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Grafico 25: Titolo di studio.

3.3 Come comunica il museo

3.4.2 Thinking aloud

La tecnica del Thinking aloud è stata messa a punto dal gruppo di ricerca dell’Università di Montréal per rilevare le reazioni dei visitatori.

Si ispira alla tecnica utilizzata dagli specialisti di scienze cognitive per studiare la risoluzione di problemi o la comprensione dei testi, ma è stata adattata per poter essere utilizzata in ambito museale.

È il frutto di una serie di ricerche intraprese a partire dal 1990 per conoscere le reazioni dei visitatori a contatto con le opere d’arte e l’universo semantico attivato.

“Par univers sémantique, nous entendons un ensemble d’énoncés qui, chacun, selon la conception de Barthes (1966), représente une unité de sens, cette dernière pouvant comporter des traces de fonctionnement affectif ou imaginaire. C’est, dit plus simplement, un ensemble d’idées où non seulement peuvent apparaître des émotions et des apports de l’imagination, mais où ceux-ci peuvent devenir dominants. C’est le cas dans les deux énoncés suivants : « Ça, j’aime ça (prédominance de l’émotion) » et « Ça me rappelle l’étang où nous allions jouer »

Come tutte le tecniche, anche questa presenta vantaggi e svantaggi.

Ha il vantaggio di poter essere utilizzata per il pubblico di qualunque livello culturale sia, anche modesto.

Ha lo svantaggio di essere molto costosa perché si basa sul rapporto 1:1: per ogni ricercatore c’è un solo visitatore.

Il ricercatore accompagna il visitatore lungo il percorso di visita e lo invita ad esprimere ad alta voce le sue considerazioni, le sue opinioni, i suoi pensieri, i suoi giudizi scaturitigli dalla visione dell’opera che si trova ad osservare.

Il ricercatore ha un ruolo molto importante per la rilevazione perché svolge delle funzioni precise:

-­‐ deve cercare di stimolare nel visitatore il “flusso di coscienza”;

-­‐ deve rilevare quanto detto dal visitatore e spingerlo ad approfondire i concetti che lo meritano o a collegare concetti slegati tra loro;

-­‐ non formula alcun giudizio, si limita ad incoraggiare e sostenere il visitatore. Attraverso questa tecnica è possibile raggiungere risultati cognitivi ed affettivi. Dal punto di vista cognitivo, permette di rilevare le competenze del visitatore in ambito museale e fa affiorare conoscenze che il visitatore stesso non pensava di possedere.

Dal punto di vista affettivo, permette di superare il senso di inadeguatezza provato soprattutto dai visitatori di basso livello culturale nei confronti del museo.

La ricerca svolta dal gruppo di lavoro dell’Università di Montréal ha coinvolto 90 adulti provenienti da Montréal in visita ad una mostra di dipinti e sculture canadesi presso il Museo di Belle Arti di Montréal. Sono di entrambi i sessi ed hanno un’età compresa tra i 20 ed i 65 anni, in possesso di un titolo di studio inferiore al baccalauréat, di un baccalauréat o di un titolo superiore a quest’ultimo.

3900 i discorsi raccolti attraverso registrazione audio e sottoposti ad analisi dopo essere stati trascritti.

L’analisi dei discorsi risponde a due quesiti fondamentali:

1. Comment des visiteurs occasionnels abordent-ils les objets qu’ils traitent ?

2. Après les avoir abordés, comment des visiteurs occasionnels traitent-ils les objets ?

Riguardo la prima questione è emerso che sono 4 i comportamenti fondamentali che ha il visitatore davanti all’oggetto:

1. Tenta di identificarlo: cerca di capire di cosa si tratti, chi l’ha realizzato e quando. 2. Verifica se l’identificazione effettuata è corretta.

3. Fa apprezzamenti, valuta l’oggetto.

I comportamenti seguenti del visitatore sono descritti facendo riferimento alle 6 opere d’arte presentate (dipinti e sculture), come riportato nella seguente tabella:

Figura 8: Tabella di sintesi dei risultati del Thinking aloud (Dufresne-Tassé et al. , 2004, p. 61).

I risultati ottenuti hanno messo in evidenza come i discorsi diventino più articolati e dettagliati man mano che si proceda con le visite e si inizi persino a esprimere giudizi estetici. Si è rilevato, infatti, quanto segue:

“L’approccio legato all’emozione e all’immaginazione si presenta come particolarmente adatto a rispondere alle esigenze di un pubblico svantaggiato, perché consiste nel partire da un patrimonio disponibile (emozioni e immaginazioni), per sviluppare forme di linguaggio che possano prescindere dalle complesse coordinate culturali tradizionalmente sollecitate nell’ambito dei musei d’arte” (Nardi, 2007, p. 94).

Oltre alla comunicazione verbale orale, è stato studiato il contenuto della produzione scritta dei visitatori disponibile sui libri dei commenti.

3.4.3 I libri dei commenti dei visitatori

I libri dei commenti dei visitatori, in francese livre d’or e in inglese guestbook, sono i volumi a disposizione dei visitatori delle mostre o dei musei, contenenti i commenti scritti a mano rilasciati durante e dopo la visita, le impressioni personali, le considerazioni espresse volontariamente e liberamente, senza essere sorvegliati, i consigli forniti per il miglioramento dell’offerta museale.

In passato, i livre d’or erano qualcosa di diverso: erano Registri nobiliari nei quali venivano annotati a lettere d’oro i nomi delle famiglie nobili.

Il livre d’or, infatti, fa la sua comparsa in epoca medievale: si tratta dei libri araldici nei quali sono registrate le famiglie nobili riconosciute, i cui nomi sono scritti a caratteri d’oro, e ne sono indicati il titolo nobiliare, il paese di origine, lo stemma e gli ornamenti. Si tratta di elenchi di nomi degli appartenenti alle famiglie patrizie e in quanto tali membri dei consigli maggiori nelle repubbliche a reggimento aristocratico (es. il Libro

d’oro della Nobiltà Italiana).

Sono presenti in città come Genova, Milano, Firenze e Bologna, ma è a Venezia che divengono uno strumento di potere.

Nel 1297, infatti, il doge Gradenigo istituisce il “Libro d’oro della Nobiltà”, contenente i nomi delle famiglie che avevano diritto di partecipare al Maggior Consiglio e decreta la divisione della nobiltà in quattro categorie:

1. i pochissimi casati esistenti prima della creazione dei Dogi;

2. le famiglie iscritte nel Libro d’oro nel 1292, quando è stata stabilita l’aristocrazia; 3. le famiglie che hanno ottenuto il diritto di nobiltà previo versamento di centomila

ducati, approfittando della necessità di fondi al tempo della guerra coi Turchi; 4. coloro che hanno ottenuto il titolo per onore.

Nel 1796 il Senato veneto consiglia al futuro Luigi XVIII lì rifugiato di fuggire dalla Repubblica. Egli chiede di rimuovere il nome della sua famiglia dal Livre d’or, sottolineando il carattere ufficiale del registro. Purtroppo questo registro è stato distrutto durante la Guerra d’Italia nel 1797.

Nel 1876 viene usato per la prima volta il termine livre d’or in senso diverso. È dovuta a Manet l’entrata del livre d’or al museo.

Le sue opere erano state considerate indegne dalla Giuria del Salon che si era rifiutata di esporle. Vedendo rifiutate le sue opere, l’artista decide di aprire il suo atelier al pubblico per presentargliele e mette a disposizione dei visitatori dei foglietti su cui avrebbero potuto annotare i loro commenti positivi o negativi. In questo modo l’artista si mostra al pubblico e si sottopone alle sue critiche o alle sue lusinghe ignorando l’ufficialità accademica.

Nasce così il livre d’or concepito come spazio di libertà aperto ai commenti del pubblico all’interno di un’esposizione di opere d’arte.

Nel 1928, il direttore del museo Tessé du Mans, M. Delaunay, mette a disposizione dei visitatori una cassetta delle lettere all’interno del museo, nella quale poter inserire le proprie impressioni sulla visita, al fine di migliorare l’offerta museale.

Da allora il livre d’or è divenuto uno strumento utile all’istituzione per valutare la propria offerta, l’efficacia comunicativa, le scelte museografiche effettuate, la soddisfazione del pubblico attraverso la lettura dei commenti lasciati dal visitatore.

Maureen Peralta così lo definisce:

“Le livre d’or constituerait un médiateur entre une institution et son public: il viserait à recueillir les opinions consécutives à la visite, c’est-à-dire des opinions déjà structurées” (Peralta, 2001, p. 6).

Romana Mongale offre una definizione esaustiva di livre d’or: si tratta di un registro contenente i commenti positivi o negativi lasciati dal visitatore per permettere una revisione di quello che andrebbe migliorato o per conservare aspetti apprezzati. Inoltre, assume l’aspetto di una conversazione privata instaurata tra il visitatore ed il Direttore del museo o l’architetto incaricato dell’allestimento.

“Le livre d’or n’est plus un simple registre mais qu’il est devenu le symbole justement de l’expression libre du public et donc le symbole de la démocratisation de la culture. Un symbole auquel les visiteurs, ou certains d’entre eux, sont attachés et auquel ils ne veulent pas renoncer. Il s’agit d’une façon possible de dialoguer avec les institutions, d’avoir la possibilité de dire ce qu’on pense, de donner de la voix à ses sentiments et donc finalement de quelque chose de très précieux pour y renoncer” (Mongale, 2006, p. 17).

Il livre d’or è stato paragonato ad una cartolina postale per l’esigenza mostrata dal visitatore di lasciare traccia del proprio passaggio. La tendenza a lasciare una firma, a scrivere la data è significativa dell’esigenza di controllare il tempo e lo spazio, proprio come avviene con le cartoline per ricordare l’esperienza effettuata e affermare la propria esistenza.

“Cette idée pérenniser son passage en laissant son nome écrit dans un livre, peut rappeler d’autres pratiques. Sous le geste insignifiant qui consiste à laisser sa signature, une date parfois

pourrait rapprocher cette pratique de celle de la carte postale. En effet, dans un ouvrage consacré à l’histoire des cartes postales A. Ripert et C. Frère ont analysé ainsi leur fonction sociale : de même que le photographe amateur rapporte de voyage des clichés souvenirs le montrant lui et sa famille au pied d’un monument, le « touriste » (au sens large du terme) éprouve le besoin de marquer le paysage impersonnel d’un signe qui lui est propre. Marquer le lieu où l’on se trouve à un moment donné est une manière d’affirmer sa propre existence. Le livre d’or, tout comme la carte postale, joue le rôle de « lieu mémoire » du « moi, j’y étais » ” (Corbel, 2003, p. 33).

Zoé Blumenfield afferma che il livre d’or trasforma il visitatore passivo, fruitore dei beni culturali, in visitatore attivo. Ella nota anche il carattere di convivialità attribuito al

livre d’or, favorito dalla configurazione dei luoghi e dal posto in cui è collocato, essendo

posto al termine dell’esposizione o nei punti in cui si congiungono gli spazi o nei luoghi di attesa in cui i visitatori si ritrovano. Il livre d’or diviene il supporto sul quale i visitatori si confrontano per iscritto.

A completamento di tali definizioni si pone quella contenuta nel saggio di Colette Dufresne Tassè, Sophie Potterie e Marie Clarté O’Neill (2006) che fa riferimento ad altri aspetti.

Il livre d’or è pertanto considerato come:

1. Un quadro spazio temporale definito, perché si colloca in un luogo e in un

momento ben preciso della visita. Il livre d’or deve essere collocato in un luogo preciso e messo bene in evidenza per attirare l’attenzione del visitatore ma al tempo stesso deve offrire la possibilità di poter riflettere tranquillamente. La collocazione del volume in uno spazio ben preciso ha la sua importanza, come sottolineato da Maureen Peralta: ad esempio, presso la Galeries Nationales du Grand Palais è situato in modo visibile per attirare l’attenzione del pubblico, ma al tempo stesso in posizione tale da rendere possibile la riflessione. Inoltre, il livre

d’or contiene i commenti di un momento specifico della visita: durante e dopo,

contiene sia le impressioni post - visita che in itinere. Inoltre, i libri sono collocati in posti precisi: dentro, fuori e all’uscita della mostra. Charlotte Bordierou (1998, p.8) ritiene che raccolga le impressioni post - visita e che esso costituisca “l’ultimo rapporto fisico e materiale del pubblico con l’opera”. Marie - Clarté O’Neill, invece, insiste sulla “temporalità dell’esposizione”:

“L’expérience de l’exposition se perçoit plus après coup que durant la visite […]. Un moment de synthèse est nécessaire à la construction d’une vision d’ensemble et d’un jugement global. C’est le rôle que nous voyons clairement tenir au livre d’or, dont certaines remarques font preuve d’un niveau de reconstruction d’une ensemble que nous ne voyons encore apparaître dans les discours enregistrés en cours de visite ” (Dufresne - Tassé, Potterie, O’Neill, 2006, p. 269).

2. Uno spazio di libertà: offre la possibilità di manifestare le proprie opinioni senza remore. Contiene le considerazioni del visitatore espresse volontariamente e

liberamente, senza essere sorvegliati. La spontaneità dei discorsi mette bene in evidenza il carattere del volume come spazio in cui ci si può esprimere liberamente.

3. Uno spazio di diversità: raccoglie le considerazioni di diverse tipologie di pubblico. Si tratta di uno spazio in cui sono rappresentate tutte le categorie di pubblico: dai visitatori abituali a quelli occasionali, ai bambini ecc.

Dopo aver definito le caratteristiche del livre d’or è opportuno evidenziare quale sia la sua funzione.

Lise Ponticelli ricorda che la funzione del livre d’or è un po’ confusa per i musei e le altre istituzioni che lo possiedono: come usarlo e quale scopo dargli? (Ponticelli, 2003, p. 5).

Sophie Potterie nota che oggi al Gran Palace il livre d’or ha una funzione non ben definita: è consultato regolarmente dall’istituzione per rilevare problemi tecnici precisi.

Marie - Clarté O’Neill (2002) precisa che la funzione che si vuole attribuire al livre d’or è quella di sintesi finalizzata alla costruzione di una visione unitaria e di un giudizio globale.

L’analisi del livre d’or permettere di ottenere dati quantitativi utili a definire meglio la frequentazione, l’età, la provenienza sul pubblico (anche se non si tratta di dati rigorosi) e dati qualitativi sulle motivazioni e sul comportamento dei visitatori. Inoltre, offre al visitatore la possibilità di potersi esprimere sulla visita liberamente, di poter interagire con il museo.

“Pourtant le livre d’or a ceci de particulier qu’il est le seul terrain ou, bien souvent, les visiteurs peuvent interagir naturellement avec l’institution muséale. Cette fonction a elle seule mérite d’être analysée. De plus, le succès rencontré par le livre d’or comme plateforme d’expression, (qu’on se réfère aux milliers de commentaires qu’ils recèlent bien souvent), prouve qu’il est loin d’ être anecdotique et qu’il possède un rôle important pour les gens qui s’expriment sur ses pages” (Corbel, 2003, p. 6).

Spesso, però il livre d’or non è un utile strumento di valutazione perché contiene discorsi troppo brevi e a volte non interessanti.

“Souvent jugé comme un ramassis de discours hétéroclites et très banals, le livre d’or est relativement méprisé et n’est pas utilisé comme outil d’évaluation. De plus, c’est un outil techniquement ingrat à dépouiller : il contient des discours très brefs, en différentes langues, souvent inintéressants, il faut le reconnaître” (Corbel, 2003, p. 5).

Inoltre, il livre d’or contiene solo le impressioni di quei visitatori disposti a lasciare un commento, che rappresentano una percentuale molto esigua. Spesso si esprimono brevemente su quanto hanno osservato, ma senza soffermarsi e sviluppare le loro

“la manifestation exclamative du visiteur constitue un jugement malgré sa brièveté. Dire «merci», «bravo», «félicitations» n’est pas neutre: en exprimant son contentement, on porte une appréciation” […] “le livre d’or est le support privilégié pour le visiteur qui veut évaluer ce qui lui a été présenté. […] En effet un musée qui dépose un livre d’or pour ses visiteurs attend sans doute d’eux un discours portant sur le «produit culturel» qu’il leur propose. Réciproquement, le visiteur qui trouve en fin de parcours un livre d’or, s’il choisit de s’y exprimer, veut avant tout communiquer son propre sentiment concernant la qualité et la quantité de ce qu’il a vu” (Blumenfeld, 1998, p. 4)

In conclusione, il livre d’or può fornire utili indicazioni al museo per instaurare un dialogo col suo pubblico:

“Le contenu du livre […] peut, mais en développant des outils de dépouillement et d’analyse particuliers, s’avérer utile à la compréhension des publics en général et de celui de l’institution étudiée en particulier. Il peut être le moteur de changements ou d’adaptation de la part du musée afin de mieux satisfaire son public” (Corbel, 2003, p. 5).

Definiti i visitatori e le forme di comunicazione utilizzate da loro stessi e dal museo, ho ritenuto opportuno presentare nei capitoli successivi le ricerche condotte in ambito museale che si sono occupate proprio di comunicazione museale e pubblico.

 

Capitolo 4

La ricerca quantitativa e qualitativa in