• Non ci sono risultati.

Libri e testi adatti

Nel documento DON BOSCO EDUCATORE (pagine 173-186)

Un altro pericolo vedeva Don Bosco, e non meno grave, nei testi di scuola. P urtroppo si mettevano nelle mani dei giovani i libri di clas­

sici greci, latini, italiani, senza preoccuparsi se contenevano, insieme ai pregi letterari, gravissi­

me deficienze riguardanti i princìpi della morale e del buon costume. Il suo cuore di sacerdote e di educatore cristiano non gli perm etteva di espor­

re quei suoi cari figliuoli al pericolo di avve-153

lenarsi il cuore là dove essi si recavano ad abbe­

verarsi p er arricch ire la mente.

Dopo serie riflessioni, e dopo aver interrogato ed entusiasmato quei suoi primi figli e collabo­

ratori, decise di p rep arare una sua collana di libri di testo. Essa avrebbe contenuto opere di autori classici greci, latini, italiani, ma espurgati di quelle pagine, di quei brani, o anche solo di quelle parole, che avessero potuto in qualche mo­

do offuscare la delicatezza morale dei suoi alunni.

Nel 1868 pertanto, sotto la guida del valente Don Fran cesia, professori salesiani e non sale- lesiani si accinsero all’opera dando alle scuole la nota collana Selecta ex latìnis scriptoribus, i cui volumi, assai apprezzati, uscirono in molte edi­

zioni fino ad oggi (196).

E poiché era persuaso che un altro pericolo di corruzione, e forse più grave, provenisse da quei classici italiani, anche fra i più celebrati, i quali furono troppo dimentichi dei princìpi della mo­

rale, Don Bosco, che da tempo aveva ideato la pubblicazione di una piccola biblioteca p er la gioventù studiosa levando da quegli scritti tutto ciò che potesse nuocere alla santità dei pensieri e dei costumi, credette giunto il momento di a c­

cingersi all’opera.

Egli ben sapeva che da certi insegnanti, col pretesto e in nome dell’arte, si sarebbe gridato

contro questa d a essi rite n u ta b arb ara m utilazio­

ne: m a non si curò della loro critica la quale, dopo tutto, avrebbe dim ostrato la saggezza e la necessità di siffatta revisione.

Procedette dunque egli stesso alla scelta degli autori e a distribu irli, p er la correzione e per il relativo commento, a quei professori che meglio rispondevano al suo pensiero: e ben presto ebbe intorno a sè u n ’accolta di eletti ingegni, pronti a cooperare a quella saggia im presa.

Egli se li teneva carissim i, e tu tti erano stretti a lui da vera am icizia. Convenivano alle feste fam igliari e, a quando a quando, si adunavano p er deliberare sulla scelta dei libri. Non avrebbe voluto pubblicare certi classici, come il Macchia- velli e il L eopardi, rim anendo essi, anche cor­

retti, sem pre pericolosi: m a i program m i governa­

tivi li esigevano. Raccom andò pertan to che di questi autori fossero scelti i passi meno nocevoli e diligentem ente p u rg a ti: diede pu re alcune nor­

me perchè, nello spiegarli, si elim inasse ogni p e­

ricolo e si m ettesse sem pre in piena luce la ve­

rità, cui si opponevano i loro errori. Don Bosco voleva insom ma che i classici fossero spiegati nel­

lo splendore delle idee cristiane (197).

Ai suoi Salesiani diceva al riguardo: « C ia­

scuno sa p p ia cavar profitto sp iritu ale d a ogni cosa: da quanto vede, sente, opera, studia, legge,

155

anche in autori profani. P er esempio, chi fa scuo­

la, spiegando un autore pagano e incontrando una bella massima, ne faccia tesoro; richiam i su questa l'attenzione dei discepoli, ne ricavi utili conseguenze p er sè e p er gli altri. G u a rd ate come fa l’ape. Essa va lontano anche qualche miglio a raccogliere il miele; e sa sep arare il miele dalla cera, e lasciare nel fiorellino un sugo velenoso che potrebbe dare la m orte a se stessa e alle sue compagne. Così dobbiam o fare noi: scegliere ciò che può giovare, spogliarci di ciò che è difetto e peccato. In questo modo possiamo im p arare q u al­

che cosa d a tu tti e d a tu tto » (198).

a ) « Bi b l i o t e c a d e l l a Gi o v e n t ù It a l i a n a ».

T rattan d o si di norm e squisitam ente pedagogi­

che, crediam o utile pubblicare qui il program m a che il Santo E ducatore compose e diffuse il 18 novem bre 1868.

« Il bisogno universalm ente sentito di istruire la studiosa gioventù nella lingua italian a deve anim are tu tti i cultori di questa nobile nostra fa­

vella ad usare quei mezzi che sono in loro potere p er agevolarne lo studio e la cognizione. Egli è con questo intendim ento che si è id eata la Biblio­

teca della G ioventù Italiana. Suo scopo è di p u b ­ blicare quei testi di lingua, antichi e m oderni,

che p iù d a vicino possono interessare la colta gioventù.

« P er riuscire in questa im presa fu istitu ita una Società di benem eriti celebri professori e dottori in lettere, i quali si propongono:

1) D i raccogliere e di pubb licare i migliori classici della nostra lin gua italiana ridotti a ll’or­

tografia m oderna, affinchè si possano meglio leg­

gere e com prendere dal giovane lettore;

2) T rascegliere quelli che p er am enità di m ateria e purezza di lingua gioveranno meglio allo scopo;

3) Nei commenti, ove ne sia il caso, si fa ­ ranno solo brevi annotazioni che servano a d ilu ­ cidare il senso letterale, nel che si seguiranno le interp retazio n i dei p iù accreditati com m entatori;

4) Noi giudichiam o bene di om ettere in p a r ­ te, ed anche del tutto, quegli autori com unque accreditati, i quali contengono m aterie offensive alla Religione e alla m oralità;

5) S arà usata m assim a cura affinchè la p a r­

te tipografica lasci niente a desiderare p er la nitidezza dei caratteri, bontà della carta, e p er la esattezza della stam pa.

« Ciò posto noi ci accingiam o a ll’opera, racco­

m andandone il buon esito agli educatori della gioventù e a tu tti gli am anti della gloria del­

l’italia n a favella e del maggior bene della gioven-157

tù ». (Seguono le condizioni di associazione) (109).

L ’iniziativa di Don Bosco fu salu tata con gioia dalla stam p a locale.

Le pubblicazioni furono iniziate nel gennaio 1869 ed ebbero term ine nel 1885, dopo aver p u b ­ blicato in 204 volumi le m igliori opere dei clas­

sici italiani. D a notare che furono num erosi gli associati e che oltre ai volumi ad essi spediti, se ne spacciarono più di mezzo milione nelle scuole e collegi con g rande vantaggio m orale dei giovani.

Anche dopo la m orte di Don Bosco se ne conti­

nuò la ristam pa. Il M archese Giacomo della C hie­

sa, poi P a p a Benedetto XV, si gloriava di essere stato uno degli abbonati a quella collana (200).

Un insigne critico, il De Luca, esaltava in un im portante giornale rom ano l’antica biblioteca dei classici italiani editi d a Don Bosco che tanto giovam ento aveva p o rtato ai cattolici italian i in tem pi assai calam itosi; e finiva afferm ando: « U na storia di tale a ttiv ità sarebbe senza dubbio un capitolo onorato, quando si volesse n a rra re la coltura dei cattolici italiani nell’800 » (201).

b) « S e l e c t a e x s c r i p t o r i b u s l a t i n i s C h r i s t i a n i s ».

Allo scopo di m ettere in m ano ai suoi giovani libri m oralm ente sicuri, Don Bosco si accinse

an-che a u n ’a ltra im portantissim a im presa, quella cioè di pubblicare una collana dal titolo Selecta e x scriptoribus latinis Christianis.

P arlan d o dei suoi studi filosofici, egli accen­

nava ad un grande errore nel quale era incorso, e che avrebbe p o tuto essergli causa di funeste conseguenze, se un fatto — che egli considera­

va provvidenziale — non lo avesse liberato. A bi­

tu ato alla le ttu ra dei classici in tu tto il corso se­

condario, assuefatto alle figure enfatiche della m i­

tologia ed alle favole dei pagani, egli non trovava gusto nello stile semplice dei libri ascetici. G iu n ­ se a persuad ersi che la buona lingua e la elo­

quenza non si potesse im p arare dai libri che t r a t ­ tano di religione. Le stesse opere dei santi P ad ri gli sem bravano fru tto di ingegni assai lim itati, ec­

cettu ati i p rin c ìp i religiosi che essi esponevano con forza e chiarezza. Ciò era conseguenza di discorsi ud iti da persone eziandio ecclesiastiche, valenti nella classica lettera tu ra, m a poco risp e t­

tose verso questi g randi lum inari della Chiesa, perchè non li conoscevano.

« Sul prin cip io del secondo anno di filosofìa,

— egli scrive — andai un giorno a fa r visita al SS. S acram ento e, non avendo meco il libro di preghiera, mi feci a leggere D e Imitatione C h ri­

sti, di cui lessi qualche capo intorno al SS. S a­

cram ento. C onsiderando attentam ente la sublim i­

159

tà dei pensieri e il modo chiaro e nel tem po stes­

so ordinato ed eloquente con cui si esponevano quelle grandi verità, cominciai a dire tra me stes­

so: — L’autore di questo libro era un uomo dot­

to! — C ontinuando altre e poi altre volte a leg­

gere queU’aurea operetta, non ta rd a i ad accor­

germi che un solo versicolo di essa conteneva ta n ­ ta d o ttrin a e m oralità, quanto non avrei tro v a­

ta nei grossi volumi dei classici latini. È a que­

sto libro che son debitore di avere cessato dalla le ttu ra p ro fan a » (202). .

Si diede p erta n to alla le ttu ra dei classici cri­

stiani e, a m isura che progrediva negli anni, si fece sem pre più p rofonda in lui la stim a dei P a ­ dri e degli scrittori latini cristiani.

F atto sacerdote e circondato dai suoi prim i chierici, seppe infondere in essi tale amore. Fin dal 1851 egli, in tem po di vacanza, spiegava, e tanto bene, a R ua Michele e ad a ltri suoi alu n ­ ni, vari b ran i di questi sacri autori, e special­

m ente le lettere di San Girolam o: e insisteva che le traducessero, m andassero a m em oria e com­

m entassero. C ercava di infondere negli altri il p ro p rio entusiasm o e provava gran pena nel sen­

tire come alcuni professori distinti deridessero il latino della Chiesa e dei P ad ri, chiam andolo con disprezzo « latino di sagrestia ».

Egli diceva che coloro i quali disprezzano la

lingua della Chiesa, si m ostrano ignoranti delle opere dei Santi P ad ri, i quali, in buona sostan­

za, form ano da soli la le tte ra tu ra di p iù secoli e u na splendida le tte ra tu ra che, p e r molti lati, eguaglia, nella forma, l’età classica, e p e r m agni­

ficenza di idee la supera infinitam ente come il cielo la terra, la virtù il vizio, Dio l’uomo. Anzi aggiungeva che, p er eleganza di stile, grazia di lingua, robustezza e sublim ità di concetti, alcuni di essi tengono il prim ato sugli stessi autori del secolo d ’Augusto. E lo dim ostrava.

Q uando Pio IX nel 1855 in una sua Enciclica sciolse la questione tra Mons. D up an lo u p e il Gaum e, decidendo che si doveva unire bellam ente lo studio dei classici pagani con quello dei clas­

sici cristiani, p er rivestire con lingua latina, p u r ­ g ata ed elegante, le idee cristiane, e dando n or­

me in proposito, Don Bosco rip ete v a essere le sue idee in perfetto accordo con quelle del P a p a (203).

Non è a pensare che egli nutrisse comecches­

sia poca stim a lettera ria p er i classici latin i p ro ­ fani. Li aveva studiati, ne possedeva dei lunghi tra tti a mem oria, li com m entava con m aestria;

ma, sacerdote, apostolo, e so p ra ttu tto educatore, non poteva non vedere il male che, d alla loro le ttu ra e dai loro insegnam enti, poteva derivare alla gioventù.

« La rivoluzione francese — egli osservava — 161

6 (II)

h a preso le p ro p rie massime dagli scrittori del paganesim o, anzi sono questi che formarono quella generazione di sicari. E da ciò ne vennero le deplorabili rovine che tu tti sanno. Le idee di p atria , di odio agli stranieri, di gloria acquistata con la forza brutale, di vendetta encom iata, di superbia, di dio stato, di conquiste, ecc., sono quelle che guastano le m enti tenerelle dei giovani e che fanno giudicare viltà la soave m itezza del cristianesim o » (204).

Don Bosco poi sapeva a tem po e luogo, con c a rità e prudenza, diffondere questa sua opinio­

ne. Aveva anche un argomento suo proprio. D i­

ceva: « È un delitto disprezzare il latino dei S an­

ti P ad ri. Noi cristiani non formiam o u n a vera società gloriosa, santa, divina? Q uesti scrittori ecclesiastici non sono nostri, e nostra gloria? E perchè disprezzare le cose che ci appartengono, e trovare solo il bello nei nostri nemici, nel p a g a ­ nesimo? E questo si chiam a amore alla p ro p ria bandiera, alla Chiesa, al P ap a? » (205).

Il celebre Tommaso V allauri, professore di let­

tere latine airU n iv e rsità di Torino, geloso dei p ro ­ p ri m eriti e insofferente di opinioni contrarie alle sue, in uno scritto stam pato aveva biasim ato gli au tori latin i cristiani asserendo che essi, tu tti inten ti a ll’insegnam ento e alla difesa della Reli­

gione, avevano trasc u rata, anzi d e tu rp a ta la lin­

gua. Lo seppe D on Bosco, il quale un giorno non si tra tte n n e dal dire in bel modo al D ottor Vai- lau ri: « E lla sostiene che gli autori cristiani latini non scrissero con eleganza i loro libri, m entre San Girolam o viene paragonato, pel suo modo di scrivere, a T ito Livio, L attanzio a Cicerone, ed altri a Sallustio e a Tacito ». Don Bosco non disse di più. V allauri rifletté alquanto e poi rispose:

« Don Bosco h a ragione; mi dica pu re quello che debbo correggere; io ubbidirò ciecam ente» (206).

Don Bosco, giusto estim atore dell’arte, e più ancora della m orale, non poteva soffrire che i giovani fossero obbligati ad usare solamente clas­

sici p ro fan i senza l’antidoto dei classici cristiani.

Egli cosi rendeva un servizio, anzi una glorifica­

zione alla Chiesa cattolica, procurando al tem po stesso alla gioventù studiosa argom enti di vita cristian a (207).

Don T am ietti pertan to, dietro suo invito, p re ­ p arò ed annotò, di San Girolam o, il De viris il­

lustribus, le Vite di San Paolo prim o erem ita, di S an t’Ilarione, del monaco Malco, oltre u n a decina di lettere. In tal modo Don Bosco aveva scelto il mom ento propizio p er risolvere praticam ente il grande b attag liare che erasi sviluppato in F ra n ­ cia p er opera di Mons. P arisis fin dal 1845 in ­ torno a ll’insegnam ento dei classici. Q uella lotta, che la E nciclica Inter multos del 25 marzo 1855

163

non era riuscita a sedare, si era riaccesa, e Pio TX fu costretto a rib ad ire le raccom andazioni già fatte, pu bblicando un Breve in d a ta 22 a p ri­

le 1874.

L ’anno seguente, in un altro Breve del 1° a p ri­

le a Mons. Bartolomeo, Vescovo di C alvi e Teano, e poi C ardinale, dopo aver ricapitolato lo stato della questione, insisteva nuovam ente. Il dotto P relato esortava allora i suoi professori e sacer­

doti a seguire le direttive pontifìcie.

Con questo favorevole intervento e decisione del P ap a, Don Bosco sentì in se stesso crescere la lena n eira ttu a zio n e del suo disegno (208). A p ­

profittava di tu tte le occasioni p er caldeggiare l’o­

p era intrap resa. Ai suoi D iretto ri faceva questa raccom andazione il 27 gennaio del 1875: « A ltra cosa che desidero è l ’introduzione nelle nostre scuole dei classici cristiani invece di quelli del paganesim o. Non potrem o farlo tu tto d ’un tratto , m a desidero che, p e r quanto si può, si cominci a fare... In tal modo potrem o m ettere un rip aro ad un male molto grande dei nostri tem pi » (209).

Nel C apitolo del 1877 insisteva: « O gni D i­

retto re si faccia con zelo a prop ag are nei nostri Collegi le collane dei classici. Lungo l’anno p ro ­ curino tu tti in varie circostanze di p arlarn e, fa r ­ le conoscere, lodarle, e ottenere che molti resti­

no associati. S aranno sem pre buoni lib ri che si

spargono nel collegio e che si leggono con grande vantaggio » (210).

In ogni circostanza ria p p a re l’educatore con tu tto il suo zelo e il suo immenso am ore ai gio­

vani, che vuole salvare dalla corruzione.

C) I V O C A B O L A R I.

Sem pre con lo scopo di togliere dalle m ani giovanili tu tto ciò che potesse offuscare la mente e corrom pere il cuore, si accinse a u n ’a ltra im­

p o rtan te im presa. Egli aveva notato che i vo­

cabolari riboccavano di parole e frasi oscene.

Pensò di farne pubb licare dei nuovi, p u rg a ti da tu tto ciò che potesse nuocere al buon costume.

A tal fine nel 1868 affidò al D ottor Don F ra n ­ cesco C erru ti l’incarico di com porre un vocabola­

rio italiano, perchè vi elim inasse tu tte le espres­

sioni men che delicate in fatto di onestà. Don C erru ti obbedì e fece u n ’opera pregiatissim a in ogni lato (211).

Al tem po stesso assegnava il lungo e grave la ­ voro del D izionario G reco-Italiano e Italian o -G re­

co al Prof. Teologo Marco Pechenino, dandogli come am anuense un chierico d e llO ra to rio . A f­

fidava in p a ri tem po la cu ra del D izionario L a ti­

no-Italiano e Italiano-L atino al P rof. D on Cele­

stino D urando, il quale dalla sua opera maggiore 165

in due volumi estrasse poi un dizionario minore in un sol volume p er le classi inferiori del gin ­ nasio (212).

d) L a C o l l a n a D r a m m a t i c a *

U na nuova m anifestazione d eirim p o rtan z a che Don Bosco dava alla buona educazione e form a­

zione intellettuale dei suoi alunni — sia p er rip a ­ rare i dan n i del positivism o e del naturalism o, che lottavano satanicam ente al fine di infiltrarsi nelle scuole e nella vita p u bb lica e p riv ata , sia al xempo stesso p er suscitare in tu tti il gusto verso nobili ideali ed im prese di sacrifìcio e di eroismo a vantaggio del prossimo — si ebbe nel 1885 con la Pìccola Collana di Letture D ram m atich e p e r isti­

tuti di educazione e famiglie. Usciva un volume ogni due mesi: il prim o fu il noto dram m a di Don G iovanni B attista Lemoyne Le pistrine o L ’ultim a ora del paganesimo.

Con questa iniziativa Don Bosco ebbe in an i­

mo di form are u na biblioteca teatrale di operette scelte e ra p p resen ta b ili da giovani soli, negli O ra ­ tori festivi e in altri Istituti. A ltrettan to fece p er i teatrin i delle fanciulle nei collegi.

Nel documento DON BOSCO EDUCATORE (pagine 173-186)