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Scuole interne per gli studenti

Nel documento DON BOSCO EDUCATORE (pagine 139-143)

La fondazione delle scuole serali e diurne per esterni, segnò in pratica i primi passi verso le scuole ginnasiali interne, le quali, naturalmente, stavano più a cuore a Don Bosco, tutto inteso a dare ai giovani dell’Oratorio una più soda forma­

zione morale e intellettuale per mezzo di un’assi­

stenza accurata e di un controllo immediato ri­

guardo all’andamento generale degli studi.

Don Bosco si risolvette a stabilire le scuole in­

terne dellO ratorio nel 1855. Fino allora aveva mandato gli studenti presso ottimi professori del­

la città; ma l’andata e il ritorno erano stati pieni di pericoli morali per quello che si vedeva e si udiva.

Procedendo in questo con la solita prudenza, ai primi di novembre destinò ad aula scolastica

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la sala della prima Cappella, Qui radunò 1 gio­

vani appartenenti alla terza ginnasiale, e assegnò loro per maestro il chierico Giovanni Francesia, il quale, compiuti i 17 anni, aveva finito in modo splendido i corsi di latinità.

Don Bosco ben conosceva il valore intellettuale e morale di Fran cesia e anche degli altri chierici P roverà, Anfossi, D urando e C erruti, man mano che li destinava all’insegnamento. In vari modi li aveva messi alla prova con diverse occupazioni sim ultanee: e, scherzando, faceva loro osservare che i grandi storici, poeti, oratori del foro rom a­

no, avevano passata gran parte della loro vita sui cam pi di guerra, tra i rumori del foro, nelle fa c­

cende dello stato, e riuscivano in cose disparate grazie all’esercizio, che perfezionava ogni loro fa­

coltà. Il F ran cesia ebbe in quell’anno la fortuna di avere p er discepolo il Beato Domenico Savio, che meritò di essere promosso tra i primi.

Frattanto gli studenti di l a e 2a ginnasiale, e quelli di umanità e rettorica, continuavano a fre­

quentare scuole private in città (166).

Per farci un’idea del coraggio dimostrato da Don Bosco nell’aprire scuole interne all’Oratorio, basta osservare che, dopo pochi mesi, e cioè al­

l ’inizio del 1856, il Ministro della Pubblica Istru­

zione faceva approvare dal Senato e dal P arla­

mento una legge, secondo la quale l’insegnamento

presso i Seminari e i Collegi doveva dipendere dal Ministero.

In tali angustie Don Bosco, meditando la va­

stità dei suoi disegni per l’istruzione e l ’educazio­

ne cristiana della gioventù, prevedeva le grandi procelle che si sarebbero sollevate contro di lui;

ma procedeva sicuro, dicendo più volte ai suoi figliuoli: « Non dubitate, passerà la burrasca, tor­

nerà il bel tempo, e fortunati quelli che non pi- glieranno scandalo da me. È una promessa che io ebbi da Tale che non s’inganna. L ’Oratorio non è cosa mia; anzi, se fosse mia, vorrei che il S i­

gnore la disfacesse subito » (167).

Queste in fatti non furono che il principio di una lunga serie di difficoltà più grandi, escogi­

tate dai settari allo scopo di distruggere le bene­

fiche istituzioni dellO ratorio, e culminate nelle famigerate perquisizioni governative, che però non sortirono l’effetto voluto dai nemici di Don Bosco.

Perseverando con indomita costanza nelle sue imprese il Santo giunse a compilare, all’inizio dell’anno scolastico 1860, il Regolamento della Casa, che, pur non essendo ancora stampato, venne letto con solenne apparato agli alunni, pre­

senti tutti i Superiori con Don Bosco (168).

Nel 1863, mentre ferveva ancora una grave questione con l’Autorità scolastica a motivo dei titoli d’insegnamento, Don Bosco, imperterrito,

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ceva innalzare un nuovo edificio destinato alle scuole ginnasiali.

Nel 1874 apriva le stesse scuole agli esterni.

Nè si contentò che ai medesimi s’impartisse l’in­

segnamento: nel mese di gennaio del 1875 stabilì che anch’essi prendessero parte con i loro condi­

scepoli interni alle funzioni religiose nella Chie­

sa di Maria Ausiliatrice, e volle che non si fa­

cesse « nessuna eccezione per nessun moti­

vo » (169).

D ell’applicazione allo studio e dell’atmosfera di disciplina che regnava nelle scuole dell’Orato­

rio sono splendida testimonianza i risultati con­

seguiti dagli alunni agli esami pubblici, il rico­

noscimento delle Autorità scolastiche e la gratitu­

dine che dimostrarono in ogni circostanza gli al­

lievi dell’antico Oratorio. Qui ci piace citare un solo fatto.

Nel maggio del 1863 visitò l ’Oratorio l’ispet­

tore delle scuole secondarie classiche, con fini tutt’altro che buoni. Tuttavia restò altamente am­

mirato per l ’ordine e la disciplina che ovunque andava riscontrando. La 3a ginnasiale poi, compo­

sta di oltre 120 alunni, lo convinse che tal di­

sciplina non era passeggera e fittizia, ma soda e reale. Infatti, term inata l’ispezione, l ’insegnante in segno di gentilezza volle accompagnarlo fino al­

l’altra aula; ma l’ispettore cercò di dissuaderlo,

per timore che durante la di lui assenza ancor­

ché solo momentanea, tanti vispi giovanetti fa­

cessero disordine.

— Non tema, sig. Professore, perchè io sono sicuro che niuno di essi ap rirà bocca o si muo- verà di posto.

— Questo mi p are impossibile -— replicò l’i ­ spettore. Si lasciò nondimeno accom pagnare un tratto, e poi disse: — Ritorniam o indietro e an­

diamo ad ascoltare il silenzio che ella dice.

Accostatosi pian piano all’uscio della scuola, origliò e spiò dal buco della serratu ra: tu tta la numerosa scolaresca stava immobile e silenziosa, come se l’insegnante fosse in catted ra. A llora con­

cluse:

— Non avrei mai creduto! Non avrei mai cre­

duto! Q uesta è una m eraviglia: e fa onore a lei

e ai suoi scolari! ^

L ’insegnante era il chierico Celestino Duran­

do (170).

Nel documento DON BOSCO EDUCATORE (pagine 139-143)