Sarebbe incom pleta la trattazio n e che rig u ar
d a ciò che fece Don Bosco per la educazione
in-tellettuale della gioventù se non dicessimo qualco
sa, sia p u re brevem ente, di lui come scrittore:
poiché, lo si avv erta bene, D on Bosco fu scrit
tore in funzione di educatore.
D ’altronde, a d e tta di molti, « scrivere e d if
fondere buoni libri ad istruzione della gioventù e del popolo fu un lavoro continuo del S an
to » (213).
Pio XI, che lo conobbe e avvicinò nella in ti
m ità, disse della sua vocazione allo studio (214) e delle sue pubblicazioni (215), oltre un centinaio, di cui alcune ebbero un esito straordinario di 40, 70 e persino 600 edizioni (216).
D ella sua p reparazione a scrivere sono una testim onianza la serietà degli studi fa tti in se
m inario ed al C onvitto Ecclesiastico, e le molte opere, veram ente di polso, che egli lesse e studiò avidam ente in quei tem pi, come quelle di G iusep
pe Flavio, del F leury, del C alm et, del Cavalca, del P assavanti, del Segneri, tu tta la Storia G e
nerale della C hiesa dell’H enrion, che gli restò vi
vam ente im pressa nella memoria, e m olti scrit
ti in m ateria di Religione, come quelli di Mons.
M archetti, F rayssinous, Balmes, Zucconi e di molti a ltri ancora (217).
T ra i docum enti della sua vasta erudizione storica, sono notevoli u n a lettera di « Schiari
m enti » in difesa dell’opuscolo II centenario di 167
San Pietro Apostolo, e la lettera da lui scritta Γ8 ap rile 1863 a ll’E ditore della Storia Popolare dei P a p i del C h antrel: di questa egli fa una critica esauriente, m ettendone a punto le num ero
se deficienze ed inesattezze, indicando fatti, fonti, testi, citando nomi di P ad ri, di storici, g iudican do e consigliando con una sicurezza e con una com petenza che fanno stu p ire (218).
Ma, p iù ancora che della erudizione e della critica, era am ante del bene dei giovani e della verità.
Ecco il giudizio che Don Bosco dava dei Pro
messi Sposi nella Storia d'Italia: « La stim a che abbiam o di quest’opera non ci tra tte rrà tu tta v ia dal biasim are altam ente il ritra tto che ci porge di Don A bbondio e quello della sgraziata Gel- trude. Il M anzoni, che voleva dare all’Italia un libro veram ente m orale ed ispirato da sentim ento cattolico, poteva certo presen tarci migliori c a ra t
teri; gli stessi rom anzieri d ’o ltr’A lpe ben a ltra idea ci porgono generalm ente del Parroco ca tto lico. Il giovane poi che fin dai suoi prim i anni h a im parato, coll’am ore ai genitori, la venerazione al p ro p rio Parroco, dovrà necessariam ente ricevere ca ttiv a im pressione nella m ente e nel cuore dopo siffatta le ttu ra ». Q uindi — dice il biografo — non ne consigliava la le ttu ra ai giovanetti, p e r
chè inesperti e im pressionabili, e solam ente la
tollerò quando fu nelle scuole p re scritta dal Go
verno. D a ciò si argomenti che cosa Don Bosco pensasse degli altri rom anzi. D iceva continua
m ente che i libri, anche non cattivi, m a leggeri ed appassionati, sono pericolosi, in specie p er la
m oralità (219).
Sem pre a proposito del suo amore alla verità e del suo coraggio nel difenderla, si sentì dire da Pio IX: « T re P api sono a voi debitori! Ne avete difesa la fam a oltraggiata, con la Storia d ’Italia, YEcclesiastica, e le Letture cattolich e» (220).
Alti P relati a Roma vollero m ettere a prova la p reparazio ne storica di Don Bosco, e ne rim a
sero pieni di am m irazione (221).
Il Santo aveva anche u na buona preparazione linguistica (222). Lo stesso Leone X III, che tanto si distinse p e r il suo classico stile latino, restò m eravigliato al leggere una supplica scritta in ot
timo latino da Don Bosco (223).
Si occupò p u re con risu ltati notevoli delle leggi e decreti della Chiesa, e ne diede am pie prove in speciali docum enti (224). Ma, ancor p iù che la scienza, am ava Gesù Cristo, e Crocifisso, come ap p u n to egli stesso ebbe a rispondere il 21 m ar
zo 1858 a Pio IX, che lo aveva interrogato in p ro posito (225). Egli nello scrivere non aveva altro fine che quello di far del bene, e non cercava la lode degli uomini. « Il mio studio, — diceva, —
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nel pred icare e nello scrivere, fu sem pre ed uni
cam ente rivolto a farm i intendere da tu tti, sia nell/esposizione come nell’uso dei vocaboli più semplici e conosciuti » (226).
Abbiamo detto che egli aveva preveduto co
me la scuola e la stam pa, cose eccellenti in sè, sarebbero diventate mezzi potenti p er sem inare l’errore e corrom pere i costumi. P er prevenire il m ale e giovare alla gioventù e al popolo, egli si dedicò a scrivere buoni libri. A questo fine to
glieva molte ore della notte ai suoi riposi, e d u ran te il giorno occupava tu tti gli istanti, che la cura dei suoi giovanetti, il sacerdotale m iniste
ro e lo studio della teologia m orale gli lasciavano liberi.
Il tavolino della sua stan zetta era ingombro di quad erni e fogli, zep p i di note che andava dili
gentem ente raccogliendo, so p ra ttu tto in difesa del
la Religione e della Chiesa, e in relazione alla scuola. Con questo p re p a ra v a m ateria p e r i mol
ti libri che andava ideando e dei quali l ’oppor
tu n ità e l’eccellenza sarebbe stata p ro v a ta dalle molte edizioni e dai giudizi favorevoli pub b licati da personaggi di gran fama.
T u ttav ia, benché Don Bosco sentisse in sè la grazia e la potenza di tale missione, non si a t
teggiò m ai a scrittore, nè m anifestò p er questo alcun sentim ento di vana gloria (227).
Il suo stile sem plice e patern o si rivela so
p ra ttu tto nelle Memorie d c ll’Oratorio di San Fran
cesco di Sales dal 1815 al 1855, da lui scritte per ordine del glorioso Pontefice Pio IX e riservate ai soli Salesiani: Memorie d e tt’Oratorio che vi
dero la luce soltanto nel 1946, centenario ap p u n to della C asa M adre e centenario p u re della elezio
ne di Pio IX a Vicario di Gesù Cristo.