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Cose da escludersi

Nel documento DON BOSCO EDUCATORE (pagine 108-119)

Ma il pensiero pedagogico di Don Bosco ri­

spetto al teatrino ap p are anche dalle norme da lui stabilite sia per gli attori che per gli spet­

tatori, e raccolte in due capitoli intitolati: « Cose da escludersi » e « Doveri del Capo del Teatrino ».

Dovendo le recite essere un mezzo pedagogico, egli anzitutto vuole che possano effettivamente servire di stimolo e di premio.

Tutti sanno come sia vivo nei giovani il desi­

derio di recitare. Orbene dice Don Bosco: « T ra i giovani da destinarsi a recitare si preferiscano i più buoni di condotta, che, per comune incorag­

giamento, di quando in quando saranno surrogati da altri compagni » (119).

Con lo stesso alto senso educativo determinò che si limitasse l’abbigliamento alla trasform azio­

ne dei propri abiti, o a quelli che già esistono nel­

le rispettive case o che fossero da taluni regala­

ti (120). Gli abiti troppo eleganti lusingano l’a- mor proprio degli attori, ed eccitano i giovanetti a recarsi nei pubblici teatri per ap p agare la loro curiosità. Il capo-teatrino sia poi rigoroso nell’adottare vestiari decenti (121).

Udimmo dal Servo di Dio Don Rinaldi che,

essendo egli D irettore del nuovo Istituto di San Giovanni Evangelista in Torino, per la miglior riuscita di uno spettacolo teatrale, a cui doveva intervenire il C ard. Alimonda, si credette bene di prendere a nolo da un teatro pubblico vestiari veramente ricchi ed eleganti. Don Rinaldi osservò che Don Bosco, quando vide i giovani così ricca ­ mente vestiti, abbassò gli occhi e non li alzò più durante tutto il tempo dello spettacolo.

A ll’O ratorio restò celebre la rappresentazione dei Tre Re Magi, fa tta ancora ai tem pi cosiddetti eroici. Siccome si sapeva che Don Bosco non avrebbe autorizzato spese per il noleggio dei ve­

stiti, il buon Tom atis con qualche compagno ri­

correndo alle suore del Rifugio e a Parroci, potè avere in prestito alcuni piviali. Quando i Re Magi com parvero sul palcoscenico con i piviali sulle spalle, le risa convulsive degli spettatori non avevano più fine; e Don Bosco tolse d ’impiccio i poveri attori ordinando loro di deporre subito quelle sacre vesti (122). Il ricordo dell’ingenua sem plicità di quei prim i tempi è una lezione sa­

lutare per tutti.

Insegna ancora la buona pedagogia che il p re­

mio, affinchè abbia il suo effetto salutare, non dev’essere eccessivo. P er questo Don Bosco p roi­

bisce che agli attori si facciano altre regalie, oltre il premio della recita stessa. .

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Secondo il nostro Padre, «: il permettere d’im­

parare la musica, il canto, il suono, di esercitarsi a declamare e simili, deve già riputarsi sufficiente soddisfazione. Se poi alcuno si fosse guadagnato un premio speciale, i Superiori hanno molti mezzi per rimeritarlo condegnamente » (123).

Don Bosco poi considera come sorgente di di­

sordini « le bibite, i confetti, i commestibili, le colazioni o merende, che talvolta si distribuiscono agli attori o a quelli che si occupano degli ap­

parecchi materiali » (124).

« L ’esperienza — egli continua — mi ha fatto persuaso che queste eccezioni generano vanaglo­

ria e superbia in coloro cui sono usate, invidie e umiliazioni nei compagni che non ne partecipano.

A questo si aggiungano altri più gravi motivi, fa ­ cilmente intuibili, per cui si crede opportuno di stabilire che non siano usate particolarità agli attori, i quali vadano alla mensa e al trattamento comune. Essi devono essere contenti di prender parte alla comune ricreazione o come attori o co­

me spettatori » (125).

È veramente mirabile la delicatezza di Don Bosco Educatore, cui nulla sfugge di quanto può contribuire alla formazione degli educandi, secon­

do la sua massima che il teatrino « deve servire di sollievo e di educazione per i giovani che la Divina Provvidenza invia alle nostre Case » (126).

Riguardo poi agli spettatori, che sono gli alun­

ni, egli inculca la riconoscenza verso i Superiori che s’industriano e si sacrificano per p rocurar loro una piacevole distrazione. D om anda ad essi com­

patim ento p er gli attori, e soprattutto per chi sbagliasse o facesse meno bene. Sempre nel Re­

golamento per gli Allievi (Capo XV , Contegno nel Teatrino) li esorta a non m anifestar disappro­

vazione o scontento e ad essere invece larghi e generosi nell’applaudire gli attori, i quali si son sottoposti a non lievi fatiche e a perdite di ri­

creazioni e di sonno per p rocurare alcune ore liete agli spettatori.

Quando intervengono persone esterne, racco ­ m anda ne sia regolata prudentemente l’entrata, l’uscita e la presenza, in modo da non turbare il buon andam ento delle cose.

Don Bosco era convinto che il teatrino potreb­

be diventare facilm ente un mezzo di perversio­

ne, anziché d’educazione, qualora non fosse cir­

condato di tutte le cautele. Per questo stabilisce che durante le prove e le recite sia oculata l’as­

sistenza (127) e che non si permetta la presenza sul palco a coloro che non recitano (128).

L a delicata oculatezza di Don Bosco, mentre costituisce una eredità preziosa per i suoi figli, è anche di esempio e di stimolo a chiunque debba occuparsi della gioventù.

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c) Il c i n e m a t o g r a f o .

P arlando del teatro, come elemento di form a­

zione estetica e morale, non si può oggi non dire una parola sul cinema. È vero che il cinema non esisteva ai tem pi di Don Bosco: noi possiamo tuttavia, alla luce dei suoi concetti pedagogici, vedere se il cinema risponda ad essi e possa con­

siderarsi come mezzo di educazione estetica e morale.

Le persone oneste sono certam ente concordi nel dire che, disgraziatam ente, il cinema, quale oggi esiste, è nella m aggioranza dei casi, strum en­

to di corruzione. Basta leggere i giornali per ren­

dersi conto dell’influenza che esso esercita sugli animi giovanili. Latrocinii, assassinii, suicidi, fu r­

ti, fattacci di ogni genere vengono p erpetrati da minorenni, corrotti alla perversa scuola del ci­

nema.

Associazioni di p ad ri e m adri di famiglia, e gli stessi Parlam enti, invocano un argine con­

tro questa fangosa fiumana che m inaccia di tra ­ volgere, col pudore della gioventù, le più care speranze dell’umanità. Dio voglia che i Governi aiutino efficacemente le iniziative e gli sforzi di tutti gli onesti!

Non m ancherà forse chi voglia prendere la difesa di certo cinema dicendo che, dopo tutto,

si rappresen ta al vivo il vizio appunto perdi lo si esecri e fugga. No, il male non bisogna insegnarlo perchè lo si eviti, ma nasconderlo p er­

chè non lo si com m etta. C ’è poi una passione, la più bassa della nostra natura, con la quale non si lotta, ma dalla quale si fugge. È questo l’insegnamento degli educatori, di ogni uomo one­

sto e dei santi. D iceva in proposito il Manzoni che in noi c ’è già troppo fuoco d’amore latente senza bisogno che gli scrittori (e in questo caso, i produttori di films) vi aggiungano l’esca. E poi a causa del peccato originale, è così debole e perversam ente inclinata la natu ra umana che.

quando il vizio è ben dipinto, tu tta la pervade e offusca.

A ltri vorrà obiettare che il male esiste e che noi lo abbiamo costantemente sotto i nostri occhi Ma allora che bisogno c ’è di presentarlo ai giovani e agli adulti sotto i colori più smaglianti e con le attrattiv e più seducenti? È vero, il male esi­

ste. Ma l’educatore sapiente insegnerà al giovane a rifuggire da esso, perchè non vi si attacch i; lo amm onirà di non scherzare con le fiamme, se non vuole averne bruciate le ali; e soprattutto procure­

rà, sollevandolo dal fango che lo circonda, di su blimarlo alle sfere serene del candore.

Così insegnava Don Bosco. Questi sono i suoi princìpi, che noi possiamo e dobbiamo mettere

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in luce e p raticare davanti al dilagare del cine corruttore. Nè si dica che certe cose non fanno più impressione. È questa anzitutto una men­

zogna; e poi l’abitudine, non solo non toglie la malizia, ma la rende più degradante.

Don Bosco sapeva, per aver visitato durante lunghi anni le carceri e per aver trattato con i giovani abbandonati nelle vie e nelle piazze, che proprio la perversa abitudine di assistere a ce r­

te scene abbassa ogni giorno più il termometro morale, togliendo alla gioventù la fragran za del­

la purezza, la quale è il suo tesoro più ricco, l’ornamento più leggiadro.

D ai princìpi pedagogici di Don Bosco risulta ben chiaro che la vita, alla luce della n atu ra e della G razia, è qualcosa di ben più grande ed ele­

vato di quel realismo che sventuratam ente si ri­

solve in una spudorata ostensione del fango. D al­

la lettura del suo Regolamento sul teatrino ri­

sulta chiaro che egli non avrebbe mai approvato certi accostam enti di fango e di santità, certe mescolanze di sacro e di profano, per cui quasi si pretenderebbe che la Religione e la santità deb­

bano servire di pretesto per coonestare l’oscenità.

P er Don Bosco la Religione non è un elemento decorativo: e non avrebbe mai permesso di ridur­

re la santità a una maschera. I suddetti ibridismi li avrebbe chiam ati col loro nome, definendoli una

indecorosa profanazione, un insieme di ipocrisia e menzogna per ingannare e corrom pere gli incau­

ti. Egli non avrebbe mai permesso che contrasti, impressioni e curiosità malsane, si potessero coo­

nestare poi con una fugace smorfia di pentimento, dopo che, p er ore intere di morbosa eccitazione immorale, la fantasia fosse stata stimolata a fo­

m entare i bassi istinti. L a smorfia ben tosto v a di­

m enticata, ma permangono gli offuscamenti e i travolgim enti del senso e dello spirito.

Don Bosco avrebbe applicato ai fìlms ciò che, a proposito del teatro, rigu ard a la riduzione di certi drammi o commedie. Il taglio della pellicola non m oralizza certe situazioni equivoche, anche se si tolgono di mezzo le scene direttam ente of­

fensive del pudore. E poi, come già si disse p er i drammi, i tagli sono troppe volte uno stimolo a curiosità morbose.

Conchiudiamo quest’argomento dicendo che il teatrino, come lo concepì Don Bosco, ha non po­

chi e non lievi vantaggi sul cinem atografo. So­

p rattu tto p er ciò che rigu ard a i giovani attori, il teatrino è un premio, un incoraggiamento, un utile esercizio intellettuale ed artistico, una oc­

cupazione veram ente form ativa.

Pel teatrino poi è assai più facile il controllo della m ateria, e si può avere anche una comple­

ta sicurezza m orale; m entre le pellicole, che an­

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che le case più serie noleggiano come perfetta­

mente morali, riservano troppe ingrate sorprese.

Sono note a tutti le precauzioni delle sale catto ­ liche per accertarsi di un severo controllo morale dei films, perdendosi in ciò molte ore preziose:

eppure, anche così, non m ancano tante delusioni e, diremmo, tradim enti.

È vero che vi sono pellicole a carattere sem­

plicemente istruttivo e docum entario; ma queste, oltre ad essere ancora purtroppo scarse, non ri­

spondono a tutti gli scopi form ativi del teatrino.

Don Bosco era persuaso che l’uomo è buono, non per quello che sa, m a per quello che fa: ecco per­

chè col teatrino egli non si lim itava a coltivare la mente, premendogli soprattutto d’irrobustire la volontà ed arricch ire il cuore.

Questo è certo, che anche Don Bosco, una volta fatto persuaso non potersi più sopprim ere il cinema, avrebbe cercato in tutti i modi di li­

m itarlo e migliorarlo, favorendo le iniziative che tendono a così nobile scopo.

Il fatto che siano sorti in quasi tutte le Nazioni com itati e società che si propongono la creazione del cinem atografo educativo, indica quanto siano giusti i criteri di Don Bosco, ed anche quanto sia grave il male che si lam enta. A questa impresa m oralizzatrice e ricostruttrice egli avrebbe sti­

molato, non solo i suoi figli, ma tutti gli educatori,

ai quali stia a cuore la vera formazione della gioventù.

d) La r a d i o .

Taluno vorrà ancora chiedere quale atteg­

giamento avrebbe preso Don Bosco dinanzi alla radio. Mosso dal suo grande amore alla gioventù, avrebbe anzitutto fatto ogni sforzo per arginare i mali della radio, stabilendo che ne fosse con­

trollato e disciplinato l’uso.

Questo appunto raccomandava Pio XI neh l’Enciclica Divini Illius Magistri con le seguenti notabili espressioni: < Ai nostri tempi si fa neces­

saria una tanto più estesa e accurata vigilanza quanto più sono cresciute le occasioni di naufragio morale e religioso per la gioventù inesperta, se­

gnatamente nei libri empi e licenziosi, molti dei quali diabolicamente diffusi a vii prezzo, negli spettacoli del cinematografo, ed ora anche nelle audizioni radiofoniche, le quali moltiplicano e facilitano, per così dire, ogni sorta di letture, co­

me il cinematografo ogni sorta di spettacoli. Que­

sti potentissimi mezzi di divulgazione, che pos­

sono riuscire, se ben governati da sani princìpi, di grande utilità all’istruzione ed educazione ven­

gono purtroppo spesso subordinati all’incentivo delle male passioni ed all’attività del guadagno ».

Il motivo principale di questi disordini bisogna

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* d i)

cercarlo nella coscienza di chi parla alla «’adio, la quale non è sempre cristiana; oud è ohe la ra­

dio non si può ascoltare sempre e da tutti.

Anche Sua Santità Pio X II, il aprili- del 1948, denunciava in un messaggio radiodiffuso la responsabilità del criminale cht fa della radio uno strumeuto di corruzione intellettuale e mo­

rale, ed esortava chi parla alla radio a portare neH’enuneiato di ciò che deve dire quella delica­

tezza, quella nobiltà di espressione, che gli per­

metta di farsi comprendere dai grandi, senza de­

stare l’immaginazione o commuovere la sensibilità dei piccoli. Maxima debetur puero reverentia: si deve al fanciullo il più grande rispetto, diceva il poeta Giovenale. Conciliare questo rispetto con il diritto o il dovere di parlare, ecco il proble­

ma che interessa anzitutto i genitori e poi gli edu­

catori.

Don Bosco si farebbe eco dell’appello dei Papi per la salvaguardia della moralità anche nel cam­

po della radio, affinchè non sia causa di tanti tra­

viamenti giovanili. Egli avrebbe esortato i suoi Figli e tutti gli educatori a scongiurare i pericoli della radio, come già quelli del teatro e del cine, con grande vantaggio della moralità e della stessa formazione estetica dei giovani.

Ca p it o l o III.

L ’EDU CA ZIO N E IN T ELL ET TU A LE

1. L ’ingegno di Don Bosco

Nel documento DON BOSCO EDUCATORE (pagine 108-119)