3. IL SISTEMA DEI CONTROLLI DOPO LA RIFORMA DEL TITOLO V PARTE II COST
3.4 La funzione di coordinamento della finanza pubblica quale elemento unificante e premessa logica per l’esercizio del potere di controllo nella giurisprudenza della Corte
Costituzionale
La giurisprudenza costituzionale, anche successivamente alla riforma del Titolo V, ha riconosciuto la legittimità costituzionale della limitazioni legislative statali alla sfera di autonomia decisionale in ambito di finanza pubblica degli enti territoriali sostenendo espressamente, con particolare riferimento ai vincoli di bilancio, come “non è contestabile il potere del legislatore
statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti” (Corte Cost. 36/2004)299.
In via generale, sul punto, la normativa concernente il rispetto del patto di stabilità interno, contenuta nelle diverse leggi finanziarie, è stata ricondotta dalla Corte nell’ambito della materia del coordinamento della finanza pubblica, al fine di legittimare l’intervento statale, malgrado le opposizioni delle autonomie territoriali, e le perplessità in parte della dottrina, che hanno viceversa sostenuto come dette disposizioni possano essere lesive dello spatium decisionale riconosciuto a regioni, comuni e province300.
299 In particolare la Corte Costituzionale ha rilevato che “Il cosiddetto patto di stabilità interno, concernente il
concorso delle Regioni e degli enti locali "alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il paese ha adottato con l’adesione al patto di stabilità e crescita" definito in sede di Unione europea, e comportante l’impegno degli enti medesimi a ridurre il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo, è stato introdotto con l’art. 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (ma vedi, già prima, l’art. 48 della legge n. 449 del 1997, che stabiliva obiettivi globali di contenimento del fabbisogno finanziario generato dalla spesa regionale e locale, in vista della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, e sul quale cfr. la sentenza n. 507 del 2000, In relazione alla fissazione di limiti la Corte dei Conti stabiliva come benché fosse astrattamente ammissibile anche incidere esclusivamente sul disavanzo e non sulle spese correnti purtuttavia riconosceva come in casi eccezionali ciò potesse essere ammissibile stabilito il vincolo alla entità del disavanzo di parte corrente, potrebbe apparire superfluo un ulteriore vincolo alla crescita della spesa corrente, potendo il primo obiettivo conseguirsi sia riducendo le spese, sia accrescendo le entrate. Tuttavia il contenimento del tasso di crescita della spesa corrente rispetto agli anni precedenti costituisce pur sempre uno degli strumenti principali per la realizzazione degli obiettivi di riequilibrio finanziario, ed infatti esso è indicato fin dall’inizio fra le azioni attraverso le quali deve perseguirsi la riduzione del disavanzo annuo (cfr. art. 28, comma 2, lettera b, della legge n. 448 del 1998, nonché art. 28, comma 2- bis, della stessa legge, aggiunto dall’art. 30, comma 8, della legge n. 488 del 1999).
300 La Corte Costituzionale ha più volte ricostruito il concetto di coordinamento finanziario; cronologicamente si
segnala la Corte Costituzionale 376/2003; 4/2004;36/2004; 390/2004; 35/2005; 36/2005; 64/2005; 417/2005. Recentemente cfr. anche la Corte Cost. 121/2007 che ascrive al coordinamento finanziario la disciplina della certificazione dei bilanci delle ASL; al contrario cfr. la Corte Cost. 193/2007 secondo cui l'articolo 1, comma 277, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 che prevede la necessità di applicare ai massimi l’addizionale IRPEF, in caso di inattuazione, da parte dell’ente locale, di ordini del commissario ad acta,, sarebbe da ascrivere al sistema tributario; Sul medesimo tema cfr. Corte 169/2007 sui divieti da assunzione.
A quest’ultimo proposito, in via generale, si rileva che l’”armonizzazione dei bilanci
pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, costituisce oggi
potestà legislativa concorrente, inclusa nell’art. 117 3° Cost.: ciò, a differenza che nel precedente modello, in cui si configurava ascritta alla potestà esclusiva dello Stato; secondo una prima corretta ricostruzione in dottrina, in base alla formulazione del 117, allo Stato compete la determinazione dei principi fondamentali in ordine al coordinamento nazionale, mentre alle Regioni, l’emanazione di leggi che, coerentemente con il “piano nazionale”, delineano il quadro della finanze regionali301.
La stessa Corte Costituzionale ha sottolineato in una pronuncia il contenuto della natura della potestà legislativa di coordinamento propria dello Stato, sia pure nel particolare ambito della spesa: “il coordinamento incidente sulla spesa regionale deve limitarsi a porre i principi ai quali la
Regione deve ispirare la sua condotta finanziaria, lasciando, poi, alla Regione la statuizione delle regole di dettaglio della condotta medesima”.(Corte Cost. 414/2004).302
L’orientamento interpretativo della Corte circa la portata della disposizione è stato tuttavia particolarmente perplesso e, pur essendo presenti progressivamente elementi di riconoscimento nei confronti delle autonomie territoriali, in via generale esso si configura ancora caratterizzato da un sostanziale centralismo di fondo.
A quest’ultimo proposito, nella fase iniziale, la Corte apoditticamente considerava, quale espressione di fissazione di principi di coordinamento statali, anche disposizioni puntuali e specifiche, quali, ad esempio, la previsione delle concrete modalità attraverso cui esplicare la contrattazione decentrata integrativa dei dipendenti della amministrazioni regionali.
In un momento successivo, la giurisprudenza costituzionale, mostrandosi maggiormente attenta alle esigenze di autonomia, pur ammettendo la possibilità, per lo Stato, di stabilire vincoli alla spesa corrente degli enti locali, oltre che all’entità massima del disavanzo, ha affermato come dette restrizioni debbano essere previste in via transitoria, e nell’esercizio non irragionevole della discrezionalità del legislatore statale; inoltre, poiché tali vincoli sono dettati per la generalità degli enti territoriali, senza alcuna discriminazione tra quelli in regola con il patto di stabilità e quelli che non erano stati rispettosi, la Corte ha sancito il carattere temporaneo e straordinario degli stessi303.
301 Per una ricostruzione del quadro dei rapporti tra Stato regioni ed enti locali nel senso del teso cfr. F.G
ALLO, op.cit. 2003, 167.
302
La pronuncia aveva ad oggetto, in particolare, il c.4 dell’art. 72 l. 289/2002 che estendeva alle regioni ed enti locali la disciplina statale avente ad oggetto l'ammontare minimo della quota di contributo pubblico per la produzione e gli investimenti alle imprese soggetta a rimborso e il loro inserimento in fondi rotativi; alla decorrenza e durata massima del piano di rimborso; alla misura minima del tasso d'interesse da applicare alle somme rimborsate.Sul punto la Corte rileva che “La norma impugnata è sicuramente rispettosa di tale criterio di riparto, in quanto pone esclusivamente limiti massimi all'onerosità, sotto diversi aspetti, degli interventi regionali di sostegno all'imprenditoria, senza invadere la sfera di competenza riservata al legislatore regionale”.
303 Cfr. per una ricostruzione delle prime pronunce in questo senso C.P
INELLI,Patto di stabilità interno e finanza regionale, in Giurisprudenza costituzionale, 2004, 514. L’A. in particolare rileva in senso critico che, se da un lato è incontestabile la possibilità per il legislatore di prevedere vincoli alla finanza regionale e locale per rispetto del patto di
Nella fase più recente, coerentemente con l’indirizzo generale volto al riconoscimento di uno spazio maggiore all’autonomia, la giurisprudenza costituzionale, ha sancito l’illegittimità costituzionale di disposizioni che prevedevano puntuali previsioni in ordine a specifici capi di spese (ad esempio, livello massimo delle consulenze o spese per rappresentanze) definendo il principio per cui “le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle
regioni e degli enti locali non costituiscono princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost”. (Corte Cost. 417/2005 e 88/2006) 304
L’autonomia finanziaria di spesa costituiva criterio già noto alla giurisprudenza della Corte ma solo con la pronuncia 417/2005 fu declinata per la prima volta nel senso di determinare l’illegittimità delle disposizioni statali.305
L’incostituzionalità di una disposizione statale che, in via puntuale ed in relazione ad una singola voce di spesa, definisca il limite quantitativo massimo è stata ribadita anche successivamente dalla stessa Corte Costituzionale; in particolare, la Corte, recentemente, ha delineato due coordinate entro cui si inserisce le norme espressione di una corretta potestà legislativa di coordinamento: “in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della
finanza pubblica, intesi anche nel senso di un transitorio contenimento complessivo, sebbene non
stabilità, dall’altro le concrete modalità operative di questo possono e devono essere sindacate da parte della Corte Costituzionale secondo un principio di ragionevolezza. Secondo l’ A. in particolare, dovrà essere molto più rigido lo scrutinio sul corretto rispetto del criterio di riparto di funzioni legislative tra stato e regioni. Ciò non avvenne nella pronuncia 4/2004 in cui si dichiarava conforme a Costituzione la legislazione che prevedeva come la contrattazione integrativa dei dipendenti regionali fosse ancorata a quella statale; viceversa la sentenza 36/2004 già mostra una consapevolezza maggiore in ragione del riconoscimento della sufficienza, al fine del contenimento delle spese, della determinazione complessiva del disavanzo. L’A. osserva criticamente come sia inconciliabile con il nuovo assetto del titolo V il modus operandi secondo cui, in attuazione di obblighi comunitari nelle materie di competenza regionale, debba essere emanata una legge statale di cornice: ciò costituisce una limitazione ulteriore non prevista e dunque incostituzionale; l’assetto attuale del patto di stabilità, secondo l’A., viene a configurarsi essenzialmente come misura provvisoria in attesa di un nuovo sistema di raccordi informativi per ovviare alle problematiche concerneti gli eventuali debiti di bilancio degli enti locali.
304 Cfr. Corte Costituzionale 417/2005 su cui specificatamente le note di A.B
RANCASI, La Corte Costituzionale delimita l’ambito del coordinamento della finanza pubblica, in Giornale di diritto amministrativo, 2006, 414, G. BELFIORE, Finanza locale tra autonomia e coordinamento nella recente sentenza 417/2005, in www.giurcost.org; E. RINALDI, Illegittime le statuizioni del decreto “taglia-spese” impositive di vincoli puntuali a specifiche voci di spesa dei bilanci di Regioni ed enti locali, in www.giurcost.org; la pronuncia ha in particolare ad oggetto tetti di spesa concernenti le consulenze e gli incarichi esterni ovvero acquisti di determinati beni; sulla nozione di coordinamento e sulla possibilità di stabilire vincoli la Corte, richiamandosi appunto ad una giurisprudenza precedente, ha in particolare rilevato che “Perchè detti vincoli possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali debbono avere ad oggetto o l'entità del disavanzo di parte corrente oppure – ma solo «in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale» – la crescita della spesa corrente degli enti autonomi; in altri termini, la legge statale può stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 36 del 2004). La Corte prosegue la sua riflessione sostenendo come la previsione da parte della legge statale di limiti all'entità di una singola voce di spesa non può essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perché pone un precetto specifico e puntuale sull'entità della spesa e si risolve perciò «in una indebita invasione. “
generale, della spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi”. (Corte Cost. 169/2007).
In quest’ultima pronuncia, la Corte ha riconosciuto come legittima costituzionalmente una disposizione contenuta nella finanziaria 2006 che pone quale obiettivo quello di contenere, entro limiti prefissati, la spesa per il personale: ciò, in quanto quest’ultima voce costituisce una delle principali spese per le Regioni ed in ogni caso la norma censurata non stabilisce le concrete modalità operative per la riduzione; seguendo il medesimo ragionamento, nella stessa pronuncia ha sancito l’incostituzionalità del comma 202 della medesima finanziaria 2006 in cui si disponeva che “Al finanziamento degli oneri contrattuali del biennio 2004-2005 concorrono le economie di spesa
di personale riferibili all’anno 2005 come individuate dall’articolo 1, comma 91, della legge 30 dicembre 2004, n. 311” poiché ,la disposizione in esame “impone una puntuale modalità di utilizzo di risorse proprie delle Regioni, cosí da risolversi in una specifica prescrizione di destinazione di dette risorse”306.
Coerentemente con dette conclusioni della Corte, alle Regioni dunque (ma, è da ritenere, anche agli enti locali) deve essere lasciata sufficiente libertà di determinazione nella scelta di allocazione delle proprie risorse finanziarie fra i diversi ambiti ed obiettivi di spesa: lo Stato può stabilire soltanto limiti e vincoli di carattere generale.307
In definitiva, quale principio che emerge sia pure implicitamente nelle più recenti pronunce della Corte, è che la potestà legislativa statale nel settore del coordinamento e del controllo della finanza locale, non possa più fondarsi su schemi e logiche del passato ma al contrario, debba declinarsi oggi secondo nuovi criteri.
Nel settore sanitario, la Corte costituzionale ha specificato inoltre come il principio del coordinamento finanziario debba essere coniugato con la presenza di ulteriori finalità di preminente rilievo nell’ordinamento, fra cui il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni, caratterizzanti l’ordinamento sotto il profilo dell’uguaglianza308.
Laddove l’esercizio del coordinamento finanziario implichi l’attribuzione di poteri regolamentari in capo al Ministero dell’Economia, come nel caso in cui debbano determinarsi, per decreto, i criteri necessari per la formazione di bilanci, anche ai fini dell’invio dei documenti alla Corte dei Conti, la Corte costituzionale ha ascritto tale species di potere alla potestà legislativa esclusiva dello Stato concernente il coordinamento informativo e statistico: l’individuazione di uno
306 Cfr. Corte Cost. 169/2007. 307
A.BRANCASI, op. cit. 2006, 423, secondo cui sarebbe elusivo del divieto in oggetto che lo Stato ponga tutte le spese, o quelle aventi una determinata natura economica, a determinate limitazioni, ovvero la previsione di un limite all’incremento totale delle spese con contestuale sottrazione di un folto numero di voci di bilancio: in entrambi i casi sarebbe circoscritta infatti la possibilità di decidere come definire le risorse.
308
Corte Cost. 36 del 2005 e sulla 35 del 2005 cfr. nota di L.MERCATI, Il coordinamento della finanza pubblica: la pervasità di una funzione, in Giornale di diritto amministrativo, 2005, 643.
spatium di potestà legislativa esclusiva in capo allo Stato costituisce condizione necessaria per poter
esercitare anche la potestà regolamentare da parte del ministero ex art. 117 6° c Cost.; peraltro, in questa particolare circostanza, la Corte ha reputato sufficiente un parere della Conferenza Stato- Regioni, e non un’intesa con l’organo rappresentativo delle autonomie regionale, al fine di soddisfare il principio di leale collaborazione309.
Alla potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, la Corte Costituzionale ha reputato connessa anche la funzione amministrativa relativa, in una sorta di “parallelismo” assimilabile a quello del previgente modello costituzionale, e coerente peraltro con quanto la stessa Corte aveva espresso, in termini più generali, nella nota pronuncia 303/2003.
Sul punto, la giurisprudenza costituzionale ha infatti dichiarato compatibile con i principi contenuti nell’art. 119 Cost. il potere di intervenire, in via amministrativa, sulla finanza locale, attribuito al Ministero dell’economia, al fine di contenere l’indebitamento degli enti pubblici territoriali e di monitorare l’andamento della finanza pubblica “allargata”; si rileva infatti che, strutturalmente e funzionalmente, “il coordinamento finanziario può richiedere, per la sua stessa
natura, anche l'esercizio di poteri di ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo” (Corte Cost 376/2003).
Teleologicamente, ha rilevato la Corte, il potere amministrativo in oggetto ha il proprio fondamento nell’obiettivo di contenere il debito e di monitorare l’andamento complessivo della finanza pubblica; il coordinamento finanziario, quindi, si pone anche strumentalmente, in rapporto mezzo-fine, con il rispetto dei vincoli europei da parte degli enti territoriali310.
309 Corte Cost. 35/2005 in particolare la Corte rileva che “la predisposizione di modalità uniformi di codificazione di
dati di rilievo contabile (incassi e pagamenti) e di trasmissione dei bilanci degli enti locali alla competente sezione della Corte dei conti, viene invece in rilievo un puntuale titolo di competenza legislativa esclusiva dello Stato: quello in tema di coordinamento statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale (art. 117, primo comma, lettera r, Cost.). La disciplina impugnata, infatti, ha ad oggetto la predisposizione di modalità uniformi di rappresentazione (comma 5) e di trasmissione (comma 6) di dati contabili (incassi e pagamenti), che vengono resi omogenei al fine di aggregarli per poter così predisporre la base informativa necessaria al controllo delle dinamiche reali della finanza pubblica. Versandosi in un ambito riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, va pertanto decisa nel senso della infondatezza anche la denunciata violazione del riparto costituzionale della potestà regolamentare, per avere le disposizioni impugnate affidato a decreti ministeriali la concreta predisposizione delle modalità di “codificazione”. In una materia rimessa alla propria competenza legislativa esclusiva, lo Stato ben può, infatti, esercitare, nelle forme che ritenga più opportune, la potestà regolamentare.”
310 La Corte prosegue sostenendo come “Il carattere "finalistico" dell'azione di coordinamento esige che a livello
centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento – che di per sé eccede inevitabilmente, in parte, le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali – possa essere concretamente realizzata”. Sul problema dell’accesso al mercato di capitali da parte degli enti la Corte, nella stessa pronuncia, rileva che “i poteri di coordinamento che possono legittimamente essere attribuiti ad organi centrali sono altresì connessi per l'oggetto con la competenza statale in materia di "tutela del risparmio e mercati finanziari" di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e, della Costituzione, che riguarda in particolare la disciplina delle forme e dei modi in cui i soggetti – e così anche, in particolare, gli enti territoriali – possono ottenere risorse finanziarie derivanti da emissione di titoli o contrazione di debiti”. Sulla pronuncia in esame cfr. A.BRANCASI, Il coordinamento della finanza pubblica come potestà legislativa e funzione amministrativa, in www.giurcost.org, e Le Regioni 2004, 763. l’A. sottolinea che al fine di ridurre il costo dell’indebitamento è necessario una funzione di coordinamento, in secondo luogo detto coordinamento può avvenire
L’attività di coordinamento della finanza pubblica (statale nei confronti del sistema nazionale e regionale sugli enti di loro competenza) si collega inoltre strettamente al divieto di sperpero di pubblico denaro, ovvero, più specificatamente all’equilibrio di bilancio ex art. 81 Cost, come elaborato dalla giurisprudenza costituzionale, nonché all’ espresso divieto di indebitamento ex art. 119 Cost.
In definitiva sono ancora insoluti taluni nodi problematici concernenti il coordinamento della finanza pubblica e, segnatamente, in primo luogo, il grado di determinatezza della legislazione statale in oggetto compatibile con il nuovo assetto costituzionale; malgrado gli interventi della dottrina e della giurisprudenza volti a definire i profili strutturali e funzionali, restano in ogni caso margini di ambiguità in ordine al grado di dettaglio cui la legislazione dello Stato in materia possa spingersi.
A quest’ultimo proposito, vanno evidenziate le generali riflessioni della Corte Costituzionale secondo cui essa “non può mai eccedere i limiti al di là dei quali si trasformerebbe in attività di
direzione o in indebito condizionamento dell’attività degli enti autonomi (Corte Cost. 376/03, 390 e
414/2004)”; malgrado l’affermazione di principio, l’indirizzo della giurisprudenza costituzionale è stato nel senso della compatibilità con l’attuale assetto della Costituzione di disposizioni puntuali forse non rispondenti ad una obiettiva nozione di “principio”; se nulla questio, infatti, pone ad esempio, l’eventuale determinazione di un “tetto” massimo di spesa ovvero la fissazione di un certo livello di disavanzo, maggiori aspetti problematici pongono alcune norme specifiche; fra queste ultime, ad esempio, quella sul “blocco delle assunzioni”, il collegamento con la contrattazione nazionale per i dipendenti regionali, la disciplina dell’accesso al mercato dei capitali per gli enti locali, le disposizioni che impongono l’utilizzo di convenzioni CONSIP o di assumere queste quali base per i prezzi di acquisto, ovvero, infine, la disciplina delle modalità di erogazione a contributi finanziari alle imprese.
In secondo luogo, la dottrina è concorde nel valutare favorevolmente l’elaborazione di una disciplina giuridica unitaria avente ad oggetto la funzione amministrativa di coordinamento della finanza pubblica, strettamente correlata con un nuovo sistema informativo e di controlli, coerente