portata decisionale ma un ruolo accessivo rispetto alla decisione finale dell’amministrazione; la Corte è viceversa un organo in posizione di terzietà ed espressione dell’ordinamento e della comunità complessivamente intesa.
cui sarebbe riconnesso il carattere di indipendenza da quella di controllo che viceversa sarebbe ausiliaria: conseguentemente, essa caratterizza la Corte anche nell’esercizio della funzione di controllo.
In definitiva, tra la Corte, da un lato e il Governo ovvero il Parlamento, dall’altro, si instaura, nel momento del controllo, un rapporto definibile secondo i caratteri della strumentalità funzionale e non di mera subordinazione gerarchica oppure di dipendenza.
Profili particolarmente problematici, a tal proposito, presentano le disposizioni relative alla possibilità di nomina, da parte dell’esecutivo, di un certo numero di magistrati; in merito la Corte Costituzionale giudicò, in epoca ormai risalente, non incompatibili tali disposizioni con l’assetto di indipendenza riconosciuto agli organi ausiliari: la Suprema Corte giustificò la presenza di queste norme in base alla considerazione più generale che “nella provvista dell'ufficio in modi diversi e
con procedimenti diversi da quelli del concorso può essere necessaria, o quanto meno opportuna, per il raggiungimento delle finalità loro assegnate (com'é evidente nel caso della Corte dei conti, non potendosi negare l'opportunità di acquisire all'Istituto esperienze maturate nell'ambito dell'amministrazione attiva)” (C. Cost. 1/1967).
Secondo questa ricostruzione, particolarmente dibattuta in dottrina, la ratio delle previsioni in oggetto risulta essere dunque quella di favorire l’ingresso di professionalità diverse rispetto a quelle che possono avere un ingresso nella magistratura tout court148.
In definitiva, più in generale, circa i caratteri strutturali della Corte, “l'indipendenza
dell'Istituto deve ricercarsi nei modi in cui esso svolge le sue funzioni, non già in quelli coi quali si provvede a regolare la nomina dei suoi membri” (Corte Cost 1/1967)149.
148 In questo senso G. C
ARBONE, op. cit., 1994, 129. Segnatamente, a proposito di altre disposizioni cui fare riferimento per fondare il carattere di indipendenza dell’istituto, l’A. sottolinea l’art. 101 2° c. (i giudici sono soggetti soltanto alla legge”) l’art. 106, concernente il principio di accesso alla magistratura tramite concorso, l’art. 107 sull’inamovibilità dei magistrati, l’art. 108 sull’indipendenza delle magistrature speciali, l’art. 109 sulla possibilità di disporre direttamente della polizia giudiziaria. In passato, sul carattere di indipendenza, come delineato in Costituzione, della Corte dei Conti cfr. R. CHIEPPA, A proposito di indipendenza della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato, in Giurisprudenza costituzionale 1967. A. MATTIONI, Problemi costituzionali relativi alla nomina dei Consiglieri della Corte dei Conti, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1969, 238; con riferimento al Consiglio di Stato E. CHELI, La difficile indipendenza del Consiglio di Stato, in Giurisprudenza Costituzionale, 1973, 1051. In giurisprudenza cfr. Corte Cost. n. 1/1967 che, con specifico riferimento alla Corte dei Conti, sottolineava anzitutto l’estraneità di essa rispetto alla magistratura ordinaria e dunque all’applicabilità del principio di concorso pubblico per l’accesso ala magistratura; l’A. individuava una valida garanzia di indipendenza, nelle disposizioni che prevedevano come i consiglieri della Corte dei conti non potessero essere revocati, né collocati a riposo di ufficio, né allontanati in qualsiasi altro modo senza il parere conforme di una commissione composta dai Presidenti e dai vice Presidenti dei due rami del Parlamento. Sul punto cfr. anche Corte Cost. 177/1973 quest’ultima, con particolare riferimento al Consiglio di Stato, specificava “è necessario siano state prese in specifica considerazione due esigenze, di ampia portata: che le persone, a cui poter affidare funzioni giurisdizionali, siano idonee allo svolgimento di esse, e che tale idoneità venga concretamente accertata. Ed esse, infatti, trovano compiuta o sufficiente tutela là dove varie disposizioni le affermano e le riconoscono come attuali ed essenziali perché siano assicurate alla magistratura le caratteristiche, che la contraddistinguono, della indipendenza e della (per quanto di ragione, connessa) imparzialità”.
149 Aggiunge sul punto la Corte Costituzionale “Basta richiamare in questa sede le norme che regolano lo svolgimento
dell'attività di controllo e di quella giurisdizionale della Corte dei conti, perché risulti evidente come l'attività dell'Istituto si svolga libera da ogni intervento estraneo, in piena indipendenza, e senza possibilità di ingerenza da
Il riconoscimento del carattere di indipendenza della Corte contribuisce non solo a delineare in modo maggiormente efficace l’ inquadramento sistematico dell’istituto nell’ordinamento ma consente, sia pure indirettamente, di definire in modo compiuto i caratteri della funzione di controllo ad essa attribuita ex art. 100.
A riguardo la formulazione costituzionale ex art. 100 2° c. costituì, indubbiamente, prima
facie, una sostanziale conferma delle precedenti attribuzioni riconosciute alla Corte dalla
legislazione ordinaria; segnatamente il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, configurava l’elemento centrale della funzione di controllo presenti nel r.d.12.7.1934 n. 1214 e, prima ancora, nella stessa legge istitutiva 800/1862150.
In merito alla portata della funzione di controllo, la lettura intorno all’art. 100 2° c. si è storicamente sviluppata secondo due correnti principali; una prima, maggioritaria, volta ad evidenziarne i profili continuità con il precedente assetto dei controlli; una seconda, viceversa, più recente, che scorge in esso alcuni elementi di novità che, sia pure isolati, avrebbero consentito, in una lettura coordinata con altre previsioni costituzionali, di configurare modelli differenti, maggiormente aderenti alle esigenze della nuova amministrazione.
La prevalente dottrina evidenziò, comunque in via generale, nella formulazione dell’articolo, la riaffermazione di un modello di controllo tendenzialmente antiquato: ciò, anzitutto in quanto avente ad oggetto, quale parametro, in via esclusiva o, quantomeno, assolutamente prevalente, la legittimità formale degli atti; in secondo luogo perchè generalizzato e riferito prioritariamente ai provvedimenti singolarmente considerati; infine in quanto di natura “preventiva” ed impeditivo rispetto al momento di produzione degli effetti; pur essendo presenti elementi di novità (quale, ad esempio, la vigilanza successiva sulla gestione degli enti pubblici), risultava evidente infatti come il controllo della Corte, quale disegnato nella Carta, fosse essenzialmente diretto “a contenere
l’azione degli organi del potere esecutivo entro i limiti di competenza fissati dalla legge” nonché
“evitare l’esecuzione di atti illegittimi e di accertare eventuali responsabilità per gli atti lesivi di
interessi dello Stato” 151.
parte del Governo”. La Corte contesta inoltre, specificatamente il principio per cui il potere di nomina di un certo numero di magistrati possa determinare una lesione dell’autonomia della Corte: in primo luogo, non è possibile comunque predeterminare le funzioni che i nuovi magistrati sono chiamati ad esercitare; in secondo luogo, il numero è oggettivamente limitato; in terzo luogo, le mutevoli maggioranze in ogni caso sono tali da garantire comunque una certa equità nella ripartizione di soggetti.
150 L’analisi della disposizione costituzionale deve dunque necessariamente muovere dai testi normativi previdenti che
ne costituiscono il substrato normativo e culturale G. CARBONE op. cit. 1994, 91.
151 Per una chiara lettura del controllo della Corte come anzitutto di legittimità cfr. ex multis, F.C
HIESA, op. cit., 1962, 867 il quale rilevava che il controllo della Corte dei Conti era di legittimità in quanto, respinte le proposte pur avanzate in Assemblea costituente di estendere “tende esclusivamente ad accertare se le leggi e i regolamenti siano stati o meno osservati, senza sindacare l’opportunità o la convenienza amministrativa dell’atto sottoposto a controllo”; l’A. specifica tuttavia come la legittimità debba intendersi sia in senso formale che sostanziale, ossia da un lato il controllo deve essere diretto a contenere entro le sfere di competenza predeterminate ex lege e dall’altro vigilare sul corretto uso della discrezionalità da parte dell’amministrazione. Per una lettura degli articoli della Costituzione come
In ordine all’estensione del controllo di legittimità, previsto espressamente “sugli atti del
Governo”, coerentemente con gli indirizzi della dottrina più risalente e della giurisprudenza
amministrativa, l’art. 100 Cost. si riferiva non soltanto ai profili di legittimità formale, ma, parimenti, si estendeva anche al vizio di eccesso di potere: alla Corte, in sede di vigilanza preventiva, era riconosciuto il potere di sindacare sulla discrezionalità amministrativa, negando il visto nei casi in cui fossero riscontrate figure sintomatiche come irragionevolezza, la carenza di motivazione o la contraddittorietà tra atti; si sottolinea, sul punto, che in ogni caso restava al di fuori della sfera di controllo della Corte il merito amministrativo in cui venivano in rilievo esclusivamente la convenienza e l’opportunità dell’azione amministrativa152.
L’art. 100 si inseriva pienamente dunque nel contesto di un sistema di controlli complessivamente espressione di una cultura giuridica “monista” del potere pubblico, caratterizzato dalla centralità dello Stato e dalla superiorità della legge153.
La negatività complessiva di giudizio sull’art. 100 Cost., risultò essere, accentuata, a partire dagli anni sessanta, anche e soprattutto in relazione alle dinamiche di sviluppo della pubblica amministrazione; a tal proposito, nel “Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione pubblica”, Giannini osservava che “Il tema dei controlli costituisce altro argomento dolente…esso