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LA POVERTÀ DA INDEBITAMENTO ESTERO

“C’è un gruppo di paesi con una popolazione di circa un miliardo di abitanti, con giunta in una delle quattro trappole, descritte da Collier. Di conseguenza mentre il resto del mondo in via di sviluppo cresce, a velocità impressionante, le economie di questi paesi sono staguanti o in recessione50”.

Nei paesi sottosviluppati è la carenza di risparmio interno che si presenta come il male principale che impedisce la crescita economica. Il risparmio, infatti, mobilitato o orientato a fini produttivi, porta all’investimento, e attraverso la produttività del lavoro alla crescita del reddito e dell’occupazione. Mancando a paesi sottosviluppati queste risorse, il compito del sistema internazionale è quello di trasferire queste ricchezze dai paesi ricchi a quelli che non lo sono. Anche i paesi che scoprono di avere grandi risorse possono diventare più poveri in quanto l’assenza di crescita riesce persino ad annullare l’incremento di reddito dovuto unicamente alla rendita proveniente da queste ricchezze. Per svilupparsi a pieno, dovrebbero riuscire a sfruttare il patrimonio generate dalle risorse per stimolare lo sviluppo.

Questo invece non avviene, a causa della nota malattia olandese cioè : la vendita delle risorse procura valuta estera ai paesi produttori che però non ha sufficiente valore all’interno della società, ma anzi facendo aumentare il valore della moneta locale danneggia le esportazioni di prodotti locali, per il rialzo dei prezzi di questi, nel contempo aumentano le importazioni favorite dal cambio sbilanciato. Inoltre i redditi prodotti dalle risorse materiali sono volatili, essendo soggette a variazioni di prezzo non stabiliti, dai paesi produttori. Questo fa si che progetti, finanziati contando su certi redditi, una volta, che questi perdono di valore, i paesi si trovano in una situazione di indebitamento colossale.

Anche gli aiuti fanno cadere i paesi, che ne usufruiscono, in questo paradosso.

Il reddito dell’indebitamento estero, dovrebbe servire a promuovere lo sviluppo economico dei paesi poveri attraverso l’investimento in infrastrutture, tecnologie, risorse umane. Tutto questo nel tempo. lungo-medio periodo, dovrebbe assicurare una crescita della produttività e tramite questa poter rimborsare il prestito. Ciò, purtroppo, non avviene nella maggior parte dei casi, perché governanti corrotti. Impiegano queste risorse per acquistare armi, per alimentare la corruzione o per finanziare spese per consumi o investimenti fallimentari. Allora l’indebitamento invece, che la leva finanziaria dello sviluppo, diventa un freno alla crescita economica e un ostacolo allo sviluppo sociale. I paesi diventano così debitori di cifre esorbitanti che con i forti interessi hanno portato la popolazione all’estrema povertà.

Secondo il FMI, l’ammontare del debito estero dei paesi in via di sviluppo è andato continuamente crescendo da 70 miliardi di dollari nel 1970 a 1469 miliardi nel 199051.

I paesi chiedevano nuovo debito per rifarsi a quello precedente, semplicemente pronosticando nel tempo l’inevitabile bancarotta. Ogni dollaro in aiuti che il Sud del mondo riceve dal Nord, ci sono tre dollari che rientrano al Nord con il meccanismo del debito estero.

Stiglitz dice: “In Africa la grande aspirazione seguite all’indipendenza coloniale sono rimaste prevalentemente irrealizzabili e il continente precipita sempre più nella miseria, con il reddito che scende e il tenore di vita si abbassa52”.

Le cause di questi fallimenti sono nel passaggio da un’economia regionale a una di mercato. L’occidente ha persuaso che il nuovo sistema economico li avrebbe portati a una prosperità senza precedenti, senza precedente invece, è stata la povertà, dove poi sono sprofondati.

L’occidente ha spinto i paesi poveri a eliminare le barriere doganali, ma hanno mantenuto la propria, impedendo così ai paesi in via di sviluppo che esportano a loro

51 “Le sfide della globalizzazione” - op cit, p. 175

volta i loro prodotti agricoli, privandoli del reddito dell’esportazione di cui hanno un disperato bisogno. I paesi occidentali hanno mantenuto i loro contingenti su moltissime merci, dai prodotti tessili allo zucchero e l’insistenza finché, i paesi più poveri aprissero la loro frontiere ai beni prodotti nei paesi più ricchi. In aggiunta a questo, i paesi occidentali danno incentivi all’agricoltura e dall’altra insistono perché gli altri aboliscono i sussidi sui beni industriali.

Le banche occidentali hanno tratto vantaggi dall’attenzione dei controlli sui mercati finanziari specialmente in America Latina e in Asia.

Quando i così detti capitali vaganti hanno subito in contraccolpo, c’è stato il trasloco di alcune valute e l’indebitamento dei sistemi bancari.

L’altra causa dell’indebitamento è derivata dall’industrializzazione forzata, che molti governanti hanno imposto ad altri paesi, come mito della “Crescita Economica”.

Le condizioni imposte dal FMI e dalla Banca Mondiale sono altre ragioni dell’indebitamento con l’estero.

La Traorè, spiega molto bene, nel suo libro i danni prodotti nell’economia dei paesi africani da queste istituzioni nate dagli accordi di Bretton Woods. Queste organizzazioni hanno il potere decisionale di decidere quali paesi sono destinati agli aiuti, tendendo a istituzionare l’ingerenza politica.

I paesi che ricevono gli aiuti saranno quelli che accetteranno i requisiti stabiliti dai paesi creditori. Il così detto adeguamenti, strutturale diventerà la parola d’ordine. La classe dirigente assume ancora maggiore potere, a scapito delle capacità decisionali della società civile, e disponendo così di fondi e di manovre superiori, facilitando la loro permanenza al potere.

L’adeguamento è quello del libero mercato, la stretta creditizia, alzando i tassi d’interesse, della liberalizzazione, ossia l’eliminazione dell’interferenza del governo sui mercati finanziari, dell’abbassamento delle barriere doganali, mentre misure, non accompagnate da altrettanti di carattere sociale da parte dei governi, hanno fatto precipitare i paesi sottosviluppati a essere ancora più poveri.

Quarant’anni fa l’Africa era in pratica autosufficiente sul piano alimentare, al 98%. Oggi riesce a produrre soltanto il 70% del proprio fabbisogno, per diverse ragioni; una soprattutto, che permetteva il mantenimento delle famiglie contadine. Torna alla mente il pensiero perché la monocultura (tè, cacao e tabacco) destinate alle esportazioni, ha soppiantato l’agricoltura di sopravvivenza.

Dice Framts Fanuz:

“… e quando sentiamo un capo di stato europeo dichiarare, con la mano sul cuore, che bisogna intervenire in aiuto degli sventurati popoli sottosviluppati, tremiamo ma non di riconoscenza53”.

Per questi motivi gli oppositori della globalizzazione sostengono che essa abbia effetti negativi sulla distribuzione del reddito e della ricchezza e quindi sulla disuguaglianza economica delle persone sia rispetto ai paesi donatori che ai PVS54