Un altro pericolo vedeva Don Bosco, e non meno grave, nei testi di scuola. P urtroppo si mettevano nelle mani dei giovani i libri di clas
sici greci, latini, italiani, senza preoccuparsi se contenevano, insieme ai pregi letterari, gravissi
me deficienze riguardanti i princìpi della morale e del buon costume. Il suo cuore di sacerdote e di educatore cristiano non gli perm etteva di espor
re quei suoi cari figliuoli al pericolo di avve-153
lenarsi il cuore là dove essi si recavano ad abbe
verarsi p er arricch ire la mente.
Dopo serie riflessioni, e dopo aver interrogato ed entusiasmato quei suoi primi figli e collabo
ratori, decise di p rep arare una sua collana di libri di testo. Essa avrebbe contenuto opere di autori classici greci, latini, italiani, ma espurgati di quelle pagine, di quei brani, o anche solo di quelle parole, che avessero potuto in qualche mo
do offuscare la delicatezza morale dei suoi alunni.
Nel 1868 pertanto, sotto la guida del valente Don Fran cesia, professori salesiani e non sale- lesiani si accinsero all’opera dando alle scuole la nota collana Selecta ex latìnis scriptoribus, i cui volumi, assai apprezzati, uscirono in molte edi
zioni fino ad oggi (196).
E poiché era persuaso che un altro pericolo di corruzione, e forse più grave, provenisse da quei classici italiani, anche fra i più celebrati, i quali furono troppo dimentichi dei princìpi della mo
rale, Don Bosco, che da tempo aveva ideato la pubblicazione di una piccola biblioteca p er la gioventù studiosa levando da quegli scritti tutto ciò che potesse nuocere alla santità dei pensieri e dei costumi, credette giunto il momento di a c
cingersi all’opera.
Egli ben sapeva che da certi insegnanti, col pretesto e in nome dell’arte, si sarebbe gridato
contro questa d a essi rite n u ta b arb ara m utilazio
ne: m a non si curò della loro critica la quale, dopo tutto, avrebbe dim ostrato la saggezza e la necessità di siffatta revisione.
Procedette dunque egli stesso alla scelta degli autori e a distribu irli, p er la correzione e per il relativo commento, a quei professori che meglio rispondevano al suo pensiero: e ben presto ebbe intorno a sè u n ’accolta di eletti ingegni, pronti a cooperare a quella saggia im presa.
Egli se li teneva carissim i, e tu tti erano stretti a lui da vera am icizia. Convenivano alle feste fam igliari e, a quando a quando, si adunavano p er deliberare sulla scelta dei libri. Non avrebbe voluto pubblicare certi classici, come il Macchia- velli e il L eopardi, rim anendo essi, anche cor
retti, sem pre pericolosi: m a i program m i governa
tivi li esigevano. Raccom andò pertan to che di questi autori fossero scelti i passi meno nocevoli e diligentem ente p u rg a ti: diede pu re alcune nor
me perchè, nello spiegarli, si elim inasse ogni p e
ricolo e si m ettesse sem pre in piena luce la ve
rità, cui si opponevano i loro errori. Don Bosco voleva insom ma che i classici fossero spiegati nel
lo splendore delle idee cristiane (197).
Ai suoi Salesiani diceva al riguardo: « C ia
scuno sa p p ia cavar profitto sp iritu ale d a ogni cosa: da quanto vede, sente, opera, studia, legge,
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anche in autori profani. P er esempio, chi fa scuo
la, spiegando un autore pagano e incontrando una bella massima, ne faccia tesoro; richiam i su questa l'attenzione dei discepoli, ne ricavi utili conseguenze p er sè e p er gli altri. G u a rd ate come fa l’ape. Essa va lontano anche qualche miglio a raccogliere il miele; e sa sep arare il miele dalla cera, e lasciare nel fiorellino un sugo velenoso che potrebbe dare la m orte a se stessa e alle sue compagne. Così dobbiam o fare noi: scegliere ciò che può giovare, spogliarci di ciò che è difetto e peccato. In questo modo possiamo im p arare q u al
che cosa d a tu tti e d a tu tto » (198).
a ) « Bi b l i o t e c a d e l l a Gi o v e n t ù It a l i a n a ».
T rattan d o si di norm e squisitam ente pedagogi
che, crediam o utile pubblicare qui il program m a che il Santo E ducatore compose e diffuse il 18 novem bre 1868.
« Il bisogno universalm ente sentito di istruire la studiosa gioventù nella lingua italian a deve anim are tu tti i cultori di questa nobile nostra fa
vella ad usare quei mezzi che sono in loro potere p er agevolarne lo studio e la cognizione. Egli è con questo intendim ento che si è id eata la Biblio
teca della G ioventù Italiana. Suo scopo è di p u b blicare quei testi di lingua, antichi e m oderni,
che p iù d a vicino possono interessare la colta gioventù.
« P er riuscire in questa im presa fu istitu ita una Società di benem eriti celebri professori e dottori in lettere, i quali si propongono:
1) D i raccogliere e di pubb licare i migliori classici della nostra lin gua italiana ridotti a ll’or
tografia m oderna, affinchè si possano meglio leg
gere e com prendere dal giovane lettore;
2) T rascegliere quelli che p er am enità di m ateria e purezza di lingua gioveranno meglio allo scopo;
3) Nei commenti, ove ne sia il caso, si fa ranno solo brevi annotazioni che servano a d ilu cidare il senso letterale, nel che si seguiranno le interp retazio n i dei p iù accreditati com m entatori;
4) Noi giudichiam o bene di om ettere in p a r te, ed anche del tutto, quegli autori com unque accreditati, i quali contengono m aterie offensive alla Religione e alla m oralità;
5) S arà usata m assim a cura affinchè la p a r
te tipografica lasci niente a desiderare p er la nitidezza dei caratteri, bontà della carta, e p er la esattezza della stam pa.
« Ciò posto noi ci accingiam o a ll’opera, racco
m andandone il buon esito agli educatori della gioventù e a tu tti gli am anti della gloria del
l’italia n a favella e del maggior bene della gioven-157
tù ». (Seguono le condizioni di associazione) (109).
L ’iniziativa di Don Bosco fu salu tata con gioia dalla stam p a locale.
Le pubblicazioni furono iniziate nel gennaio 1869 ed ebbero term ine nel 1885, dopo aver p u b blicato in 204 volumi le m igliori opere dei clas
sici italiani. D a notare che furono num erosi gli associati e che oltre ai volumi ad essi spediti, se ne spacciarono più di mezzo milione nelle scuole e collegi con g rande vantaggio m orale dei giovani.
Anche dopo la m orte di Don Bosco se ne conti
nuò la ristam pa. Il M archese Giacomo della C hie
sa, poi P a p a Benedetto XV, si gloriava di essere stato uno degli abbonati a quella collana (200).
Un insigne critico, il De Luca, esaltava in un im portante giornale rom ano l’antica biblioteca dei classici italiani editi d a Don Bosco che tanto giovam ento aveva p o rtato ai cattolici italian i in tem pi assai calam itosi; e finiva afferm ando: « U na storia di tale a ttiv ità sarebbe senza dubbio un capitolo onorato, quando si volesse n a rra re la coltura dei cattolici italiani nell’800 » (201).
b) « S e l e c t a e x s c r i p t o r i b u s l a t i n i s C h r i s t i a n i s ».
Allo scopo di m ettere in m ano ai suoi giovani libri m oralm ente sicuri, Don Bosco si accinse
an-che a u n ’a ltra im portantissim a im presa, quella cioè di pubblicare una collana dal titolo Selecta e x scriptoribus latinis Christianis.
P arlan d o dei suoi studi filosofici, egli accen
nava ad un grande errore nel quale era incorso, e che avrebbe p o tuto essergli causa di funeste conseguenze, se un fatto — che egli considera
va provvidenziale — non lo avesse liberato. A bi
tu ato alla le ttu ra dei classici in tu tto il corso se
condario, assuefatto alle figure enfatiche della m i
tologia ed alle favole dei pagani, egli non trovava gusto nello stile semplice dei libri ascetici. G iu n se a persuad ersi che la buona lingua e la elo
quenza non si potesse im p arare dai libri che t r a t tano di religione. Le stesse opere dei santi P ad ri gli sem bravano fru tto di ingegni assai lim itati, ec
cettu ati i p rin c ìp i religiosi che essi esponevano con forza e chiarezza. Ciò era conseguenza di discorsi ud iti da persone eziandio ecclesiastiche, valenti nella classica lettera tu ra, m a poco risp e t
tose verso questi g randi lum inari della Chiesa, perchè non li conoscevano.
« Sul prin cip io del secondo anno di filosofìa,
— egli scrive — andai un giorno a fa r visita al SS. S acram ento e, non avendo meco il libro di preghiera, mi feci a leggere D e Imitatione C h ri
sti, di cui lessi qualche capo intorno al SS. S a
cram ento. C onsiderando attentam ente la sublim i
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tà dei pensieri e il modo chiaro e nel tem po stes
so ordinato ed eloquente con cui si esponevano quelle grandi verità, cominciai a dire tra me stes
so: — L’autore di questo libro era un uomo dot
to! — C ontinuando altre e poi altre volte a leg
gere queU’aurea operetta, non ta rd a i ad accor
germi che un solo versicolo di essa conteneva ta n ta d o ttrin a e m oralità, quanto non avrei tro v a
ta nei grossi volumi dei classici latini. È a que
sto libro che son debitore di avere cessato dalla le ttu ra p ro fan a » (202). .
Si diede p erta n to alla le ttu ra dei classici cri
stiani e, a m isura che progrediva negli anni, si fece sem pre più p rofonda in lui la stim a dei P a dri e degli scrittori latini cristiani.
F atto sacerdote e circondato dai suoi prim i chierici, seppe infondere in essi tale amore. Fin dal 1851 egli, in tem po di vacanza, spiegava, e tanto bene, a R ua Michele e ad a ltri suoi alu n ni, vari b ran i di questi sacri autori, e special
m ente le lettere di San Girolam o: e insisteva che le traducessero, m andassero a m em oria e com
m entassero. C ercava di infondere negli altri il p ro p rio entusiasm o e provava gran pena nel sen
tire come alcuni professori distinti deridessero il latino della Chiesa e dei P ad ri, chiam andolo con disprezzo « latino di sagrestia ».
Egli diceva che coloro i quali disprezzano la
lingua della Chiesa, si m ostrano ignoranti delle opere dei Santi P ad ri, i quali, in buona sostan
za, form ano da soli la le tte ra tu ra di p iù secoli e u na splendida le tte ra tu ra che, p e r molti lati, eguaglia, nella forma, l’età classica, e p e r m agni
ficenza di idee la supera infinitam ente come il cielo la terra, la virtù il vizio, Dio l’uomo. Anzi aggiungeva che, p er eleganza di stile, grazia di lingua, robustezza e sublim ità di concetti, alcuni di essi tengono il prim ato sugli stessi autori del secolo d ’Augusto. E lo dim ostrava.
Q uando Pio IX nel 1855 in una sua Enciclica sciolse la questione tra Mons. D up an lo u p e il Gaum e, decidendo che si doveva unire bellam ente lo studio dei classici pagani con quello dei clas
sici cristiani, p er rivestire con lingua latina, p u r g ata ed elegante, le idee cristiane, e dando n or
me in proposito, Don Bosco rip ete v a essere le sue idee in perfetto accordo con quelle del P a p a (203).
Non è a pensare che egli nutrisse comecches
sia poca stim a lettera ria p er i classici latin i p ro fani. Li aveva studiati, ne possedeva dei lunghi tra tti a mem oria, li com m entava con m aestria;
ma, sacerdote, apostolo, e so p ra ttu tto educatore, non poteva non vedere il male che, d alla loro le ttu ra e dai loro insegnam enti, poteva derivare alla gioventù.
« La rivoluzione francese — egli osservava — 161
6 (II)
h a preso le p ro p rie massime dagli scrittori del paganesim o, anzi sono questi che formarono quella generazione di sicari. E da ciò ne vennero le deplorabili rovine che tu tti sanno. Le idee di p atria , di odio agli stranieri, di gloria acquistata con la forza brutale, di vendetta encom iata, di superbia, di dio stato, di conquiste, ecc., sono quelle che guastano le m enti tenerelle dei giovani e che fanno giudicare viltà la soave m itezza del cristianesim o » (204).
Don Bosco poi sapeva a tem po e luogo, con c a rità e prudenza, diffondere questa sua opinio
ne. Aveva anche un argomento suo proprio. D i
ceva: « È un delitto disprezzare il latino dei S an
ti P ad ri. Noi cristiani non formiam o u n a vera società gloriosa, santa, divina? Q uesti scrittori ecclesiastici non sono nostri, e nostra gloria? E perchè disprezzare le cose che ci appartengono, e trovare solo il bello nei nostri nemici, nel p a g a nesimo? E questo si chiam a amore alla p ro p ria bandiera, alla Chiesa, al P ap a? » (205).
Il celebre Tommaso V allauri, professore di let
tere latine airU n iv e rsità di Torino, geloso dei p ro p ri m eriti e insofferente di opinioni contrarie alle sue, in uno scritto stam pato aveva biasim ato gli au tori latin i cristiani asserendo che essi, tu tti inten ti a ll’insegnam ento e alla difesa della Reli
gione, avevano trasc u rata, anzi d e tu rp a ta la lin
gua. Lo seppe D on Bosco, il quale un giorno non si tra tte n n e dal dire in bel modo al D ottor Vai- lau ri: « E lla sostiene che gli autori cristiani latini non scrissero con eleganza i loro libri, m entre San Girolam o viene paragonato, pel suo modo di scrivere, a T ito Livio, L attanzio a Cicerone, ed altri a Sallustio e a Tacito ». Don Bosco non disse di più. V allauri rifletté alquanto e poi rispose:
« Don Bosco h a ragione; mi dica pu re quello che debbo correggere; io ubbidirò ciecam ente» (206).
Don Bosco, giusto estim atore dell’arte, e più ancora della m orale, non poteva soffrire che i giovani fossero obbligati ad usare solamente clas
sici p ro fan i senza l’antidoto dei classici cristiani.
Egli cosi rendeva un servizio, anzi una glorifica
zione alla Chiesa cattolica, procurando al tem po stesso alla gioventù studiosa argom enti di vita cristian a (207).
Don T am ietti pertan to, dietro suo invito, p re p arò ed annotò, di San Girolam o, il De viris il
lustribus, le Vite di San Paolo prim o erem ita, di S an t’Ilarione, del monaco Malco, oltre u n a decina di lettere. In tal modo Don Bosco aveva scelto il mom ento propizio p er risolvere praticam ente il grande b attag liare che erasi sviluppato in F ra n cia p er opera di Mons. P arisis fin dal 1845 in torno a ll’insegnam ento dei classici. Q uella lotta, che la E nciclica Inter multos del 25 marzo 1855
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non era riuscita a sedare, si era riaccesa, e Pio TX fu costretto a rib ad ire le raccom andazioni già fatte, pu bblicando un Breve in d a ta 22 a p ri
le 1874.
L ’anno seguente, in un altro Breve del 1° a p ri
le a Mons. Bartolomeo, Vescovo di C alvi e Teano, e poi C ardinale, dopo aver ricapitolato lo stato della questione, insisteva nuovam ente. Il dotto P relato esortava allora i suoi professori e sacer
doti a seguire le direttive pontifìcie.
Con questo favorevole intervento e decisione del P ap a, Don Bosco sentì in se stesso crescere la lena n eira ttu a zio n e del suo disegno (208). A p
profittava di tu tte le occasioni p er caldeggiare l’o
p era intrap resa. Ai suoi D iretto ri faceva questa raccom andazione il 27 gennaio del 1875: « A ltra cosa che desidero è l ’introduzione nelle nostre scuole dei classici cristiani invece di quelli del paganesim o. Non potrem o farlo tu tto d ’un tratto , m a desidero che, p e r quanto si può, si cominci a fare... In tal modo potrem o m ettere un rip aro ad un male molto grande dei nostri tem pi » (209).
Nel C apitolo del 1877 insisteva: « O gni D i
retto re si faccia con zelo a prop ag are nei nostri Collegi le collane dei classici. Lungo l’anno p ro curino tu tti in varie circostanze di p arlarn e, fa r le conoscere, lodarle, e ottenere che molti resti
no associati. S aranno sem pre buoni lib ri che si
spargono nel collegio e che si leggono con grande vantaggio » (210).
In ogni circostanza ria p p a re l’educatore con tu tto il suo zelo e il suo immenso am ore ai gio
vani, che vuole salvare dalla corruzione.
C) I V O C A B O L A R I.
Sem pre con lo scopo di togliere dalle m ani giovanili tu tto ciò che potesse offuscare la mente e corrom pere il cuore, si accinse a u n ’a ltra im
p o rtan te im presa. Egli aveva notato che i vo
cabolari riboccavano di parole e frasi oscene.
Pensò di farne pubb licare dei nuovi, p u rg a ti da tu tto ciò che potesse nuocere al buon costume.
A tal fine nel 1868 affidò al D ottor Don F ra n cesco C erru ti l’incarico di com porre un vocabola
rio italiano, perchè vi elim inasse tu tte le espres
sioni men che delicate in fatto di onestà. Don C erru ti obbedì e fece u n ’opera pregiatissim a in ogni lato (211).
Al tem po stesso assegnava il lungo e grave la voro del D izionario G reco-Italiano e Italian o -G re
co al Prof. Teologo Marco Pechenino, dandogli come am anuense un chierico d e llO ra to rio . A f
fidava in p a ri tem po la cu ra del D izionario L a ti
no-Italiano e Italiano-L atino al P rof. D on Cele
stino D urando, il quale dalla sua opera maggiore 165
in due volumi estrasse poi un dizionario minore in un sol volume p er le classi inferiori del gin nasio (212).
d) L a C o l l a n a D r a m m a t i c a *
U na nuova m anifestazione d eirim p o rtan z a che Don Bosco dava alla buona educazione e form a
zione intellettuale dei suoi alunni — sia p er rip a rare i dan n i del positivism o e del naturalism o, che lottavano satanicam ente al fine di infiltrarsi nelle scuole e nella vita p u bb lica e p riv ata , sia al xempo stesso p er suscitare in tu tti il gusto verso nobili ideali ed im prese di sacrifìcio e di eroismo a vantaggio del prossimo — si ebbe nel 1885 con la Pìccola Collana di Letture D ram m atich e p e r isti
tuti di educazione e famiglie. Usciva un volume ogni due mesi: il prim o fu il noto dram m a di Don G iovanni B attista Lemoyne Le pistrine o L ’ultim a ora del paganesimo.
Con questa iniziativa Don Bosco ebbe in an i
mo di form are u na biblioteca teatrale di operette scelte e ra p p resen ta b ili da giovani soli, negli O ra tori festivi e in altri Istituti. A ltrettan to fece p er i teatrin i delle fanciulle nei collegi.