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Che cosa è e come si caratterizza

Grafico 25: Titolo di studio.

3.1 Che cosa è e come si caratterizza

La comunicazione è un processo che avviene quando c’è il passaggio di un messaggio da un mittente ad un destinatario, così come ricordato dall’etimologia del termine:

“Il termine ‘comunicazione’ deriva dal latino communis – cum (con, insieme) e munia (doveri, vincoli), ma anche moenia (le mura) e munus (il dono). Communis significa quindi: essere legati insieme, collegati dall’avere comuni doveri (munia), dal condividere comuni sorti (le mura che proteggono e accomunano), dall’essersi scambiati un dono. Anche in greco antico comunicare è sinonimo di unire, congiungere” (Cheli, 2004, p. 14).

Ogni comunicazione avviene, quindi, tra due elementi: l’emittente, che invia il messaggio e il ricevente, che lo riceve. Affinché ci sia comunicazione è necessario che le componenti del messaggio (i segni) siano organizzati secondo regole che formano il codice, il quale deve essere conosciuto sia dall’emittente che dal ricevente. C’è però bisogno anche di un contesto e di un canale fisico attraverso il quale passa il messaggio.

La comunicazione prevede, quindi, sei elementi che è necessario definire meglio: 1. Mittente: è colui che invia il messaggio; il soggetto emittente.

3. Messaggio: è ciò che si comunica: è composto da segni, ossia le unità minimali del processo comunicativo.

4. Codice: è l’insieme delle regole in base alle quali sono costruiti e combinati i segni che compongono il messaggio.

5. Canale: è il supporto materiale sul quale passa il messaggio (le parole a voce passano attraverso il canale fonico uditivo; quelle scritte sul canale grafico visivo). 6. Contesto: è lo scenario nel quale avviene lo scambio di informazioni.

Per spiegare la struttura del processo comunicativo, gli studiosi hanno introdotto una serie di modelli.

Uno dei primi modelli di comunicazione che è stato proposto è quello di Shannon e Weaver (1949).

Figura 1: Modello di Shannon-Weaver.

Essi hanno presentato un modello matematico dell’informazione, secondo il quale il processo comunicativo è il passaggio di un segnale (o messaggio) da una fonte attraverso un trasmettitore (il suo apparato fonatorio o mimico), lungo un canale, ad un destinatario grazie ad un recettore (organi di senso del soggetto ricevente). Il messaggio, trasmesso usando parole, richiami, gesti, espressioni mimiche ecc., è decifrato dal destinatario che può decodificarlo correttamente (cioè secondo il significato ad esso attribuito dalla fonte) oppure no.

In quest’ottica la comunicazione viene a configurarsi come il passaggio di dati da una sorgente ad una destinazione attraverso un elemento codificatore, un canale e un elemento decodificatore. Il passaggio dei dati codificati può essere disturbato da fattori riconducibili alla natura del canale o da agenti esterni che ne ostacolano il passaggio di informazione (rumore).

Questo modello cerca di spiegare in modo univoco il percorso di una comunicazione dalla fonte al destinatario, ma non riesce a dar conto del processo di interpretazione.

Un adattamento del modello di Shannon e Weaver è quello proposto da Jakobson (modello semiotico), nel quale la comunicazione è il processo di trasmissione di un messaggio da un emittente ad un destinatario attraverso un canale e un codice che lo rende trasmissibile attraverso un contesto in cui avviene lo scambio.

Ad ognuno di questi sei elementi Jakobson associa una funzione: 1) all’emittente è associata la funzione espressiva;

2) al ricevente la funzione conativa; 3) al contesto la funzione referenziale; 4) al canale la funzione fàtica;

5) al codice la funzione metalinguistica; 6) al messaggio la funzione poetica.

Figura 2: Modello di Jakobson.

La funzione emotiva si concentra sul punto di vista del mittente, sulla manifestazione del suo vissuto, della sua particolare percezione della realtà; la funzione referenziale mette in evidenza il contesto, ossia la realtà in cui si sviluppa ed a cui si riferisce l’atto comunicativo; la funzione poetica si concentra sul messaggio, nel senso che fa attenzione alla sua elaborazione a fini estetici; la funzione fàtica si riferisce al canale fisico e/o psicologico che permette la trasmissione di un messaggio; la funzione metalinguistica è connessa al codice e lo analizza in maniera autoreferenziale, riflessiva, ne parla, ne descrive il funzionamento nel contesto; la funzione conativa, infine, si concentra sul destinatario ed è caratteristica degli enunciati vocativi ed imperativi.

Il modello elaborato da Jakobson è riconducibile all’approccio semiotico, come quello elaborato da De Saussure, basato sul segno.

Secondo De Saussure (1916) il segno è un’entità a due sole facce: il significato ed il significante, due unità inscindibili ed inseparabili, da lui stesso così definiti:

“Il significato è ciò che il segno esprime: il concetto, l’idea che esso richiama, a cui esso è associato. Il significante è invece il materiale, il mezzo, il veicolo impiegato nel segno per esprimere un significato” (Caputo –Petrilli – Ponzio, 2006, p. 30).

Il significante è uno schema astratto ricevuto dalla comunità in cui il parlante è cresciuto, un modello da lui acquisito attraverso l’educazione e l’addestramento e modificato nel tempo.

Ma non si tratta di un modello individuale, bensì collettivo, che appartiene a tutta la comunità di parlanti.

Questa concezione del segno fa cadere il concetto di lingua come nomenclatura, ossia una lista di nomi che corrispondono a cose. Il segno linguistico non unisce “una cosa e un nome, ma un concetto ed un’immagine acustica”, costituisce un’immagine verbale, che è un qualcosa di psichico, in quanto è una relazione che avviene nel cervello per associazione psicologica.

L’immagine acustica corrisponde al significante; il concetto al significato.

Oltre l’approccio semiotico appena descritto, esiste anche l’approccio sociologico, che considera la comunicazione come espressione e prodotto della società. Essa è regolata da regole codificate dal gruppo o dalla società, determinate dal contesto nel quale si realizza la comunicazione.

Secondo quest’approccio, la comunicazione avviene attraverso lo scambio verbale e non verbale, frutto della competenza comunicativa di ogni individuo. La comunicazione è interazione, ossia una relazione sociale instauratasi tra i partecipanti che indirizzano il proprio comportamento in relazione a quello degli altri. In quest’ottica la comunicazione è espressione e prodotto della società; lo scambio comunicativo è soggetto alle regole codificate nel gruppo o nella società di appartenenza, scelte in base al contesto (frame) entro cui si realizza la comunicazione.

Thompson, uno dei teorici di questo approccio, considera la comunicazione come “un’attività sociale che comporta la produzione, la trasmissione e la ricezione di forme simboliche” (Thompson, 1998, pp. 32-33).

L’interazione umana ha tre forme fondamentali, distinte relativamente al contesto di riferimento, al flusso di comunicazione, alla presenza di indizi simbolici e alla direzione dell’azione:

- interazione diretta, faccia a faccia; - interazione mediata;

I caratteri distintivi dei tre tipi di interazione sono riportati nella tabella seguente:

Figura 3: Modello di Thompson (Thompson, 1998, p.95, trad.mia).

Questi modelli sono stati applicati in ambito museale come vedremo nei paragrafi seguenti, così come la comunicazione.