Per quanto riguarda le persone, sia degli educatori che degli educandi, godiam o di poter affermare che forse nessun padre ebbe tanta cura
della sanità dei p rop ri figliuoli quanta Don Bo
sco se ne prese per i suoi collaboratori e alunni.
Egli, per propria esperienza, aveva capito l’im
portanza del conservare la salute.
Il D ottor Com bai, che nel 1884 si era recato a visitare D on Bosco a Marsiglia, gli aveva espresso questo giudizio: — Lei ha consumato la vita con troppo lavoro! È un abito logoro p er
chè tropp o indossato, i giorni festivi e i giorni feriali. Per conservare questo abito ancora un p o ’ di tempo, l’unico mezzo sarebbe di riporlo in guardaroba. Voglio dire che per lei la m edi
cina principale sarebbe l’assoluto riposo.
— Ed è l’unico rim edio al quale non posso assoggettarmi! — rispose sorridendo D on Bo
sco (1).
Però negli ultimi anni della sua vita, lo stesso nostro Padre dovette riconoscere di aver sacrificato gran parte della salute con un lavoro prop rio eccessivo, specialm ente passando anche notti intere nello scrivere libri e sbrigare cor
rispondenza. « Io — diceva — darò sempre per consiglio ai giovani di fare quello che si può e non di più. La notte è fatta per il riposo.
Eccettuato il caso di necessità, dopo cena nes
suno deve applicarsi in cose scientifiche. Un uomo robusto reggerà alquanto, ma cagionerà sempre qualche detrimento alla sua salu te» (2).
11
Egli infatti, colpito da gravi malattie, era stato costretto a regolare meglio il suo lavoro, speri
mentandone ben tosto i vantaggi. « La qual co sa — egli scrive — mi ha fatto credere che il la
voro ben ordinato non sia quello che reca danno alla salute corporale » (3).
Com prendendo tutto il valore della salute, non ricusava i riguardi che giovassero a mantenerla.
A l tem po stesso esortava tutti con la parola e con l’esempio a essere forti nel sopportare con tranquillità d ’animo gli incom odi della stagione e altri eventuali disagi: il che sapeva fare con ilarità e piacevolezza.
« Già — esclamava nei giorni di gran freddo,
— ogni anno bisogna che il freddo ritorni: p ro
curate ripararvi bene perchè non abbiate a sof
frire nella sanità ». Nella stagione calda, in cer
ti giorni di afa: « Bene, bene, — l’udivano dire,
— questo ci voleva: le cam pagne hanno bisogno di calore ». E m agnificava i vantaggi che l’e
state reca alla natura.
Era stanco? « G ià — diceva sorridendo — mi sono stancato un p o ’. Oh, un giorno o l’al
tro, se avrò un tantino di tem po libero, vorrò riposarm i! ». A i suoi nondimeno ripeteva che non si affaticassero tropp o (4).
Lasciò scritto in proposito Mons. Costamagna:
« Egli è certo che se tutti i Salesiani che vissero
con D on Bosco volessero pubblicare tutte le cure tenerissime che egli ha loro prodigato, se ne dovrebbero scrivere m olti volumi. Egli, come il D ivin Redentore, passò facen d o del bene: pren deva a cuore i nostri affanni e le nostre sofferen
ze, tanto fisiche che morali, com e se gli apparte
nessero esclusivamente. Ci concedeva sempre tut
to quello che non fosse di nocumento materiale e spirituale nostro e della Comunità. Egli stu
diava il m odo di alleggerirci il peso della vita di studio e di lavoro, con feste religiose, passeg
giate, teatrini e altre ricreazioni, sempre svaria
te ma innocenti. Voleva che stessimo ben at
tenti a non perdere la sanità, e che perciò evi
tassimo le correnti d ’aria, l’umidità, lo star fermi al sole, specialm ente nei cosiddetti mesi della erre: M ensibus erratis — ci diceva — sub sole ne sedeatis. V oleva ancora che nel passare da uu luogo caldo al freddo usassimo gli opportuni ri
pari; che non ci fermassimo al fred do quando eravamo sudati; e che evitassimo il mangiare e bere tropp o o tropp o poco, il fare inutili spre
chi di voce, l’a pp lica rci a occu pazion i mentali subito d opo la refezione, il non dormire suffi
cientemente (S eptem sufficiunt horae — ci ri
peteva — iuveni senique: bastano sette ore al giovane e all’anziano; ma lasciava che i D iret
tori concedessero un’ora in più o in meno,
secon-13
do le circostanze). Soprattutto ci esortava a non abbandonarci alla melanconia, lima sorda di ogni più florida salute, e infine di evitare una cura esagerata del corp o andando avanti a forza di droghe e di rimedi che finiscono col rovinarlo, giusta il p roverbio: V ive miseramente colui che vive m edicinalm ente: qui m edice Oioit, misere vivit » (5).
Talvolta scendeva a particolari com moventi, occupandosi direttamente del vitto o di quanto poteva occorrere per la cura della persona (ó).
E non solo pei vicini, ma si direbbe che an
cor più per i lontani egli moltiplicasse le sue sol
lecitudini. A i prim i missionari partenti l’i l no
vembre 1875 lasciava questo fra gli altri ricordi:
« Abbiate cura della sanità. Lavorate, ma solo quanto le vostre forze com portano » (7). E a Mons. C agliero ricordava nel 1886: « R accom an
da a tutti cura grande della sanità » (8)
Si può affermare che quasi non scrivesse let
tere ai suoi senza toccare questo argomento. Cosi a D on Rua nel 1869: « So che avete molto da fare, ma prim a di ogni altra cosa, bada alla tua sanità e a quella degli altri » (9).
Gli stavano a cuore soprattutto gli amma
lati. A pp en a metteva piede in una delle sue case, « la prim a domanda era se vi fossero am
malati, e recavasi subito a visitarli. Per essi
nutriva una carità veramente materna ed osser
vava se fossero provvisti di ogni cosa necessaria.
Così pure passava ad esaminare com e fossero trattati gli inferm icci e anche i sani. — Econo
mia sì — diceva — ma anche grande carità!
Si abbia tutta la cura di loro nel cibo, nel vesti
to, insomma in tutto quello che abbisogna
no » (10).
« Io son d ’accordo — diceva ai Direttori nel
l'aprile del 1875 — che quando uno non sta bene, si abbia tutte le care possibili e gli sia
no somministrate tutte le cose che possono es
sergli vantaggiose. R accom ando in modo spe
ciale ai Direttori che non si lasci mancare mai nulla agli ammalati: preferisco che si lasci piut^
tosto qualcosa da fare che affaticare troppo un individuo. Chi p uò fare di più, faccia di più e lo faccia volentieri: chi può fare meno, sia tenuto nello stesso conto degli altri e si abbia riguardo alla sua com plessione o malferma sa
lute » (11).
a) P r e o c c u p a z i o n e d i D o n B o s c o PER L A SALUTE D E I G IO V A N I.
Verso i giovani era sempre il padre buono e l ’educatore solerte, che aveva un’unica bra
ma, quella di form are nel m odo più com pleto 15
i suoi cari figliuoli. Ci renderem mo intermina
bili, se volessimo riferire anche solo sommaria
mente le costanti sue raccom andazioni per la sanità. Per lui tutto ciò che riguarda il fìsico doveva avere lo scopo, oltre che mettere a d i
sposizione dello spirito attività corporali fre
sche ed efficienti, anche d ’istruire praticam ente i giovani a formarsi un corredo di utili cogni
zioni e pratici accorgim enti, dei quali disporre anche in seguito per la conservazione e l’ irrobu·*
stimento delle forze deH’organismo. D ’altronde, persuaso che ai giovani gli avvisi bisogna ripe
terli frequentemente, data la loro leggerezza e volubilità, venne in tal modo a lasciarci su que
sto punto un vero tesoro di paterne e sapienti raccomandazioni.
Nel 1864 diceva ai giovani: « Figliuoli miei, pensiamo in questo momento a un massimo no
stro dovere, ed è che dobbiam o fare buon uso della sanità in servizio e gloria di D io. La sani
tà è un gran dono del Signore, e tutta per Lui noi dobbiam o impiegarla. Gli occhi devono ve
dere per Iddio, Γ piedi camminare per Dio, le mani lavorare per Dio, il cuore battere per Dio, tutto insomma il nostro corp o servire per Dio, finché siamo in tem po; in modo che quan
do D io ci toglierà la sanità e ci avvicinerem o all’ultimo nostro giorno, la coscienza non abbia
a rim proverarci di averne usato m a le» (12).
Nè si accontentava di raccom andazioni a vo
ce. Nel 1855 pubblicava cinque libretti dal ti
tolo La buona regola di vita p er conservare la sanità. Erano dieci conversazioni sugli effetti fisici e m orali dell’intemperanza, d ell’abuso del mangiare e del bere, di certe abitudini contro l'onestà dei costumi, d ell’ira e delle passioni egoistiche; e vi si suggerivano i mezzi per emendarsene (13).
Anche nel sistema preventivo indica alcuni mezzi che giovano alla salute (R egolam ., 95).
Fra i mezzi indiretti, ma efficacissimi, per conservare la sanità, egli raccom andava agii alunni di conservare la pace della coscienza;
di applicarsi allo studio moderatamente, per
chè ogni sforzo di mente sfibra e svigorisce, o l
tre lintelligenza, anche il corp o ; e, infine, una cura speciale per conservare l'illibatezza dei co stumi, perchè il fuoco delle passioni p uò consu
mare prematuramente la salute dei giovani.
Nel novem bre 1859 diceva loro: « Per con servare la sanità e vivere lungamente, è neces
sario: prim o, coscienza chiara, cioè coricarsi al
la sera tranquilli, senza timori per Feternità:
secondo, mensa frugale; terzo, vita attiva; quar
to, buona com pagnia, ossia fuga dei viziosi ».
E spiegava brevemente detti punti (14).
17
Parlando una sera di m aggio del 1875 e ralle
grandosi che in casa non vi fosse alcun ammaia- lato, disse che « contribuiva in sommo grado alla longevità la buona morale, che ci dà le regole del ben vivere e c ’insegna ad amare la virtù, la temperanza, e molte altre cose utilis
sime alla conservazione del corp o'» (15).
Nò devono parere esagerate o fuor di luogo queste norme. Chi voglia infatti riconoscere la verità deve ammettere che, per la salute di un giovane, nulla vi è di più nocivo della vita scostumata, la quale porta anche alla lettura dei libri e romanzi che eccitano la fantasia fino ad alterare a volte le stesse energie psichiche e a disseccare, per così dire, le m idolle dell’ossa.
R iguardo poi ai giovani ascritti D on Bosco, scrivendo nel 1879 a D on Barberis da Marsiglia, mostrava il suo interessamento per la salute di quei figliuoli, « pu p illa » degli occhi suoi (16).
« Io ho bisogno — diceva in una conferenza ai novizi — che voi cresciate e diveniate giovani robusti e che vi usiate i riguardi necessari per conservarvi in sanità, per poter p iù tardi lavo
rare molto ». Q uindi proibiva loro di studiare durante la ricreazione, benché fossero imminenti gli esami (17). A llo scopo di esercitarli nel moto e irrobustirne l'organismo procurava loro delle belle passeggiate. « A tal fine — afferma Don
Barberis — D on Bosco c ’invitava con l’esempio e con le parole a fare anche lunghi viaggi a piedi per rinforzare la nostra fibra » (18). « Bi
sognerà — diceva un giorno il Santo allo stesso Don Barberis — che d opo Pasqua tutti i giovedì si conducano i giovani ascritti a fare una pas
seggiata di buon mattino a Villa Monti, posta sulla collina di Superga, ad un terzo della sa
lita e in mezzo a boschetti. Potrebbero passare là tutta la giornata e verso sera tornarsene al
l’O ra to rio ». Era convinto che ciò avrebbe recato grande vantaggio alla loro salute (19).
D on Bosco prevenne le colonie estive con ducendo i suoi giovani per mesi interi attra
verso le incantevoli colline del M onferrato: in tal m odo procurava loro svago e vigore, facendo anche conoscere Fopera sua.
Nel 1876, così parlava ai suoi alunni: « 11 moto è quello che più giova alla sanità » ; e ri
conosceva che le lunghe passeggiate da lui fatte gli avevano giovato assai. « Io sono di parere
— aggiungeva — che una causa non indifferente della dim inuzione di sanità ai nostri giorni p ro venga dal non farsi più tanto moto come una v o l
ta si faceva. La com odità dell’omnibus, della vet
tura, della ferrovia [ed oggi, con maggior ragione, potremm o dire delle automobili e di altri mezzi di trasporto] toglie moltissime occasioni di fare
19
passeggiate anche brevi, mentre cin qu an tan n i fa si giudicava passeggiata l'andare da Torino a Lanzo a piedi. Mi pare che il moto della fer
rovia e delle vetture non sia sufficiente all’uomo per star b e n e » (20).
b) L ’ a m b ie n te e l a p e r s o n a . È ovvio che non sarebbe ragionevole giudica
re gli ambienti, vale a dire gli edilizi e le loro con
dizioni igieniche, dei prim i tem pi di D on Bosco, alla luce dei criteri costruttivi d ell’epoca nostra.
Egli però ci teneva assai a che le sue case, anche se povere, fossero ricche di aria e di luce, e le nuove avessero quell’esposizione topografica che gli igienisti ritenevano maggiormente gio
vevole alla salute.
Tutti sanno che, nei tempi in cui Don Bosco incom inciò le sue opere, si avevano idee ben di
verse da quelle di oggi circa i servizi di decen
za e i bagni. Si deve notare però che egli, ri
guardo aH’igiene e a tutti i servizi inerenti, si sforzava di progredire coi tempi. Basterebbe esa
minare le sue ultime im ponenti costruzioni, fatte sotto la sua immediata direzione, per persuadersi dei notevoli progressi realizzati in proposito.
Una cosa gli stava grandemente a cuore, ed era che, oltre ad una buona distribuzione degli
ambienti, qual era richiesta dai criteri di una sa
na pedagogia, vi fosse in tutte le sue case gran
de p roprietà e pulizia (21).
A l prefetto e agli assistenti, com e abbiamo v i
sto, parlando delle loro rispettive mansioni, egli affidò la responsabilità della pulizia dei vari ambienti.
Ma D on Bosco esigeva pure particolarmente la pulizia e l ’ordine della persona, poiché dalla mancanza di pulizia possono svilupparsi m a
lattie.
Mamma Margherita lo aveva educato ad essa con costanti lezioni, perchè considerava la net
tezza com e una form a di rispetto che si deve avere a sè e agli altri. D on Bosco praticò mi
rabilmente le lezioni della santa genitrice: il costante ordine della sua persona era indizio del
l’ordine m irabile d ell’anima sua (22).
Il lunedì, il giovedì e il sabato ciascun al
lievo, in ora appositam ente fissata, doveva ri
pulire più diligentemente i p rop ri abiti e il p ro prio letto. Y ’era insomma nettezza nella persona e decenza nei vestiti anche nei giorni feriali. Nelle feste poi e in ogni caso di uscita, gli alunni, benché non avessero altra divisa che il berretto, vestivano tutti convenientemente; e non si fa ceva distinzione fra studenti e artigiani, fra quelli che pagavano un p o ’ di pensione e quelli
21
che godevano di un posto gratuito; fra quelli che erano provvisti dai parenti e quelli cui ogni cosa era somministrata dalla casa di Don Bosco.
« Era una gioia — dice il biografo — vedere alla dom enica tutti i giovani in aspetto così lin
do » (23).
c) Al im e n t i e v e s t im e n t a.
I punti sui quali insisteva m aggiormente era
no quelli che riguardavano l’alimento e le vesti
menta. È a tutti nota la sobrietà veramente ec
cezionale di D on Bosco, il quale ripeteva fre
quentemente: « D i due cose desidererei far sen
za: dorm ire e mangiare » (24).
Egli tuttavia si p reoccu pava grandemente delle particolari necessità dei suoi. A D on Rua, m andato nel 1863 ad aprire la prim a casa sa
lesiana in M irabello M onferrato, dava norme preziose per il vitto, l’abito e il riposo e per la sanità sua, del personale e degli allievi (25).
Voleva che il vitto, anche se non tanto fine, fosse però sano ed abbondante. Il pane Io vole
va di prim a qualità. D ’altronde, considerate le condizioni della maggior parte delle famiglie d ’allora, il vitto che Don Bosco dava ai suoi giovani era, il più delle volte, m igliore (26).
Quando fondò l ’istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice per l’educazione delle fanciulle, m o
strò anche verso di esse identiche sollecitudini, desideroso che non mancasse la necessaria ali
mentazione.
Sul finire del 1874 si era recato a visitare il Collegio di Borgo San Martino. La Superiora delle Suore addette ai servizi di Casa si presen
tò tutta afflitta a D on Bosco, lamentandosi che il Direttore insisteva perchè si cibassero più abbondantemente che non a Mornese, ove aveva
no fatto il loro noviziato, e aveva imposto loro, invece dì una, due pietanze.
D on Bosco rispose con finta serietà: « L ’affare è grave davvero, e fa d ’u opo riflettervi sopra.
Prim a di decidere però, portatemi, se vi piace, le due vostre pietanze! » Poiché era imminente l’ora del pranzo, gliele portarono subito. Allora il Santo, versando in un solo piatto vuoto quan
to contenevano gli altri due e porgendolo alla D irettrice: « E cco — disse —tolto ogni scrupolo;
qui avete due pietanze in un sol piatto ad un tem po: e così nè il Direttore nè quei di Mornese potranno chiamarsi malcontenti di voi » (27).
Fin da giovane D on Bosco si era fatto legge rigorosa di non mangiare nè bere fuori del tem
po dei pasti: questa stessa raccom andazione egli inculcava frequentemente ai giovani (28).
A n ch e in tem po di ricreazione sapeva al-23
ternare le amenità con salutari avvisi. Q uando qualcuno si lamentava di leggeri incom odi, dice
va: « Pitagora prescriveva sempre questi tre rime
di per ogni sorta di incom odi: dieta, acqua fre
sca, moto ». A ltra volta dava la seguente ricetta:
Quies, mens hilaris, dieta. A d uno che aveva sempre paura di ammalarsi raccontava faceta
mente questo apologo: « U n convalescente per timore che qualche cibo gli facesse male, voleva essere sempre assistito, durante i pasti, dal me
dico. O ra avvenne che una volta gli portarono un pollo. Il m edico com inciò ad osservarlo a fine di togliere quelle parti che credeva danno
se all’inferm o. Nel tagliare le ali disse: ala, mala, e le pose nel p roprio piatto. Nel tagliare le coscie disse: C oxa, noxa, e fece lo stesso; e poi testa, infesta, e fece com e prim a; e così fece del corpo, e finalmente esclam ò: collum sine pelle, bonum ; tolta la pelle al collo, lo passò al cliente.
Egli intanto si p a p p ò la pelle e il resto ». Na
turalmente tutti ridevano, e Don Bosco: <r Hoi capito? Metti dunque da banda le paure e le pre
occupazioni non necessarie. Fidati un p o ’ più della Provvidenza divina. Ricorri a Maria SS, e v a ’ avanti con tranquillità » (29).
Ma mentre Don Bosco da una parte si p reoc
cupava che il vitto dei suoi giovani fosse suffi
ciente e sano, d all’altra non cessava di inculcar
loro la virtù della sobrietà, utile alla salute del corp o non meno che alla salute dell’anima.
Anzitutto ricordava ai suoi giovani la vita spartana e austera di altri tempi, ben differente da quella com oda di allora. Le fam iglie di cam pagna, i cui figli volevano studiare, dovevano pensare anzitutto a collocarli presso qualcuno che si prendesse cura di loro. Il vitto o sem plice
mente la minestra venivano somministrati dal p a
drone di casa, oppu re i parenti inviavano loro set
timanalmente il pane necessario. Sovente i giovani partivano dal paese con qualche sacco di farina, di meliga, di patate, di castagne, e ciò doveva ser
vire loro di nutrimento tutto l ’anno. Per quan
to facesse freddo, non si parlava di riscaldam en
to. C iò che poi mancava, i poveri studenti dove
vano procurarselo prestando qualche servizio, trascrivendo carte, facendo ripetizioni, o in altro modo (30). C iò ricordava ai suoi alunni per abi
tuarli ad essere forti nelle necessità e nei disagi.
D i frequente li esortava ad evitare ogni in
gordigia, come pure la troppa fretta nel mangia
re, ricordando la nota sentenza Prima digestio fit in ore (s’incom incia a digerire masticando).
Soleva dire: « Datemi un giovane temperante nel mangiare, nel bere e nel dormire, e voi lo vedrete virtuoso, assiduo, ai suoi doveri, pronto sempre quando si tratta di far del bene, e amante di tut
25
te le virtù: ma, se un giovane è goloso, cimante del vino, dormiglione, a p oco a p oco avrà tutti i vizi: diverrà sbadato, poltrone, irrequieto e tutto gli andrà a male. Quanti giovani furono ro
vinati dal vizio della gola! G ioventù e vino so
no due fuochi: vino e castità non possono coa
bitare insieme » (31).
Nel gennaio del 1864 così parlò ai giovani:
Nel gennaio del 1864 così parlò ai giovani: