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COSA È LA SOBRIETÀ

7.2 L'UMANESIMO DELLA GLOBALIZZAZIONE

7.2.5 COSA È LA SOBRIETÀ

“Ridurre, riutilizzare, riparare, riciclare, rallentare…”183

Questo concetto economico comporta un cambiamento di stile di vita non solo che coinvolge il singolo, ma i consumi collettivi, eliminando quelli dannosi e superflui.

Sicuramente dovremmo eliminare gli armamenti che costano all’umanità mille miliardi di dollari all’anno, e investire questo denaro in ricerca, in energie rinnovabili, in istruzione, nella sanità, nella salvaguardia del pianeta. Dovremmo accontentarci di treni meno veloci e meno lussuosi, dovremmo costruire meno strade, meno macchine, specialmente quelle che soddisfano la nostra vanità, come quelle che sfrecciano veloci su circuiti automobilistici, consumando petrolio e inquinando l’ambiente.

Fare a meno di manifestazioni baraccopole fieristiche su quattro ruote come la Parigi Dakar, che è una manifestazione inneggiante alla stupidità occidentale. “Dovremmo avere una nuova concezione della vita, anzi antica, della morte, evitando accanimenti terapeutici ed accettando la vecchiaia come evento naturale. Dobbiamo contrapporci al modello consumistico di oggi che ci lusinga, e consuma sempre di più”. Dice Francesco Gesualdo : “Facendo appello al buon senso nessuno esiterebbe a mettere fra gli oggetti necessari una piccola radio a transistor, la bicicletta, il pane, e fra quelli superflui una radio di dieci chili e su un’antenna di 25 metri, l’auto sportiva, il caviale ecc…”184.

Questa non è più necessità ma opulenza.

Dobbiamo chiedere se abbiamo le risorse sufficienti per questo stile di vita, se il diritto alla macchina per tutti comporti poi il rischio alla salute per l’eccessiva produzione di anidride carbonica, se consumare oltre il necessario comporti poi la

183 G. Gesualdi “Sobrietà”, Feltrinelli 2007, pag. 55

sovrabbondanza di spazzatura che non sappiamo dove metterla, se un eccessivo uso della tecnologia non comporti un cattivo utilizzo di questa, se l’abnorme produzione di armi non sia fattore di rischio per la pace, se l’indiscriminato uso di materie prime non produca poi la scarsità di queste, se il consumismo di una parte del mondo non favorisca o faccia nascere la disuguaglianza tra ricchi e i sempre più effettuarsi in passato, né potrebbe essere ripetuto in avvenire”185..

Gianfranco Bologna nel suo libro mette bene in evidenza le interrelazioni tra sistemi naturali e sistemi sociali. Già infatti nel 1957 due esperti di geofisica Roger Revelle e Hans Sues, espressero molto bene questo legame con una frase che poi divenne famosa: “Così gli uomini stanno compiendo un esperimento geofisico su larga scala, di un tipo quale non avrebbe mai potuto

Il genere umano, infatti, nel suo essere economico è divenuto una potente forza geofisica tale da alterare il clima della Terra. L’uomo economico che fraintendendo nel termine crescita, quello di sviluppo, ha procurato e sta procurando un impatto sul Pianeta che è paragonabile a quello di un nuovo meteorite. D’altra parte se noi consideriamo solo la dimensione di pressione crescente su questo nostro habitat, alla popolazione possiamo renderci conto dell’insostenibilità, al breve termine, della vita che ci può garantire.

“Le società umane sono strettamente interrelate al loro ambiente biofisico, dal quale estraggono risorse naturali e dove dispongono i loro rifiuti. Se consideriamo che nel 2006 abbiamo superato i 6,5 miliardi di abitanti e che nel 2025 raggiungeremo gli 8 miliardi, possiamo renderci conto di quale evento catastrofico rappresenterà questa massa enorme di popolazione, civiltà che avrà bisogno di mangiare, di muoversi, di abitazioni, di fabbricare beni essenziali per vivere, di estrarre dalla natura gli elementi per costruire queste necessità, e che alla fine producono rifiuti”186

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185 G. Bologna “Manuale della sostenibilità”, Ambiente 2008, pag. 31

Tutto questo per la Terra non sarà più sopportabile.

Se a tutto ciò aggiungiamo il concetto di benessere come crescita economica e materiale, l’equilibrio instauratosi tra genere umano e natura salterà completamente con ripercussioni incalcolabili per la vita del Pianeta ma dell’uomo stesso, superando questo limite naturale, egli si autodistruggerà.

Noi oggi viviamo sul fascino della crescita, la forza di una nazione viene evidenziata dallo sviluppo del suo PIL, più questo cresce e più il paese in esame è potente, anche se poi non ci interessa la distribuzione della ricchezza stessa all’interno di esso.

Il vero PIL, invece dovrebbe essere l’impronta ecologica che l’autore la definisce il metabolismo della società in quanto valuta i flussi di materia e di energia indotti dalla produzione e dal consumo della società umana.

Le analisi di questi flussi, costruiscono le fonti che collegano le attività umane agli impianti sull’ambiente e sono stati appunto sviluppati come strumenti per descrivere e monitorare in maniera sistematica il metabolismo della nostra società industriale.

In questo modo la ricchezza economica, di ogni nazione, rappresenta solo un fattore di quel complesso organo chiamato sviluppo sostenibile, che garantisce una reciproca equivivenza tra tutti gli esseri che vivono sul pianeta Terra.

Infatti se alcuni possono mettere in dubbio se una crescita demografica sia desiderabile, tutti però sono concordi nel sostenere la necessità della crescita economica.

Per salvare la Terra e noi stessi bisogna invertire questa tendenza e dare il giusto significato ai due termini crescita e sviluppo. “Qualcosa che cresce diventa quantitativamente più grande; qualcosa che si sviluppa diventa qualitativamente migliore o almeno differente. Crescita quantitativa e miglioramento qualitativo sono due percorsi evolutivi differenti”.

Noi, per le generazioni prossime, dobbiamo scegliere tra questi due modelli di vita.

Stiglitz dice che “Se non troveremo un modo per limitare i danni ambientali, per risparmiare energia e conservare le altre risorse materiali, siamo destinati al disastro. Per evitare ciò, e consegnare ai nostri nipoti un pianeta vivibile, dobbiamo optare per lo sviluppo sostenibile”187

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Nel libro si legge che sostenibilità deriva dal termine sostenere che vuol dire sopportare, mantenere, di dare forza. Il concetto sembrerebbe chiaro, ciò che ogni nostra attenzione o attività debba essere compatibile con il sistema entro cui si opera. Mentre invece l’idea di sostenibilità non è sufficientemente chiaro perché non siamo in grado con certezza di stabilire quanto i nostri comportamenti vanno ad incidere sulle interrelazioni materiali in quanto questi eserciteranno effetti nel futuro.

La parola sostenibilità, quindi, come le fonti energetiche alternative, non è la soluzione dei tanti e gravi problemi sul rapporto tra i sistemi naturali e la nostra specie. Questa può rappresentare una copertura nell’ambito economico e politico, come se con questo termine potessimo azzerare o assolvere gli impatti di qualunque attività contrassegnata da questo attributo.

L’autore nel suo testo invece mette bene in evidenza che la prospettiva della sostenibilità non è un nuovo modello di sviluppo socio-economico il cui benessere che ci permette di vivere meglio non sia solo basato su uno sviluppo economico non derivato dai sistemi naturali, e quindi del capitale naturale, ma sia una economia che riduce l’input di energie e materie prime.

È necessario quindi andare oltre il concetto di sviluppo sostenibile, e avviarci verso la strada della sobrietà, che non è limitazione del nostro benessere, ma creare questo in altri valori.

La modernità non più intesa come tecno-ismo ma come tecnoecologica-etica, scienza che sia in grado di interagire con i processi materiali e consapevole di questo,

la nostra esistenza dipende dalla natura stessa, e indirizzata all’apprendimento di un nuovo umanesimo moderno che ci dia una nuova concezione del lavoro, della ricchezza, della natura, della solidarietà collettiva.

In questo modo sarà possibile costruire un’altra economia capace di farci vivere bene, pur dissipando di meno saremo capaci di coniugare sobrietà, piena occupazione e diritti fondamentali per tutti.

Ecco perché la sobrietà è molto più di una filosofia di vita, è un progetto politico, una rivoluzione culturale e economica.